La maggior parte delle pandemie risponde al nome di zoonosi,
ovvero originata dalla convivenza degli esseri umani con animali
da allevamento; due esempi tipici sono l'influenza e
latubercolosi.
Fra le pandemie più catastrofiche si possono annoverare:
Febbre tifoide durante laguerra
del Peloponneso, 430
a.C. La febbre tifoide uccise un quarto delle truppe diAtene ed
un quarto della popolazione, nel giro di quattro anni. Questa
malattia fiaccò la resistenza di Atene, ma la grande virulenza
della malattia ha impedito un'ulteriore espansione, in quanto
uccideva i suoi ospiti così velocemente da impedire la
dispersione del bacillo. La causa esatta di questa epidemia non
fu mai conosciuta. Nel gennaio 2006 alcuni ricercatori della
Università di Atene hanno ritrovato, nei denti provenienti da
una fossa comune sotto la città, presenza di tracce del
batterio.
Peste antonina, 165-180.
Un'epidemia presumibilmente di vaiolo,
portata dalle truppe di ritorno dalle province del Vicino
Oriente, uccise cinque milioni di persone. Fra il 251 e
il266 si
ebbe il picco di una seconda pandemia dello stesso virus; pare
che aRoma in
quel periodo morissero 5.000 persone al giorno.
Morbo di Giustiniano, a partire dal 541;
fu la prima pandemia nota di peste
bubbonica. Partendo dall'Egitto giunse
fino aCostantinopoli;
secondo lo storico bizantinoProcopio,
morì quasi la metà degli abitanti della città, a un ritmo di
10.000 vittime al giorno. La pandemia si estese nei territori
circostanti, uccidendo complessivamente un quarto degli abitanti
delle regioni del Mar
Mediterraneo orientale.
La Peste
nera, a partire dal 1300;
ottocento anni dopo la strage di Costantinopoli, la peste
bubbonica fece il suo ritorno dall'Asia inEuropa.
Raggiunse l'Europa occidentale nel 1348,
fu causata dall'assedio tartaro alla colonia
genovese di Caffa (l'odiernaFeodosia)
nel 1346 e,
successivamente, portata inSicilia dai
mercanti italiani provenienti dallaCrimea,
diffondendosi in tutta Europa e
uccidendo venti milioni di persone in sei anni (un terzo della
popolazione totale del continente).
Il tifo,
chiamato anche "febbre da accampamento" o "febbre navale" perché
tendeva a diffondersi con maggiore rapidità in situazioni di
guerra o in ambienti come navi e prigioni. Emerso già ai tempi
delle Crociate,
colpì per la prima volta l'Europa nel 1489,
in Spagna.
Durante i combattimenti a Granada,
gli eserciti cristiani persero 3.000 uomini in battaglia e
20.000 per l'epidemia. Sempre per via del tifo, nel 1528 i
francesi persero 18.000 uomini inItalia;
altre 30.000 persone caddero nel 1542 durante
i combattimenti neiBalcani.
La grande armée diNapoleone fu
decimata dal tifo inRussia nel1811.
Il tifo fu anche la causa di morte per moltissimi reclusi dei campi
di concentramentonazisti durante
laSeconda
guerra mondiale.
L'influenza
asiatica, 1957-1958.
Rilevata per la prima volta in Cina nel
febbraio del1957,
raggiunse gli Stati Uniti nel giugno dello stesso anno, facendo
circa 70.000 morti. Il ceppo era lo H2N2.
L'influenza
di Hong Kong, 1968-1969.
Il ceppo H3N2, emerso a Hong
Kong nel1968,
raggiunse nello stesso anno gli Stati Uniti e fece 34000
vittime. Un virus H3N2 è ancora oggi in circolazione.
L'epidemia
di HIV/AIDS, dal 1981.
Si propagò in maniera esponenziale in tutti i paesi del mondo,
uccidendo circa tre milioni di persone (stime UNAIDS).
Dal 1996 una
terapia farmacologica blocca il decorso della sindrome
immunodepressiva (per lo meno in quei paesi in cui i malati
possono accedere ai farmaci), ma non elimina il virus dai corpi
degli individui; sebbene la malattia sia oggi cronicizzabile e
raramente letale (nel mondo sviluppato), ne continua il
contagio, legato a fattori comportamentali.
L'influenza
A H1N1, pandemia
tra il 2009 e agosto 2010, denominata originariamente
"influenza suina"
perché trasmessa da questo animale all'uomo. Il suo focolaio
iniziale ha avuto origine in Messico, estendendosi poi in soli 2
mesi a quasi 80 paesi. In Europa e paesi limitrofi, al
31-08-2009 i casi accertati erano 46.016 e le morti accertate
104. Nel resto del mondo i casi di morte accertati furono 2.910[13].
Nel mese di agosto 2010 l'OMS ha
dichiarato chiusa la fase pandemica. Attualmente il virus H1N1
si comporta similmente ad altri virus stagionali (cosiddettafase
post-pandemica)[14]
.
La pandemia
di COVID-19 del 2019-2020, è una pandemia della malattia
respiratoria COVID-19 causata
dal coronavirusSARS-CoV-2[15],
proveniente da Wuhan (Cina) e diffusasi rapidamente in tutto il
resto del mondo nel 2020. L'11 marzo 2020, è diventata la prima
epidemia ad essere dichiarata pandemia dall'OMS dopo la
pubblicazione delle linee guida del 2009.
Coronavirus, l’Oktoberfest non si terrà nel 2020. Il presidente
della Baviera: “Dispiace e fa male. Ma sarebbe irresponsabile”
L’Oktoberfest
2020 è statocancellato.
La popolare festa della birra che
si tiene inBaviera tornerà
nel 2021, hanno stabilito le autorità tedesche. “Abbiamo deciso che
l’Oktoberfest quest’anno non si terrà”, è stato l’annuncio del
presidente della BavieraMarkus
Soeder.
“Fa male, dispiace
molto, ma quest’anno non è un anno normale”, ha spiegato.
Ma a pochi mesi dalla pandemia di coronavirus “sarebbe
irresponsabile” tenere una manifestazione del genere, ha
sottolineato Soeder.
Quest’anno l’Oktoberfest avrebbe dovuto tenersi dal 19
settembre al4
ottobre, come di consueto, a Monaco
di Baviera. Niente sfilata
tradizionale di mastri birrai e carrozze all’apertura,
nessuna apertura del primofusto,
in diretta tv, a colpi di martello da
parte del sindaco della città né fiume dibirra serviti
neicapannoni per
due settimane.
Fca, Provenzano parla della “concentrazione dei mezzi
d’informazione” (Repubblica e La Stampa): “Conflitto di interessi
epidemico. Per troppo tempo anche a sinistra abbiamo visto solo
quello di Berlusconi”
Fca e Repubblica, il ministro Provenzano: “Per troppo tempo a
sinistra abbiamo pensato che il conflitto di interessi fosse solo
Berlusconi. In Italia è conflitto epidemico”
Nel caso del prestito
garantito dallo Stato a Fca non ci sono solo le
implicazioni politiche ed economiche, ma pure quelle mediatiche.
Se sabato si è esposto il vicesegretario PdAndrea
Orlando, immaginando “attacchi
al governo da centri economici e dei media”, oggi ha parlato
il ministro per il Sud Beppe
Provenzano: “In questa discussione pubblica, democratica”
che riguarda non solo Fca ma “il rapporto tra lo Stato e le
imprese in Italia”, ha scritto in un lungo post Facebook, “non si
possono ignorare i
rapporti di forza“. E, in particolare, ha detto, “per
troppo tempo, nell’ampio campo democratico e anche a sinistra,
abbiamo considerato l’espressione ‘conflitto
di interessi‘ solo in riferimento a una persona: Silvio
Berlusconi. Eppure uomini come Guido
Rossi ci avvertivano già vent’anni fa dell’esistenza in
Italia di un ‘conflitto
epidemico‘”. Una riflessione che arriva in un momento
molto delicato e direttamente da un esponente Pd che fa parte del
governo Conte.Il
fronte appunto non è solo quello politico, ma riguarda
direttamente l’indipendenza dei mezzi di informazione. E mentre
sull’opportunità o meno dello stanziamento dei fondi per una
multinazionale che non ha sedi in Italia si scontrano i politici
della maggioranza, direttamente coinvolti ci sono anche i due
quotidiani posseduti dalla holding
Exor: la
Repubblica e la Stampa.
Sul primo, domenica 17 maggio, il neodirettore Maurizio
Molinari ha
pubblicato una serie di interventi in difesa del prestito
garantito dallo Stato alla multinazionale (rifiutandosi poi di
dare spazio al comunicato sindacale della redazione che
protestava). Su quel giornale, scrive Provenzano, “ora di
proprietà del gruppo di cui fa parte FCA,si
giustifica la scelta,
compiuta anche da molte altre multinazionali, ‘non solo per
vantaggi fiscali offerti da altre legislazioni, ma anche per una
linearità del diritto societario che in Italia è difficile
trovare’”. Mentre sul secondo, la Stampa, il neodirettore Massimo
Giannini critica
direttamenteAndrea
Orlando per
quelle che il giornalista definisce “calunnie” al pari di quelle
degli “odiatori di professione di Silvia Romano e Liliana Segre”.Conflitto
di interessi: “Tema sempre più attuale per la concentrazione dei
mezzi di informazione” –
Secondo il ministro Provenzano, fondamentale è partire
nell’analisi dai “rapporti di forza”: “Anche in una fase in cui,
con un certo ritorno di normalità, torna la discussione sul cambio
di maggioranza e di governo. È un tema posto con forza
all’opinione pubblica, basta leggere i giornali. Ogni critica è
legittima, persino benvenuta. Mala
democrazia non si nutre solo di opinione pubblica, vive
nei rapporti di forza”. E a questo, dice Provenzano, si riferiva
il discorso di Andrea Orlando. Quindi ammette che per troppo tempo
a sinistra si è esaurito il discorso sul conflitto di interessi
con le accuse a Silvio Berlusconi. “Oggi il tema è ancora più
attuale, per la
concentrazione proprietaria dei mezzi di informazione“.
E per questo “è inaccettabile” chi, come il direttore Giannini e
tanti dei critici di queste ore, “liquida questo tipo di
riflessioni accostandole al vergognoso gorgo degli attacchi
sguaiati rivolti a Silvia
Romano o
alla senatrice Segre, oppure tenta di ridicolizzarle parlando di
Unione Sovietica o “populismo economico””. E chiude: “Non possiamo
permetterci di cambiare argomento, tutte le questioni poste
richiamano grandi principi liberali. Ma troppi liberali italiani
se lo dimenticano”.
“Non sarebbe atto di senso civico per Fca condividere il report
degli investimenti per Paese?” – Il cuore della
questione secondo Provenzano, così come sollevato dallo stesso
Orlando, il fatto che se “lo Stato partecipa al funzionamento di
un’impresa, allora è giusto che questa – in piena autonomia –fornisca
delle garanzie occupazionali, sociali e, più generalmente,
democratiche oltre che sul mero rimborso dei prestiti”.
Nei vari decreti sono previste “alcune condizionalità”, “la
questione è come attuarle, prevedendo condizioni specifiche, per
grandi prestiti a grandi multinazionali”. Perché “FCA infatti ogginon
è (più) un campione industriale italiano ma una
multinazionale con investimenti in tutto il mondo, sede fiscale a
Londra e legale in Olanda”. E soprattutto, “nessuno,
al di fuori di alcuni alti dirigenti dell’Agenzia delle Entrate e
del management internazionale di FCA, conosce
con esattezza come sono distribuiti i profitti delle varie filiali e
come ripartisce il carico fiscale nei vari paesi in cui opera”. E
non solo a livello italiano. “A
livello europeo è bloccata (per l’opposizione di alcuni
paesi, tra cui quelli in cui FCA ha trasferito le sue sedi) ormai
da qualche announa
direttiva che renderebbe obbligatoria la pubblicazione dei
‘country by country report'”. Ma in attesa che sia
obbligatorio, dice ancora Provenzano, non sarebbe il caso che Fca
la rendesse pubblica autonomamente: “Noi dobbiamo accelerare
l’adozione della direttiva ma, intanto, non
sarebbe un atto di buona volontà e senso civico, per FCA valutare
spontaneamente di condividere con il governo italiano i suoi
“country by country report”, anche per rendere meno
discrezionale, nel caso di una grande azienda, la scelta di
offrire grandi garanzie pubbliche? Sappiamo tutti benissimo quali
e quanti siano gli investimenti dell’azienda nel nostro paese e
quanto contribuisca (pure sul fronte fiscale) al funzionamento
della nostra economia. Ma dall’annuncio di ‘Fabbrica Italia’ è
mancato un dibattito su quanto sia stata attuata e quanto si dovrà
attuare alla luce dei mutamenti societari e di mercato”.
“Non possiamo permetterci nuovi errori, lo dobbiamo agli
imprenditori che investono in questo Paese senza volare a Londra o
Amsterdam” – Quindi Provenzano ha ribadito quanto
già detto solo ieri da Romano Prodi, sul fatto che“FCA
non è più una impresa italiana” e che “è assolutamente
legittimo finanziarla ma occorrono garanzie”. “È infatti in
corso”, ha detto, “una complessa operazione di fusione con la
francese Psa, ed è essenziale capire il ruolo dell’Italia
all’interno del perimetro del gruppo. Anche questo richiede
adeguate garanzie. La Fiat è un pezzo di storia di questo
Paese e il suo allontanamento dall’Italia è una ferita e ha
segnato una sconfitta industriale di cui solo ora iniziamo a
intravedere le conseguenze”. E, per questo, ha concluso: “Non
possiamo permetterci nuovi errori. Lo dobbiamo agli italiani – che
con le loro tasse finanzieranno questi prestiti – e ai tanti
imprenditori, non solo piccoli e medi, che ogni giorno lavorano e
investono per rafforzare questo Paese. Senza volare ogni settimana
a Londra o Amsterdam”.
Inps: “Dati sulla mortalità della protezione civile poco
attendibili
Coronavirus, l'accusa alla Lombardia: "Dati aggiustati per evitare
nuove chiusure"
È notizia
di oggiche
mentre 18
regioni sono già prossime alla soglia di zero contagi, altre, come
Piemonte, Lombardia, e Liguria non lo sono affatto, e intaluni
casi i contagi stanno ricominciando, specie in Liguria, che sta
prendendo una brutta strada con risultati altalenanti. E Mentre lo scontro tra
alcune regioni relativo alla FASE
2 delle
Riaperture sta determinando divisionitra
la politica periferica (appunto
quella regionale) e il Governo
centrale con tensioni sempre più crescenti, nel Governo
prevale la prudenza dopo che di recente il Comitato scientifico
avrebbe inviatoun
documento Segretoal
Premier Conte che recita: «Analizzando i dati sull’andamento del
contagio appare evidente che lo spazio di manovra sulle riaperture
non è molto». Così il comitato tecnico scientifico ha letteralmente
frenato il governo sulla possibilità di far ripartire numerose
attività e concedere un allentamento ai divieti di spostamento per i
cittadini.
ATTENZIONE:
Ma di cosa parlava questo Documento Segreto? Che accadrebbe se si
decidesse di aprire tutto immediatamente? La risposta degli
esperti del governo è terrificante: entro la fine dell’anno
ricoveri pari a 430 mila di cui151mila
in TERAPIA INTENSIVA! In sostanza collasso totale del sistema
ospedaliero, migliaia e migliaia di morti. E se restassero
chiuse solo le scuole? Per il comitato scientifico il picco di
terapie intensive sarebbe di 109 mila pazienti e il totale a fine
anno di 397 mila ricoveri.
Dati
terribili, spaventosi che hanno fatto fare a Conte un passo
indietro!!! Talmente preoccupanti che hanno spinto il premier
e l’esecutivo a varare un decreto sulla fase 2 assai più prudente
da quello precedentemente ‘ventilato‘.
Tuttavia, sull’onda di numerose proteste, Il Ministro della
Salute, Roberto Speranza, ha firmato
il NUOVO decreto ministeriale con cui vengono definiti i
criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio
sanitario per l'evoluzione della situazione epidemiologica. Nel
Decreto si legge in sostanza che Indice di contagio, posti nelle
terapie intensive, capacità di monitorare l’andamento del
coronavirus saranno I criteri che le Regioni potranno «vantare»
con il governo per ottenere riaperture diversificate e più ampie.
Ma sempre secondo il decreto, si dice anche che ilgoverno
potrà usare i medesimi parametri per imporre chiusure e «zone
rosse». E a seguito delle ultime notti di follia con la movida che
impazzava in tante piazze italiane, il ministro per gli Affari
Regionali Boccia dichiara: “...se è comprensibile e umano,
dopo due mesi, uscire di casa, non dobbiamo dimenticare che siamo
ancora dentro il Covid 19 e dunque chi alimenta una movida sta
tradendo i sacrifici fatti da di milioni di italiani".
Orbene
nonostante tutto da Palazzo Chigi è arrivato ora il Verdetto:
liberi tutti dal 3 Giugno.
Non
dimentichiamoci però che Piemonte, Lombardia, in Liguria, in Valle
D’Aosta, un pezzo di Emilia-Romagna hanno ancora decine di contagi
e la Lombardia ne copre i due terzi: proprio queste regioni
potrebbero di fatto ritrovarsi in una NUOVA ZONA ROSSA da un
momento all’altro.
E' polemica sullo studio della Fondazione Gimbe che analizza
l'andamento dei contagi e dice: "Lombardia, Liguria e Piemonte non
sono pronte alla riapertura". La replica del Pirellone: "Li
quereliamo, il nostro lavoro validato dall'Istituto superiore di
sanità".
Lombardia, Liguria e Piemonte non sono pronte alla riapertura del 3
giugno,
perché si rilevano la percentuale più elevata di tamponi diagnostici
positivi e il maggior incremento di nuovi
casi,
a fronte di una limitata attitudine all'esecuzione di tamponi
diagnostici. Lo sostiene la Fondazione bolognese Gimbe nel
suo report di monitoraggio sul dopo lockdown. Un lavoro che ha già
scatenato polemiche con la Regione Lombardia la quale, a dire della
fondazione, avrebbe sottostimato i dati. L'amministrazione lombarda
ha così deciso di querelare la fondazione. L'analisi indipendente di
Gimbe, relativa alla Fase 2 nelle varie regioni, utilizza due
indicatori parametrati alla popolazione residente: l'incidenza di
nuovi casi e il numero di tamponi "diagnostici", escludendo quelli
eseguiti per confermare la guarigione virologica o per necessità di
ripetere il test. In particolare, la percentuale di tamponi
diagnostici positivi risulta superiore alla media nazionale (2,4%)
in 5 Regioni: in maniera rilevante in Lombardia (6%) e Liguria
(5,8%) e in misura minore in Piemonte (3,8%) Puglia (3,7%) ed
Emilia-Romagna (2,7%). Quanto ai tamponi diagnostici per 100.000
abitanti, rispetto alla media nazionale (1.343), svettano solo Valle
d'Aosta (4.076) e Provincia Autonoma di Trento (4.038). Nelle tre
Regioni ad elevata incidenza dei nuovi casi, la propensione
all'esecuzione di tamponi rimane poco al di sopra della media
nazionale sia in Piemonte (1.675) che in Lombardia (1.608), mentre
in Liguria (1.319) si attesta poco al di sotto. Quanto all'incidenza
di nuovi casi per 100.000 abitanti, rispetto alla media nazionale
(32), è nettamente superiore in Lombardia (96), Liguria (76) e
Piemonte (63). Se il dato del Molise (44) non desta preoccupazioni
perché legato a un recente focolaio già identificato e circoscritto,
quello dell'Emilia-Romagna (33) potrebbe essere sottostimato dal
numero di tamponi diagnostici (1.202 per 100.000 abitanti) ben al di
sotto della media nazionale (1.343). La fondazione sottolinea che "i
dati analizzati riflettono quasi interamente le riaperture del 4
maggio, ma non quelle molto più ampie del 18 maggio che potranno
essere valutate nel periodo 1-14 giugno, tenendo conto di una media
di 5 giorni di incubazione del virus e di 9-10 giorni per ottenere i
risultati del tampone".
A 23 giorni dall'allentamento del lockdown, dunque, la Fondazione
Gimbe "dimostra che la curva del contagio non è adeguatamente sotto
controllo in Lombardia, Liguria e Piemonte: in queste Regioni si
rileva la percentuale più elevata di tamponi diagnostici positivi,
il maggior incremento di nuovi casi, a fronte di una limitata
attitudine all'esecuzione di tamponi diagnostici. In Emilia-Romagna,
una propensione ancora minore potrebbe distorcere al ribasso il
numero dei nuovi casi".
"Il governo - commenta Cartabellotta - a seguito delle valutazioni
del Comitato Tecnico-Scientifico si troverà di fronte a tre
possibili scenari: il primo, più rischioso, di riaprire la
mobilità su tutto il territorio nazionale, accettando l'eventuale
decisione delle Regioni del sud di attivare la quarantena per chi
arriva da aree a maggior contagio; il secondo, un ragionevole
compromesso, di mantenere le limitazioni solo nelle tre Regioni
più a rischio, con l'opzione di consentire la mobilità tra di
esse; il terzo, più prudente, di prolungare il blocco totale della
mobilità interregionale, fatte salve le debite eccezioni
attualmente in vigore".Ma è scontro con la Regione Lombardia.
"Gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero".
Così il Pirellone contrattacca dopo le dichiarazioni di
Cartabellotta secondo il quale "i dati ufficiali sulla diffusione
del virus in Lombardia, fondamentali per valutare la riapertura
dei confini, sono verosimilmente sottostimati". Alcune Regioni, e
in particolare la Lombardia, "aggiusterebbero" dunque i dati del
contagio per non incorrere in nuove chiusure? "C'è il ragionevole
sospetto che sia così - spiega Cartabellotta a Radio 24 - che le
Regioni aggiustino i dati per non essere fermate. In Lombardia si
sono verificate troppe stranezze sui dati, soggetti dimessi che
venivano comunicati come guariti, il ritardo nella trasmissione
dei dati, e i riconteggi sono molto più frequenti nella fase 2.
Come se ci fosse una necessità di mantenere sotto un certo livello
i casi diagnosticati".La Regione Lombardia ha prima replicato con
una nota attraverso la quale smentisce quanto sostenuto dalla
fondazione, poi attraverso il proprio ufficio legale ha deciso di
presentare querela contro Gimbe e il suo presidente Cartabellotta.
"Un atto inevitabile, il nostro - si legge - dopo quanto affermato
dal presidente della fondazione che, parlando dei dati sanitari
della Lombardia, ha dichiarato, fra l'altro, che 'si combinano
anche dei magheggi sui numeri'. Accuse intollerabili e prive di
ogni fondamento per le quali il presidente di Gimbe dovrà
risponderne personalmente. I nostri dati, come da protocollo
condiviso da tutte le Regioni, vengono trasmessi quotidianamente e
con la massima trasparenza all'Istituto superiore di sanità". E a
questo proposito, la Regione in una nota precedente aveva
sottolineato: "Nessuno, a partire dall'Iss ha mai messo in dubbio
la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l'Iss ha sempre
validato ritenendolo idoneo per rappresentare la situazione della
nostra regione".
Il 18 maggio 2020 cessa la serrata in Italia con
la riapertura totale di tutte le attività economico-commerciale
pur seguendo determinate ALEATORIE linee guida di distanziamento
interpersonale.
La lettera degli economisti: "Servono fino a 180 miliardi per
rispondere al coronavirus". L'idea di un Btp Salva-Italia
I senior fellow della Luiss indicano le priorità: aumentare le
garanzie pubbliche sul credito alle Pmi è fondamentale per far
arrivare alle imprese la liquidità immessa dalla Bce nel sistema.
E per il futuro investire su sanità e innovazione. Per le risorse
via libera al deficit. Possibile una emissione obbligazionaria ad
hoc per mobilitare il risparmio degli italiani
Milano. Serviranno fino a 180 miliardi di euro per affrontare
l'emergenza coronavirus in Italia: nell'immediato per sostenere i
redditi, potenziare la sanità, aumentare le garanzie statali in
favore delle Pmi che dipendono dalla liquidità del sistema
bancario, ampliare la sospensione degli appuntamenti col Fisco.
Nel medio periodo per definire un piano di rilancio che
identifichi alcuni cardini sui quali poggiare la ripresa: il
rafforzamento dei presidi sanitari al Mezz...
Stop licenziamenti per 5 mesi e cassa a 12 settimane. Bonus baby
sitter di 1.200 euro..Nel frattempo su 1,5 milioni di domande
di cassa Integrazione in deroga bonificati solo 100.000 assegni,
la Cassa Integrazione Ordinaria viene anticipata dalle aziende con
gli accantonamenti del TFR perchè dal centro nonostante il Decreto
Salva italia è legge, non è arrivato un centesimo, a Roma iniziano
lunghe code al Monte dei Pegni.....
“Peggiore recessione della storia Ue. In Italia
Pil -9,5%, debito al 159%”. Gentiloni: “Berlino recupererà entro
il 2021, Roma no”I
dati arrivati alla Commissione
Ue mostrano
ormai in maniera “abbastanza chiara” che con la crisi causata dalcoronavirus “l’Europa
sia entrata nella piùprofonda
recessione economica
della suastoria“.
Tradotto in numeri, significa che per l’Eurozona il
calo nel 2020 sarà del 7,7% e per l’intera Unione del 7,4%
del Pil.
Nel 2020 sarà la Grecia,
tra i Paesi Ue, a registrare il maggiore crollo del Prodotto
interno lordo con una flessione del 9,7%, seguita dall’Italia,
con un calo del -9,5%.
La stima del crollo per il nostro Paese contenuta nelle previsioni
economiche di primavera della Commissione Ue è perfino peggiore di
quanto aveva stimato il governo nelDef,
dove si indicava un calo dell’8% del Pil per quest’anno. Il
Documento di economia e finanza calcolava anche un debito in
volo fino al155% del
prodotto interno lordo, mentre per Bruxelles “raggiungerà il158,9% nel
2020″. La Commissione Ue avverte anche che “la pandemia avrà un
grave impatto sulmercato
del lavoro“,
stimando un aumento del 9% delladisoccupazione europea
nel 2020. In Italia arriverà invece secondo le stime all’11,8%.
Le notizie positive arrivano solo dalle previsioni sul 2021,
quando è previsto un rimbalzo
importante: +6,3% del
Pil nella zona euro e+6,1% nell’Unione.
Studio pubblicato da Corriere.it; fonte: Istituto Einaudi (Einaudi
Institute for Economics and Finance -
MES, emissione di debito solo dietro
condizioni e restrizioni pesanti, patti e contropatti, lo stato
nazionale, di fronte al fallimento totale dell'Europa Monetaria,
deve tornare ad essere Garanzia Finale come è stato dal 1861 al
1986 (Nascita dell'ECU).
"Dopo
aver criticato aspramente l’Unione
europea e
ilMes, definito
come un vero e proprio «raggiro»,
Tremonti si sofferma anche sul post-pandemia: «La prospettiva a
cui si dovrebbe poter guardare – ha detto – non è solo quella
delle macerie della globalizzazione ma quella della ricostruzione.
Un mondo che dovrebbe tornare ad essere quello che è stato
possibile ancora negli anni Ottanta e Novanta, diverso da quello
che si è rivelato prima illusorio e poi impossibile con gli ultimi
anni, gli anni della estrema globalizzazione. Dopo
l’ideologia del divino mercato, il ritorno dello Stato».
E il ritorno dello Stato significherebbe, ovviamente, anche il
ritorno della politica, sacrificata dal globalismo sull’altare
dell’economia e della governance impersonale
e, appunto, impolitica. Significherebbe, in una parola, ilritorno
della sovranità.
"
“Il mostro
non è ancora stato domato,
se ci sfugge di mano è una strage”. A parlare a un giorno
dall’inizio della cosiddetta Fase 2 è il direttore dell’Unità
operativa di anestesia e rianimazione dell’ospedale di Rimini,
il dottor Giuseppe
Nardi.
In un video-appello, pubblicato dal sito del Comune romagnolo,
il primario ricorda che “la situazione è migliorata rispetto a
marzo”, ma che “siamo ancora lontani dall’aver superato il
problema dell’epidemia”. Dopo un excursus sui numeri, nel quale
sottolinea che “ancora è occupato un numero di posti letto in
rianimazione superiore alla normale capienza”, Nardi lancia un
monito ai cittadini. “Noi ci siamo battuti per voi, ora abbiamo
bisogno del vostro sacrificio – dice alle telecamere – rimanete
a casa,
non fatemi trasportare da aperture che a volte hanno solo un
significato pubblicistico. Dovete avere pazienza”.
Coronavirus, il documento dell’Iss che ha convinto il governo:
“Se si riapre tutto l’8 giugno 151mila ricoverati in intensiva”
Il documento proviene dall’Istituto
superiore di sanità, da una settimana è nelle mani del
governo e del Comitato
tecnico scientifico (che lo ha adottato) e spiega la
scelta dell’esecutivo di procedere alla “fase 2” con molta
cautela e scadenzando le riaperture fino a settembre (le scuole)
e oltre (il comparto degli spettacoli dal vivo).
Lo studio propone 92
possibili scenari e il più drammatico è alla letteraA.
Se riaprissimo quasi tutto, il tasso di riproduzione del virus Rt (cioè
la previsione del numero medio di contagi a partire da una
persona che ha contratto il virus, ndr) tornerebbe sopra 2, tra
il2,06 e
il2,44 per
una media di2,25 e
le terapie intensive, che pure sono state potenziate, sarebbero
di nuovo al picco in meno di 40 giorni, l’8 giugno. A quella
data, o intorno ad essa, gli ospedali italiani si troverebbero a
fronteggiare151mila ricoveri
in terapia intensiva. Che diventerebbero complessivamente più di430mila entro
la fine dell’anno. Per dare un termine di paragone: il picco
raggiunto il3
aprile è stato di4068 ricoverati
in terapia intensiva. Questo accadrebbe facendo ripartire
industria, edilizia e commercio collegato ma anche hotel e
ristoranti senza limiti d’età per i lavoratori, senza
telelavoro, con le scuole aperte e il ritorno alla normalità nel
tempo libero e nell’uso dei mezzi pubblici. “Riaprire le scuole
– si legge nel report – innescherebbe una nuova e rapida
crescita dell’epidemia. La sola riapertura delle scuole potrebbe
portare allo sforamento del numero di posti letto in terapia
intensiva”.
Lo scenario 1 – con le scuole aperte ma senza far
ripartire i settori produttivi, l’attuale quota di telelavoro e
i movimenti nel tempo libero e l’impiego dei mezzi pubblici al
10% – porterebbero il tasso Rt a 1,33 di media (1,22-1,44): le
terapie intensive raggiungerebbero il picco il20
ottobre. Lo scenario C invece
delinea l’ipotesi di far ripartire le attività industriali,
l’edilizia, il commercio e anche ristoranti e hotel, fermi
restando il telelavoro e le scuole chiuse ma senza limiti nel
tempo libero e nei trasporti: Rt andrebbe a 1,69 (1,54-1,83) e
il culmine per le terapie intensive avverrebbe il 31 agosto.
Sarebbe però peggiore lo scenario B:
tutto aperto senza telelavoro, ma con le scuole chiuse. Tasso Rt
all’1,86 (1,66-1,97) e110mila
persone in terapia intensiva all’8 agosto.
Fin qui gli scenari senza limitazioni per fasce d’età. Ma anche
con una scelta drastica come tenere lontani dal lavoro tutti gli
over 50 ed evitare gli spostamenti extralavorativi degli over 60
(scenario 23), Rt salirebbe sopra 1: la stima è 1,01 (tra 0,92 e
1,09) in caso di riapertura generalizzata dei settori produttivi
ma non dei ristoranti, senza riaprire le scuole né consentire
piena libertà di movimento nel tempo libero. Tutte le
combinazioni possibili sono considerate.
Nelle raccomandazioni finali il Comitato
tecnico scientifico sottolinea che “persistono nuovi
casi di infezione”, avverte che “le stime attuali di R0” sono
“comprese tra 0,5 e 0,7” e che “se R0 fosse anche di poco
superiore a 1 (ad esempio nelrange 1,05-1.25)
l’impatto sul sistema sanitario sarebbe notevole”. Di
conseguenza “lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto”.
Pertanto ilCts suggerisce
di riaprire solo “edilizia, manifattura e commercio correlato
alle precedenti attività”, evitando “situazioni che generano
forme di aggregazione (es. mercati e centri commerciali)” e
“assumendo un’efficacia della protezione delle prime vie
respiratorie”, cioè le mascherine.
Restano tuttavia “incertezze sul valore dell’efficacia dell’uso
di mascherine per la popolazione generale dovute a una limitata
evidenza scientifica, sebbene le stesse siano ampiamente
consigliate”, si legge ancora nelle raccomandazioni. L’ultima
condizione riguarda i “sistemi di monitoraggio della
circolazione dell’infezione e sorveglianza attiva”. Vedremo se
funzioneranno.
Sono 1.900
i nuovi casi dicoronavirus in
Italia, per un totale di209.328, mentre
continua a scendere il numero di persone attualmente positive,
anche se il dato di oggi è in rallentamento rispetto a ieri:
sono scesi a 100.704,
con un decremento di 239
persone (ieri
erano stati -608 i malati rispetto al giorno precedente),
secondo i dati forniti dallaProtezione
Civile.
Si registrano anche 1.665 guariti nelle ultime 24 ore, numero
che nel complesso fa salire a 79.914 il numero di coloro che si
sono ripresi dopo aver contratto il virus. Notizie negative
arrivano invece dal numero di decessi giornalieri che torna a
crescere: 474 in un giorno, per un totale di 28.710.L’aumento
dei casi totali di coronavirus In Italia nelle ultime 24 ore si
concentra in Lombardia (+533),
inPiemonte (+495)
e inEmilia-Romagna (+206).
Ci sono regioni dove i casi aumentano pochissimo comeUmbria (+1),Molise (+1)
eSardegna (+2).
Nessun caso registrato inCalabria.
Nel Lazio i
nuovi positivi sono 84.Lombardia:
guanti sui mezzi pubblici – Il
presidenteAttilio
Fontana ha
firmatodue
nuove ordinanze con
indicazioni per la ‘fase 2’ e per il trasporto pubblico locale
valide dal 4 maggio. È confermato l’obbligo dell’uso
delle mascherine o
di altri indumenti per coprire naso e bocca e vengono emanate
disposizioni specifiche per imercati
all’aperto –
possono aprire “a condizione che il Sindaco del comune di
riferimento adotti e faccia osservare un piano per ogni
specifico mercato” – e per il commercio al dettaglio. L’accesso
“è consentito ad un solo componente per nucleo familiare, fatta
eccezione per la necessità di recare con sé minori, disabili o
anziani”, gli esercenti devono mettere a disposizione dei
clienti guanti monouso e soluzioni idroalcoliche per le mani, i
gestori dei supermercati hanno la raccomandazione dirilevare
la temperatura corporea dei
clienti e del personale. A bordo dei mezzi di trasporto pubblico
èobbligatorio l’utilizzo
diguanti e
mascherine. I sedili da non utilizzare sonocontrassegnati da
segnali ben visibili. Igienizzazione,sanificazione e
disinfezione dei mezzi, infrastrutture e stazioni vengono
effettuate almenouna
volta al giorno.
Covid, quadro stabile: aumentano i guariti e diminuiscono
ricoverati.
Ma ancora
323 morti.
Migliora la Lombardia, non il Piemonte---29-04-20
Sono salite a 27.682 le vittime, con un incremento di 323 in un
giorno. Ieri l’aumento era stato di 382. I guariti, invece, sono
71.252, con un incremento di 2.311 rispetto a ieri, quando
l'aumento era stato di 2.317 unità. Prosegue ancora il trend in
calo dei ricoveri in terapia intensiva.
Resta stabile la situazione del contagio in Italia,
pur confermandosi il calo dei malati per coronavirus.
Sono complessivamente 104.657, 548 meno di ieri. La diminuzione ieri
era stata di 608 mentre lunedì c’era stato undecremento di
290 malati. Sono salite a 27.682 le vittime, con unincremento di
323 in un giorno. Ieri l’aumento era stato di 382. I guariti,
invece, sono 71.252, con un incremento di 2.311 rispetto a ieri,
quando l’aumento era stato di 2.317 unità. Prosegue ancora il
trend in calo dei ricoveri interapiaintensiva per
coronavirus: ad oggi sono 1.795, 68 in meno rispetto a ieri. Di
questi, 634 sono in Lombardia, 21 in meno rispetto a ieri. Dei
104.657malati
complessivi, 19.210
sono ricoverati con sintomi, 513 in meno rispetto a ieri, e
83.652 sono quelli in isolamento domiciliare. In Italia, infine,
i contagiati totali (vale a dire gliattualmente positivi
al coronavirus, le vittime e i guariti) sono 203.591, con un
incremento rispetto a ieri di 2.086. L’aumento ieri era stato di
2.091. Il dato è stato reso noto dallaProtezionecivile.
Nel frattempo, migliora la situazione in Lombardia (+1,1%),
che ora segue il trend nazionale del contagio (+1,03%). Continua
a preoccupare, invece, ilPiemonte:
+1,6%.
Fase 2, Papa Francesco sconfessa la Conferenza episcopale
italiana e sostiene la linea di Conte: “Prudenza e obbedienza
alle disposizioni”
“In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni
per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al
suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della
obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”. Nel
dibattito sulla partecipazione dei fedeli alle messe nella fase
2, quella della convivenza col coronavirus, Papa
Francesco sconfessa
la Conferenza episcopale italiana e si schiera a sostegno del
premierGiuseppe
Conte.
A Bergoglio sono bastate poche parole, all’inizio della sua
consueta messa mattutina nella cappella della sua residenza, Casa
Santa Marta,
per dissociarsi totalmente dal duro scontro tra la Cei e il
governo.
Uno scontro che non si vedeva da decenni, innescato
dall’assenza, nel decreto dell’esecutivo sulla fase 2, della
possibilità dei fedeli di poter partecipare alle messe: “I
vescovi italiani non possono accettare di vedere
compromesso l’esercizio
della libertà di culto“. Posizione sulla quale,
dopo il duro comunicato della Conferenza episcopale italiana e
le proteste di due partiti della maggioranza, Italia
Vivae Pd, il premier sembra aver fatto
dietrofront con al vaglio l’ipotesi di concedere inizialmente
messe all’aperto. Anche prima del 25 maggio, tempo indicato dal Comitato
tecnico scientifico. Ma il confronto con la Cei è
ancora tutto in salita.
Di certo le parole di Francesco, che ha ricevuto Conte in pieno
lockdown, il 30 marzo, segnano un punto a favore dell’inquilino
di Palazzo
Chigi. Anche L’Osservatore Romano, il quotidiano del
Papa, non ha per nulla criticato il governo, pubblicando in
prima pagina un articolo di cronaca che si limita a riportare il
comunicato della Cei. Segnale eloquente che da Casa Santa Marta
è arrivato un alt, fermo e chiaro, alle polemiche con Conte.
Tutto ciò nonostante sia stata la Segreteria di Stato vaticana a
dare il via libera alla Cei di innescare lo scontro con Palazzo
Chigi. Così come non mancano reazioni abbastanza dure
contro il governo da parte dell’episcopato italiano. Dal
cardinale Angelo
Bagnasco, presidente dei vescovi europei e per dieci
anni alla guida della Cei, che definisce una “disparità di
trattamento inaccettabile” la decisione del governo di
aprire i musei e di vietare le messe.
Parole ancora più forti arrivano dal vescovo di Ascoli Piceno,
monsignor Giovanni
D’Ercole, che afferma che “è una dittatura quella di
impedire il culto perché è un diritto fondamentale sancito dalla
Costituzione. Su questo non possiamo fare sconti. La Chiesa non
è il luogo dei contagi. I funerali ce li avete fatti fare come
dei cani. La gente ha sofferto”. PerMarco
Tarquinio, direttore di Avvenire, il quotidiano della
Cei, “gli errori si possono fare e si possono riparare.
Dimostrarlo, nel tempo lungo della corresponsabilità che ci sta
davanti, darà più forza e più serenità a tutti”. E ha aggiunto:
“Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo
saggio e appropriato, poco a poco si potrà tornare in fabbriche
e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo,
andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare
alla messa. Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta.
E i
sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no”.
Affermazioni abbastanza nette anche da Vincenzo
Morgante,direttore di Tv2000, l’emittente
della Cei: “La cosiddetta fase due prevede già la riapertura di
fabbriche, uffici, bar, parrucchieri, giardini ma non la
celebrazione delle funzioni religiose al di là, ed era ora, dei
funerali. L’esercizio
del culto, che riguarda i fedeli di tutte le religioni,
nel decreto del governo viene regolamentato nello stesso comma
che disciplina le sale bingo. È bene ricordare l’importanza
della libertà religiosa espressamente tutelata dall’articolo 19
della nostra Costituzione a vantaggio di tutti. Ma, al di là dei
profili giuridici, rimane la sostanza della questione”.“La
Cei – ricorda Morgante – ha destinato centinaia di milioni di
euro per interventi di sostegno sul territorio, a partire dalle
strutture sanitarie in seria difficoltà. Si tratta della stessa
Chiesa che oggi, dopo aver rispettato da subito rigorosamente e
con non pochi sacrifici le prescrizioni delle pubbliche autorità
in materia di tutela sanitaria, chiede di poter
tornare a celebrare messa con il popolo organizzando,
in sicurezza, senza imprudenze o superficialità, la vita delle
proprie comunità”. Parole sulle quali, però, pesa la ferma e
chiara presa di posizione del Papa.
"Epidemia di oltre un anno e 70 mila vittime". Tutti i rischi
della fase due senza tamponi
Lo studio di un gruppo di atenei italiani su Nature Medicine.
Giulia Giordano, dell'università di Trento: "Un allentamento senza
regole porterà a un continuo aumento dei contagi. Con tamponi e
tracciamento dei contatti, potremmo compensare la fine del
lockdown. E il tasso di replicazione resterebbe simile
all'attuale"
Epidemia ancora in pieno corso alla fine dell'anno, conto delle
vittime che solo nel primo anno arriva a 70 mila. E’ quel che
potrebbe accadere in Italia nella Fase 2. A disegnare le curve non
è solo il Comitato Tecnico Scientifico, che orienta le scelte del
governo e che prevede una possibile nuova crisi delle rianimazioni
l’8 giugno, se l’attenzione non resterà alta.
Questa volta i dati arrivano da una ricerca universitaria, cui
collaborano ingegneri delle università di Trento, di Udine e del
Politecnico di Milano, insieme con i medici del San Matteo di
Pavia, incluso Raffaele
Bruno, l’infettivologo
che ha curato il “paziente uno”,
il 38enne Mattia. Lo studio,
ricco di curve e di scenari, è pubblicato su Nature Medicine. Giulia
Giordano,
ingegnere dell'università di Trento, ne è la prima autrice.
"Abbiamo fatto almeno tre ipotesi diverse. Con il mantenimento di
un lockdown ferreo l’epidemia si esaurirebbe in uno-due mesi.
Passando alla fase due senza tamponi e senza controllo dei
contatti potremmo arrivare a 70 mila vittime e i contagi
resterebbero sostenuti: alla fine dell'anno l'epidemia sarebbe
ancora in corso e la conta dei morti continuerebbe nel 2021.
Allentando il lockdown, ma mantenendo l’attenzione estremamente
alta sui nuovi focolai, con test fatti rapidamente ed
estensivamente, l’epidemia resterebbe più o meno ai livelli di
contrazione attuale, con un tasso di replicazione di 0,77,
leggermente superiore a quello di oggi, e si concluderebbe entro
l'anno con un numero totale di vittime fra 30 e 35 mila".Come
disegnate questi scenari?
"Abbiamo messo insieme competenze diverse: mediche, matematiche e
ingegneristiche. Io in particolare mi occupo di sistemi di
controllo. La mia specialità è prendere dati e formalizzarli
all'interno dei modelli. Ma trattandosi di un virus nuovo, i
medici del San Matteo ci hanno aiutato a tracciarne le
caratteristiche. Con i numeri dei contagi del primo mese, abbiamo
creato un modello che è in grado di riprodurre i dati e anticipare
anche l’andamento dell’epidemia nel futuro. Modificando alcuni
parametri, come appunto la rigidità del distanziamento sociale,
siamo in grado di vedere come reagiranno le curve"."Abbiamo tenuto
conto anche degli asintomatici che non ricevono un test. Nessuno
conosce il loro numero preciso, nella realtà, ma ci siamo basati
sul censimento di tutta la popolazione fatto a Vo'. Calcoliamo che
i non diagnosticati siano fra il 30 e il 40% dei contagiati. Il
picco fra i pazienti diagnosticati sarebbe stato raggiunto in
Italia tra il 15 e il 20 aprile, quello fra i positivi in totale,
inclusi i non diagnosticati, circa una settimana prima. Ma nello
scenario peggiore vediamo che la curva continuerebbe a salire. E
quel che oggi chiamiamo picco verrebbe presto superato da un nuovo
aumento dei contagi".
Nel vostro studio parlate di "tracciamento aggressivo". Quali sono
esattamente le misure di controllo dell'epidemia che eviterebbero
lo scenario peggiore?
"Tutte le misure che permettono di identificare precocemente i
positivi e interrompere le catene di contagio, oltre a un rispetto
ferreo delle regole d'igiene e della distanza fra le persone. Non
distinguiamo fra app o altri metodi. Ma confidiamo che lo
strumento principale resterà il tampone, da fare il prima
possibile a tutti i sospetti contagiati e ai loro contatti".
La scelta della Banca centrale europea mette al riparo il debito
dei paesi membri più a rischio da eventuali bocciature delle
agenzie di rating. La decisione coinvolge anche i bond delle
imprese. Alla
vigilia del Consiglio europeo chiamato a decidere come e quanto
l’Europa aiuterà i Paesi membri alle prese con il coronavirus, la
Bce compie un altro passo per fronteggiare lo choc economico e
finanziario che ne deriva. Il consiglio direttivo guidato da
Christine Lagarde, riunito in videoconferenza, ha stabilito che la
banca centrale accetterà anche i titoli di Stato e i bond
societari con rating “junk” (anche detti “spazzatura”, perché
senza le caratteristiche che li rendono adatti agli investitori
istituzionali) a garanzia della liquidità che fornisce alle
banche.
La decisione riguarda tutti i titoli che avevano un merito di
credito “investment grade”, superiore a quello junk, al 7 aprile,
e li mette al riparo da eventuali tagli del rating. La mossa,
presa in passato per il debito della Grecia, arriva dopo una serie
di misure espansive della politica monetaria di Francoforte, che
ha lanciato acquisti per 750 miliardi di euro sui titoli sovrani
europei a fine marzo. Si tratta di un’iniziativa che potrebbe
interessare l'Italia, dove il debito pubblico aumenterà in modo
rilevante per le misure di argine e di rilancio del Covid 19, e
con un Pil 2020 stimato in calo attorno al 10%. Il rating del Btp
nazionale si posiziona due gradini sopra il livello spazzatura
secondo S&P, che giusto nelle prossime ore rivedrà il suo
giudizio. Siamo invece solo un gradino sopra il junk per Moody's,
chiamata a esprimersi a giugno.Il rifiuto dei titoli a garanzia
della liquidità Bce, che relegherebbe le banche locali alla più
costosa ricerca di liquidità d'emergenza 'Ela', scatta quando il
junk è sancito da tutte le quattro principali agenzie di rating
(ci sono anche Fitch e Dbrs). Una prospettiva lontana. Ma quando i
mercati sono nervosi è meglio muoversi con prevedibilità e in
anticipo. E il differenziale tra il Btp e il Bund tedesco è
proprio una spia tra le più osservate a Francoforte, dato che l’Eurotower
in queste settimane è il principale (e tra gli unici) compratore
di titoli di Stato italiani.
Alcuni ritengono che la nuove misura della Bce preluda a un altro
ennesimo rilancio della Bce sugli acquisti di debito per
fronteggiare la crisi innescata dal Covid-19. Lo si capirà solo
dopo il consiglio dell’Eurotower del 30 aprile: anche se le
ipotesi per cui, come già accade per centinaia di miliardi messi
in campo negli Usa e scaricati sulla Fed, anche la banca centrale
dell’Europa possa alzare la posta messa sul tavolo con le misure
di acquisto del debito attuali, già pari a 1.100 miliardi, fin
quasi a raddoppiarla, tenendo sul proprio bilancio quegli oneri
sine die.
Coronavirus, Vincenzo De Luca: "Mi hanno chiesto se ripartirà la
movida. Si sono bevuti il cervello"
L'Italia inizierà a breve a riaprirsi. E
così il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, ha spiegato
in una diretta Facebook cosa dovranno aspettarsi i cittadini
della sua regione: una prima ripresa delle attività economiche e
una riapertura delle città. "Chiarisco che il rigore nei
comportamenti dovremo mantenerlo: sarà obbligatorio dopo il 1
maggio indossare le mascherine", ha specificato. "Non è che
torniamo a tre mesi fa... Lo dico perché qualcuno mi ha mandato
delle lettere: 'Ma con queste decisioni non è che noi possiamo
riprendere la movida?'. La mia risposta è semplice: ma tu sei
scemo? C'è gente che si è bevuta il cervello e che non ha ancora
capito che noi riprendiamo con un contesto di prudenza", ha aggiunto
il governatore.
Cura Italia: ok Camera a fiducia con 298 sì
Con il Cura Italia, a metà marzo, il Governo ha stanziato 25
miliardi per il contrasto al coronavirus, intervenendo sul
potenziamento del Sistema sanitario, sostegno all'occupazione e ai
lavoratori
Con 298 sì, 142 no e 2 astenuti la Camera ha concesso la fiducia al
governo posta sul decreto legge Cura Italia.
Dopo una breve sospensione la seduta proseguirà con l'esame degli
ordini del giorno. Per domani è atteso il voto finale.
La seduta, quindi, riprenderà domani mattina alle 8,30 con
l'illustrazione e il voto sugli ordini del giorno. A seguire si
svolgeranno le dichiarazioni di voto e il voto finale. Con il via
libera di domani da parte della Camera il decreto diventa legge.
Non c'è una indicazione precisa sull'orario del voto definitivo in
quanto in Conferenza dei capigruppo non si è raggiunto un accordo.
Sull'ammissibilità degli odg c'è stato poi un battibecco tra il
presidente di turno, Ettore Rosato, e FdI. Dura la replica di
Rosato: "Assicuro che mai nessuno della presidenza prende o
prenderà mai in giro" i deputati e l'Aula, "e la presidenza mai
utilizzerà in maniera strumentale una pausa dei lavori per
favorire interessi di parte".
Con il Cura Italia, a metà marzo, il Governo ha stanziato 25
miliardi per il contrasto al coronavirus, intervenendo sul
potenziamento del Sistema sanitario, sostegno all'occupazione e ai
lavoratori, supporto al credito per famiglie e pmi, sospensione
degli obblighi fiscali. Molte delle misure, adottate per coprire
la falla provocata dall'emergenza sanitaria, sono state poi
riprese e modificate nei successivi decreti.
Dopo averla posta al Senato in prima lettura, per velocizzare i
tempi in mancanza di un accordo fra maggioranza e opposizione, con
la fiducia alla Camera il Governo ha avviato, ora, il
provvedimento al voto finale in Parlamento.
Le anticipazioni sul Def: scostamento deficit da 55 miliardi, la
crescita a -8 per cento
Il ministero dell’Economia prevede un disavanzo al 10,3% del Pil.
L'anno prossimo il rimbalzo dell’economia sarà del 4,7 per cento
Sono ore frenetiche per la stesura del Def. Non è ancora certo che
il Consiglio dei ministri convocato per approvarlo si riunisca
oggi, ed è possibile che slitti a domani o addirittura al week
end. Ma nel frattempo trapelano le cifre del Documento, sulla
portata dello scostamento di bilancio e sulla dimensione delle
misure che saranno contenute nel nuovo decreto (il cosiddetto dl
aprile) per affrontare l'emergenza.
Ecco le principali: il ministero dell'Economia prevede un calo del
Pil nel 2020 dell'8%, mentre nel 2021 immagina un secco rimbalzo,
con un +4,7%. Nel 2020, il deficit tocca le due cifre e si
attesta, questa la previsione, al 10,3%. Lo scostamento di
bilancio complessivo è di 55 miliardi, dunque diversi miliardi di
più di quelli ipotizzati inizialmente da Roberto Gualtieri. Nel
complesso, il saldo netto da finanziare è di 161 miliardi di
risorse, tra cui 50 da Cassa depositi e prestiti e 30 di garanzie.
Il Mef è al lavoro per gli interventi necessari per superare
l'emergenza. Tra questi, 2,3 miliardi saranno dirottati per la
Salute, soprattutto per il potenziamento delle terapie intensive.
E 274 milioni saranno impiegato per azzerare l'Iva sui dispositivi
medico sanitari. Un miliardo e mezzo andrà alla Protezione civile,
130 milioni alla sicurezza e 90 alla Difesa.
Per la Cig serviranno 13 miliardi. La disoccupazione
per colf e badanti "congelate" impegnerà
per 1,3 miliardi, mentre 500 milioni serviranno per i congedi
parentali e bonus baby-sitter. In agenda anche il rinnovo del
sostegno mensile per gli autonomi: è rifinanziato per i prossimi
due mesi. Il primo mese costerà 4 miliardi, il secondo 3 miliardi:
in tutto 7 miliardi di intervento in sessanta giorni. l decreto
2,5 miliardi saranno dedicati al Turismo, 270 milioni allo sport.
E ancora: 4,1 miliardi ai Comuni, 2 alle Regioni. Altri 2,5
miliardi, invece, saranno distribuiti mediando tra le richieste
dei dicasteri: 1 miliardo, ad esempio, sarebbe la richiesta per
Ferrovie; 2 mld per l'agricoltura, 1,4 per l'adeguamento edilizio
delle scuole; 380 milioni per la disabilità.
Coronavirus – Verso ok a spostamenti dal 4 maggio, non tra
regioni. Dall’11 riapertura dei negozi al dettaglio, a seguire bar
e ristoranti. 23-04-20
Un “allentamento” della
stretta, ma non uno“stravolgimento” delle
misure di contenimento delCovid-19.
Il piano messo a punto dalla task
force guidata
daVittorio
Colao,
alla base della Fase
2,
“prevede una ripartenza sempre
all’insegna della massima cautela” nella consapevolezza che si
dovrà sempre tenere sotto controllo lacurva
epidemiologica e
“non farsi trovare impreparati in caso di una possibile risalita”,
spiegano fonti diPalazzo
Chigi dopo
una giornata di incontri. Prima con gli esperti coordinati dall’ex
manager di Vodafone, poi leparti
sociali,
quindi la cabina di regia con Regioni, Anci e
rappresentan.
Saracinese su per i negozi l’11, poi bar e ristoranti –Tradotto
nella pratica: il 4
maggio sarà
possibileuscire
da casa e
spostarsi solamente all’interno dellaregione di
residenza, ma le aperture si conteranno con il contagocce. Per
dire: è previsto che i negozi
al dettaglio possano
alzare la saracinesca dametà
di maggio,
solo dopo toccherà a bar eristoranti.
Insomma, l’ipotesi è che nel giorno più atteso dall’inizio del lockdown queste
attività restino ancora ferme ma con la possibilità di eccezioni,
come consentire lavendita
da asporto per
la ristorazione, che si aggiungerebbe alleconsegne
a domicilio,
già permesse. Non sarebbero ancora definite date, ma un’ipotesi
sarebbe far riaprire i negozi dall’11
maggio,
la ristorazione una settimana dopo. L’ufficialità, come anticipato
dal premier, arriverà entro la settimana e
indicherà nel dettaglio ilprogramma
nazionale.
Dovrebbe farlo tra venerdì e sabato. Con una specifica, anticipata
dal ministro della Salute Roberto
Speranza,
che durante l’incontro con le Regioni avrebbe spiegato che
bisognerà adattare alla evoluzione del livello
R0 le
scelte sia in termini dinuove
aperture che
dieventuali
ritorni a chiudere.La
posizione di sindacati ed enti locali –Cgil, Cisl, Uil hanno
ribadito che ilprotocollo dello
scorso 14 marzo “deve restare punto di riferimentoimprescindibile per
garantire lasicurezza dei
lavoratori coinvolti, quale condizione necessaria a riprendere la
produzione e a dare un futuro al Paese”. Idispositivi
di sicurezza,
gli strumenti di screening,
le attività negli appalti, ad esempio, ad oggi – dicono – “non
sono ancora sufficienti per garantire quella condizione. Così come
si pone un problema di assicurare il distanziamento
sociale suimezzi
di trasporto pubblico che
saranno utilizzati dai lavoratori”. Stesse richiesta da parte
dell’Anci: quattro le richieste avanzate dal presidenteAntonio
Decaro.
La prima riguarda le mascherine, “su cui non ci possono essere
speculazioni”. E per questo “è necessario fissare un prezzo
calmierato”.
Secondo punto: “fissare
una capienza massima” sui
mezzi pubblici usati dai lavoratori, ai quali andranno proposti
anche “incentivi all’acquisto dibici e
monopattini elettrici”. Un’ultima richiesta riguarda i figli di
chi tornerà al lavoro: “Pensiamo – ha detto Decaro – che si
debbano estendere ilbonus
baby sitter e
autorizzare le attività delterzo
settore ad
accogliere i bambini”. Sul tema dei mezzi pubblici, durante la
cabina di regia, è intervenuta anche la sindaca di Roma, Virginia
Raggi, avvisando che c’è “la necessita di unristoro per
lamancata
bigliettazione”,
altrimenti “le aziende
collassano e
gli italiani restano senza servizi”. Sugli stessi temi si sono
concentrate le richieste dellaRegione
Lombardia,
che chiede anche certezze sul “come” e “quando” si potrà
ripartire.Cosa
c’è nel memorandum della task force di Colao –Al
centro dei vari incontri c’è sempre il memorandum della
task force guidata da Colao, che ne ha illustrato a Conte ilcontenuto.
Il documento è stato ultimato martedì sera in una riunioneplenaria della
commissione e ha al centro le modalità di riavvio delle attività
produttive e il sistema deltrasporti
pubblici,
sui quali – secondo Colao – tornerà circa il 15% di
coloro che li utilizzavano prima dellacrisi
sanitaria.
La Fase 2 coinvolgerebbe tra i 2,7 e i 2,8 milioni di lavoratori e
tra i tanti punti discussi ci sono appunto l’utilizzo dei mezzi
pubblici nel rispetto delledisposizioni di
sicurezza, l’aggiornamento del protocollo di sicurezza con isindacati del
marzo scorso che verrà discussogiovedì
mattina,
la questione della disponibilità e del prezzo dei dispositivi di
protezione, su tutto le mascherine.
L’elenco di proposte, insieme ai suggerimenti della comunità
scientifica,
verrà utilizzato dall’esecutivo per elaborare la propria strategia
che, come detto, Conte ha promesso di annunciare entro
la fine della settimana.
.La
Fase due partirà dal 4
maggio,
ma sul tavolo del governo c’è
anche l’ipotesi dirimettere in
carreggiata anche le attività produttive che sono in grado di
garantire la massima sicurezza ai propri dipendenti già a partire
dalprossimo27aprile.
Non si tratterebbe, dunque, solo di estendere la cosiddetta listaAteco in
capo al ministero dello Sviluppo economico, “ma consentire a chi è
nelle condizioni di farlo” di riaprire ibattenti.
L’idea che sarebbe stata avanzata, riferiscono fonti di governo,
da Vittorio Colao nel corso della conferencecall ‘allargata’
di questa mattina con la regia diPalazzoChigi.
“Ogni valutazione dovrà essere affrontata con le parti sociali,
per il momento si tratta di una possibilità”, chiariscono diverse
fonti. Nel governo – e come detto c’è il “no” dei sindacati – però
c’è chi nutre diversi dubbi, riconoscendo le difficoltà nell’individuare
chi sia realmente pronto a ripartire: “E’ un grancasino“,
riconosce uno dei ministri presenti alla riunione, stando alla
ricostruzione fornita dalla Adnkronos.
Perché oltre a individuare i requisiti necessari – dagli spazi
nei reparti,
ad esempio, ai dispositivi di protezioneindividuale –
c’è da considerare il braccio di ferro con i sindacati che una
decisione di questo tipo potrebbe innescare. “Quelle sul tavolo
sono soloipotesi –
ha spiegato la stessa fonte – al momento di certezze non ce ne
sono”.
Coronavirus, analisi dell’Istituto Cattaneo: “Il numero dei morti
doppio rispetto a quanto comunicato dalla Protezione Civile”
Dati sottostimati, pazienti invisibili e morti non classificate.
Da giorni il dubbio che l'epidemia di sia più vasta e profonda
di quanto apparisse era presenti sui media e nelle richieste di
sindaci e
Dati sottostimati. Pazienti invisibili e morti non classificate.
Da giorni il dubbio che l’epidemia di Covid 9 sia più vasta e
profonda di quanto apparisse era presenti sui media e nelle
richieste di sindaci e amministratori. Oggi oltre alla
pubblicazione dei primi dati Istat –che
indica che il numero dei decessi al Nord è raddoppiato con una
stima del 337% per la sola Bergamo –
c’è l’analisi più ampia ed estesa a 1080 degli 8000 comuni
italiani dell’Istituto
Cattaneo di Bologna.
Alla domanda su quanti decessi in più ha provocato l’epidemia nel
nostro paese, l’Istituto risponde che “il numero di decessi
riconducibili a Coronavirus in Italia risulta comunque il
doppio di
quello a cui si arriva sulla base dei numeri relativi ai pazienti
deceduti positivi al test per Covid-19, comunicati dallaProtezione
Civile“.
Il confronto dei dati riguarda il periodo 21 febbraio-21 marzo e
la media dello ste......Infatti al 21 marzo 2020 i pazienti
deceduti positivi al Covid-19 erano 4.825, ma
la differenza, rilevata dalla nostra analisi, tra i decessi nel
2020 e la media dei decessi nel periodo 2015-2019, per il periodo
che va dal 21 febbraio al 21 marzo, era già8.740.
E questo valore fa riferimento a un campione che include solo
mille degli oltre 8mila comuni italiani, equivalenti a 12,3
milioni di abitanti su
un totale di 60,4 milioni. Anche sotto un assunto di massima
prudenza, in base al quale nei rimanenti 7mila comuni non
dovessero rivelarsi scostamenti rispetto alla mortalità media
degli anni precedenti, il numero di decessi riconducibili a
Coronavirus in Italia risulta comunque il doppio di quello a cui
si arriva sulla base dei numeri relativi ai pazienti deceduti
positivi al test per Covid-19, comunicati dalla Protezione Civile.
Nelle regioni del Nord fino al 75% di morti in più – Il
semplice confronto di questi due valori, spiegano i ricercatori,
rivela le dimensioni della crescita della mortalità e la
variabilità territoriale di tale crescita. InLombardia il
numero di morti nel periodo consideratoè
stato più che doppio rispetto
allo stesso periodo nei cinque anni precedenti. InEmilia-Romagna la
crescita è stata superiore al 75%,
mentre in Trentino-Alto
Adige
e in Piemonte è
stata comunque superiore al 50%. IlSud
e le Isole non
risultano immuni a queste percentuali. La variazione del numero di
morti, secondo l’analisi dell’Istituto nel Sud e Isole è stata del 40,2%,
un valore pari a quello del Veneto,
e superiore al 35% registrato dalla Liguria.
I ricercatori hanno osservato anche la variazione nella mortalità
tra uomini e donne. La maggiore vulnerabilità degli uomini al
coronaviru è ormai nota. Ma per gli studiosi anche l’osservazione
delle differenze nella crescita
dei decessi tra uomini e donne rivela,
tuttavia, l’esistenza di differenze territoriali non trascurabili.
Queste sono molto consistenti nelle regioni del Nord (sono più che
doppie in Trentino-Alto Adige), più deboli dove la crescita è
stata relativamente più contenuta, come nel Centro Italia, nulle
al Sud. La crescita dei decessi si è innescata tra la fine di
febbraio e i primi giorni di marzo. Il numero di morti prende a
salire rapidamente ben oltre i valori precedenti.
A iniziare è la Lombardia alla
fine di febbraio, seguita dall’Emilia-Romagna ai
primi di marzo. La crescita appare più lenta inPiemonte,
in Veneto e
nel Centro.Il
caso del Sud merita qualche considerazione a parte. I dati
confermano che anche al Sud e Isole, pur con dimensioni più
contenute, già a partire dagli inizi di marzo, si era verificato
uno scostamento rispetto all’andamento pre-crisi, e che un altro è
iniziato dopo la fine della seconda settimana, e sarebbe ancora in
corso.
Le città con più decessi. Non solo Bergamo– Le
cronache dei giorni scorsi hanno riportato come alcuni città siano
state più colpite. Nessuno dimentica la sfilata di mezzi militari
impegnati a trasportare dal territorio di Bergamo decine
di bare. La città lombarda e conPiacenza,
Parma o Brescia, sono da tempo al centro dell’interesse degli
osservatori. Ma ci sono altri centri Pesaro, Cremona,Biella,
sono rimasti finora lontani dai riflettori. La crescita della
mortalità è stata superiore anche in altre aree, lontane
da quelle considerate focolai di contagio, e che
probabilmente questi decessi sono avvenuti tra le pareti
domestiche e senza che venisse condotto il test per rilevare la
presenza del virus. Anche nel caso delle città, le serie temporali
rivelano lo scostamento della mortalità dall’andamento precedente
all’emergenza. Nei comuni capoluogo considerati, la crescita dei
decessi si innesca tra la fine di febbraio e i primi giorni di
marzo, e nella seconda settimana di marzo raggiunge un picco.
Lopalco: "Non c'è solo R0 da tenere d'occhio". Così l'epidemiologo
spiega gli indicatori chiave per la fase 2
Bisogna avere tamponi a sufficienza per affrontare eventuali
focolai di ritorno, mettere in piedi un sistema di sorveglianza
sul territorio ed essere capaci di ricostruire le catene di
trasmissione per bloccarle il più rapidamente possibile.
"Per decidere quando avviare la fase 2" contro l'epidemia da coronavirus "non
mi fiderei del valore di R0" che indica quante persone infetta un
paziente positivo al nuovo coronavirus, "né tanto meno del numero
di casi che tende a zero".Pierluigi
Lopalco,
docente di Igiene all'università di Pisa e coordinatore della task
force per le emergenze epidemiologiche della Regione Puglia, in un
intervento sul portale 'Medical Facts' del virologo Roberto
Burioni suggerisce
anche altri parametri da considerare e spiega: "Servirebbe che
almeno 4 o 5 degli indicatori" suggeriti, "che rappresentano solo
un piccolo esempio, avesse un valore soddisfacente rispetto a uno
standard"."Prima di allentare il lockdown e tornare
progressivamente a una ripresa delle attività produttive e
sociali, il Governo dovrebbe analizzare alcuni indicatori". E li
elenca lo stesso Lopalco: "Quanti tamponi per 1.000 abitanti si
riesce a fare in una settimana? Quanti tamponi sul totale
risultano positivi? Qual è la quota di casi di Covid-19 registrati
dal sistema di sorveglianza di cui non si conosce l'origine?
Quanti focolai di trasmissione (catene di contagio) sono ancora
aperti? Qual è la quota di casi Covid-19 che giungono alla
segnalazione per la prima volta come 'casi gravi'? Esiste un
sistema di sorveglianza di 'tosse e febbre' diffusa sul territorio
attraverso pediatri di famiglia e medici di medicina generale che
segnali precocemente eventuali focolai epidemici? Esiste un
sistema di allerta che in tutti gli ospedali del territorio sia in
grado si segnalare un eccesso di ricoveri di malattia respiratoria
acuta grave?".
Allarme ripartenze, centomila aziende riaprono con
l'autocertificazione ai prefetti
Il ministro dello Sviluppo Patuanelli sulla fase 2: "Il governo
sta valutando la possibilità di regionalizzare le decisioni".
Oltre centomila aziende stanno riaprendo, sono già ripartite o non
hanno mai smesso di produrre, malgrado il lockdown. E con
sostanziali dubbi sul rispetto dei protocolli di sicurezza.
L'allarme lo lancia ufficialmente il presidente della Regione
Toscana, Enrico Rossi: "Decidere quando sbloccare le attività
produttive spetta al governo, che dice che non è ora. Benissimo.
Ma c'è una grande contraddizione con il fatto che con una semplice
comunicazione ...
Coronavirus, l’Osservatorio sulla salute: “In Lombardia e Marche
contagi azzerati a fine giugno”. Altri 5 medici morti: sono 136 in
totale
Basilicata eUmbria potrebbero
registrare “zero nuovi contagi” già domani, il21
aprile, mentre ilSud
Italia potrà forse cominciare a vedere la luce “trafine
aprile einizio
maggio“. Le regioni più colpite dalla pandemia di
coronavirus invece, dove la diffusione di è iniziata prima,
saranno “verosimilmente” le ultime ad uscirne, perciò i contagi si
dovrebbero azzerare “non prima di fine
giugno inLombardia e
nelleMarche“.
Questo è lo scenario ipotizzato dall’Osservatorio
nazionale sulla salute nelle Regioni italiane, coordinato
da Walter
Ricciardi, direttore dell’Osservatorio e ordinario di
Igiene all’università Cattolica, e da Alessandro
Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio.
In vista della cosiddetta ‘fase 2’ gli esperti stanno tracciando
una mappa virtuale per “fornire una valutazione sulla gradualità e
l’evoluzione dei contagi, al fine di dare il supporto necessario
alle importanti scelte politiche dei prossimi giorni”. La fine
dell’emergenza potrebbe avere tempistiche diverse – spiegano –
nelle varie Regioni, in base alla loro esposizione all’epidemia.
Precisano però che questa analisi non ha la pretesa di individuare
la data
esatta, “ma la data prima della quale èpoco
verosimile attendersi l’azzeramento dei nuovi contagi”.
Un lavoro che “si basa sui dati messi a disposizione
quotidianamente dallaProtezione
Civile dal 24 febbraio al 17 aprile”.
In una tabella, l’Osservatorio dettaglia “la data minima di
assenza di nuovi casi di contagio” in ogni Regione: Piemonte 21
maggio, Valle d’Aosta 13
maggio, Lombardia 28 giugno, Bolzano 26 maggio, Trento 16
maggio, Veneto 21 maggio, Friuli Venezia Giulia 19 maggio,
Liguria 14
maggio, Emilia Romagna 29 maggio, Toscana 30 maggio,
Umbria 21 aprile, Marche 27 giugno, Lazio 12
maggio, Abruzzo 7 maggio, Molise 26 aprile, Campania 9
maggio, Puglia7
maggio, Basilicata 21 aprile, Calabria 1 maggio, Sicilia
30 aprile, Sardegna 29
aprile.
Seppur in calo, è ancora alto il numero dei decessi da
coronavirus, anche tra i sanitari: ieri – sottolinea la
Federazione nazionale degli ordini dei medici -altri 5
medicihanno perso la vita. Si tratta di Carmela
Laino (pediatra),Nicola
Cocucci (odontoiatra e medico legale ), Alessandro Preda
(medico di famiglia),Italo
D’Avossa (virologo e immunologo), Renato Pavero (medico
118). Il totale sale a 136.Anche
per questo, l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni
italiane invita alla prudenza: “Una eccessiva anticipazione
della fine del lockdown,
con molta probabilità, potrebbe ‘riportare indietro le lancetta’
della pandemia e vanificare gli sforzi e i sacrifici sinora
effettuati” nella battaglia contro il nuovo coronavirus. Le
proiezioni effettuate dall’organismo per individuare “la data
minima di assenza di nuovi casi di contagio”
evidenziano che “l’epidemia si sta riducendo con estrema
lentezza.
Pertanto questi dati suggeriscono che il passaggio alla cosiddetta
fase 2 dovrebbe avvenire in maniera
graduale e
con tempi diversi da regione a regione”.
QUINDI dal 17 aprile
CESSANO LE CONFERENZE QUOTIDIANE. COME CONFERMATO DAL GOVERNATORE
IMPERIALE DEL VENETO L'EMERGENZA È CONCLUSA. GIA' PARTITA LA FASE
DUE. 18-04-20
Coronavirus, Zaia: "Lockdown? Per il Veneto non esiste più" | De
Luca: "Pronto a chiudere i confini della Campania"
Scontro tra le Regioni sulla fase 2 dellʼemergenza
Scontro tra le Regioni sulla fase 2 dell'emergenza coronavirus.
Per il governatore del Veneto, Luca
Zaia,
"in Veneto il lockdown non esiste più. Se dipendesse da me
riaprirei tutto il 4 maggio con gradualità e senso di
responsabilità". Ma Vincenzo De
Luca ribatte:
"Se dovessimo avere corse in avanti in regioni dove c'è il
contagio così forte, la Campania chiuderà i suoi confini. Faremo
una ordinanza per vietare l'ingresso dei cittadini provenienti da
quelle regioni".
Coronavirus, Die Welt: “Merkel non ascolti
l’Italia, la mafia aspetta i soldi da Bruxelles”. Di Maio:
“Vergognoso, Berlino si dissoci”
Coronavirus, l’epidemiologo Lopalco: “Così la Lombardia mette
tutti a rischio, troppe le deroghe”
“Se le aziende riaperte provocassero l’insorgere di nuovi focolai
sarebbe un disastro incommensurabile”. Pier Luigi Lopalco –
epidemiologo ormai noto al grande pubblico, professore di Igiene
dell’Università di Pisa, nominato dal governatore Michele Emiliano
responsabile delle emergenze epidemiologiche in Puglia – teme che
tutti gli sforzi degli italiani “possano essere vanificati da
scelte dettate da […]
Furbetti e pochi controlli: 110mila aziende già riaperte
I pochi controlli, i tanti escamotage consentiti dalle norme e
pure qualche furbizia: tutto è stato utile per riaprire imprese
non ammesse dal decreto del governo del 22 marzo. É così che molte
aziende hanno rialzato i battenti. Fino all’8 aprile erano 2.296
le attività sospese a seguito delle verifiche dei prefetti di
tutta Italia. […]
Coronavirus, il Belgio è un caso: primo al mondo nel rapporto tra
morti e contagi
BRUXELLES - Il caso Belgio: tra ritardi, polemiche e una
disastrosa gestione della crisi nelle case di riposo per anziani,
qui si registra il tasso di letalità più alto del pianeta tra le
persone contagiate. Non solo, il Paese ha il secondo numero di
morti per milione di abitanti in Europa. La notizia fa il giro del
mondo, arriva anche sulla stampa internazionale, ad esempio il New
York Times e Newsweek, mentre nei giorni scorsi, quando il paese
stava scalando le classific...
Tre scosse in 24 ore. La terra trema nel Piacentino, aggiungendo
paura al dramma del coronavirus che ha colpito molto duramente la
zona.
La scossa di terremoto più
intensa, di magnitudo 4,2 - delle ore 11.42 e ad una
profondità di tre km - è stata registrata dall'Ingv in provincia.
Ha fatto tremare l’Alta Valnure e l’Alta Valtrebbia, ma è stata
avvertita fino a Piacenza
città allarmando molti cittadini.
Quella più intensa avvertita in mattinata nell
I comuni più vicini all'epicentro sono stati Cerignale, Ottone e
Ferriere. Già ieri sera, nella stessa zona del piacentino, alle
ore 22.02, l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia aveva
registrato una scossa di magnitudo 3,5. Un'altra è stata
registrata a cinque chilometri da Cerignale alle 13.16.
L'epicentro a 8 chilometri di profondità.
"Uno spavento enorme. Una sensazione bruttissima, e già lo stato
d'animo non è dei migliori. Si somma sconforto a sconforto", le
parole di Massimo
Castelli,
sindaco di Cerignale, uno dei territori più colpito dal
coronavirus. La scossa, che non avrebbe fatto danni, ha trovato
gran parte delle persone in casa "e ha fatto saltare per un
qualche momento tutti i meccanismi. Io sono uscito con i pochi
dipendenti, per forza di cose per un momento il virus è passato in
secondo piano".
Le segnalazioni sono arrivate da tutta la provincia di Piacenza
(compresa Val D’Arda e Val Tidone), ma anche da quelle di Pavia e
Parma e anche da diverse zone della Liguria. L'epicentro infatti
dista dieci chilometri dal comune di Gorreto e 12 da Santo Stefano
d'Aveto, nell'entroterra di levante. "Al momento non abbiamo
segnalazioni di danni. Stiamo facendo tutte le verifiche" dice
all'Ansa Rita
Nicolini,
direttrice dell'agenzia regionale di Protezione civile
nell'Emilia-Romagna. Si tratta della seconda scossa in poche ore.
"Breve, ma piuttosto intensa", dice Nicolini che è in contatto con
i tecnici.
Nei giorni scorsi si sono registrate lievissime scosse (magnitudo
1,7 e 1,9), oltre alle due nelle ore scorse; ma non "c'è nessuna
sequenza sismica in corso", precisa Salvatore
Stramondo,
direttore dell'Osservatorio nazionale Terremoti dell'Istituto
nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). Si tratta di un'area
di media pericolosità sismica, in cui storicamente non sono mai
registrati terremoti di forte intensità. "Non sappiamo se ci
saranno altre scosse. Possiamo dire che in questa zona del
piacentino non ci sono mai state scosse importanti, cioè almeno da
5.5 di magnitudo in su. La sismicità negli ultimi decenni si è
sempre attestata su scosse di magnitudo 4.2-4.3", continua.
L'evento più rilevante della storia sismica dell'area, in termini
di impatto materiale, è probabilmente quello di magnitudo 4.6 del
23 dicembre 1980 (un mese dopo il terremoto dell'Irpinia), che
produsse qualche danno lungo la fascia appenninica della parte
orientale della provincia di Piacenza, in particolare l'alta Val
d'Arda e l'alta Val Nure.
Coronavirus, nella quarantena i ladri di giornali online sono
ormai un milione
Tra gli effetti più odiosi e meno conosciuti del Covid
19 ce
n'è uno che riguarda la libertà di informazione e la salute di un
intero comparto, quello dell'editoria. Da quando il Paese è in
lockdown, un milione di italiani, secondo una stima della Fieg e
della Guardia di Finanza, legge ogni giorno giornali "pezzottati",
o piratati, quelli cioèrubati
agli editori e portati ai lettori gratis attraverso le più comuni
applicazioni di messaggistica.
Un fenomeno illegale - simile a quello che avviene con il calcio,
la musica e la cultura - che però anche grazie alla sfacciata
complicità dei "giganti del web" - i primi a trarne vantaggio - in
questi giorni è definitivamente sfuggito dal controllo dello Stato
in un momento in cui la necessità dei cittadini di essere
informati è alta come mai.La fotografia impietosa di questa
situazione arriva da un report che la Fieg, la Federazione degli
editori, ha
inviato nelle scorse ore all'Agcom,
l'Autorità garante per le comunicazioni chiedendo la chiusura,
anche temporanea, di Telegram o
quanto meno dei suoi canali dedicati.Un
report finito anche sulla scrivania del sottosegretario
all'Editoria, Andrea Martella.
Che ha sollecitato un intervento immediato. Intervento che però, a
detta della stessa Autorità, è difficile possa arrivare. "Fino a
oggi - ha scritto il presidente dell'Autorità della garanzia nelle
comunicazioni, Angelo Cardani - tutte le segnalazioni inviate alle
società che gestiscono i servizi di messaggistica tramite App (Telegram, WhatsApp, Viber)
si sono rivelate fallimentari". Una resa totale e senza condizioni
di fronte a un fenomeno che è dunque libero di crescere e
continuare a erodere mercato e di libertà individuali.Come una lunga
inchiesta di Repubblica aveva
documentato nei mesi scorsi, in Italia non meno di 500mila persone
da anni ricevono, attraverso canaliTelegram o
chatWhatsApp i
giornali italiani in Pdf. Ogni mattina. Gratis. Su questo si era
mossa anche la Guardia di Finanza che aveva provveduto a
denunciare chi aveva inoltrato le copie pirata dei giornali. Tra
questi anche professionisti e militari.Ma recentemente Repubblica ha
avuto modo di vedere delle chat in cui a usufruire dei servizi
illegali sono anche deputati e senatori della maggioranza di
governo. In questi giorni di quarantena i numeri sono
letteralmente esplosi. Quasi raddoppiati, secondo i dati della
Fieg, sui soli canaliTelegram,
" siamo passati dai 395.829 iscritti dell'8 gennaio 2020 ai
574.104 del primo aprile 2020". I finanzieri dicono che almeno lo
stesso numero li riceve su Whatsapp attraverso
chat dedicate. "La stima delle perdite subite dalle imprese
editoriali è allarmante - scrive la Fieg - In una ipotesi
altamente conservativa, si parla di 670 mila euro al giorno, circa
250 milioni di euro all'anno. Un dato che dovrebbe indurre
l'Autorità di garanzia del settore ad intervenire, senza ulteriori
indugi, con fermezza, con provvedimenti anche esemplari".
Addio a Luis Sepúlveda: la sua
incredibile voce,
sospesa tra l'America latina a cui apparteneva e l'Europa dove si
era rifugiato, si è spenta in un ospedale di Oviedo. Covid-19 ha
ucciso anche lui,
l'ultimo dei combattenti. Aveva 70 anni.
Esule politico, guerrigliero, ecologista, viaggiatore dal passo
ostinato e contrario, esordì con un racconto bollato come
pornografia dal preside del suo liceo, a Santiago del Cile. "Era
il '63. Ci innamorammo tutti della nuova professoressa di storia.
La signora Camacho, una pioniera della minigonna". Un compagno di
classe gli chiese di scrivere una storia su di lei.
Quindici-diciotto pagine. Finirono nelle mani del preside: "Questa
è pornografia", gli disse. Provò a replicare: "Letteratura
erotica". "Pornografia - tagliò corto - ma scritta molto bene".
Raccontava così Sepúlveda, pescando dal cilindro l'ennesimo
saporito aneddoto quando di lui i lettori pensavano di conoscere
già tutto: i lineamenti forti da guerriero stanco, gli occhi scuri
che si accendevano di passioni, l'odore delle tante sigarette
fumate. E lo faceva con quel talento da affabulatore che lo
rendeva prima ancora che un abile scrittore, un inguaribile
cantastorie. Scriveva favole Sepúlveda - e non ci riferiamo solo
alla deliziosa Storia
di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare -
ma ai tanti romanzi al cui centro c'era l'eterna lotta tra il bene
e il male. Non amava la cronaca puntigliosa, credeva che la
letteratura fosse finzione e intrecciava i fili della narrativa
per dare vita a personaggi picareschi e trame avventurose
inzuppate di passioni e ideali. I suoi ovviamente, quelli per cui
aveva lottato, viaggiato e infine scritto.
Con il suo esordio - Il
vecchio che leggeva romanzi d'amore,
dedicato a Chico Mendes - regalò ai lettori un primo pezzo della
sua intensa vita: sette mesi trascorsi nella foresta amazzonica
con gli indios Shuar. Nel 1977, espulso dal Cile dopo due anni e
mezzo di carcere, si era unito a una missione dell'Unesco per
studiare l'impatto della civiltà sulle popolazioni native. Nacque
così una storia sospesa tra due mondi, quello degli indios
diffidenti nei confronti dei bianchi (cacciatori di frodo,
cercatori d'oro, avanguardie dell'industria più feroce) e quei
bianchi che al protagonista avevano insegnato a leggere dandogli
così un rifugio per la perdita della giovane moglie.Con il secondo
romanzo, Il
mondo alla fine del mondo,
descrisse invece ciò che gli era sembrato inevitabile dal ponte di
una nave di Greenpeace, organizzazione a cui si era unito negli
anni Ottanta: navi-fabbrica che trascinano a bordo balene esangui
e si trasformano in mattatoi, inseguimenti tra le nebbie
dell'Antartide, militanti ecologisti contro pescatori giapponesi.
Vita, attivismo e letteratura nelle stesse pagine. Alla militanza
politica ci pensò La
frontiera scomparsa:
i racconti che compongono il libro seguono le tappe di un cileno
che dalle prigioni di Pinochet ritrova la libertà attraversando
l'Argentina, la Bolivia, il Perù, l'Ecuador, la Colombia, in treno
o su veicoli di fortuna fino a Panama dove si imbarcherà per la
Spagna. A chi gli chiedeva perché mai ci avesse messo tanto a
trasformare quell'esperienza in letteratura lui rispondeva con un
sorriso tagliente che per l'appunto, era letteratura quella che
voleva fare, non psicoletteratura. Detestava il pathos, aveva
bisogno di mettere tra lui e il Cile la giusta distanza. Dal
dramma si risollevava con la lingua: semplice, netta, sintetica.
Tutto il contrario di Marquez: molto realismo, nessuna magia. O
forse la magia della realtà. Per dirla con Hemingway, parole da
venti centesimi e nessuna costruzione barocca. Era già abbastanza
fantasiosa la vita con i suoi fasti e le improvvise caduteSeguì il
filo della sua biografia anche ne La
lampada di Aladino:
tra mercanti levantini e angeli vendicatori, due giovani
condividono le lotte del movimento studentesco e si ritrovano dopo
gli anni della dittatura cilena e l'espatrio. In altre parole: la
sua storia d'amore con la poetessa Carmen Yáñez. La loro relazione
affiorò anche nel noir Un
nome da torero.
Il protagonista, che si chiama Juan Belmonte come il celebre
torero che si suicidò con un colpo di pistola, è un ex
guerrigliero cileno di quarantaquattro anni, che accetta di dare
la caccia a un tesoro nazista nella terra del fuoco solo per amore
di Veronica, una donna torturata dai militari e ritrovata viva, ma
in condizioni psicologiche disastrate, in una discarica di rifiuti
a Santiago. Nella realtà le cose non andarono proprio in quel
modo, ma per Sepulveda non poteva essere altrimenti: trasformava
le sue esperienze in materia letteraria, regalava pezzetti di vita
ai suoi personaggi, ma le biografie no, quelle le lasciava ad
altri.Giocava coi generi: le favole per i sentimenti universali
(oltre alla storia della Gabbianella, quella del gatto e del topo
che diventò suo amico, della lumaca che scoprì la lentezza e del
cane che insegnò a un bambino la fedeltà); la novela negra per
denunciare l'arroganza dei potenti, la solitudine degli sconfitti
o, come in Diario
di un killer sentimentale,
l'orgoglio di un uomo tradito; i racconti per mettere a nudo dopo
un lento processo di maturazione le sue idee e passioni. Si legga
ad esempio Incontro
d'amore in un paese in guerra.Lo
aveva anche raccontato nel poliziesco L'ombra
di quel che eravamo,
una storia di amicizia e speranza tra assalti alle banche, vecchi
giradischi, un rocambolesco omicidio e un'ultima spregiudicata
azione rivoluzionaria. In una notte piovosa a Santiago, quattro
uomini che si erano persi di vista per più di trent'anni si
ritrovano per un'ultima avventura. L'idea gli venne durante una
grigliata a casa di un amico, dirigente del Fronte Patriottico
Manuel Rodriguez, il movimento armato che non diede un giorno di
tregua a Pinochet. Dopo cena iniziarono i racconti, storie di
lotta e di resistenza. In quel momento lo scrittore si accorse che
lui e il suo vecchio amico proiettavano ancora l'ombra di ciò che
erano stati. L'ombra per esistere ha bisogno di luce. Quella di
Sepúlveda non si è spenta e mai lo farà: nei suoi libri, nella
nostra memoria, per sempre.
Al minimo i nuovi malati rispetto al numero di tamponi fatti ma
sono ancora troppi i morti (578).
I guariti sono 962, in riduzione sia le persone ospedalizzate con
sintomi (-368) che quelle in terapia intensiva (-107)---------------Lombardia,
diminuiscono i contagiati e i nuovi ricoveri. Milano fa eccezione.
Il numero dei decessi resta alto.
Nelle ultime ventiquattr'ore sono morte 578 persone (ieri le
vittime erano state 602), arrivando a un totale di decessi 21.645.
I guariti raggiungono quota 38.092, per un aumento in 24 ore di
962 unità (ieri erano state dichiarate guarite 1695
persone).L'aumento dei malati (ovvero le persone attualmente
positive) è stato pari a 1.127 unità (ieri erano stati 675) mentre
i nuovi contagi rilevati nelle ultime 24 ore sono stati 2.667
(ieri 2.972). Come detto, questi due dati assumono molto valore
considerando il fatto che sono strettamente collegati al numero di
tamponi fatti. Che oggi sono stati molti più di ieri.Infatti il
rapporto tra tamponi fatti e casi individuati è di 1 malato ogni
16,4 tamponi fatti, o appunto il 6,1%, il valore più basso
dall'inizio dell'epidemia (negli ultimi giorni questo valore è
stato in media del 9,2%). Il numero totale di persone che hanno
contratto il virus dall'inizio del contagio è 165.155. 15-04-20
È accaduto
in Italia che proprio la regione ritenuta più forte, la più
efficiente, la più ricca fosse quella meno pronta a fronteggiare
lapandemia portando
avanti scelte di cui presto i suoi dirigenti saranno chiamati a
rispondere. Nel sistema italiano, le regioni hanno competenza
esclusiva in materia sanitaria e la regione Lombardia è capofila,
sia per la ricchezza del territorio, che per il connubio
pubblico-privato creato dalle amministrazioni di centro-destra,
che hanno occupato il potere ininterrottamente negli ultimi due
decenni.
La Lombardia è il territorio di Silvio Berlusconi e la Regione era
il feudo di Roberto Formigoni, definitivamente condannato a 5 anni
e 10 mesi di carcere per gravi episodi di corruzione, innestatisi
proprio sul rapporto tra potere regionale e sanità privata. Ma
fino a un mese fa si credeva che quella corruzione fosse solo un
incidente di percorso. Ma le cose non stavano così.Dal mio
osservatorio di studioso delle dinamiche criminali, e in
particolare del potere delle mafie, ho negli anni osservato come
per un settentrionale sia più accettabile pensare che il marcio
sia comunque proveniente "da fuori". Eppure, solo dieci anni fa,
per aver raccontato nel corso di una trasmissione televisiva
quello che era un'ovvietà per ogni investigatore - e cioè che la
camorra napoletana e la 'ndrangheta calabrese, seguendo le orme
della mafia siciliana, che lo aveva fatto, almeno dagli anni '70,
avevano infiltrato l'economia legale del nord - fui attaccato al
punto di dover ospitare, coattivamente, alla puntata successiva un
monologo dell'allora Ministro degli Interni, Roberto Maroni
(predecessore di Matteo Salvini alla guida della Lega Nord), ora
fuori dalla politica per vicissitudini giudiziarie.
Dopo poco arrivarono anche le condanne e oggi è un dato assodato
che in molte parti del Nord le mafie la facciano da padrone. Qui
racconto ciò che so, ciò che accade. Ma con una premessa
necessaria: non c'è un sistema sanitario al mondo che si è
dimostrato in grado di fronteggiare con prontezza l'emergenza
Coronavirus, ad eccezione, forse, per i dati che si conoscono
oggi, della Corea del Sud. Per quanto possa apparire paradossale,
il punto debole della Lombardia è rappresentato dalla sua
dinamicità economica e dal volume di scambi e relazioni con
l'estero e, in particolare, con la Cina.
Nelle valli bergamasche falcidiate dal virus (alcuni già adesso
parlano di un'intera generazione cancellata) esiste una miriade
(migliaia) di piccole aziende, spesso con meno di dieci
dipendenti, che però rappresentano un'eccellenza tale da fare di
quei distretti industriali una vera locomotiva, non solo per la
Regione Lombardia. A un certo punto, però, mentre i media
parlavano delle scelte drammatiche che erano rimesse ai medici
delle terapie intensive, tra chi intubare e chi lasciar morire,
altre scelte venivano fatte e il tema del contendere è stato:
chiudere le produzioni, con il rischio di un collasso economico, o
mantenere aperto tutto il possibile, sacrificando vite umane? Va
da sé che non c'è stato un dibattito pubblico sulla questione, e
ci mancherebbe.
La cosa grave è che la Regione Lombardia e il governo centrale si
sono passati, nel corso di molte settimane, la patata bollente
della decisione di chiudere tutto. Oggi sappiamo che, nel
frattempo, per non confinare in casa operai che erano utili alla
catena di montaggio e che, soprattutto nel caso di piccole
imprese, dovevano e devono decidere tra la vita e il lavoro, si è
favorita una massiccia diffusione del contagio, che al di là della
parzialità dei dati, restituisce una mortalità, in termini
assoluti, spaventosa.
Oggi questa realtà è venuta fuori in tutta la sua gravità,
restituendo l'immagine di un territorio nel quale le classi
dirigenti hanno deciso a tavolino di "non fermarsi", probabilmente
mettendo in conto l'ecatombe, magari puntando sulla sorte.
Quanto sta emergendo sui ritardi nel disporre la
zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro,
nella Bergamasca, e sui ricoveri
nelle residenze sanitarie in
cui si prestano cure agli anziani (RSA) sono questioni
sconvolgenti, che non possono non essere messe in connessione con
un tasso di letalità del virus che, in quelle zone, è altissima e
miete centinaia di vittime ogni giorno. Da molte parti si sta
invocando, proprio a causa della crisi lombarda, un passaggio
della gestione sanitaria dalle regioni al governo centrale.Per
certi versi, è intuitivo pensare che quanto è accaduto, quindi le
"indecisioni", il "rischiare" siano stati frutto di un'eccessiva
dipendenza del potere politico regionale rispetto a quello
economico-produttivo. Ora che le cose sono andate malissimo, il
rischio concreto è che chi ha deciso queste "strategie" criminali
possa avere interesse a occultare le proprie responsabilità. Il
tasso di letalità del virus in Lombardia è frutto soprattutto
delle scelte fallimentari compiute da una classe dirigente
mediocre, che andrebbe esautorata immediatamente se non ci fosse
un'emergenza drammatica in corso. Ma mentre oggi le sirene delle
ambulanze coprono ancora le voci dei familiari delle persone
lasciate morire a causa di una sequela di errori che hanno
aggravato l'effetto dirompente del contagio, tra poco sarà il
tempo di processare chi è venuto meno ai suoi doveri.
Il caso lombardo assume peraltro una connotazione ancora più
oscura se raffrontato a quello della regione confinante, il
Veneto, che pure a fronte di una popolazione assai inferiore
(circa la metà), ma caratterizzato da una simile vivacità sul
piano economico, ha affrontato la crisi in maniera completamente
differente e, ad oggi, più efficace.
Per quello che ora sappiamo, tra Lombardia e Veneto (entrambe
governate dalla Lega) esiste una differenza di approccio
all'epidemia che è quantificabile nel numero di persone che hanno
perso la vita - 10mila in Lombardia vs meno di 1.000 in Veneto - a
fronte di un numero di tamponi eseguiti pressappoco identico
(quasi 170mila).
Il Veneto, a differenza della Lombardia, ha puntato molto sul
tracciamento degli asintomatici per individuare ogni focolaio, per
poi agire con prontezza sigillando i territori per impedire
l'espansione del contagio. A differenza della Lombardia - dove il
virus (come in molte altre parti del mondo, ma non con una tale
intensità) ha visto crescere il contagio anche a causa della
impreparazione al fenomeno dei piccoli ospedali sul territorio -
il Veneto ha provato a ridurre l'ospedalizzazione dei malati
(salve, ovviamente, le ipotesi gravi), privilegiando l'assistenza
domiciliare.
La Lombardia, di fronte a una crisi senz'altro non prevedibile
nella sua velocità di diffusione, ha pagato soprattutto per i
deficit organizzativi che il sistema misto pubblico-privato - fino
ad allora considerato, anche a ragione, dato che ogni anno
migliaia di persone da altre regioni vi si recavano per cure, il
meglio possibile - ha mostrato: a fronte di grandi eccellenze, un
livello medio piuttosto basso sul piano organizzativo
(fondamentale, a tal proposito, leggere la lettera che la FROMCeO Lombardia e
cioè la Federazione Regionale degli Ordinidei
Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri della
Lombardia ha inviato
ai vertici della Regione stigmatizzando l'incertezza nella
chiusura di alcune zone, la mancanza di mascherine e dispositivi
di protezione e i pochi tamponi effettuati) e un dominio
incontrastato della politica e dei gruppi di potere.
Un esempio per comprendere questa dinamica è quello di Comunione e
Liberazione, un'associazione cattolica della quale, fino alla
condanna definitiva, il corrotto Roberto Formigoni era uomo di
punta. Comunione e Liberazione è potentissima in Lombardia e detta
legge; basti pensare alla percentuale maggioritaria, nelle
strutture pubbliche, di medici antiabortisti e della difficoltà
che la maggior parte delle donne trova a farsi prescrivere la
pillola abortiva, nonostante sia previsto dalla legge: la
"tecnica" elusiva è semplice.
I medici obiettori di coscienza hanno molte più possibilità di
fare carriera rispetto a quelli non obiettori. Come si potesse,
anche ieri, ascrivere questa dinamica mafiosa al concetto di
efficienza è stato per me sempre un mistero. E dispiace che i
lombardi debbano rendersi conto oggi, sulla pelle loro e dei loro
cari, dell'anomalia di certe dinamiche, che lungi dal
rappresentare eccezione gettano una luce sinistra sulla regola
seguita in generale.
Vedete, nascere e crescere al Sud Italia, uno dei territori
viceversa più poveri d'Europa (con un pil in molte parti inferiore
a quello della Grecia), ti dà gli strumenti per capire oggi cosa
accadrà domani.
E quello che è accaduto in Lombardia e in Veneto, che sono state
le prime zone in Europa colpite dal Covid-19, è di vitale
importanza per il resto del continente perché mostra due approcci
differenti e indica esattamente, nel caso della Lombardia, cosa
non fare, come non agire, come non comunicare.
Ma le colpe non sono solo del centro-destra al potere, poiché
viceversa le città di Bergamo e Milano sono amministrate dal
centro-sinistra. Ma il virus è arrivato a scoprire l'assoluta
inadeguatezza di un approccio economicista e manageriale della
cosa pubblica che caratterizza un territorio ricchissimo, nel
quale il lavoro è un imperativo e la dimensione individualistica è
accentuata fino al parossismo.
Le biografie stesse dei sindaci di centro-sinistra di Milano e di
Bergamo aiutano a comprendere le falle nella gestione delle prime
fasi dell'emergenza. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è un uomo
di estrazione di centro-destra assurto alle cronache per la
gestione dell'evento EXPO 2015, mentre quello di Bergamo, Giorgio
Gori, è stato per lunghissimo tempo un uomo di punta dell'azienda
televisiva di proprietà di Silvio Berlusconi.
Entrambi hanno sottovalutato al principio l'emergenza sanitaria,
preoccupandosi solo delle possibili ricadute economiche. Non solo
hanno provato in tutti i modi a non "fermare le macchine", ma
hanno addirittura invitato i cittadini, nonostante l'epidemia in
corso, a prendere parte alla vita di comunità, assecondando in
tutto i desiderata del comparto produttivo, che non riusciva a
vedere nel lockdown una alternativa di vita praticabile e che, a
questo punto, dobbiamo ritenere sia l'unico riferimento nella loro
azione amministrativa.
Il paradosso di questa crisi sembra quasi delineare un
insegnamento filosofico. Proprio i politici a capo della regione
che si è sempre vantata di aver fatto tutto da sé e che negli
ultimi trent'anni ha chiesto sempre maggiore autonomia - il
partito più forte del Nord, la Lega, prima di essere sovranista
era, fino a pochissimi anni fa, secessionista - lamentando il peso
dell'improduttivo meridione (però formidabile serbatoio di
"risorse umane", come direbbe un manager), che ha sempre deprecato
ogni accentramento e ogni decisione presa dalla inconcludente e
disorganizzata Roma, in questa emergenza hanno finto per dare la
responsabilità delle proprie indecisioni, e delle conseguenti
omissioni, al governo centrale. Che avrebbe dovuto decidere al
posto loro, levandogli le castagne dal fuoco: davvero
disonorevole, oltre che criminale.
L'Europa - e il resto del mondo - sta affrontando un momento
estremamente delicato in cui si deciderà davvero del suo futuro. È
stato detto molte volte, ma questa è quella definitiva, perché
oggi in Europa non si decide solo il destino del continente e dei
paesi che ne fanno parte, ma si decide soprattutto del destino di
tutte le persone che ci vivono e ci vivranno, anche di chi non è
ancora nato.
Perché è bene dirlo: oggi si sta decidendo di condannare le future
generazioni di buona parte dell'Europa a pagare i debiti contratti
dai propri genitori a causa di una forza maggiore. E anche questo
è assai poco onorevole, soprattutto per quei piccoli paesi che
sottraggono risorse ad altri attraverso il dumping fiscale. Un
mondo che è risorto dalle macerie della seconda guerra mondiale,
del nazismo e del fascismo, dei campi di sterminio, dei
totalitarismi comunisti per giungere alla sublimazione del
contabile al posto del politico. Che disonore: non oso immaginare
quale trattamento riserverebbero i padri dell'Europa a questi
mediocri che credono che gli Stati siano delle aziende e le
persone dei numeri da inserire in un bilancio.
Penso a Helmut Kohl e al coraggio che ebbe a riunire la Germania
per condurla in un'Europa libera e solidale e al sostegno che
trovò nei partner europei. Ma Kohl è morto e con lui,
probabilmente, l'ultima idea nobile di Europa.
Se penso alla Germania, non posso non pensare alla nostra
Lombardia. Non posso non pensare che l'operosa Germania, in
qualche modo, stia all'Europa come l'operosa Lombardia sta
all'Italia. E mi torna in mente Scurati che ha descritto il
milanese al tempo del Covid-19 come un animale spaventato,
atterrito dalle sicurezze perse nel giro di poche, pochissime
settimane: la debolezza insita nel credersi invincibili. Che
senso ha l'efficienza senza la solidarietà: forse è lì, ancora, la
differenza tra l'uomo e la macchina.
I vertici della Regione Lombardia hanno sbagliato ad aver
assecondato Confindustria lombarda, il cui presidente, Marco
Bonometti in un'intervista ha difeso la scelta di non aver chiuso
fabbriche dicendo: "Però ora non farei il processo alle
intenzioni, bisogna salvare il salvabile, altrimenti saremo morti
prima e saremo morti dopo". Argomento da industriale, senz'altro;
ma la Politica, quella con la P maiuscola, è altro e certo non
possono farla gli industriali. Ma essere arrivati al dilemma: se
morire prima, fisicamente, e morire poi, economicamente, fa capire
bene la sfida posta dal virus alla politica europea, prima che
italiana.
Forse, ma non ne sono certo, c'è ancora spazio per uscire dalla
pandemia per seguire un'utopia: riscoprire che produttività e
conti correnti valgono meno delle persone, riscoprire che
allargare diritti, espanderli, significa salvarci tutti.
Riscoprire ora che una politica che decide solo seguendo l'odore
del denaro è una politica che genera morte e non ricchezza. E che
dice a chiare lettere: "l'Europa non esiste più e oggi è un nuovo
1945". Io spero che gli uomini di buona volontà non lo
permetteranno.
Dl liquidità, via libera dalla Commissione Ue. Online il modulo
per chiedere la garanzia del 100% su prestiti fino a 25mila euro.
14-04-20
La misura del governo italiano è considerata in linea con la
normativa europea sugli aiuti di Stato, appena modificata per
consentire agii Stati di fornire garanzie che coprano fino al
100% del rischio. Troppi accessi al portale del ministero dello
Sviluppo: la sezione Normativa e modulistica risulta
inaccessibile
E’ arrivato il via libera della Commissione
europea a forniregaranzie pubbliche
per facilitare l’erogazione di credito alle imprese, come
previsto daldecreto
liquidità. E, ottenuto l’ok. il governo ha pubblicato
sul sito fondidigaranzia.itil
modulo (VEDI SOTTO) con cui autonomi e imprese fino a 499
dipendenti possono chiedere la
garanzia
del 100% su prestiti
fino a 25mila euro. Ma, come avvenuto per il sito
dell’Inpsnel
caso delle domande per l’indennità offerta agli autonomi, i
tanti accessi al portale del ministero
dello Sviluppo stanno causando qualche difficoltà: la
sezione Normativa e modulistica risultainaccessibile.
L’Abi comunque fa sapere che le banche, dopo aver ricevuto il
modulo anche via mail,
potranno subito erogare i finanziamenti senza aspettare il via
libera di Mediocredito centrale che gestisce il Fondo di
garanzia.Palazzo
Berlaymont,
cui Roma aveva inviato la notifica ancora prima della
pubblicazione del decreto in Gazzetta, si è mosso con rapidità e
ha stabilito che il provvedimento à “nell’ambito del quadro
normativo temporaneo adottato dalla Commissione il 19 marzo 2020
e modificato il 3 aprile 2020”. Cioè non è in contrasto con le
norme europee sugli aiuti
di Stato.All’inizio
di aprile l’Ue aveva
cambiato i regolamenti comunitari per permettere agli Stati di
concedere prestiti alle imprese ainteressi
zero egaranzie che
coprano fino al100%
del rischio.
Fino a quel momento, le norme europee sugli aiuti di Stato
fissavano il tetto al 90% del capitale, oltre a stabilire un
limite massimo pari al 25% del fatturato dell’anno precedente.
L’Italia ne ha approfittato solo in parte: la copertura totale è
prevista solo per i prestiti fino a 25mila euro.Oggi la
Commissione specifica che, dopo l’accordo trovato nel corso
dell’ultimo Consiglio
dei Ministri sul
tema, “il sistema di garanzia italiano con un budget fino a 200
miliardi di euro consentirà garanzie pubbliche su nuovi prestiti
e sul rifinanziamento di prestiti esistenti per tutte le
imprese, comprese le grandi società”. Questo, insieme agli
interventi “per sostenere i lavoratori
autonomi,
le Pmi e
le società a media capitalizzazione colpite nel contesto
dell’epidemia di coronavirus”, aiuterà le aziende “a coprire il
capitale circolante immediato e le esigenze diinvestimento in
questi tempi difficili”.
Il primo via libera Ue, nello specifico, riguarda la garanzia
pubblica che attraverso la Sace sarà
offerta sui finanziamenti necessari alle aziende per fare fronte
alle conseguenze dell’emergenza. L’altro ok arrivato daBruxelles si
riferisce allo schema messo in piedi per assistere, sempre dal
punto di vista finanziario, tutte le imprese che abbiano fino a
499 dipendenti.
L’Abi ha
fatto sapere che, “con lettera circolare già diffusa questa
mattina a tutti gli associati, ha comunicato alle banche che la
Commissione europea ha approvato questa notte l’indispensabile
autorizzazione prevista nel Decreto legge n. 23 dell’8 aprile
2020 per rendere operative le importanti misure a sostegno della
liquidità delle imprese danneggiate dall’emergenza delCovid-19“.
Esulta il ministro per gli Affari Europei, Enzo
Amendola: “Una buona notizia. La Commissione europea ha
autorizzato in tempi record gli aiuti di Stato di 200 miliardi
previsti dal Decreto imprese. Misure del governo che permettono
una forte iniezione di liquidità a favore del tessuto produttivo
delle Pmi e dei lavoratori autonomi. Positiva la reazione
immediata di Abi che ha subito diramato le conseguenti
disposizioni per il sistema bancario italiano al fine di
sostenere le aziende e i lavoratori in questa fase delicata per
il Paese”.
Coronavirus mondo, seconda ondata in Cina: 108 nuovi casi.
Parziale riapertura della Spagna 13-04-20
1.850.527, secondo i dati diffusi dalla Johns Hopkins University.
Ci sono stati 114.245 decessi a livello globale. I morti negli Usa
hanno superato i 22 mila.
La Spagna allenta le misure e i morti calano
Il governo ha allentato alcune delle misure restrittive e molti
lavoratori sono usciti di casa per andare al lavoro. Le strade
poco trafficate e sui trasporti pubblici c'erano poche persone, a
distanza di sicurezza. All'ingresso della metropolitana,
poliziotti e operatori della Croce Rossa hanno consegnato
mascherine gratuite. Mentre la Spagna entra nel suo secondo mese
di fermo, con 17 mila vittime, alcune aziende che non possono
operare in remoto, comprese le costruzioni e la produzione, sono
state autorizzate a riaprire lunedì, suscitando critiche da parte
di alcuni leader regionali che temono una ripresa dell'epidemia.
La maggior parte della popolazione è ancora confinata nelle
proprie case e negozi, bar e spazi pubblici rimarranno chiusi
almeno fino al 26 aprile. Il primo ministro Pedro
Sánchez ha
dichiarato domenica che la decisione di riavviare alcuni settori
dell'economia è stata presa dopo aver consultato un comitato di
esperti scientifici.
In Germania i guariti superano i malati
Guarigioni 50% contro 37% della Spagna, il 22% dell'Italia e il
21% della Francia. Lo dicono fonti ufficiali tedesche citate da Bbc.
Nelle ultime 24 ore i test positivi sono stati 2.537, che portano
il totale a 127.854, appena oltre il 50% dei quali risulta ora
guarito. La Germania, ricorda Bbc, ha un tasso di letalità più
basso rispetto a Spagna, Italia, Francia e Regno Unito, perché
effettua più tamponi, e quindi registra anche i casi meno gravi e
leggeri.
Seconda ondata di contagi in Cina
La Cina ha registrato il massimo numero di nuovi casi quotidiani
di coronavirus in quasi sei settimane, spinti da un aumento dei
viaggiatori contagiati che arrivano da oltreoceano: ora Pechino
deve affrontare una nuova sfida per prevenire una seconda ondata
di Covid 19. Un totale di 108 nuovi casi sono stati segnalati
domenica, in aumento rispetto ai 99 di un giorno prima e
segnando il numero più alto da quando sono stati segnalati 143
casi il 6 marzo.
Il numero totale di casi confermati nella Cina continentale si
attesta ora a 82.160, mentre il bilancio delle vittime è di
3.341. In particolare la provincia nordorientale di Heilongjiang,
che confina con la Russia, ha riportato 56 nuovi casi, di cui 49
dalla Russia. Le città cinesi vicino al confine hanno dichiarato
di avere rafforzato i controlli alle frontiere e le misure di
quarantena agli arrivi.
Emergenza Ecuador: centinaia di cadaveri rimossi dalle case
Più di 700 cadaveri sono stati rimossi dalle case a Guayaquil, la
capitale economica dell'Ecuador, dove i servizi ospedalieri e
funebri sono sopraffatti dalla pandemia di Covid 19. Queste
centinaia di cadaveri sono stati rimossi dalle loro case da una
forza speciale formata dalla polizia e dai militari e creata dal
governo di fronte al caos scatenato dalla pandemia.
Coronavirus, in Usa sistema al collasso e americani al bivio delle
assicurazioni: non avercela può costare 73mila dollari
Non c’è ancora totale chiarezza su quanto successo al diciassettenne
di Lancaster, California,
morto la settimana scorsa dopo essere rifiutato da un ospedale
perché sprovvisto di assicurazione sanitaria
per quello che in un primo tempo sembrava un caso di Covid-19.
Il ragazzo, in realtà, potrebbe essere morto per uno shockanafilattico non
immediatamente connesso alvirus.
Anche le circostanze della morte – che avevano sollevato
l’indignazione generale, migliaia di tweet, critiche feroci al sistema
sanitario Usa –
potrebbero non essere quelle raccontate nei primi resoconti. Non è
per esempio vero che lafamiglia non
avesse un’assiscurazione sanitaria. Il padre del ragazzo, un
autistaUber,
aveva un’assistenza sanitaria. Di fronte al precipitare delle
condizioni del diciassettenne, avrebbe chiamato una clinica di
medicina d’urgenza, Kaiser
Permanente,
che avrebbe suggerito di portare il ragazzo in un ospedale più
vicino – e non si sarebbe quindi rifiutata di
ammettere il paziente. Vittima di un arresto cardiaco
sull’ambulanza, il ragazzo è morto inospedale,
dopo sei ore di inutili tentativi per tenerlo in vita.La versione
aggiornata dei fatti è stata data dal sindaco di Lancaster, Rex
Parris,
che è anche colui che in un primo tempo aveva dato notizia del
rifiuto da parte del centro medico privato di ammettere il
paziente. Uno dei simboli della malasanitàamericana potrebbe
quindi non essersi svolto proprio come narrato. Il problema è che
la storia diLancaster,
anche se non vera, è del tutto verosimile. Cioè, sarebbe potuta facilmenteaccadere.
Negli Stati
Uniti una
clinica che si occupa di medicina d’urgenza può negare le cure a
chi non dispone di un’assicurazione sanitaria. Esiste una norma,
l’Emergency
Medical Teatment and Labor Act (EMTALA),
che obbliga alcune di queste cliniche a intervenire – soprattutto
nei casi di donne che devono partorire. Ma si tratta, appunto, di
eccezioni. Non esiste alcun vero obbligo affinché leclinicheprivate che
offrono servizi
di emergenza trattino
i casi di pazienti in emergenza ma senza un’assicurazione.È solo
uno dei tanti paradossi,
e lacune, e disastri,
di un sistema sanitario che sotto la pressione dell’emergenza Covid-19 mostra
tutti i suoi limiti. In questo momento ci sono circa27
milioni di americani senza
alcuna forma di assicurazione sanitaria. Ammalarsi di coronavirus,
per questi, oltre al rischio per la vita, rappresenta un notevoleesborso economico.
InFlorida una
donna ricoverata per un giorno in ospedale perCovid-19,
trattata e quindi dimessa dopo una serie di analisi, si è vista
recapitare un conto da 34.927
dollari.
La donna non disponeva di un’assicurazione sanitaria e può dire di
essersela comunque cavata non troppo male. Un gruppo che si occupa
di monitorare la sanità Usa,
“FairHealth”, ha calcolato che un ricovero per Covid-19 può
costare ad una persona non assicurata fino a 73
mila dollari.Ci
sono poi gli assicurati,
che vista la frammentazione del
sistema sanitario americano sono una galassia vasta e
diversissima. Ci sono quelli che si sono dotati autonomamente di
un’assicurazione sanitaria, quelli cui viene offerta con il
contratto di lavoro, quelli che godono delMedicare (gli
americani oltre i 65 anni), quelli che hanno accesso alMedicaid (i
più poveri). Anche per la massa degliassicurati ilCovid-19 non
è comunque un affare a costo zero. La “Kaiser Family Foundation”
ha calcolato che il costo medio del trattamento daCovid-19 per
una persona con assicurazione sanitaria fornita dal datore di
lavoro è di 9.763 dollari. Questo se non ci sono complicazioni. In
caso dipolmonite o
altro, si oltrepassano i 20 mila dollari.Tutto questo riguarda i
pazienti. Gli eventi di questi giorni hanno però mostrato la
qualità del sistema sanitario offerto. L’emergenza Covid-19 ha
svelato problemi a non finire. Mancano mascherine,
camici, respiratori.
Decine di respiratori forniti
agli Stati si sono rivelati non funzionanti perché privi dimanutenzione.
I test in un primo tempo forniti dal “Centers
for Disease Control and Prevention”
erano difettosi e non in grado di riconoscere il virus. Il
problema vero, che la crisi sta acutizzando, riguarda però medici eospedali.
Ci sono negli Stati Uniti 6146 ospedali, di cui però 5198 sono
definiti “community hospitals”, quindi centri
specialistici e
non-federali non in grado di affrontarel’emergenza.
I medici, che sono oltre un milione, non sono in grado di coprire
le necessità di un sistema in sofferenza come quello di questi
giorni. Già ora il 17 per cento circa della forza medica è
costituita da persone che vengono dall’estero. Per favorire
l’arrivo di personale medico straniero, il governo ha in questi
giorni annunciato un “Visa update for medical professionals” in
cui si facilita enormemente l’ottenimento di un visto
per personale medico e sanitario.
Ricordate la Sars, la Suina, l'Aviaria? Ecco che fine hanno fatto
Per ogni virus accertato i morti ci sono stati, certo, ma sempre
meno di quanti ne miete ogni anno una banale influenza stagionale.
In Italia, per esempio, quest'anno � stagione tranquilla -si
prevedono circa 4 milioni di casi di influenza e si stimano 6-7000
morti: il doppio di quanti ne ha fatti Ebola in tutta l'Africa. E
di molti altri virus «letali» diventati ormai un ricordo.
MUCCA PAZZA
Diagnosticata per la prima volta nel Regno Unito, il morbo della
mucca pazza (Bse), ha segnato profondamente la filiera alimentare
e nel 2001 ha sterminato gli allevamenti bovini d'Europa. I
tecnici allora predissero migliaia di morti perché l'agente
infettivo, il prione, poteva colpire l'uomo con la cosiddetta
variante della Creutzfeldt Jakob, malattia degenerativa
neurologica. Alla fine il bilancio è stato di 163 morti. Ora la
bistecca con l'osso non è più un sogno dei carnivori e della Bse
non c'è più traccia.
SARS
Nel 2002 è arrivata la Sars. La polmonite asiatica che ha
monopolizzato i tg di tutto il mondo. In Italia la paura fu
ingigantita dalla morte di Carlo Urbani, il virologo che aveva
scoperto il virus e ne era rimasto contagiato pochi mesi prima.
Alla fine la Sars ha colpito soltanto il Sudest asiatico e il
Canada, registrando 8 mila casi di contagio e 880 morti. Del suo
passaggio resta solo una ricca rendita dei produttori di
mascherine. Della Sars oggi non c'è più traccia: il virus è
tornato nel suo habitat naturale perché ha perso le
caratteristiche aggressive.
AVIARIA
Appena tre anni dopo però l'allarme ritorna in tutto il mondo, con
il nome tecnico di H5N1. L'influenza aviaria, la febbre dei polli,
era pronta a irrompere in tutto il pianeta e a fare, secondo l'Oms
«almeno un milione di morti». In realtà i decessi si sono fermati
a 369 a dispetto degli esperti che l'avevano paragonata alla
Spagnola, del 1918, o all'Asiatica del '57-'58. Nel frattempo,
solo in Italia sono state stoccate 40 milioni di dosi di
antivirali mentre gli Usa hanno acquistato 192 milioni di dollari
di Tamiflu. L'Aviaria, però, rimane tuttora un grosso problema di
carattere veterinario e nessuno esclude che il virus, presente in
modo ancora così massiccio negli animali, possa trasmettersi
all'uomo e diventare così altamente infettivo.
SUINA
Il Virus H1N1, per l'Oms doveva scatenare la prima pandemia del
ventunesimo secolo. È scoppiato nel 2009 con i primi focolai in
Messico e ha causato circa 18mila morti accertate e ha contagiato
482mila persone. Ma non c'è stato nulla di drammatico se non i 229
milioni di dosi di vaccini negli Usa mandati al macero. Del resto,
il numero delle vittime è risibile rispetto a quelle che miete
l'influenza invernale, che ogni anno uccide tra 250mila e 500 mila
persone nel mondo. Il virus H1N1 ora è stato inglobato nel normale
vaccino antinfluenzale e non fa più paura a nessuno.
Di queste,
19.899 sono
decedute (+431, +2,2%) e 34.211 sono guarite
(+1.677, +5,2%).
Attualmente i soggetti positivi sono 102.253, +1.984 rispetto a
ieri (+ 2%) e
il conto sale a 156.363 aggiungendo ai casi attualmente attivi
anche morti e guariti.
Fuga da Roma verso il mare, migliaia di auto in coda sulla Pontina
direzione Pomezia
Lunghissima coda di auto sulla Pontina, in uscita da Roma. La
strada dalle 14 è bloccata in direzione di Pomezia per i controlli
della polizia stradale, poco prima dello svincolo per Pratica di
Mare. La circolazione, incanalata su un’unica corsia, sta subendo
forti rallentamenti. Incolonnamenti già da Spinaceto con un lungo
serpentone di auto e mezzi per circa 10 chilometri. Verifiche a
campione da parte degli agenti che passano al setaccio le
autocertificazioni.
«Il totale delle persone attualmente positive è di 100.269, con
incremento di 1.996 pazienti rispetto a ieri. Prosegue il calo
della pressione sulle strutture ospedaliere iniziato circa una
settimana fa. Ad oggi sono infatti 3.381 i pazienti in terapia
intensiva, quindi ancora un segno negativo nell’incremento
rispetto a ieri. 116 persone in meno rispetto a ieri. Il numero
dei ricoverati è di 28.144, 98 persone in meno rispetto a ieri. La
maggior parte dei soggetti positivi sono in isolamento senza
sintomi o con sintomi lievi, sono pari a 68.774 e sono il 69% del
totale. Oggi purtroppo registriamo 619 nuovi deceduti. Il totale
dei guariti invece sale a 32.534, 2.079 in più rispetto a ieri»
Altre 570
vittime e3951
nuovi contagi in
Italia nelle ultime 24 ore, per un totale che arriva a18.849
morti e
147.577 casi registrati di coronavirus dall’inizio
della pandemia nel nostro Paese. I dati comunicati nel corso della
conferenza stampa della Protezione Civile sonoleggermente
miglioririspetto
a quelli di giovedì,
quando l’incremento era stato di 610
morti e
oltre4200 nuovi
casi. A testimoniarlo è anche l’andamento dellacurva
di crescita del
contagio che, dopo essere tornata sopra il 3% giovedì, oggi è al2,75%.Un
ulteriore dimostrazione che il trend è stabile e
non è ancora iniziata ladiscesa
netta del
contagio.xs
Coronavirus, le bozze del Decreto Scuola: "Nessuno sarà bocciato
né rimandato"
Confermate le anticipazioni di "Repubblica": tutti gli studenti
italiani passano all'anno successivo. Domenica sarà approvato dal
Consiglio dei ministri. Ecco le regole, dalla Maturità all'esame
di Terza media
Ci siamo, il Piano per la Maturità e la fine dell'anno scolastico
è un decreto legge. Una bozza di decreto, e sarà approvata
domenica prossima in Consiglio dei ministri. Come ha anticipato Repubblica,
in via assolutamente eccezionale "e solo per l'anno scolastico
2019-2020", tutti gli alunni e gli studenti italiani passano per
decreto alla classe successiva, anche quelli con insufficienze
registrate nel primo quadrimestre. Siano minime o siano gravi e su
diverse materie.
Maturità con rientro in classe: doppia prova preparata dalla
commissione
C'è una data spartiacque, lunedì
18 maggio.
Se gli studenti torneranno a scuola entro quella data, e potranno
fare quattro settimane di lezioni frontali, l'esame di Stato per
il diploma superiore sarà "assimilabile" a quelli conosciuti.
Prima prova scritta il 17 giugno, tema di Italiano unico e
nazionale: chi sceglierà le tracce dovrà tenersi lontano dalle
questioni contemporanee, dal Dopoguerra in poi per capirci. Meglio
Verga che Caproni, il Risorgimento piuttosto che il '68. La
seconda prova, quella doppia, non avrà carattere nazionale e dovrà
essere gestita dalla commissione interna (sei membri, tutti
docenti della classe interessata all'esame). Poi, a partire da
fine giugno, l'orale.
Maturità senza rientro: via gli scritti, un grande orale
L'ipotesi più probabile, tuttavia, è quella che prevede che il 18
maggio non ci sia un "liberi tutti" da parte del Comitato tecnico
scientifico per l'emergenza. In quel caso, con gli studenti di
quinta costretti a casa, salteranno entrambi gli scritti: Italiano
e doppia prova. La valutazione finale dei maturandi - resterà
"seria", ha sottolineato la ministra dell'Istruzione Lucia
Azzolina - sarà affidata in maniera esclusiva a un unico
esame orale.
Sarà lungo, almeno un'ora, e prevederà esercitazioni sulle materie
caratterizzanti (Greco e Latino al Classico, per comprendere). Il
dibattito su quanto peserà il maxi orale è rimandato a dopo
Pasqua, ma i tecnici del ministero dell'Istruzione suggeriscono 60
punti sui 100 totali.
Ipotesi ultima: colloquio online
Il progetto estremo, da prendere in considerazione di fronte a una
crisi epidemiologica ancora fuori controllo, è quello di far
svolgere gli esami
di Maturità online.
La bozza del Dl Scuola dice:
"Nell'ipotesi in cui le ragioni sanitarie" indichino come "non si
possano svolgere esami in presenza", ecco, si può prevedere "la
valutazione degli alunni, ivi compresi gli scrutini finali, anche
in modalità telematiche".
Tra le novità che si leggono nella bozza, si rivedrà il decreto
che premia i 100 e lode. Ci si avvia a un esame di Stato che avrà,
insieme al "tutti diplomati", meno volti alti e meno voti bassi.
Un altro frutto dell'anno scolastico spezzato dalla pandemia.
Borrelli: “Credo che staremo a casa anche il 1 maggio e per molte
settimane”. Il viceministro Misiani: “Non siamo in condizioni di
dare date per la riapertura di attività produttive”.In
Italia la curva dei contagi torna ad appiattirsi ma continua a
crescere il numero dei defunti motivo per cui secondo il capo
della Protezione Civile bisogna continuare a tenere "comportamenti
rigorosissimi". Il virologo Pregliasco: "la Lombardia sconta
almeno 12 giorni di ritardo nelle chiusure. E non per colpa sua"
03-04-20
Coronavirus, Cina in quarantena. Miliardario cinese esule:
cremazioni sospette, la verità? 50.000 morti solo a Wuhan
Sul bilancio delle vittime, il sito Forexlive.com riporta
l'articolo pubblicato sul sito Mish Talk, che cita a sua volta le
indiscrezioni del miliardario cinese Guo Wengui, esiliato in Usa.
Wengui smentisce i dati ufficiali delle vittime snocciolati dal
governo di Pechino, affermando che i forni crematori stanno
lavorando a ritmi 4-5 volte superiori alla norma. I media
stranieri segnalano il caso della società funeraria attiva a Hubei,
provincia che include la città di Wuhan, focolaio del coronavirus.
La società, You Hu, ha riportato di essere sul punto di
collassare, tanto il lavoro è insostenibile, a causa delle
cremazioni continue, e che ormai i dipendenti dormono al massimo
due-tre ore a notte. "Abbiamo ricevuto 127 cadaveri ieri, e ne
abbiamo cremati 116. Di questi, per otto di loro il certificato di
morte parla di vittime del coronavirus, o anche della polmonite di
Wuhan, 48 risultano solo casi sospetti. Insomma, la documentazione
ufficiale non rivelerebbe in molti casi - le conferme sarebbero
solo 8 su 116 - il motivo del decesso (che sarebbe il
coronavirus). Tanto che il miliardario Guo Wengui ritiene che i
veri numeri siano i seguenti: 1,5 milioni di casi di persone
infettate (contro 40.000 circa resi noti), e 50.000 morti soltanto
nella città di Wuhan (rispetto agli oltre 900 decessi ufficiali
nell'intera Cina).
Venerdì 27 marzo a Hong Kong sono stati accertati 65
nuovi casi di coronavirus in 24 ore, unrecord dall’inizio
dell’emergenza sul territorio nazionale arrivato quando le
autorità locali avevano iniziato ad allentare i divieti imposti
durante la quarantena. Proprio quando la regione autonoma cinese
si era convinta di aver superato praticamente indenne l’epidemia –
al momento conta 518 casi e meno di dieci morti su 7,4 milioni di
abitanti – e aveva dato il via alla riapertura di uffici, negozi e
fabbriche l’incubo è tornato, con i casi di Covid-19 di nuovo in
aumento soprattutto tra gli studenti di ritorno da località
europee e dagli Stati Uniti.
Così il governo ha dovuto chiudere nuovamente l’aeroporto agli
stranieri, anche a quelli solo in transito, e chi arriva
dall’estero deve fare 14 giorni di quarantena. Come riferisce la
rivista The
Atlantic, quanto successo a Hong Kong deve essere un monito
per tutti quei Paesi – tra cui anche l’Italia – che con il calo
dei contagi pensano di tornare subito alla normalità. Dopo due
mesi di lockdown praticamente totale, dal 15 di marzo i cittadini
di Hong Kong avevano ripreso la loro vita quotidiana, i
mezzi pubblici erano tornati a circolare, potevano uscire per fare
passeggiate e bar e ristoranti avevano riaperto. Ma con il virus
ancora in circolazione questo ha dato il via a una nuova impennata
di contagi cheha
costretto il governo a fare dietrofront, rimettendo
l’obbligo di stare a casa e vietando gli assembramenti con più di
quattro persone. La preoccupazione degli scienziati è infatti
che lo
stesso accada, con proporzioni ben peggiori visto i
numeri attuali, poi in Europa e America dove in molti già
scalpitano per la riapertura totale.
Ecuador - Il dramma nella città di Guayaquil, cadaveri lasciati in
strada
Sono scene drammatiche, quelle vissute negli ultimi giorni dalla
città di Guayaquil, la città che più di tutte le altre registra
casi positivi di coronavirus in Ecuador. Secondo quanto riferito
dai media del Paese, i corpi di coloro che sono morti nelle case,
per il virus o per altri motivi, hanno iniziato a essere gettati
sui marciapiedi, negli angoli, nei portoni o nei contenitori
dell'immondizia, avvolti in rudimentali sacchi di plastica.
Il problema del recupero delle persone decedute in città dura da
più di una settimana, e le drammatiche foto dei cadaveri ritrovati
in strada si sono diffuse sui social network del Paese. Il ritardo
e la paura di contrarre il coronavirus hanno portato i cittadini a
scelte disperate e, tra domenica e lunedì, i cadaveri di persone
decedute con sintomi di Covid-19 o altre patologie sono iniziati
ad apparire abbandonati negli angoli della città. Testimoni
denunciano di aver chiamato i numeri di emergenza per far ritirare
i morti, ma nessuno ha dato loro una soluzione e i corpi sono
rimasti in casa per due e anche quattro giorni di attesa.
Guayaquil è la città dell'Ecuador con i più alti casi di positivi
e decessi per covid-19. Il capoluogo della provincia di Guayas,
che registra 1.615 casi sul totale di 2.302 nel Paese. Le autorità
ecuadoriane hanno riconosciuto le difficoltà nel ritirare i
cadaveri delle persone decedute, e di fronte a questa situazione
il presidente Lenín Moreno ha annunciato lunedì la creazione di
una Task Force sotto la responsabilità di Jorge Wated, in modo che
i compatrioti che sono morti a Guayaquil abbiano la degna
sepoltura che meritano".
Gli Stati Uniti (884 morti in 24 ore: si tratta di un record) sono
il paese più colpito con un bilancio complessivo di 215.417 e
oltre 5mila morti. Seguono l'Italia e la Spagna, ora al terzo
posto per numero di decessi.
Spagna, 10mila morti, 950 in 24 ore
La Spagna registra un nuovo drammatico aumento nei decessi per il
coronavirus: 950 morti in sole 24 ore che portano il totale delle
vittime a 10.003. In crescita anche i contagi da Covid-19, 8.102
nuovi casi nelle ultime ore per un totale di 110.238, secondo le
autorità sanitarie spagnole.
Coronavirus, i dati: altri 4.053 casi e
837 morti.
Il trend continua a calare.Il
bollettino della Protezione civile: i casi
in totale sono 105.792, le vittime 12.428,
i guariti 15.739, 1.109 nell'ultimo giorno. La curva di crescita
del contagio continua ad abbassarsi, seppur di poco: oggi è 3,99%,
ieri era al 4,14%. 31-03-20
Lombardia, rallentano ancora contagi: 1.047 in 24 ore. Per la
prima volta cala il numero dei nuovi ricoveri in terapia intensiva,
Il trend del contagio continua a calare anche in Lombardia e per
il sesto giorno consecutivo: i nuovi casi positivi sono 1.047,
per un totale di 43.208 contagiati in Regione. Ieri l’aumento era
stato di 1.154, l’altro ieri di 1592. La curva di crescita è ora
al 2,48%,
ieri era al 2,8%, domenica al 4.03%, sabato al 6.9%.
In calo anche il numero di morti che
sono381,
per un totale di 7.199.
31-3-20
«Questo non toglie - ha aggiunto Fontana - che non si debba
abbassare la guardia: oggi,
non so se sia solo una mia impressione, ho visto più macchine in
giro, più gente in giro, come se molti si fossero sentiti
autorizzati a non rispettare le norme, come se le notizie buone, o
meglio discrete degli ultimi giorni avessero fatto sì che la gente
si senta più libera. Amici, no: se ricominciamo la vita normale
rischiamo che i numeri ricomincino a essere negativi. Stiamo
andando benino ma dobbiamo restare fermi negli obblighi che
dobbiamo rispettare e chiediamo al governo di mantenere misure
rigorose».
Per uscire dalla crisi c’è un solo modo: “Mettere l’uomo al
centro”. E quindi bisogna garantire a tutti i cittadini “lo stesso
livello di partenza”. Tradotto: un reddito
base universale, per diritto di nascita, destinato a
tutti, dai più poveri ai più ricchi. Beppe
Grillo fa sentire la sua voce per la seconda volta
dall’inizio dell’emergenza
coronavirus. La prima era stata un messaggio in cui
diceva di “aspettare il vaccino”. Ora ripropone un cavallo di
battaglia del Movimento
Cinque Stelle: un reddito base per tutti. “La via
d’uscita da questa crisi – spiega sul suo Blog il fondatore e
garante del M5s – non può essere come quella del 2008, quando si è
preferito salvare le banche a discapito del popolo. E’ arrivato il
momento di mettere l’uomo al centro e non più il mercato del
lavoro”.
Non è un’idea originale sua, né dei Cinquestelle, precisa. “C’è
già chi nel mondo si sta attivando, dagli Stati
Uniti, con la paladina del Green New Deal Alexandria
Ocasio-Cortez che chiede esplicitamente al Governo Usa unUniversal
Basic Income; al RegnoUnito,
dove viene rilanciata la proposta del reddito
di base, così come altri stati annunciano misure di
soccorso (India, NuovaZelanda, HongKong, Sud
Corea)”.
Come finanziare una misura così significativa senza sconquassare
le casse dello Stato? “Le fonti principali di finanziamento –
risponde Grillo – potrebbero essere varie. Si può andare dalla tassazione dellegrandi
fortune, dei grandi
colossi digitali etecnologici (Mark
Zuckerberg, Bill
Gates eElon
Musk sono sempre stati a favore del reddito universale),
magari quelle a più alto tasso diautomazione;
o rivedere le imposte
sui redditi da capitale e sullaproprietàintellettuale.
Oppure le cosiddette “ecotasse“,
come il ClimateIncame,
reddito dal clima, con una tassa
sui combustibili fossilicome carbone, petrolio egas;
o come avviene in Alaska dal
1982 con l’Alaska
Permanent Fund: un dividendo del rendimento economico di
un capitale pubblico, che attinge dalle compagnie fossili. Ogni
anno, una parte delle entrate derivanti dal petrolio statale è
messa in un fondo. Il governo piuttosto che spendere quel denaro,
lo restituisce ai cittadini residenti, bambini compresi,
attraverso un dividendo
annuale“, aggiunge il fondatore del M5s.
“Come ripeto ormai da anni le soluzioni ci sono, sta a noi la
scelta di sederci intorno ad un tavolo per riconvertire la qualità
della nostra vita e creare un sistema che formi persone, non
lavoratori. La prima
guerra mondiale portò milioni di donne nelle fabbriche e
diede il via all’emancipazione delle donne, ilPiano
Marshall rilanciò l’economia e il benessere del
Dopoguerra. L’emergenza che stiamo vivendo potrebbe favorire una
svolta epocale, rivoluzionaria, che da molti superficialmente è
stata sempre considerata folle, e che potrebbe cambiare in meglio
il nostro futuro”.
Finché quel che resta di Renzi blatera col suo finto straziante
inglese-shish alla CNN, pazienza: fa ridere. Finché sparla
all’estero del governo di cui pure farebbe parte, pazienza: il
soggetto resta quello dell’osceno #enricostaisereno. Finché
straparla di inciuci, Draghi e renzusconismi, pazienza: l’uomo è
così. Ormai, nel mondo reale, lo vota giusto il tricologicamente
vilipeso
Marco Revelli – “Il governo si comporta bene ma deve agire anche
sul piano sociale, altrimenti il prossimo virus è la miseria. E
intanto l’Europa è cieca”
"Lo Stato c'è. Sappiamo che ci sono tante persone che soffrono,
c'è chi addirittura ha difficoltà a comprare generi alimentari. Ho
firmato il Dpcm,
giriamo 4,3 miliardi ai Comuni e aggiungiamo 400 milioni con
ordinanza della Protezione civile con il vincolo di utilizzare
queste somme per le persone che non hanno i soldi per fare la
spesa. Da qui nasceranno buoni spesa ed erogazioni di generi
alimentari". Così il presidente del Consiglio Giuseppe
Conte stasera
in conferenza stampa.
Il governo corre quindi ai ripari mentre cresce lo scontento e
l'inquietudine nella popolazione, specie al Sud, per il protrarsi
della quarantena, che sta azzerando i redditi di tantissime
famiglie. Un
fenomeno denunciato oggi anche
daPapa
Francesco.
E' una risposta a chi non riesce più a fare la spesa. Il governo
anticipa, via Dpcm, 4,3 miliardi del Fondo solidarietà ai Comuni.
"E' un anticipo del 66% che giriamo ai municipi", ha detto Conte.
"Abbiamo previsto misure rafforzate per favorire donazioni da
parte di produttori e distributori, non vogliamo tassare la
solidarietà" ha specificato Conte. "Faccio appello alle aziende
della grande distribuzione perché aggiungano un 5 per cento o 10
per cento di sconto a chi fa la spesa con questi buoni spesa", che
i Comuni assegneranno con i 400 milioni stanziati dal governo.
"Sappiamo che tanta gente sta soffrendo, ma lo Stato c'è", ha
assicurato il premier. "Siamo al lavoro per azzerare la
burocrazia, stiamo facendo l'impossibile. La ministra Catalfo e
l'Inps stanno lavorando senza sosta. Vogliamo mettere tutti i
beneficiari della Cassa integrazione di accedervi subito, entro il
15 aprile, e se possibile anche prima".
Il ministro dell'Economia Roberto
Gualtieri ha
detto che la nuova misura per i Comuni sarà operativa da domani.
"Sono giorni difficili. Nessuno deve essere lasciato solo.
Rendiamo immediatemente disponibili risorse per i Comuni, per
sostenere e aiutare le persone in difficoltà". ha detto Gualtieri.
Più precisamente si sta lavorando per rafforzare e allargare la
platea dei beneficiari del bonus da 600 euro oggi dedicato ad
autonomi, collaboratori, partite Iva e stagionali, anche "a chi
non ha fonti di reddito".
"Stiamo lavorando per rendere fruibile il prima possibile gli
indennizzi e dal primo aprile con un click si potrà fare domanda e
saranno erogati i 600 euro che vogliamo rafforzare e allargare.
Non è tanto il momento di riformare strumenti ordinari ma di far
fronte a una situazione straordinaria", ha spiegato Gualtieri
riferendosi al reddito
di emergenza.
"Il
bonus sarà
più rapido, più efficace e più universale per chi non usufruisce
di una fonte di reddito".
"L'Europa dimostri di essere all'altezza della storia", ha
aggiunto Conte, dopo le parole della presidente della Commissione
Ue Ursula
von der Leyen,
che aveva detto: "Non si lavora sui Coronabond".
"Le parole di Von der Leyen sono sbagliate, sia all'altezza della
sfida" ha ribadito Gualtieri."C'è uno shock simmetrico
sull'economia - ha spiegato ancora il titolare dell'Economia -
serve un Piano Marshall per la ricostruzione. L'Europa deve fare
due cose: sostenere insieme ai Paesi lo sforzo straordinario
economico collegato a questa emergenza e poi deve ripartire.
Questa emergenza non è solo temporanea. Ha un costo immediato. Ma
poi è necessario uno sforzo comune senza precedenti per rilanciare
l'economia. L'Europa deve essere all'altezza di questa sfida e
invito tutti anche la presidente della Commissione Ue di leggere
il monito dell'ex presidente della Commissione Ue, Jacques
Delors.
La risposte deve essere di tutta l'Europa". "Von der Leyen
chiarisca, noi in Parlamento avevamo capito un'altra cosa" ha
detto il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli.
"Non abbiamo fatto una proposta alla Commissione, ma
all'Eurogruppo per elaborarla. C'è un dibattito in corso. Mi
batterò sino alla fine per una soluzione europea", ha spiegato
Giuseppe Conte.
"Non stiamo lavorando a una riforma fiscale" ha poi aggiunto
Gualtieri.
Capitolo scuole. Conte ha detto che la sospensione
delle attività didattiche proseguirà
ragionevolmente: non c'è una prospettiva di tornare dopo il 3
aprile alle attività didattiche ordinarie. Quanto allasospensione
delle attività produttive non essenziali non
sappiamo ancora, è ancora troppo presto. Dall'inizio della
settimana inizieremo a lavorarci. Il governo ha adottato questa
misura col massimo senso della responsabilità".
Coronavirus, l’Europa si spacca sugli aiuti per
superare lo choc. Conte al consiglio Ue: “Strumenti del passato ve
li potete anche tenere”
Dopo ore drammatiche in cui l’attesissimo Consiglio
europeosembrava destinato a concludersi con
lo strappo del premier italiano Giuseppe
Conte, intenzionato a non firmare le dichiarazioni
finali, i leader Ue hanno trovato un accordo di compromesso. Ma
nonostante l’evidente emergenza è
solo unrinvio,
di ben due
settimane. Al termine delle quali l’Eurogruppo –
che solo due giorni fa aveva deciso
di non deciderepassando la palla al
Consiglio – dovrà “presentare proposte”
alla luce della “natura senza precedenti dello choc”.
“La nostra risposta deve essere rafforzata, come necessario, con azioni
ulteriori in modo inclusivo alla luce degli sviluppi, per
finalizzare una rispostaesauriente“,
è la formula utilizzata. “Siamo pronti a fare tutto quel che
serve” per fronteggiare l’impatto economico dell’epidemia, ha
detto il presidente del Consiglio europeo Charles
Michel durante la conferenza stampa insieme aUrsula
von der Leyen, iniziata dopo le 22. Ma “dobbiamo
continuare i nostri sforzi con l’Eurogruppo”. Che da
ormai dieci giorni tenta senza successo di trovare la quadra
sull’uso di uno strumento fiscale comune.
Chigi: “Passate molte posizioni italiane”. Merkel e Rutte: “No a
eurobond” – Palazzo Chigi rivendica che dopo “un
dibattito molto vivace” sono passate molte delle posizioni
italiane condivise nella lettera inviata ieri a Michel, in cui
Conte e i leader di Francia, Spagna, Irlanda, Grecia, Portogallo,
Lussemburgo e Slovenia hanno chiesto l’emissione di “unostrumento
di debito comune“. “Non abbiamo parlato nello specifico
delle condizionalità o meno del Mes”, ha detto dal canto suo Angela
Merkel in una conferenza audio rivolta ai cittadini
tedeschi. La cancelliera – che secondoBloomberg ha
partecipato al vertice attraverso
un interprete e senza comparire in video–
ha ribadito che rispetto a chi immagina i coronabond “dal punto di
vista tedesco noi preferiamo
il Mes, come strumento, che è stato fatto per le crisi”.
“Siamo contrari ai coronabond”, ha ribadito anche il premier
olandese, Mark
Rutte. “Molti altri Paesi lo sono, perché porterebbe
l’eurozona in un altro territorio, sarebbe come attraversare ilRubicone.
L’Eurozona ha creato i suoi strumenti, come il Mes, che può essere
usato in modo efficace, ma con le condizionalità previste dai
trattati. Non posso prevedere alcuna circostanza in cui l’Olanda
possa accettare gli eurobond”. “Quanto è stato concordato”, ha poi
ammesso, “è il minimo comun denominatore. Il testo
è un po’ vuoto al momento, ma è stato il meglio che siamo
riusciti a raggiungere”.
La presa di posizione di Conte – Conte durante la
videoconferenza ha minacciato di non firmare la bozza diconclusioni,
nonostante già nel corso delle riunioni preliminari fossero stati tolti
i riferimenti all’uso del Mes.
“Se qualcuno dovesse pensare a meccanismi
di protezione personalizzati elaborati in passato”, leggi
le linee di credito del Mes soggette acondizionalità,
“allora non
disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l’Italia non ne ha
bisogno“, è stato il messaggio del premier. Che,
d’accordo con il presidente del Consiglio spagnolo Pedro
Sanchez, intendeva chiedere ai presidenti di Commissione
Ue, Consiglio Ue, Europarlamento, Bce ed Eurogruppo di elaborare
entro 10 giorni una soluzione da proporre ai capi di Stato. Invece
a occuparsene saranno di nuovo i soli ministri delle Finanze.
Merkel parla attraverso un interprete senza comparire in video –
SecondoBloomberg la
presidente della Bce Christine
Lagarde ha
partecipato alla videoconferenza e ha rinnovato il suo appello per
un’emissione di debito comune, dicendo che la Ue sta affrontando
una crisi di dimensioni “epiche”. La cancelliera tedesca Merkel
avrebbe “resistito alla richiesta dimutualizzazione“,
con “un tono
più categorico che in passato”
dopo la lettera sugli eurobond spedita ieri da Conte e altri otto
leader. Rutte
“l’ha appoggiata”. L’agenzia statunitense riporta che l’intervento
della Merkel è arrivato “tra drammatiche richieste per un’azione
più decisa che arrivavano dalle sue controparti”. Conte “in un
discorso descritto come commovente,
ha detto che il suo Paese sta soffrendo,
mentre Macron ha avvertito che la reazione politica dopo questa
crisi potrebbe uccidere
il progetto europeo“.
L’appello di otto Paesi per emissioni di debito comuni–
Conte ieri, insieme ai leader di Francia, Spagna, Irlanda, Grecia,
Portogallo, Lussemburgo e Slovenia, aveva lanciato un appello per
l’emissione di “unostrumento
di debito comune“. Incassando un nuovo niet da Austria, Germania eOlanda,
che continuano ad alzare barricate di fronte all’ipotesi di una
condivisione dei rischi. Ma, nel corso della conference call, il
premier ha chiarito che nessuno pensa a “una mutualizzazione
del debito pubblico. Ciascun Paese risponde
per il proprio debito pubblico e continuerà a
risponderne”. L’Italia – ha ricordato – “ha le carte in regola con
la finanza pubblica: il 2019 l’abbiamo chiuso con unrapporto
deficit/Pil di 1,6 anziché 2,2 come programmato”. In
serata il ministro degli EsteriLuigi
Di Maio, intervistato dal Tg1, ha aggiunto: “Come governo
abbiamo detto che abbiamo sempre dato tanto all’Ue, ma come Italia
stiamo combattendo una guerra contro un nemico invisibile. E’ il
momento che l’Ue ci aiuti. Quando parliamo di aiuto significa
spendere tutti i soldi che servono per aiutare imprenditori,
famiglie, lavoratori e per poterci rialzare”.
Spaccatura Nord-Sud come durante la crisi greca –
Prima dell’inizio del vertice laspaccatura Nord-Sud
a dispetto dell’emergenza senza precedenti era del resto emersa
platealmente. Il cancelliere austriacoSebastian
Kurz aveva respinto “una mutualizzazione generalizzata
dei debiti”. E il ministro delle Finanze tedesco,Olaf
Scholz, aveva ribadito: “Non ritengo che gli Eurobond
siano lo strumento giusto”. L’Olanda e la Finlandia sono state
altrettanto categoriche. Ricompattando il fronte deirigoristi come
non si vedeva dai tempi dell’austerità imposta
alla Grecia. Da allora, molto sembrava cambiato: il ‘mea culpa’
dell’ex presidente della Commissione UeJean
Claude Juncker nei confronti dei greci e la dissoluzione
dellatroika,
l’apertura della Ue verso un orientamento di bilancio più
espansivo e la disponibilità della nuova Commissione ad un
approccio generale più flessibile sui
conti pubblici. Ma, nel momento del bisogno, i nodi vengono al
pettine: il Nord non si fida del modo di gestire i conti pubblici
del Sud. Esattamente come dieci anni fa non è pronto a mettere in
comune risorse, tantomeno i propri debiti, facendo da garante a
Paesi al di sotto della tripla A.
Coronavirus, periodo di incubazione più lungo: «Allungare la
quarantena»
Secondo uno studio cinese prolungare l’isolamento di 18-21 giorni
è un modo più efficace per evitare la propagazione del virus.
Incubazione mediana di 7 giorni e non 5
Quanto è davvero lungo il periodo di incubazione di Sars Cov-2? La
quarantena di 14 giorni basta? Sull’ argomento sono stati svolti
molti studi e finora la comunità scientifica concorda che le
persone sviluppano sintomi in media 5 giorni dopo l’esposizione al
virus e anche durante questo periodo, quando non ci sono segni
della malattia, le persone possono essere contagiose (secondo una
ricerca pubblicata sul British
Medical Journal il
73% dei contagi avviene quando il soggetto senza sintomi si trova
ancora nel periodo di incubazione, in particolare negli ultimi tre
dei famosi 14 giorni) . In una ricerca pubblicata su Annals
of Internal Medicinesu
casi cinesi si era visto che il periodo mediano di incubazione era
stato stimato in 5,1 giorni e il 97,5% di coloro che avevano
sviluppato sintomi lo avevano fatto entro 11,5 giorni
dall’infezione. Altre ricerche sono arrivate a risultati simili e
per questo il periodo di quarantena dei soggetti a rischio o
positivi è stata stabilita su 14 giorni.
Lo studio nuovo
Ora però un nuovo studio dell’Università di Shanghai pubblicato
sulla rivista MedrXiv, che raccoglie gli studi non ancora validati
dalla comunità scientifica, mette in parte in discussione il
periodo di incubazione che sembrerebbe più lungo di quasi due
giorni rispetto ai 5 finora stimati sulla base dei malati
ricoverati in ospedale. Per questo i ricercatori suggeriscono che
sarebbe opportuno estendere di altri 4-7 giorni la quarantena di
14 giorni, facendola durare dai 18 ai 21 giorni.
Incubazione più lunga di 1,8 giorni
Secondo il gruppo di Xue Jiang, perché le misure di controllo
siano più efficaci, è fondamentale arrivare ad un periodo ottimale
di quarantena e isolamento per circa il 95% dei casi che
sviluppino sintomi. I ricercatori si sono chiesti se l’attuale
periodo di 14 giorni sia quello ottimale. Per rispondere alla loro
domanda, hanno analizzato i dati su 2015 casi confermati, tra cui
99 bambini, raccolti tra 28 province cinesi, alcuni dei quali
ricoverati in ospedale, e altri no. Hanno così potuto vedere che
il periodo di incubazione è oscillato da 0 a 33 giorni. Quello più
frequente, per maschi e femmine, è stato di 7 giorni, più breve
dei 9 giorni dei bambini. Per l’11,6% dei casi il periodo è stato
più lungo. In generale, secondo i ricercatori, l’intera
popolazione di malati adulti, sia ricoverati che non, ha avuto un
periodo di incubazione mediano di 7 giorni, che è 1,8 giorni più
lungo dei casi ricoverati in ospedale segnalati in precedenza.
Prevenzione più efficace
Lo studio conclude che se si allungasse il periodo di isolamento
per gli adulti di 4-7 giorni, arrivando quindi in totale a 18-21
giorni, si avrebbe una prevenzione e un controllo del virus più
efficace. «Con l’attuale periodo di 14 giorni, secondo i
ricercatori, si riuscirebbe a catturare solo l’88% degli infetti»,
rileva l’epidemiologa Stefania Salmaso intervistata dall’Ansa.
«Indubbiamente - continua Salmaso - questi dati sono un tassello
in più sulla conoscenza del virus e di come si comporta, che ci
può essere utile ai fini delle misure restrittive».
Le eccezioni registrate
Alcune eccezioni sul periodo di incubazione di 14 giorni erano già
state registrate. Un caso con un periodo di incubazione di 27
giorni era stato segnalato dal governo locale della provincia di
Hubei il 22 febbraio. Un quotidiano locale ha riferito di un uomo
di 70 anni che ha sviluppato i sintomi solo il 19 febbraio, dopo
un unico incontro con la sorella il 25 gennaio. La conferma del
contagio della sorella era arrivata poco dopo questa data.
Inoltre, era stato osservato un caso con un periodo di incubazione
di 19 giorni in uno studio JAMA pubblicato il 21 febbraio e in uno
studio del 9 febbraio è stato osservato per la prima volta un
periodo anomalo di un periodo di incubazione di 24 giorni. Il
nuovo studio non parla di singoli casi ma ha preso in esame
moltissimi casi e ha analizzato i dati di oltre duemila riuscendo
a intercettare un periodo mediano di incubazione.
Nel fine settimana è
circolato molto online un video di un commerciante laziale con
toni entusiastici dell’Avigan
(favipiravir),
un farmaco antivirale disponibile in Giappone
che avrebbe dato esiti positivi in una sperimentazione su pazienti
affetti da coronavirus.
Il video è stato in seguito ripreso da numerosi giornali e da
alcune trasmissioni televisive, e non sono mancate polemiche nei
confronti delle istituzioni che autorizzano i farmaci, con accuse
di non essersi occupate della questione. In realtà l’Avigan è
stato sperimentato su un numero ristretto di pazienti con esiti
scientifici ancora incerti, e non è un medicinale tenuto segreto:
è noto da tempo all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), autorità
che ha il compito di vigilare sulla sicurezza dei medicinali e di
autorizzarne l’uso in Italia.Il
video dal Giappone
Cristiano Aresu ha 41 anni, lavora in un negozio di videogiochi a
Roma e frequenta spesso il Giappone per lavoro. Nel pomeriggio di
sabato 21 marzo, Aresu ha pubblicato su Facebook un video di
circa tre minuti, nel quale mostra una piazza di Tokyo sostenendo
che la popolazione sia tornata a condurre una vita normale, anche
grazie all’impiego dell’Avigan per trattare i malati di COVID-19,
la malattia causata dal coronavirus. Nel video dice che il farmaco
“ha fatto rinascere il Giappone” e lo ha fatto “tornare a
respirare”, aggiungendo poi che gli italiani dovrebbero chiedere
“a gran voce” al governo di avere l’Avigan per risollevarsi come
hanno fatto i giapponesi.Domenica 22 marzo l’edizione cartacea
del Corriere
della Sera ha
parlato di Aresu in un breve articolo intitolato “L’esperienza da
Tokyo: l’antinfluenzale per i casi lievi”, con una lunga serie di
virgolettati nei quali Aresu sosteneva che la somministrazione
dell’Avigan “blocca il progredire della malattia nel 91 per cento
dei casi”. Qualche cautela era espressa alla fine dell’articolo,
che citava anche gli “effetti positivi” riscontrati “dagli
scienziati cinesi”, senza fornire maggiori dettagli.Che
cos’è l’Avigan
Avigan è il nome commerciale del favipiravir, un farmaco
antivirale sviluppato dall’azienda farmaceutica Toyama Chemical
(del gruppo giapponese Fujifilm) attivo contro alcuni tipi di
virus a RNA. È stato progettato con l’obiettivo di bloccare i
meccanismi utilizzati dai virus per replicarsi nell’organismo, in
modo da aiutare il sistema immunitario a sbarazzarsene, in tempi
più rapidi e con minori conseguenze per la salute.Il farmaco è
stato approvato dalle
autorità di controllo giapponesi nel 2014, prevedendo un suo
possibile utilizzo nel caso delle pandemie influenzali, quindi
causate da virus diversi dal coronavirus. A oggi ci sono però
ancora dubbi sull’efficacia dell’Avigan, soprattutto nella sua
capacità di proteggere le cellule che compongono i tessuti delle
vie aeree superiori, dove di solito i virus influenzali fanno più
danni.A differenza di quanto sostiene Aresu, a oggi l’impiego
dell’Avigan in Giappone è consentito solamente in particolari
condizioni di emergenza, quando altri antivirali si dimostrano
inefficaci. Inizialmente Toyama Chemical sperava che
l’approvazione da parte delle autorità potesse includere più casi,
facendo dell’Avigan un sostituto del Tamiflu, farmaco sul mercato
ormai da tempo e che dà risultati positivi nel trattamento di
alcune sindromi influenzali. Attualmente l’impiego dell’Avigan è
consentito in Giappone e da circa una settimana in Cina, mentre il
farmaco non è ancora approvato dalle principali autorità per i
farmaci al mondo come la statunitense FDA e l’europea EMA.Ricerca
Lo studio più citato finora sull’Avigan e il coronavirus è una ricerca condotta
in Cina da Qingxian Cai (Università di Shenzhen) e colleghi su 80
pazienti, per mettere a confronto gli effetti del farmaco con
quelli di altri antivirali (lopinavir/ritonavir). Secondo lo
studio, l’impiego dell’Avigan avrebbe ridotto di 4 giorni circa il
tempo di scomparsa del coronavirus dai pazienti, rispetto agli 11
giorni mediamente necessari nel gruppo di controllo trattato con
gli altri medicinali. Lo studio parla anche di un miglioramento
delle TAC ai polmoni nel 91 per cento dei casi, cosa comunque
diversa dall’affermazione sulla capacità dell’Avigan di “bloccare
la malattia” segnalata da Aresu.La ricerca non è stata ancora
pubblicata e ha comunque riguardato una quantità ridotta di
pazienti, senza una loro selezione prima del trattamento, cosa che
ha probabilmente falsato alcuni risultati. In Cina, tuttavia, test
e verifiche con l’antivirale stanno proseguendo già
da diverse settimane, per valutarne gli effetti.Cosa
dice l’AIFA
L’AIFA ha espresso le
proprie perplessità sull’Avigan, ricordando che lo studio cinese
ha preso in considerazione casi di COVID-19 non grave:Sebbene
i dati disponibili sembrino suggerire una potenziale attività di
favipiravir, in particolare per quanto riguarda la velocità di
scomparsa del virus dal sangue e su alcuni aspetti radiologici,
mancano dati sulla reale efficacia nell’uso clinico e sulla
evoluzione della malattia. Gli stessi autori riportano come
limitazioni dello studio che la relazione tra titolo virale e
prognosi clinica non è stata ben chiarita e che, non trattandosi
di uno studio clinico controllato, ci potrebbero essere
inevitabili distorsioni di selezione nel reclutamento dei
pazienti.In
Italia, l’AIFA ha il compito di assicurarsi che i farmaci siano
sicuri ed efficaci e non ha alcun interesse a ostacolare
l’introduzione di nuovi medicinali, come verrebbe da pensare
osservando il video da Tokyo e leggendo altre insinuazioni
circolate online nelle ultime ore. La tutela della salute pubblica
passa anche dalla valutazione e l’eventuale approvazione di nuovi
trattamenti, che devono però prima dimostrare di essere efficaci
anche da un punto di vista di costi e benefici sanitari (per
esempio con una valutazione sugli eventuali effetti collaterali
rispetto ai potenziali benefici).La Commissione
Tecnico-Scientifica dell’AIFA si riunirà nuovamente oggi per nuove
valutazioni generali sui farmaci disponibili, o da sperimentare,
contro il coronavirus, e ha annunciato nuovi approfondimenti anche
sull’Avigan.
Ai bimbi in quarantena più pennarelli e mezz’ora d’aria. Le
famiglie non devono sentirsi sole
Il coronavirus ci
ha colto tutti impreparati. Non è stato come partire per un
viaggio pianificato per tempo, quando si fa una lista delle cose
che mancano e si preparano le valigie. I decreti si sono
susseguiti velocemente, uno dopo l’altro, senza che si potesse
realizzare cosa andasse fatto, e acquistato, rapidamente.
Ad esempio, per le famiglie costrette a casa per una quarantena
che probabilmente durerà almeno due mesi se non oltre, fare scorta
di tutto ciò che poteva servire per i bambini:
carta, anzitutto, per disegnare ma anche per stampare i compiti,
pennarelli, matite, pastelli, pongo e tutti quei materiali utili a
fare attività alternative ai videogiochi, specie per i
piccolissimi che soffrono della totale virtualità.
dopo l’altro, senza che si potesse realizzare cosa andasse
fatto, e acquistato, rapidamente.
Ad esempio, per le famiglie costrette a casa per una quarantena
che probabilmente durerà almeno due mesi se non oltre, fare
scorta di tutto ciò che poteva servire per i bambini:
carta, anzitutto, per disegnare ma anche per stampare i compiti,
pennarelli, matite, pastelli, pongo e tutti quei materiali utili
a fare attività alternative ai videogiochi, specie per i
piccolissimi che soffrono della totale virtualità.
Questi ultimi sono rimasti, tra l’altro, non solo senza
materiali per i giochi o per disegnare ma anche senza quegli
strumenti digitali utili per “andare a scuola”, che si possono
acquistare: il governo ha pensato ai lavoratori in smartworking,
a patto ovviamente di avere i soldi. Ma il punto è: come si può
pensare di dare per scontata la didattica
online senza essersi prima assicurati che tutti gli
alunni avessero un computer e una connessione?
Parlando con insegnanti della scuola pubblica (nelle scuole
private giocoforza le soluzioni si sono trovate più rapidamente
perché esiste una omogeneità sociale ed economica maggiore negli
alunni), ci si rende conto di quanto sia inverosimile delegare
completamente il proseguimento della didattica on line
alle scuole, senza sostegni davvero concreti sia alle scuole che
alle famiglie: c’è chi ha in classe bambini rom, chistranieri che
parlano poco italiano e che hanno genitori che magari fanno
lavori umili e magari stanno ancora fuori tutto il giorno.
Bambini che non hanno mai visto un computer, e al massimo
giocano con lo smartphone della madre. Il problema è anche per
le maestre, che stanno vivendo un carico assurdo di stress, e si
trovano del tutto impreparate, specie le più anziane, a gestire
e inventare una didattica on line senza alcuna formazione e in
queste condizioni.
Nel dettaglio: i casi attualmente positivi sono 18.910 in
Lombardia, 7.220 in Emilia-Romagna, 4.986 in Veneto, 4.529 in
Piemonte, 2.358 nelle Marche, 2.301 in Toscana, 1.553 in Liguria,
1.414 nel Lazio, 929 in Campania, 771 in Friuli Venezia Giulia,
914 nella Provincia autonoma di Trento, 688 nella Provincia
autonoma di Bolzano, 862 in Puglia, 681 in Sicilia, 605 in
Abruzzo, 556 in Umbria, 379 in Valle d'Aosta, 343 in Sardegna, 280
in Calabria, 89 in Basilicata e 50 in Molise.
TUTTI IN FUGA IN
CULO AL DECRETO....Una scena da esodo estivo,
con centinaia
di auto incolonnate in attesa di prendere il traghetto per Messina dopo
i blocchi ai treni notturni e le restrizioni alle partenze dei
voli da Nord a Sud. È quanto successo nella giornata di domenica a
Villa San Giovanni, in Calabria, dove dopo la diffusione
dell’ultimo provvedimento preso dai ministeri della Salute e degli
Interni chevieta
di lasciare il comune in cui ci si trova per contenere i
contagi di coronaviruse
poi del dpcm del presidente del Consiglio sulla chiusura delle
attività non essenziali, moltissime persone sono accorse
all’imbarcadero per prendere i traghetti privati per la Sicilia.
A lanciare l’allarme sulla nuova, ennesima ondata di partenze, è
stato nella tarda serata di domenica il governatore siciliano Nello
Musumeci: “Mi segnalano appena adesso che a Messina
stanno sbarcando dalla Calabria molte persone non autorizzate”, ha
scritto su Facebook pubblicando una foto delle macchine
incolonnate. “Non
è possibile e non accetto che questo accada. Ho chiesto
al prefetto di intervenire immediatamente. C’è un decreto del
ministro delle Infrastrutture e del ministro della Salute che lo
impedisce. Pretendo che quell’ordine venga rispettato e che
vengano effettuati maggiori controlli alla partenza. Il governo
nazionale intervenga perché noi siciliani non
siamo carne da macello“. Anche il segretario generale del
sindacato Orsa, Mariano Massaro, si è unito alla denuncia del
governatore: “Stiamo parlando di numeri importanti, centinaia di
automobili in marcia verso la Sicilia che secondo i molteplici i
decreti del governo centrale e le ordinanze del presidente della
Regione, dovrebbe essere abbondantemente blindata”.Stanno
funzionando invece i controlli
alle partenze dalla stazione Centrale di Milano dove
solo nella giornata di domenica sono stati respinti 120 passeggeri
pronti a salire sui treni diretti al Sud, in particolare i due
Frecciarossa per Napoli e Salerno delle 16.40 e delle 17.10.
Niente a che vedere con le scene da psicosi che si sono verificate
l’8 marzo scorso, quando si diffuse l’informazione dei primi
divieti in uscita dalla Lombardia: in totale erano 170 le persone
che avevano una prenotazione ma di questesolo
50 avevano una comprovate e reali esigenze di lasciare il
capoluogo lombardo,
come accertato dalla Polfer.
Coronavirus, quanto hanno stanziato i Paesi Ue? I 550 miliardi
tedeschi, i 300 della Francia e i 200 della Spagna sono garanzie.
L’Italia sta nel mezzo ma è l’unica che quanto a stanziamenti
reali è
già passata dalle parole ai fatti. Per ora laCommissione
europea ha
messo in campo 37 miliardi di euro per l’intero continente.
Pochissimo. LaGermania nicchia
sull’ipotesi di unagestione
comune del debito che
sarà generato dagli sforzi dei Paesi membri per far fronte alla
crisi.Berlino ha però già sparato alcuni colpi di artiglieria
pesante per conto suo. Dopo sei anni ha rotto
il tabù dell’obbligo di conti pubblici in pareggio e
ha deciso di mobilitare quasi356
miliardi per fronteggiare la crisi.
Di questi, cento miliardi saranno a disposizione per acquisire
partecipazioni in
grandi aziende tedesche in difficoltà o a rischio scalata estera.
“Non ci possono essere tabù. Deve esserci la possibilità di un
sostegno statale temporaneo e limitato, così come di
partecipazioni e acquisizioni”, ha detto il ministro tedesco
dell’EconomiaPeter
Altmaier.
Cinquanta miliardi saranno invece utilizzati per il sostegno
ad aziende medio piccole colpite
dal crollo dei fatturati. Altri cento miliardi elevano a550
miliardi la garanzia
statale sui prestiti concessa dalla Kwf (l’equivalente
dalla nostra Cassa Depositi e Prestiti) ad imprese tedesche di
qualsiasi dimensione. Le aziende possono farsi prestare soldi per
far fronte alle loro necessità, se non riescono a restituirli, in
prima battuta è lo Stato che mette mano al portafogli. Una spesa
quindi potenzialmente imponente ma, per ora, solo virtuale. Il
governo sta inoltre varando misure per agevolare la riduzione
delle ore lavorative escongiurare
il licenziamento dei
dipendenti. Da sola, la ricca Baviera ha
predisposto un fondo da 10 miliardi di euro per sostenere le
industrie locali.Anche in Spagna,
dove i contagi stanno crescendo ad un ritmo molto preoccupante, la
prima misura è stata quella di garanzie pubbliche sui prestiti
alle aziende per assicurare liquidità. Tra Stato centrale ed
autonomie locali la Spagna dovrebbe mobilitare garanzie su
prestiti per circa 200
miliardi di euro.
Come accaduto anche in Italia, il paese ha annunciato una moratoria sulle
rate dimutui e
prestiti dei soggetti colpiti dalla crisi e sta cercando di
facilitare le sospensioni
di lavoro temporanee senza
bisogno di ricorrere ai licenziamenti.In Francia le
garanzie sui prestiti sono state fissate per ora a300
miliardi di euro in
Francia. Parigi ha però annunciato anche lo stanziamento di
risorse per sostenere direttamente aziende e lavoratori colpiti
dalla crisi. Il ministro dell’economia Bruno
Le Maire ha
parlato di un impegno di circa45
miliardi di euro.
Come nel caso tedesco l’Eliseo non esclude l’ingresso
dello Stato,
o il rafforzamento della sua presenza, in aziende considerate
strategiche. A cominciare da Air
France KLM,
duramente colpita, come tutte le compagnie aeree dalla tracollo
dei trasporti.Con il decreto “Cura
Italia” il
Governo ha messo sul piatto moneta sonante per 25 miliardi di
euro. Dieci di questi serviranno per finanziariammortizzatori sociali
a sostegno dei lavoratori in difficoltà. Circa tre miliardi
compensanoi
mancati introiti derivanti
dallasospensioni
di alcuni adempimenti fiscali. Altri
tre sono destinati alle piccole e medie imprese. Sono saltati
fuori anche 500 milioni di euro per l’ennesimo salvataggio diAlitalia eaiuti
ai lavoratori della fallita Air Italy.
Tre miliardi serviranno invece per finanziare la temporanea sospensione
del pagamento delle rate dei mutui e garanzie sui prestiti alle
Pmi. Il fondo di garanza per i prestiti delle piccole e medie
aziende viene rafforzato di 1,5 miliardi. Alzata a 5 milioni di
euro la soglia dei finanziamenti per singola impresa. Per i primi
1,5 milioni lo Stato si impegna agarantire
fino all’80% del prestito.
Secondo il presidente del Consiglio Giuseppe
Conte,
questi stanziamenti sono in grado di attivare investimenti per
circa 350
miliardi di euro grazie all’effetto leva.
Sarà, ma da questo punto di vista l’impegno italiano sembra per
ora lontano, anche con le dovute proporzioni, da quelli di
Germania o Francia. Il governo ha però preannunciato per aprile un
nuovo decreto con altre risorse per chi ha chiuso perdendo molto
fatturato.
Coronavirus, le previsioni di Lopalco: "Durerà molto, almeno fino
all'estate. Prima di ottobre no agli stadi aperti"
Intervista all'epidemiologo di fama mondiale che guida la task
force della Puglia: "Bisogna essere chiari con la gente ma senza
terrorizzarla: senza le misure di oggi ci sarebbero milioni di
morti"
E' possibile che lo abbiate visto in televisione, in qualche video
su Internet, che lo abbiate incrociato su Twitter. E' uno
spacciatore di buona scienza, uno scienziato che sa quali parole
scegliere, cacciatore di fake news come il suo amico Roberto
Burioni, rispetto al quale è però più morbido, compito, gentile.
E' un epidemiologo che fino a qualche mese fa era un mestiere
complicato anche soltanto da spiegare ("effettivamente facevo
fatica a dire agli amici cosa facevo"), mentre oggi è famoso come
l'allenatore della Nazionale durante i mondiali di calcio. E, come
gli allenatori durante i mondiali di calcio, tutti vogliono fare
il suo mestiere: parlano di curve, ascisse e ordinate come fossero
4-4-2 e ripartenze.
Pierluigi Lopalco - ordinario di Igiene a Pisa, per molti anni a
Stoccolma dove ha coordinato le strategie vaccinali per il Centro
europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie-
purtroppo, però, non si occupa di pallone. Ma della salute nostra
e del resto del mondo. E' stato tra i primi a capire cosa sarebbe
diventato il Coronavirus. E, quando i fatti gli hanno dato
ragione, ha fatto la scelta più inattesa: ha accettato l'invito di
Michele Emiliano ed è tornato a casa, la sua Puglia dove è nato e
dove mancava da molti anni, a fare il coordinamento scientifico
della Task force contro il Coronavirus. Vive in una piccola stanza
della Protezione civile. Chi lo ha frequentato in queste settimane
racconta di non averlo mai visto senza un numero a meno di un
metro. "Quelli, almeno, non sono contagiosi"
Professore, partiamo dalla domanda più quotata in questo periodo:
quando ci sarà il picco?
"Due, tre giorni dopo che osserveremo scendere la curva in maniera
costante potremo dire che c'è stato il picco. Non ha alcun senso
oggi poter fare delle previsioni: i modelli previsionali sul
Covid19 sono oggi come le previsioni del tempo. Funzionano a 24
ore, son buoni a 48 ma già dopo le 72 ore non sono più affidabili.
Le variabili in gioco sono così tante che rendono impossibili una
previsione che vada al di là dell'immediato. Chi lo fa o o ha una
sfera di cristallo o strumenti di calcolo che io non conosco".
Quanto durerà?
"Non poco. Su questo bisogna essere molto chiari con la gente. Ho
sentito dire cose incredibili anche a chi ha la responsabilità del
ruolo: il ministro dello Sport ha dichiarato che il campionato di
calcio potrebbe riprendere ai primi di maggio, "a porte aperte o a
porte chiuse". Ma di che parliamo? Prima di ottobre penso sarà
impossibile riavere gente allo stadio. La mia previsione è che le
misure restrittive dureranno almeno fino all'estate: ci potrà e
dovrà essere una mitigazioni delle misure, torneremo a lavorare, a
uscire, ma si dovrà fare tutto con molta calma e cautela".
Ma allora tutto questo sforzo non sta servendo a nulla?
"Al contrario, ci sta salvando. I numeri raccontano che già c'è
stata una frenata e in queste ore immagino ne vedremo un'altra. Ci
sono delle fortezze, e penso soprattutto alla Lombardia, che
devono essere ancora espugnate. E poi c'è un caso Milano che,
evidentemente, ci preoccupa moltissimo: se il virus rompe l'argine
delle città metropolitane, dei centri urbani a grande densità di
popolazione, diventa un problema ancora più importante".
Sta dicendo che non sappiamo quando finirà?
"Sto dicendo che il problema non è quando ma come finisce. Noi
dobbiamo augurarci che il picco non ci sia e che tutto questo duri
il tempo più lungo possibile. Soltanto così, spalmando l'epidemia
nel tempo, potremo avere la certezza di curare e di fare guarire
più persone possibili. Perché anche su questo dobbiamo essere
chiari: di Covid16 si guarisce".
Sembra di no.
"Purtroppo il numero di vittime è altissimo, è vero. Perché il
virus provoca una polmonite grave che può essere letale per le
persone fragili. Ma si cura. Servono però medici e reparti
disponibili. Il contagio è così veloce che potrebbe non esserci
tempo. Rallentare la velocità di trasmissione è un esercizio di
democrazia: tutti dobbiamo curarci. Perché, parliamoci chiaro.
Questa è la Spagnola del 2020.Il Covid assomiglia molto
all'influenza che tra il 1918 e il 1920 fece 500 milioni di
ammalati e 50-100 milioni di morti. Andrebbe così anche oggi se
non avessimo le terapie intensive e se non avessimo preso misure
drastiche per limitare il contagio, come quelle che abbiamo preso.
Tutto durerebbe un mese e ci lasceremmo 100 milioni di morti alle
spalle. Possiamo mai accettare un orrore del genere?".
Il Governo ha fatto tutto quello che doveva?
"Secondo me si è comportato benissimo. Ha fatto scelte giuste e
coraggiose prima degli altri. Bisogna dargliene atto. Mi permetto
però di dare un consiglio: la comunicazione è interamente affidata
al Bollettino delle 18 della Protezione civile. Ma quello è un
bollettino di guerra, sono numeri tremendi che non fanno altro che
spaventare ancora di più le persone. E' un errore. Io penso invece
che serva raccontare quello che si sta facendo, che si spieghi il
perché ci siano scelte queste misure di mitigazione e dove
vogliamo arrivare. Gli italiani sono persone intelligenti, lo
stanno dimostrando anche in questo caso. Hanno però bisogno di
capire".
C'è ancora troppa gente per strada.
"E' vero. Ma non serve soltanto punire. Ma anche spiegare. E non
avere paura di farlo: io in questi anni ho lavorato principalmente
ai programmi vaccinali. Ne ho viste e ascoltate di tutti i colori:
complotti, movimenti No Vax. Noi siamo un paese di filosofi e di
poeti. E anche gli scienziati alle volte si appassionano più alla
storia della Biologia che alla Biologia stessa. Ma bisogna avere
pazienza. E non perdere mai la speranza. Il messaggio da
comunicare è molto chiaro: restate a casa. E se avete necessità di
uscire, al ritorno lavatevi benissimo le mani con sapone e acqua
calda".
Coronavirus, mezzo milione di tamponi da un'azienda di Brescia
agli Stati Uniti
Prodotti nell'area focolaio dell'epidemia in Italia, sarebbero
bastati per le esigenze di tutto il Nord. I kit diagnostici sono
stati invece venduti agli Usa e trasferiti con un aereo militare.
L'azienda: tutto regolare, non c'è carenza. Qualcuno nel nostro
Paese lo sapeva?
Il mondo intero dice che è una guerra. E per la prima volta nella
Storia sembra essere di tutti contro tutti, senza più alleanze.
Ogni nazione pensa per sé, usando ogni mezzo per garantirsi le
armi vincenti contro il virus: tamponi, mascherine, respiratori.
Così gli Stati Uniti sono riusciti a comprare mezzo milione di kit
per individuare il contagio a Brescia. E li hanno trasferiti a
Memphis con un aereo militare.
Mercoledì l'America ha festeggiato per l'arrivo di un carico di
tamponi, appunto mezzo milione di pezzi. Una scorta
impressionante: nel nostro Paese dall'inizio dell'epidemia ne sono
stati fatti poco più di 100 mila. Ma quella provvista sbarcata
negli Usa proveniva dalla base americana di Aviano, poco distante
da Pordenone. Sì, in Italia c'era una colossale riserva di test
diagnostici, disponibile a poche decine di chilometri
dall'epicentro del Covid-19:
strumenti che le nostre regioni cercano in tutti i modi per
arginare la diffusione del morbo ma che non riescono a trovare.L'annuncio
della spedizione transatlantica è stato fatto su Instagram,
assieme alla foto della stiva di un quadrireattore C-17
Globemaster dell'Air Force colma di contenitori con i kit. Poi il
post è stato rimosso. Ma la notizia ha trovato conferma ufficiale
nelle parole del portavoce del Pentagono, Jonathan
Hoffman.
"Ci sono elementi multipli per fare il test - ha spiegato il
generale Paul
Friedrichs,
del comando medico centrale - I primi sono i tamponi che servono a
raccogliere i campioni dalle persone, poi c'è il liquido dove
svilupparli. Questo è ciò che abbiamo portato dall'Italia". Il
generale ha detto che i materiali vengono prodotti negli Usa e
all'estero, senza precisare dove fossero stati reperiti. E ha
aggiunto: "Questo è un grande esempio di come le nazioni lavorino
insieme per assicurare che venga data risposta alle domande
globali".
E il mezzo milione di test è stato prodotto proprio in Italia. Da
un'azienda di Brescia, la città che in queste ore è in prima linea
nella battaglia contro il morbo: la Copan Diagnostics. Lo conferma
a Repubblica l'ambasciatoreLewis
Einsenberg:
"Siamo lieti che l'azienda italiana Copan Diagnostics continui a
produrre tamponi per i test del Covid-19 in quantità sufficienti
per soddisfare le richieste in Italia e le vendite all'estero. Il
settore privato italiano contribuisce a salvare vite nel mondo. Mi
congratulo per questo sforzo". E precisa: "Gli Stati Uniti
continueranno ad acquistare questi tamponi da aziende italiane
secondo le proprie necessità. Gli Stati Uniti e l'Italia
continuano a lavorare insieme in strettissima collaborazione".La
notizia appare sorprendente. Una ditta lombarda aveva a
disposizione una quantità di tamponi sufficiente per i bisogni di
tutto il Nord ed invece è stata venduta oltre Oceano. Ci hanno
battuto sul prezzo? Circolano diverse informazioni sulle
iniziative del governo americano per rifornirsi di mezzi contro il
Covid-19. La Casa Bianca, ad esempio, avrebbe offerto somme
altissime per ottenere l'esclusiva del vaccino sperimentato dai
laboratori tedeschi CureVac: un'operazione bloccata
dall'intervento di Berlino a cui è seguito quello dell'Unione
Europea che ha stanziato 80 milioni per impedire la fuga del
brevetto. In queste ore, ci sono aste mondiali per acquistare a
prezzi crescenti anche stock di mascherine e respiratori: una
sfida economica, in cui vince il più forte. Come in guerra. Ma
senza più alleanze che tengano.All'inizio si era pensato che i
tamponi venissero dalle basi militari americane. Ad Aviano esiste
un grande deposito di materiali medici, accumulati in vista di un
conflitto. È il Medical War Reserve Materiel del 31mo stormo
statunitense: un video dello scorso dicembre mostra un gigantesco
hangar zeppo di componenti per ospedali da campo, strumentazione
diagnostica e medicinali. Tutti pronti per essere imbarcati sugli
aerei e arrivare ovunque in poche ore. Un'altra scorta dovrebbe
trovarsi a Camp Darby, alle porte di Livorno, il più grande
arsenale dislocato fuori dagli States. Entrambi i magazzini
strategici nei documenti del Pentagono vengono indicati, seppur
nell'ultimo punto delle priorità, come utilizzabili per "le
nazioni ospiti". Ossia l'Italia. Ma nulla è stato messo a
disposizione del nostro Paese. Citando Winston Churchill, nel suo
libro il leggendario generale Jim Mattis, ex capo del Pentagono,
ha scritto: "C'è una sola cosa peggiore che combattere assieme
agli alleati, combattere senza alleati". Era una critica alla
politica estera di Donald Trump. Un monito che vale anche nella
guerra contro il virus.La realtà però è diversa. I tamponi erano
pronti a Brescia, nel cuore dell'epidemia, dove medici e
infermieri lottano per bloccare il morbo prima che travolga
Milano, dove
ogni giorno migliaia di persone rischiano il contagio.
Il nostro governo ne era informato?
La Copan Diagnostics replica che "tutto è avvenuto alla luce del
sole. Non dovevamo avvertire le autorità italiane: sono prodotti
in libera vendita. E noi siamo un'azienda leader che esporta in
tutto il mondo. Non c'è carenza di tamponi: nelle scorse settimane
in Italia ne abbiamo venduti più di un milione e possiamo
soddisfare tutte le richieste. Il problema non sono i kit, ma i
laboratori per analizzarli". E precisa: "Quello stock non è stato
acquistato dal governo statunitense, ma da società private e
distributori americani. Lo hanno trasportato con un volo militare
soltanto perché non c'erano aerei commerciali disponibili".
I siti web che tracciano il traffico nei cieli hanno accertato che
il jet dei tamponi è decollato da Aviano lunedì 16 marzo nel primo
pomeriggio. In quel momento in Italia erano censiti quasi 30 mila
casi e 2.158 morti. Negli Stati Uniti i decessi erano solo 86 e i
positivi 4.500.
«Quello
che ora sappiamo con sicurezza è che ormai i numeri della
Lombardia non significano più nulla. La situazione è fuori
controllo, in senso etimologico». Enrico Bucci, professore di
Biologia dei sistemi alla Temple University di Philadelphia, da
giorni studia i numeri di contagiati, guariti, deceduti in
Italia, per interpretare l’andamento dell’epidemia che sta
sconvolgendo il paese.
Coronavirus Lazio, la Regione: "Fondi zona rossa come Codogno"
Fondi come Codogno. Zona rossa. Il centro della provincia di
Latina, a causa di una doppia festa per anziani organizzata il
25 febbraio scorso, a cui ha preso parte il nonno di una ragazza
contagiata dal coronavirus a
Milano, ha continuato in questi giorni a rappresentare la fonte
principale di contagio in terra pontina. Tanto che giovedì
scorso delle 135 positività riscontrate in provincia di Latina ben
47 erano legate al cluster di Fondi,
dove c’è stato anche un decesso, a
cui va aggiunto un secondo decesso legato al cluster, quello di
una donna di Lenola.
Senza contare le 192 persone in sorveglianza attiva e le 760 in
isolamento domiciliare.Troppi casi, in aumento. Un focolaio che
ha portato contagi da coronavirus anche nelle vicine Terracina,
Formia e Lenola. La Regione Lazio, sentito il prefetto di Latina
e il sindaco di Fondi, come chiesto dall’Asl è quindi
intervenuta con un’ordinanza, firmata dal vicepresidente Daniele
Leodori e dall’assessore alla sanità Alessio D’Amato, stabilendo
ulteriori “misure urgenti di tutela della salute pubblica”,
disponendo anche la sottoposizione a Tac di tutte le persone a
rischio contagio, utilizzando una Tac presente nel locale
ospedale e una in un centro sanitario privato.Vietato quindi per
i residenti allontanarsi dalla città, vietato entrare nella
città, bloccati tutti gli uffici e gli spazi pubblici, tutte le
attività commerciali ad eccezione di quelle fondamenta come
alimentari e farmacie, bloccato il trasporto pubblico e vietato
uscire da casa anche per andare a lavoro. Considerando poi che a
Fondi c’è il Mof, il principale mercato ortofrutticolo d’Italia
e il secondo più grande d’Europa, consentita l’apertura della
struttura soltanto il lunedì è il venerdì, dalle 6 alle 14, e il
martedi, il giovedì e la domenica, dalle 5 alle 14, sanificando
ogni sabato lo stesso mercato, contingentando gli ingressi,
facendo entrare gli operatori solo con mascherine e guanti e
controllando quotidianamente il personale con termoscanner. Una
misura eccezionale, presa prevedendo anche l’intervento
dell’Esercito per i controlli e fondamentale per porre un argine
al dilagare del Covid-19.
La Società di Medicina Ambientale
e le università di Bologna e Bari hanno analizzato la
correlazione tra PM10 e diffusione del coronavirus. Con
risultati sorprendenti
La presenza di polveri
sottili nell’aria
e la diffusione del coronavirus hanno un legame.A
certificarlo è un position
paper pubblicato
dalla Società
Italiana di Medicina Ambientale (SIMA)
e dalle università di Bologna e di Bari. L’analisi sottolinea
come «vi è una solida letteratura
scientifica che
correla l’incidenza dei casi di infezione
virale con
le concentrazioni di particolato atmosferico (PM10 ePM2,5).
È noto infatti che il particolato atmosferico funziona da “carrier”,
ovvero da vettore di
trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i
virus».
«Le polveri sottili fungono da vettore dei contaminanti, virus
inclusi»Questi ultimi, infatti, si «“attaccano”, con un processo
di coagulazione,
al particolato, costituito da particelle solide e/o liquide in
grado di rimanere in atmosfera anche per ore, giorni o
settimane, e che possono diffondere ed essere trasportate anche
per lunghe
distanze». In questo modo i virus possono «“viaggiare”, in
condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o
giorni. Il tasso di inattivazione dei
virus nel particolato atmosferico dipende dallecondizioni
ambientali. Mentre un aumento delletemperature e
di radiazione solare influisce positivamente, un’umidità relativa
elevata può favorire un più elevato tasso di diffusione».
I ricercatori citano in particolare uno
studio condotto a Taiwan nel 2010,
secondo il quale «l’influenza aviaria può
essere veicolata per lunghe distanze attraverso tempeste
asiatiche di polveri che trasportano il virus». Ciò con «una
correlazione di tipoesponenziale tra
le quantità di casi di infezione e le concentrazioni di PM10 e
PM2.5». Nel 2016,un’analisi
di un’università cinese,
ha confermato l’esistenza di un rapporto «tra la diffusione del
virus respiratorio sinciziale umano (RSV) nei bambini e
le concentrazioni di particolato».Un anno più tardi, uno studio
di un
gruppo di ricercatori di Cina, Australia e Finlandia ha
confermato che «il numero di casi di morbillo in
21 città cinesi nel periodo 2013-2014 è variato in relazione
alle concentrazioni di PM2.5». I ricercatori hanno dimostrato in
particolare che «un aumento di PM2.5 pari a 10 μg/m3 incide
significativamente sull’incremento del numero di casi di virus
del morbillo». Infine, nel 2020,un’altra
analisi di scienziati cinesi è
giunta alle stesse conclusioni.La
possibile relazione tra picchi di PM10 e accelerazioni
dell’epidemia.
Per quanto riguarda più specificatamente il coronavirus,
la SIMA e le università di Bari e di Bologna hanno
analizzato i dati relativi alle polveri sottili (PM10) –
tenendo conto delle giornate di superamento dei limiti di legge
– e quelli di diffusione della malattia nelle province italiane.
«Si evidenzia – scrivono i ricercatori – una relazione tra i
superamenti dei limiti registrati nel periodo 10-29 febbraio e
il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati
al 3 marzo». Ciò considerando «un ritardo temporale intermedio
di 14 giorni, pari al tempo diincubazione del
virus fino all’identificazione dell’infezione contratta».Il
caso della provincia di Brescia.
Secondo gli studiosi, «la relazione tra i casi di COVID-19 e
PM10 suggerisce un’interessante riflessione sul fatto che la
concentrazione dei maggiori focolai si è registrata proprio in Pianura
Padana mentre minori casi di infezione si sono registrati in
altre zone d’Italia.
Le
curve
di espansione dell’infezione nelle regioni presentano
andamenti perfettamente compatibili con i modelli epidemici,
tipici di una trasmissione persona-persona, per le regioni del
sud Italia. Mentre mostrano accelerazioni
anomaleproprio per quelle ubicate in Pianura
Padana in cui i focolai risultano particolarmente
virulenti. E lasciano ragionevolmente ipotizzare una diffusione
mediata da “carrier”, ovvero da un veicolante».Lo
studio propone in particolare un grafico relativo alla provincia
di Brescia.
Dal quale sembra evidente la correlazione tra i picchi di
diffusione delcoronavirus e
le giornate conalte
concentrazioni di
polveri sottili.
Francia stanzia 45 miliardi per imprese e lavoratori. La Spagna supera
laCorea
del Sud per
numero di contagi ed è quarta al mondo dietroCina,
Italia e Iran:
i casi accertati sono aumentati ancora, arrivando a 11mila, con
un incremento di 2mila in un giorno. Almeno 19 anziani
ricoverati in una casa di riposo di Madrid sono morti per
coronavirus, secondo quanto riferisce il sito del quotidianoEl
Pais.
“Ma altre persone probabilmente moriranno”, ha aggiunto una
fonte sanitaria parlando con il giornale. Il governo ha
annunciato un piano per mobilitare 200
miliardi di euro per
fare fronte alle conseguenze della crisi economica provocata
dall’epidemia.
La Casa Bianca, secondo la
Cnn, sta valutando un piano da 1.000 miliardi di dollari a
sostegno dell’economia.
Intanto è stato autorizzato il rinvio per 90 giorni di 300
miliardi di
dollari di pagamento delletasse,
secondo quanto detto dal segretario al Tesoro Usa, Steven
Mnuchin.
Che poi si è soffermato sulla situazione delle compagnie aeree,
sostenendo che questa crisi, per loro, è peggio
dell’11 settembre.
Il segretario del Tesoro ha inoltre annunciato che il governo
federale sta valutando l’invio
di contanti direttamente ai cittadini,
come forma di stimolo all’economia: “Pensiamo di inviare
immediatamente gli assegni agli americani”, ha detto spiegando
che con il termine “immediatamente” si intendono le prossime due
settimane.
Anche l’inquinamento
atmosferico che
affligge in particolar modo la Pianura padana potrebbe avere dato
un contributo alla diffusione diSars
Cov2.
Una solida letteratura scientifica descrive il ruolo del particolato
atmosferico quale
efficacecarrier, ovvero vettore
di trasporto e diffusione per
molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. Il
particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier,
costituisce un
substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in
condizioni vitali per un certo tempo,
nell’ordine di ore o giorni. Il gruppo di ricercatori coinvolti
nella ricerca ha esaminato i dati pubblicati sui siti delle Agenzie
regionali per la protezione ambientale relativi a
tutte le centraline di rilevamento attive sul territorio
nazionale, registrando il numero di episodi di superamento dei
limiti di legge (50 microg/m3 di concentrazione media giornaliera)
nelle province italiane. Parallelamente, sono stati analizzati i
casi di contagio da Covid 19 riportati sul sito della Protezione
Civile. Si è evidenziata una
relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle
concentrazioni di PM10 registrati
nel periodo 10-29 febbraio e il numero di casi infetti aggiornati
al 3 marzo (considerando un ritardo temporale intermedio relativo
al periodo 10-29 febbraio di 14 giorni approssimativamente pari al
tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della
infezione contratta). In Pianura padana si sono osservatele
curve di espansione dell’infezione che
hanno mostrato accelerazioni anomale, in evidente coincidenza, a
distanza di 2 settimane, con le più elevate concentrazioni di
particolato atmosferico, che hanno esercitato un’azione di boost,
cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia. “Le alte
concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio in
Pianura padana hanno prodotto un boost, un’accelerazione alla
diffusione del Covid-19. L’effetto è più evidente in quelle
province dove ci sono stati i primi focolai”, afferma Leonardo
Setti dell’Università
di Bologna. Come confermaGianluigi
de Gennaro,
dell’Università di Bari: “Le polveri stanno veicolando il virus.
Fanno da carrier.
Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. Ridurre al
minimo le emissioni e sperare in una meteorologia favorevole”.Alessandro
Miani, presidente
della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), aggiunge: “L’impatto
dell’uomo sull’ambiente sta producendo ricadute sanitarie a tutti
i livelli.
Questa dura prova che stiamo affrontando a livello globale deve
essere di monito per una futura rinascita in chiave realmente
sostenibile, per il bene dell’umanità e del pianeta. In attesa del
consolidarsi di evidenze a favore dell’ipotesi presentata, in ogni
caso la concentrazione di polveri sottili potrebbe essere
considerata un possibile indicatore o ‘marker’ indiretto della
virulenza dell’epidemia da Covid1 9″. Grazia
Perrone,
docente di Metodi di analisi chimiche della Statale di Milano,
conclude: “Il position paper è frutto di un studio no-profit che
vede insieme ricercatori ed esperti provenienti da diversi gruppi
di ricerca italiani ed è indirizzato in particolar modo ai
decisori”.
Conte: “Manovra poderosa, lo Stato c’è. Italia
modello anche nella risposta economica, l’Europa ci segua”. 25
miliardi extra budget come inizio? 16-03-20
In
Italia il 30% dei decessi –Nel
frattempo, l’istituto
Spallanzani ha
diffuso l’aggiornamento “Coronavirus: quello che c’è da sapere”,
pubblicato il 15 marzo, e basato su dati dello European Centre for
Disease Prevention and Control e della Protezione Civile. Secondo
i dati raccoli, tre decessi su dieci con diagnosi di Covid-19 sono
avvenuti in Italia: le1.809
persone decedute nel
nostro paese rappresentano infatti il29,5% delle
oltre 6.100 segnalate a livello mondiale. In pratica siamosecondi
solo alla Cina,
con il 52,3% dei decessi (percentuale in diminuzione), ovvero 3.203.
Dopo di noi l’Iran (10% di decessi) e la Spagna (2,2%).
“Possiamo parlare di modello italiano non solo per la strategia di
contrasto ma anche di un modello italiano per la strategia
di risposta economica all’epidemia.
Su questa strada vogliamo che l’Europa
ci segua:
i primi segnali sono importanti ma vogliamo che questa linea
continui. L’Italia è in prima fila, è una partita europea che va
giocata a viso aperto con spirito di collaborazione. Confidiamo
che tutti gli stati membri ci seguiranno”, ha spiegato il
presidente del consiglio. Tra le misure più importanti diverse da
quelle economiche (qui
tutte le disposizioni del decreto),
anche l’arruolamento
dei medici militari.
“Arruolamento straordinario di personale
sanitario militare e acquisto di materiali e
mezzi per il trasporto di ammalati e biocontenimento. Già in
produzione 1000 litri al giorno di disinfettante dallo
stabilimento Militare di Firenze”, ha spiegato il ministro della
DifesaLorenzo
Guerini.
Mentre il governo vara il decreto, intanto, il virus continua a
diffondersi. In Lombardia ci sono 14.649 positivi al coronavirus
e 1.420
decessi, 202 in più rispetto a ieri: lo
ha detto l’assessore regionale al Welfare Giulio
Gallera, spiegando che i “dati sono un pò scomposti,
alcuni crescono molto, altri meno”. I positivi sono 1.377
in più, “un dato inferiore a quello di ieri, in linea con
quello degli altri giorni”, mentre il dato dei ricoverati “è molto
alto, sono 1.273 in più di ieri”. In terapia intensiva “sono
ricoverate 823 persone, 66 in più rispetto a ieri”.
Stop collegamenti con la Sicilia – La
giornata è cominciata con un altro provvedimento, firmato dalla
ministra delle Infrastrutture e dei trasportiPaola
De Micheli , che prevede la sospensione dei collegamenti
e dei trasporti ordinari delle persone da e per la Sicilia. A
chiedere il provvedimento è stato nelle scorse ore il governatore
dell’Isola,Nello
Musumeci, allarmato per i continui arrivi dal Nord
Italia. Il Mit ha spiegato che è invece regolare il trasporto
merci. Le persone possono viaggiare via mare sullo Stretto solo
“per comprovate
esigenze di lavoro, salute o necessità“. Parallelamente
diventa zonsa rossa anche Medicina,
in Emilia Romagna, per decisione del governatore Stefano Bonaccini.
Il governatore Vincenzo
De Luca mette
in ‘quarantena’
per emergenza coronavirus altri quattro comuni della Campania dopo Ariano
Irpino in provincia di Avellino:
si tratta di Sala
Consilina,
Polla, Atena
Lucana eCaggiano,
tutti della Vallo di Diano in provincia di Salerno,
circa 23mila abitanti in totale. E c’è una storia ai limiti
dell’incredibile dietro ai motivi di questa decisione draconiana
per contenere la diffusione del Covid-19.
Il contagio, si legge in alcuni comunicati dell’ufficio stampa
regionale, si sarebbe moltiplicato a causa di quello che De Luca
ha definito un “rito
mistico”,
durante il quale i membri di una comunità di catecumenali avrebberobevuto
dallo stesso calice,
incuranti dell’igiene e dei rischi di trasmissione del virus. I
dati e le notizie raccolti dall’unità di crisi si riferirebbero a
due cerimonie di questo genere, messe in atto dal predicatore e da
alcuni suoi collaboratori, in violazione ad ogni prescrizione del
Dpcm di Giuseppe Conte e delle ordinanze più restrittive del
governatore campano. Una di queste cerimonie si sarebbe svolta in
un albergo di Atena Lucana.
“Siamo stati i primi a mettere in campo qualcosa come 25
miliardi e
attiviamo flussi per complessivi 350 miliardi: una manovra
economica poderosa“,
rivendica Conte. “Possiamo parlare di modello
italiano non solo per il contrasto alla diffusione del contagio ma
anche per quanto riguarda la strategia
di risposta economica”
all’emergenza. “Su questa strada vogliamo
che l’Europa ci segua.
L’Italia è in prima fila, dobbiamo agevolare e sostenere gli Stati
in questa fase, la partita va giocata
con spirito di collaborazione.
Con questo decreto comunque non esauriamo il nostro compito,
questo decreto non basterà”. Ad aprile è previsto dunque un altro
provvedimento. “Ma oggi il governo risponde presente e risponderà
presente anche domani. Dovremo ricostruire
il tessuto economico e sociale con
un piano diingenti
investimenti da
promuovere con una rapidità mai conosciuta prima dal nostro Paese,
semplificazione, alleggerimento delle tasse”. “Sono molto
orgoglioso”, ha concluso Conte, “perché sono partecipe di questa
straordinaria comunità che addirittura ho l’onore di guidare.
Tanti italiani sono in
trincea, tanti
sono a casa ma non sono inerti, li sostengono, da un balcone,
della finestra,
cantando l’inno italiano“.
Gualtieri ha parlato di “un decreto molto consistente” perché
“abbiamo deciso di utilizzare tutto l’indebitamento netto”
autorizzato dal Parlamento, 25 miliardi. “C’è un capitolo molto
corposo di 10
miliardi di sostegno all’occupazionee ai
lavoratori per la difesa del lavoro e del reddito affinché nessuno
perda il posto di lavoro a causa del Coronavirus. Ci sono
stanziamenti per i lavoratori dipendenti e copriamo tutti i
lavoratori stagionali con un assegno di 600 euro per marzo”. In
più c’è l’atteso “finanziamento aggiuntivo molto significativo per
il sistema
sanitario nazionale e la protezione civile, con risorse
perquasi
tre miliardi e mezzo che ci consentiranno di sostenere il
lavoro eroico che stanno svolgendo”.
Gualtieri infine ha anticipato che “molti Paesi si stanno
ispirando alle nostre procedure, posso anticipare già da ora che
nelle conclusioni dell’Eurogruppo ci sarà molto probabilmente
l’impostazione del nostro decreto. Contiamo anche, con una
riprogrammazione dei fondi europei, di sostenere il decreto
aprile”.Nel
provvedimento ci sono tra il resto l’ampliamento della cassa
integrazione, i voucher baby sitter da 600 euro o in alternativa
congedi parentali speciali di 15 giorni per i genitori che
lavorano e il rinvio di molte scadenze fiscali. “Gli interventi
saranno sia di ammortizzatori sociali come il Fondo di
integrazione salariale (+1,3 miliardi) sia la cassa in deroga, con
uno stanziamento di 3,3 miliardi di euro”, ha spiegato il ministro
del Lavoro Nunzia
Catalfo.
“Per gli autonomi e i liberi professionisti in questo primo dl ci
sono circa 3 miliardi di euro a tutela del periodo di inattività.
I permessi
per la legge 104 passeranno
a 12 giorni con uno stanziamento di 500 milioni di euro”.
Coronavirus, Viminale: "Denunciate 20mila persone in 4 giorni,
mezzo milione di controlli"
Continua la stretta su chi viola il decreto anti contagio. Dopo la
polemica delle forniture mancanti negli ospedali, Consip conferma
l'imminente distribuzione dei dispositivi.
Oltre mezzo milione di controlli sugli esercizi commerciali e su
chi non rispetta il decreto che limita gli spostamenti allo
stretto indispensabile. Il Viminale comunica che sono state
550.589 le persone controllate dalle forze dell'ordine l'11, il
12, il 13 ed il 14 marzo, in seguito ai decreti con le misure per
il contenimento del coronavirus: 20.003 i denunciati per
inottemperanza degli ordini dell'autorità, 493 per dichiarazione
falsa a pubblici ufficiali. Gli esercizi commerciali controllati
negli scorsi quattro giorni sono stati 253.837: 982 i titolari
denunciati.
I controlli potranno aumentare nei prossimi giorni, visto che
nella bozza del Decreto legge che il Consiglio dei ministri
esaminerà stasera si parla di un contingente di forze di polizia
di 4.000 unità impiegato nelle attività di ordine pubblico,
controllo del territorio e pubblico soccorso connesse
all'emergenza Coronavirus.
Intanto gli esperti ripetono che i prossimi giorni saranno
cruciali per contenere il diffondersi della malattia. A oggi i
contagiati in Italia sono 21.157, i decessi sono 1.441 in totale,
i guariti 1.966, 1.518 persone sono in terapia intensiva. Numeri
di una situazione di attesa: i contagi aumentano (sono 17.750,
ovvero +2.795), ma a un ritmo leggermente più lento. Nell’ultimo
bollettino della Protezione Civile aumentano
anche le persone guarite. In prima linea rimangono la Lombardia, a
seguire l’Emilia Romagna e il Veneto per numero di casi e di
decessi.
L'allarme dei governatori al Sud
Secondo i medici il picco al Centro-sud deve ancora arrivare, è
previsto a metà aprile. Ma se il Mezzogiorno riuscisse a
rispettare la quarantena potrebbe essere scongiurato, perciò i
governatori da quello della Puglia, Michele Emiliano, a quello
della Sicilia, Nello Musumeci, si scagliano contro i mancati
controlli per gli ultimi treni notturni pieni di fuggiaschi dal
Nord (ora bloccati dal Governo).
Coronavirus, Vincenzo De Luca mette in quarantena Ariano Irpino:
“Troppi contagi, rischio ampliamento focolai di infezione”
La prima Codogno della
Campania è un comune dell’Irpinia di
22mila abitanti,Ariano
Irpino (Avellino). Da oggi questo paese è chiuso inentrata e
inuscita,
interamente in quarantena, con ordinanza firmata da Vincenzo
De Luca. Il governatore teme che qui possano aggravarsi i
numeri di quello che al momento si teme essere un ‘focolaio’:
21 contagiati di coronavirus dei 37 dell’intera provincia di Avellino.
Ma è alto il rischio “di ulteriore e progressivo incremento –
si legge nell’ordinanza numero 17 – in considerazione dellemodalità con
cui si è sviluppato il primocontagio,
avvenuto in circostanze che hanno coinvolto un elevatissimo numero
di persone (oltre duecento) – e degliulterioricontagi,
che rischiano di determinare un grave ampliamento dei focolai di infezione”.
De Luca si riferisce a una festa in maschera di Carnevale che
si sarebbe svolta il 23 febbraio in localitàTricolle.
Secondo i dati emersi il 10 marzo scorso, due dei primi sei
infetti avevano partecipato a questo party. “Abbiamo la
certezza che c’è stato unevento a
cui hanno partecipato più persone che ha avviato ilcontagio”,
disse in quei giorni il direttore generale dell’Asl, Maria
Morgante. Ipotesi subito confermata dalla prefettura di
Avellino guidata dalla dottoressa PaolaSpena.
C’è da aggiungere che i primi contagiati sono
arrivati all’ospedale di Ariano Irpino senza essere stati
immediatamentericonosciuti come
potenziali incubatori diCovid-19.
In Irpinia da allora c’è stato il primo morto con coronavirus e
ulterioritimori derivano
dal “dato relativo ai soggetti rientrati dalle exzone
rosse”. È di 370 persone per tutta la provincia “e
i contatti diretti ai soggetti contagiati, ad oggi ammontante a
n.125 soggetti, costituisce “datosuscettibile di
considerevole aumento”, alla luce delle inchiesteepidemiologiche in
atto”.
Una pandemia (dalgrecopan-demos,
"tutto il popolo") è una malattiaepidemica che
si espande rapidamente diffondendosi in più aree geografiche del
mondo, e che coinvolge numerose persone.[1][2]
La maggior parte delle pandemie risponde al nome di zoonosi,
ovvero originata dalla convivenza degli esseri umani con animali
da allevamento; due esempi tipici sono l'influenza e
latubercolosi.
Fra le pandemie più catastrofiche si possono annoverare:
Febbre tifoide durante laguerra
del Peloponneso, 430
a.C. La febbre tifoide uccise un quarto delle truppe diAtene ed
un quarto della popolazione, nel giro di quattro anni. Questa
malattia fiaccò la resistenza di Atene, ma la grande virulenza
della malattia ha impedito un'ulteriore espansione, in quanto
uccideva i suoi ospiti così velocemente da impedire la
dispersione del bacillo. La causa esatta di questa epidemia non
fu mai conosciuta. Nel gennaio 2006 alcuni ricercatori della
Università di Atene hanno ritrovato, nei denti provenienti da
una fossa comune sotto la città, presenza di tracce del
batterio.
Peste antonina, 165-180.
Un'epidemia presumibilmente di vaiolo,
portata dalle truppe di ritorno dalle province del Vicino
Oriente, uccise cinque milioni di persone. Fra il 251 e
il266 si
ebbe il picco di una seconda pandemia dello stesso virus; pare
che aRoma in
quel periodo morissero 5.000 persone al giorno.
Morbo di Giustiniano, a partire dal 541;
fu la prima pandemia nota di peste
bubbonica. Partendo dall'Egitto giunse
fino aCostantinopoli;
secondo lo storico bizantinoProcopio,
morì quasi la metà degli abitanti della città, a un ritmo di
10.000 vittime al giorno. La pandemia si estese nei territori
circostanti, uccidendo complessivamente un quarto degli abitanti
delle regioni del Mar
Mediterraneo orientale.
La Peste
nera, a partire dal 1300;
ottocento anni dopo la strage di Costantinopoli, la peste
bubbonica fece il suo ritorno dall'Asia inEuropa.
Raggiunse l'Europa occidentale nel 1348,
fu causata dall'assedio tartaro alla colonia
genovese di Caffa (l'odiernaFeodosia)
nel 1346 e,
successivamente, portata inSicilia dai
mercanti italiani provenienti dallaCrimea,
diffondendosi in tutta Europa e
uccidendo venti milioni di persone in sei anni (un terzo della
popolazione totale del continente).
Il tifo,
chiamato anche "febbre da accampamento" o "febbre navale" perché
tendeva a diffondersi con maggiore rapidità in situazioni di
guerra o in ambienti come navi e prigioni. Emerso già ai tempi
delle Crociate,
colpì per la prima volta l'Europa nel 1489,
in Spagna.
Durante i combattimenti a Granada,
gli eserciti cristiani persero 3.000 uomini in battaglia e
20.000 per l'epidemia. Sempre per via del tifo, nel 1528 i
francesi persero 18.000 uomini inItalia;
altre 30.000 persone caddero nel 1542 durante
i combattimenti neiBalcani.
La grande armée diNapoleone fu
decimata dal tifo inRussia nel1811.
Il tifo fu anche la causa di morte per moltissimi reclusi dei campi
di concentramentonazisti durante
laSeconda
guerra mondiale.
L'incontro fra gli esploratori europei e le popolazioni indigene
di altre zone del mondo spesso fu causa di epidemie e pandemie
violentissime. Il vaiolo uccise
metà della popolazione diHispaniola nel1518,
e seminò il terrore in Messico intorno
al1520,
uccidendo 150.000 persone (incluso l'imperatore) solo a Tenochtitlán;
lo stesso morbo colpì violentemente il Perù neldecennio
successivo. Il morbillo fece
altri due milioni di vittime tra i nativi messicani nelXVII
secolo. Ancora fra il 1848 e
il1849,
circa un terzo della popolazione nativa delle isole Hawaii morì
di morbillo,pertosse einfluenza.
Coronavirus, 4.500 morti nel mondo. Oms: “Covid-19 è una
pandemia. Siamo profondamente preoccupati dai livelli allarmanti
di inazione”. Vertice tra von der Leyen e Conte: “L’Ue impari
lezione dall’Italia”
“L’Oms ha valutato che Covid-19 può
essere caratterizzata come unapandemia“.
L’annuncio arriva dal direttore generale dell’Organizzazione
mondiale della sanità, Tedros
Adhanom Ghebreyesus,
in conferenza stampa a Ginevra, nel giorno in cui sono stati
superati i 4.500
morti nel mondo per
il nuovo coronavirus. Il numero uno dell’Oms lancia unavvertimento agli
Stati: “Abbiamo valutato questa epidemia giorno dopo giorno e
siamoprofondamente
preoccupati sia
dai livelli allarmanti di diffusione e gravità, sia dailivelli
allarmanti di inazione“.
In questo senso Ghebreyesus ha rivolto un plauso alle
misure messe in campo dal governo
italiano:
“Siamo incoraggiati dalle
misure aggressive adottate dall’Italia, speriamo che abbianoeffetti nei
prossimi giorni”. Anche la presidente della Commissione europeaUrsula
von der Leyen ha
espresso apprezzamento per “glisforzi del
Governo” e “riconosciuto il peso economico e sociale che lacrisi attuale
impone sulla popolazione”, si legge in una nota congiunta con il
premierGiuseppe
Conte,
dopo il vertice tra i due in videoconferenza. Von der Leyen e
Conte, si legge ancora nella nota, “sono d’accordo che bisogna
trarre lezioni dall’esperienza italiana per
guidare le politiche europee”.Le
parole dell’Oms – “Non
abbiamo mai visto una pandemia di un coronavirus, questa è la
prima”, ha sottolineato Ghebreyesus, specificando che “non
abbiamo mai visto nemmeno una pandemia che può, allo stesso
tempo,essere
controllata“.
Il passaggio da epidemia a pandemia, nella defizione dell’Oms,
avviene dopo che “nelle ultime due
settimane il
numero di casi di Covid-19 al di fuori della Cina èaumentato
di 13 volte e
il numero di Paesi coinvoltiè
triplicato.
Ci sono ora oltre
118milacasi in
114 paesi e oltre 4mila persone hanno perso la vita. Migliaia
stanno lottando in questo momento negliospedali per
sopravvivere. Siamomolto
preoccupati per
l’allarmante diffusione e la gravità della situazione”, ha detto
il numero uno dell’Oms.
Coronavirus, l'Italia diventa "zona protetta": spostamenti vietati
se non per comprovate necessità. Conte: "Non c'è più tempo"
La Lombardia chiede ulteriore stretta – E
laRegione
Lombardia,
attraverso il governatore Attilio
Fontana e
l’assessore al Welfare,Giulio
Gallera,
ne chiede anche di più restrittive, ipotizzando di fermare le attività
produttive e
imezzi
di trasporto pubblico.
Il governatore ha spiegato a Sky che
“tutti i 12sindaci lombardi
che ho incontrato oggi mi hanno chiesto unirrigidimento delle
misure”. Tra le proposte che Lombardia presenterà nel pomeriggio
algoverno,
c’è anche “la chiusura degli esercizi
commerciali non essenziali,
valutare la chiusura del trasporto
pubblico locale e
valutare quelleattività
imprenditoriali che,
senza troppi danni, possono essere chiuse”. Alla base delle
richieste c’è il crescente numero di contagi in regione, arrivato
ormai lunedì a5.469,
con un incremento di 1.280
casi.
In terapia
intensiva si
trovano440
pazienti (+41
in ventiquattr’ore) e sono morte altre66
persone tra
domenica sera e lunedì pomeriggio. Il timore è che la propagazione
del virus faccia collassare il sistema sanitario. “Stiamo
arrivando ailimiti
massimi –
ha chiarito Fontana –Si
può reggere un’altra settimana”.
Il premier: "Non c'è più tempo, servono provvedimenti più duri".
Scuole chiuse fino al 3 aprile, stop alla serie A, locali chiusi
alle 18. La Protezione Civile diffonde i dati aggiornati
sull'epidemia: 7985 contagiati, oltre 1500 in più in un giorno.
724 guariti, 463 decessi
"Tutta Italia sarà zona protetta". Non più zona rossa, verde o
gialla. Tutti gli spostamenti sono vietati se non per comprovate
necessità, in tutta Italia come fino a oggi in Lombardia e nelle
14 province. Lo ha annunciato il premier Conte in una conferenza
stampa a Palazzo Chigi, confermando quanto preannunciato il
ministro per i Rapporti con le Regioni, Francesco Boccia, parlando
di "progressiva omogenizzazione delle regole su tutto il
territorio nazionale".
Il premier si presenta in sala stampa da solo per quello che è
senza dubbio l'annuncio più drammatico della sua esperienza di
governo: "Abbiamo adottato una nuova decisione che si basa su un
presupposto: tempo non ce n'è", scandisce. "I numeri ci dicono che
stiamo avendo una crescita importante dei contagi, delle persone
ricoverate in terapia intensiva e subintensiva e ahimè anche delle
persone decedute. La nostre abitudini quindi vanno cambiate. Vanno
cambiate ora. Ho deciso di adottare subito misure ancora più
stringenti, più forti". Il provvedimento è quello atteso e ormai
ritenuto inevitabile: "Sto per firmare un provvedimento che
possiamo sintetizzare come 'io resto a casa'. Non ci sarà più una
zona rossa nella penisola. Ci sarà l'italia zona protetta",
aggiunge.
"Spostamenti vietati se non per comprovate necessità"
Come già oggi in Lombardia e nelle 14 province del nord, gli
spostamenti delle persone sono vietati se non per comprovati
motivi di salute, di necessità o di lavoro. "Sono pienamente
consapevole della gravità e della responsabilità", spiega Conte.
"Non possiamo permetterci di abbassare la guardia. E' il momento
della responsabilità e tutti l'abbiamo.
Voi cittadini tutti con me. La decisione giusta oggi è di restare
a casa. Il futuro nostro è nelle nostre mani", aggiunge.
"Non è all'ordine del giorno una limitazione dei trasporti
pubblici, per garantire la continuità del sistema produttivo e
consentire alle persone di andare a lavorare", precisa il premier.
Sarà possibile "l'autocertificazione" per la giustificazione degli
spostamenti, "ma se ci fosse una autocertificazione non veritiera
ci sarebbe un reato", precisa.
Le nuove misure, che saranno stasera in Gazzetta Ufficiale e
diventeranno operative da domattina, e di cui il premier ha
informato il Quirinale e le opposizioni, riguardano anche scuole e
manifestazioni sportive: in tutta Italia gli istituti rimarranno
chiusi fino al 3 aprile. Gli eventi sportivi non proseguiranno, si
ferma quindi anche il campionato di Serie A. "Aggiungiamo anche il
divieto degli assembramenti all'aperto e in locali aperti al
pubblico", ha detto il presidente del Consiglio. In tutta Italia,
bar e ristoranti chiuderanno alle 18.
Italia, oggi 1598 nuovi contagiati
Parte dai guariti il capo della protezione
civile, Angelo
Borrelli,
nel suo punto quotidiano sull'emergenza coronavirus in Italia:
sono 724, 102 in più di ieri. Poi il conteggio dei morti: sono
463, 97 in più di ieri. Con la divisione per fasce di età: 1% da
50 a 59 anni; 10% da 60 a 69; 31% da 70 a 79; 44% da 80 a 89; 14%
ultra novantenni. Infine i malati, che sono 7.985, con un
incremento di 1.598 persone rispetto a ieri. Il commissario ha poi
fatto sapere che sono state consegnate in tutto il paese circa un
milione di mascherine protettive, centomila delle quali sono state
fornite agli impianti penitenziari. "Da domani distribuiremo 100
mila mascherine negli istituti penitenziari, dove sono state
montate 80 tende di pre-triage" per lo screening del coronavirus
Il governo estende la zona rossa a Modena, Parma, Piacenza, Reggio
Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti,
Alessandria, Novara, Vercelli e Verbano Cusio Ossola fino al 3
aprile
Il panico da Coronavirus fa ribellare i detenuti in Lombardia,
Emilia, Lazio, Campania e Sicilia. Ieri violenta protesta nel
carcere di Salerno, dove 120 detenuti hanno protestato dopo aver
saputo dello stop ai colloqui fino al prossimo 31 maggio per
l’allerta virus. A Napoli i familiari dei carcerati chiedono
l'amnistia. Fonti del Dap: "Nessun segno di lesioni sui corpi dei
tre deceduti, due decessi causati da uso di sostanze
stupefacenti".
La paura arriva fin dentro alle carceri. E l’effetto Coronavirus si
diffonde tra i detenuti. A 24 ore dalla violenta protesta di
Salerno, sono in corsomanifestazioni di
carcerrati nei penitenziari diFrosinone, Poggioreale, Modena,
dove tre detenuti sono morti nel corso degli scontri, e Pavia,
dove i carcerati hanno preso
in ostaggio due agenti della polizia penitenziaria. Nel
carcere lombardo, fa sapere il sindacato Uilpa, sono arrivati
alcuni agenti di rinforzo sono partiti dalle carceri milanesi di
San Vittore e Opera. Solo a tarda notte i detenuti sono rientrati
nelle celle, dopo essere scesi dai tetti e dai camminamenti dove
si erano asserragliati, dopo una trattativa con il procuratore
aggiunto pavese Mario Venditti.
Modena, morti tre detenuti –A Modena, invece,
sono in corso leindagini per
capire in quale circostanza sia avvenuto il decesso dei detenuti.
Fonti dell’amministrazione penitenziaria precisano chenessun
segnale di lesioni è stato riscontrato sui loro corpi:
due casi, infatti, sarebbero riconducibili auso
di sostanze stupefacenti, mente il terzo è stato
rinvenuto in stato cianotico,
di cui non si conoscono le cause. Per sedare la rivolta sono stati
chiamati anche agenti liberi dal servizio. “E’ in corso nel
carcere Sant’Anna di Modena un’altra rivolta dettata dal panico di
pandemia da coronavirus, vediamo il levarsi in aria una cortina
di fumo nero, speriamo che non ci siano feriti tra il
Personale di Polizia. Ora è in corso una mobilitazione delle forze
dell’ordine che stanno accorrendo sul posto numerose per aiutare i
colleghi”, aveva detto nel pomeriggioGiuseppe
Di Carlo, segretario generale del coordinamento
nazionale polizia penitenziaria. Tra i 70 e gli 80
detenuti nel carcere di Modena sono stati trasferiti in altre
carceri.Caos
a Napoli. Familiari gridano: “Indulto” – I
detenuti protestano nel carcere diPoggioreale aNapoli.
Secondo quanto riferito da fonti sindacali, alcuni carcerati
sarebbero saliti sui muri del passeggio, in una zona interna al
penitenziario. La protesta è divampata per l’annunciata sospensione
dei colloqui per contrastare il contagio.
Sul posto oltre alle forze dell’ordine sono presenti anche alcuni
familiari dei detenut, che hanno bloccato il transito dei tram.
Momenti di tensione si sono registrati quando all’interno
dell’istituto sono entrati alcuni agenti della Polizia
penitenziaria muniti
di scudi protettivi. I familiari espongono striscionichiedendo
l’indulto o l’amnistia o
in alternativa un provvedimento che possa mettere i loro familiari
agli arresti domiciliari.
Coronavirus, nella notte presi d’assalto i treni nelle stazioni di
Milano. “In molti senza biglietto, disposti a pagare la multa pur
di partire”
Sono da poco passate le 20 di sabato sera quando i giornali
pubblicano la bozza del decreto con la “chiusura”
della Lombardia e di altre 14 province del Nord.
L’ipotesi era nell’aria dalla sera prima ma la notizia ancora non
era ufficiale dal momento che il testo non era stato firmato dal
presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Tanto è bastato però per scatenare
il panico, prima sui social network e poi nelle stazioni,
dove in moltissimi si sono precipitati per salire sui
treni in partenza da Milano verso il sud Italia,scappando
letteralmente dalla Lombardia prima che entrasse in vigore
l’isolamento.
Le immagini immortalate in alcuni video pubblicate in Rete
mostrano centinaia
di persone correre attraverso la stazione di Porta Garibaldi per
cercare di prendere l’ultimoIntercity
Notte 797 partito da Torino e diretto aSalerno,
in barba a tutti gli appelli e le raccomandazioni di medici e
autorità sull’importanza di restare a casa ed evitare gli
spostamenti per cercare di contenere il contagio. I viaggiatori si
sono stipati sul binario e sono
saliti sui vagoni anche senza biglietto, dicendo ai
controllori di essere disposti
a pagare la multa pur di partire, di lasciare Milano e le
sue difficoltà. Il personale ferroviario ha convinto alcuni
dell’impossibilità della richiesta perché il numero superiore al
consentito avrebbe potuto creare problemi di sicurezza, ma in
molti casi non è stato sufficiente per farli desistere. Così il
treno è partito con qualche minuto di ritardo, strapieno, con la
gente ammassata, seduta persino per terranegli
strapuntini dei corridoi di quello che dovrebbe essere l’Intercity
Notte Roma-Napoli-Salerno.
Stessa scena anche in stazione
Centrale,
dove in moltissimi si sono messi in coda nelle biglietterie per
accaparrarsi un posto sui treni della notte o sui primi convogli
dell’alta velocità in partenza all’alba, tanto che è
dovuta intervenire la polizia ferroviaria per mantenere la calma.
Altri ancora sono arrivati questa mattina: “Da zona rossa a zona
rossa – ha spiegato una studentessa che ha deciso di tornare a
casa prima -. Spero
di riuscire a partire,
ho già il biglietto, dovevo prendere il treno stasera ma ho
anticipato per non rischiare”. Una
decisione “così non ce la aspettavamo –
ha spiegato una coppia di ragazzi che studiano a Milano e tornano
a Firenze, nella loro città -. Ieri abbiamo preparato la valigia e
stamattina siamo venuti qua presto per cercare di prendere il
primo treno. Avevamo già intenzione di tornare a casa vista la
situazione in Lombardia ma abbiamo anticipato”. C’è anche chi è
diretto a Roma. “Abbiamo l’ansia perché non sappiamo se riusciremo
a partire o meno. – hanno detto dei ragazzi -. Avevamo il treno
questa sera ma abbiamo deciso di anticipare”. Al momento ai
passeggeri viene solo controllato, come di consueto, il biglietto
prima di accedere ai binari.
Come se non bastasse, c’è poi chi ha pensato bene di partire
in auto per trasferirsi nella casa al mare o quella in montagna o
comunque per raggiungere la famiglia, prima che la Lombardia
diventi ufficialmente “zona rossa”.
Scene che sono state immortalate sui social, dove subito è
scoppiata la polemica e in molti hanno criticato la “fuga” da
Milano di pendolari, studenti fuorisede e lavoratori originari del
Centro e Sud Italia che hanno scelto in modo irresponsabile non
solo di affollarsi sui treni, ma di tornare nelle proprie zone
d’origine esponendole al rischio di un possibile contagio. “Follia
pura – commenta sui social il virologoRoberto
Burioni – Si lascia filtrare la bozza di un decreto
severissimo che manda nel panico la gente che prova a scappare
dalla ipotetica zona rossa, portando con sé il contagio. Alla finel’unico
effetto è quello di aiutare il virus a diffondersi. Non
ho parole”. Eppure è proprio per tutelare il resto d’Italia che il
governo e le regioni hanno deciso – dopo lunghe ore di discussione
– di adottare queste misure straordinarie e “blindare” i territori
del Nord maggiormente interessati dal coronavirus.
Coronavirus, l'Italia diventa "zona protetta": spostamenti vietati
se non per comprovate necessità. Conte: "Non c'è più tempo"
La Lombardia chiede ulteriore stretta – E
laRegione
Lombardia,
attraverso il governatore Attilio
Fontana e
l’assessore al Welfare,Giulio
Gallera,
ne chiede anche di più restrittive, ipotizzando di fermare le attività
produttive e
imezzi
di trasporto pubblico.
Il governatore ha spiegato a Sky che
“tutti i 12sindaci lombardi
che ho incontrato oggi mi hanno chiesto unirrigidimento delle
misure”. Tra le proposte che Lombardia presenterà nel pomeriggio
algoverno,
c’è anche “la chiusura degli esercizi
commerciali non essenziali,
valutare la chiusura del trasporto
pubblico locale e
valutare quelleattività
imprenditoriali che,
senza troppi danni, possono essere chiuse”. Alla base delle
richieste c’è il crescente numero di contagi in regione, arrivato
ormai lunedì a5.469,
con un incremento di 1.280
casi.
In terapia
intensiva si
trovano440
pazienti (+41
in ventiquattr’ore) e sono morte altre66
persone tra
domenica sera e lunedì pomeriggio. Il timore è che la propagazione
del virus faccia collassare il sistema sanitario. “Stiamo
arrivando ailimiti
massimi –
ha chiarito Fontana –Si
può reggere un’altra settimana”.
Il premier: "Non c'è più tempo, servono provvedimenti più duri".
Scuole chiuse fino al 3 aprile, stop alla serie A, locali chiusi
alle 18. La Protezione Civile diffonde i dati aggiornati
sull'epidemia: 7985 contagiati, oltre 1500 in più in un giorno.
724 guariti, 463 decessi
"Tutta Italia sarà zona protetta". Non più zona rossa, verde o
gialla. Tutti gli spostamenti sono vietati se non per comprovate
necessità, in tutta Italia come fino a oggi in Lombardia e nelle
14 province. Lo ha annunciato il premier Conte in una conferenza
stampa a Palazzo Chigi, confermando quanto preannunciato il
ministro per i Rapporti con le Regioni, Francesco Boccia, parlando
di "progressiva omogenizzazione delle regole su tutto il
territorio nazionale".
Il premier si presenta in sala stampa da solo per quello che è
senza dubbio l'annuncio più drammatico della sua esperienza di
governo: "Abbiamo adottato una nuova decisione che si basa su un
presupposto: tempo non ce n'è", scandisce. "I numeri ci dicono che
stiamo avendo una crescita importante dei contagi, delle persone
ricoverate in terapia intensiva e subintensiva e ahimè anche delle
persone decedute. La nostre abitudini quindi vanno cambiate. Vanno
cambiate ora. Ho deciso di adottare subito misure ancora più
stringenti, più forti". Il provvedimento è quello atteso e ormai
ritenuto inevitabile: "Sto per firmare un provvedimento che
possiamo sintetizzare come 'io resto a casa'. Non ci sarà più una
zona rossa nella penisola. Ci sarà l'italia zona protetta",
aggiunge.
"Spostamenti vietati se non per comprovate necessità"
Come già oggi in Lombardia e nelle 14 province del nord, gli
spostamenti delle persone sono vietati se non per comprovati motivi
di salute, di necessità o di lavoro. "Sono pienamente consapevole
della gravità e della responsabilità", spiega Conte. "Non possiamo
permetterci di abbassare la guardia. E' il momento della
responsabilità e tutti l'abbiamo.
Voi cittadini tutti con me. La decisione giusta oggi è di restare a
casa. Il futuro nostro è nelle nostre mani", aggiunge.
"Non è all'ordine del giorno una limitazione dei trasporti pubblici,
per garantire la continuità del sistema produttivo e consentire alle
persone di andare a lavorare", precisa il premier. Sarà possibile
"l'autocertificazione" per la giustificazione degli spostamenti, "ma
se ci fosse una autocertificazione non veritiera ci sarebbe un
reato", precisa.
Le nuove misure, che saranno stasera in Gazzetta Ufficiale e
diventeranno operative da domattina, e di cui il premier ha
informato il Quirinale e le opposizioni, riguardano anche scuole e
manifestazioni sportive: in tutta Italia gli istituti rimarranno
chiusi fino al 3 aprile. Gli eventi sportivi non proseguiranno, si
ferma quindi anche il campionato di Serie A. "Aggiungiamo anche il
divieto degli assembramenti all'aperto e in locali aperti al
pubblico", ha detto il presidente del Consiglio. In tutta Italia,
bar e ristoranti chiuderanno alle 18.
Italia, oggi 1598 nuovi contagiati
Parte dai guariti il capo della protezione
civile, Angelo
Borrelli,
nel suo punto quotidiano sull'emergenza coronavirus in Italia: sono
724, 102 in più di ieri. Poi il conteggio dei morti: sono 463, 97 in
più di ieri. Con la divisione per fasce di età: 1% da 50 a 59 anni;
10% da 60 a 69; 31% da 70 a 79; 44% da 80 a 89; 14% ultra
novantenni. Infine i malati, che sono 7.985, con un incremento di
1.598 persone rispetto a ieri. Il commissario ha poi fatto sapere
che sono state consegnate in tutto il paese circa un milione di
mascherine protettive, centomila delle quali sono state fornite agli
impianti penitenziari. "Da domani distribuiremo 100 mila mascherine
negli istituti penitenziari, dove sono state montate 80 tende di
pre-triage" per lo screening del coronavirus
Massima allerta in Federcalcio e nelle quattro Leghe (A, B, C e
dilettanti) per
il Coronavirus.
C'è l'ipotesi, che si spera ancora di scongiurare, che alcune
partite, anche di serie A, possano essere giocate a porte chiuse.
Almeno per un paio di turni, con l'augurio ovviamente che questa
situazione, ora allarmante, possa migliorare con l'arrivo della
primavera.
Come noto la Lega di A, “a seguito delle decisioni assunte dal
Consiglio dei Ministri in
merito alle manifestazioni sportive in programma oggi, domenica 23
febbraio 2020, nelle Regioni Lombardia e Veneto”, ha già disposto il
rinvio a data da destinarsi di Atalanta-Sassuolo, Hellas
Verona-Cagliari e Inter-Sampdoria. Bloccato oggi anche Torino-Parma
(e domenica c'è Juve-Inter...). In Primavera 1 Tim rinviate invece
Atalanta-Lazio e Chievo Verona-Fiorentina
Nel giro di 48 ore l’Italia
è diventata il Paese occidentale con più contagi,
superando anche gli Stati Uniti, che, con 35 contagiati, fino a
venerdì detenevano il record fuori dalla Cina. Oltre alla Cina, i
Paesi più colpiti sono la Corea del Sud e il Giappone, dove la
maggior parte dei pazienti proviene dalla Diamond Princess.
Globalmente, è salito a 78mila il
numero di persone contagiate dal coronavirus nel mondo: solo in Cina
i casi sono76.936 con
oltre2mila decessi.
Al di fuori della Cina, al momento ci sono 1200 casi in 26 Paesi.
Massima attenzione perIran,
che ha il numero di decessi più alto al di fuori dai confini cinesi,
e per la Corea
del Sud, dove
si registrano in tutto 556 casi e 4 morti. Israele,
dove nove persone sono risultate positive all’infezione Covid-19 –
da lunedì vieterà l’ingresso a tutti i cittadini stranieri che sono
stati in Corea del Sud e in Giappone negli ultimi 14 giorni, mentre
a circa 200 studenti e insegnanti israeliani è stato chiesto di
entrare in quarantena. Mentre il ritmo dei contagi in Cina è
calato, tra i più esposti all’epidemia ci sono Iran eAfrica,
i cui ministri della Salute hanno avuto un incontro all’Oms di
Ginevra: il rischio è che gli stati del continente non siano
sufficientemente equipaggiati a gestire una potenziale emergenza.
Emma Camp e i coralli super resistenti: "Nella resilienza la
chiave per proteggerli"
di GIACOMO TALIGNANI
La biologa marina, fra i premiati Rolex, porta avanti un
progetto che studia i coralli cresciuti in zone torbide e
acide, sperando di poterli trapiantare dove c'è bisogno
Fra acque buie eccola lì, all'improvviso, che spunta la
speranza. Ha la forma di coralli "duri a morire": organismi
che vivono e crescono anche in acque poco trasparenti, con
scarso ossigeno, lontane da quanto ci si potrebbe
aspettare. Fra soli quindici o vent'anni, come indicano
putroppo decine di studi scientifici, potremmo assistere
alla scomparsa di larga parte delle barriere coralline del
mondo, devastate dallo sbiancamento e dall'acidificazione
legati al riscaldamento globale. In soli 3-4 anni un terzo
della Grande Barriera Corallina è già andato perduto. La
tendenza, con la crisi climatica in corso, sarà dunque
quella di assistere al rapido deterioramento di migliaia di
ecosistemi marini nel mondo.
Una speranza di invertire la rotta arriva però proprio da
certi tipi di coralli particolarmente resistenti che
potrebbero essere utili per salvare le barriere
coralline. Ne è convinta una giovane biologa marina
inglese, Emma
Camp,
32 anni, fra i premiati nel 2019 come Rolex
Awards Associate Laureates per
le sue idee e progetti in difesa della Terra. Emma studia e
si dedica proprio a questa sorta di "luogo della resilienza
dei coralli", ovvero zone dove questi organismi riescono a
crescere anche in condizioni estremamente sfavorevoli, come
per esempio oceani sempre più acidi, acque con basso
contenuto di ossigeno e in parte prive di luce.
Condizioni molto simili a quelle di tutti i mari in futuro,
dato che i due fenomeni - aumento delle temperature medie e
acidificazione - stanno diventando un serissimo problema per
gli ecosistemi marini globali, con migliaia di specie già a
rischio di sopravvivenza.
Per Camp è fondamentale studiare dunque le caratteristiche
di questi coralli resistenti che potrebbero essere la chiave
per "ripopolare le barriere coralline" danneggiate e vittime
dello sbiancamento.
"Al momento stiamo scoprendo i luoghi dove stanno
sopravvivendo questi particolari coralli - spiega la biologa
sostenuta da Rolex - e dobbiamo capire come e perché sono
lì, in punti dove non dovrebbero essere. La nostra idea è
quella di utilizzare le loro abilità per aiutare a salvare
le barriere coralline a livello globale".
Le prime ricerche della biologa su questo tipo di organismi
risalgono a quattro anni fa quando una squadra di scienziati
e subacquei in Nuova Caledonia ha documentato 20 specie di
coralli in condizioni precedentemente considerate, da altri
studi, quasi impossibili per la crescita di coralli. Lo
scorso anno la biologa ha poi pubblicato un primo studio che
compara gli habitat corallini scoperti con quelli della
Grande barriera corallina australiana.
La sua idea è ora quella di identificare, lungo gli oltre
2000 chilometri della Grande Barriera australiana, zone con
caratteristiche simili dove i coralli crescono anche in
assenza di acque trasparenti o con temperature stabili:
questo aiuterebbe, studiando il comportamento e la genetica
di questi organismi ultra resistenti, ad aprire la strada
della conoscenza per comprendere i meccanismi della
resilienza dei coralli. E magari, sogna Camp, trapiantare
questi coralli ultra resistenti per aiutare la Barriera a
ripopolarsi.
"Dobbiamo pensare fuori dagli schemi. Dobbiamo tornare alla
natura e vedere come è sopravvissuta per così tanto tempo e
usare quella conoscenza, unita a innovazione e tecnologia,
per cercare di conservare ciò che abbiamo" ha spiegato la
biologa.
Ora, in zone come Low Isles e l'isola Howick, Camp e un team
di locali citizen science stanno già provando a trapiantare
alcuni coralli "duri" per monitorare il modo con cui
riescono a sopravvivere o espandersi. Ci vorrà tempo per
capire se la sua teoria potrà presto diventare realtà, ma
nel frattempo Emma continua ad avere le idee chiarissime:
"Non voglio far parte della generazione che dirà 'abbiamo
perso le barriere coralline'. I coralli non sono solo strani
e belli, ma supportano anche centinaia di milioni di vite
umane. Io continuerò a battermi per loro".
ESPORT-CALCIO
Nel mese di agosto si giocheranno Champions
edEuropa
League?
Secondo le ultime indiscrezioni che arrivano dallaSpagna, daCadena
Ser per
la precisione,l’UEFA el’ECA stanno
pensando di far chiudere i campionati entro luglio e di giocare le
coppe ad agosto. I
massimi tornei continentali potrebbero essere modificati: si pensa a
scontri diretti, anziché andata e ritorno, le gare sarebbero secche
e giocate su campo neutro, come le finali.Non è ovviamente da
escludere che tutte le partite si giochino a porte chiuse. Se queste
fossero le indicazioni reali ci sarebbero per i club che arrivano
fino in fondo rispetto alle competizioni circa 21 giorni di vacanza
e nei primi giorni di settembre inizierebbe la preseason. A
metà settembre ripartirebbe la prossima stagione. Al momento, spiegaMundo
Deportivo, le
riunioni a distanza tra UEFA ed ECA hanno un significato puramente
informativo perché tutto ovviamente dipenderà da come rientrerà la
pandemia nelle prossime settimane e nei vari Paesi. Al momento è
impossibile tracciare una tabella di marcia unica per tutto il
calcio europeo.
Via libera allo streaming (legale) in tutta Europa: ecco come
funziona
Prima la rottamazione del roaming telefonico, poi quella del
divieto di usufruire all’estero dei contenuti online protetti da
copyright. Il Parlamento europeo spinge l’acceleratore sulla
libera circolazione dei servizi e gli appassionati di sport e film
possono esultare. Con il nuovo regolamento adottato dalla Ue, i
cittadini comunitari che hanno comprato i diritti per guardare,
leggere o ascoltare contenuti online da un servizio nel proprio
paese, potranno beneficiare degli stessi servizi anche quando si
troveranno temporaneamente in
un altro paese dell’Unione.
Come funziona
Le regole sono tassative per i servizi in abbonamento, ma
facoltative per i contenuti gratuiti. Il vantaggio c’è ed è per
tutti: gli europei che acquistano o si abbonano a film,
trasmissioni sportive, musica, e-book e giochi nello Stato membro
di origine sono in grado di accedere a questi contenuti “quando
visitano o soggiornano temporaneamente” in altri Paesi dell’Ue. Ma
saranno felici anche i fornitori di servizi online: potranno
garantire la portabilità transfrontaliera senza dover acquistare
nuove licenze. A fare l’esempio di come funzionano queste nuove
regole è la stessa Ue in un ‘memo’ diffuso il 27 marzo: per
Netflix, si avrà accesso alla stessa selezione (o catalogo) di
casa ovunque. Inoltre le nuove regole non impediscono ai fornitori
di servizi di offrire opzioni aggiuntive ai propri utenti quando
sono all’estero, ad esempio quelle disponibili nel paese in cui
viaggiano.
Come si regolano gli operatori
Sky ha fatto sapere che sarà necessario essere titolari di un
abbonamento residenziale, essere stabilmente residenti in Italia e
utilizzare un metodo di pagamento associato a una banca italiana.
I programmi potranno essere fruiti attraverso le app Sky Go e Sky
Go Plus, Sky Go per i clienti Sky Q, Sky Kids, Sky Sport. Basterà
accedere a questi servizi con il proprio Sky Id dagli stessi
dispositivi che si utilizzano in Italia. Per ragioni di sicurezza
Sky è tenuta a verificare che si tratti di un’effettiva momentanea
permanenza all’estero, ovvero che sussista il presupposto
principale, la residenza in Italia. Per questa ragione dopo 30
giorni consecutivi di accesso dall’estero, verrà inviata al
cliente un’email per accertare questo requisito: basterà loggarsi
su uno dei dispositivi attraverso il proprio Id dall’Italia entro
i 7 giorni successivi per continuare a usufruire del servizio.
Anche Mediaset con Premium e Infinity fa sapere è pronta a
partire, l’accesso è esteso a tutti tranne alle carte prepagate.
Amazon offrirà disponibilità illimitata di tutti i contenuti di
Amazon Prime e Prime Music: “Siamo stati fin dall’inizio forti
sostenitori dell’iniziativa che andrà direttamente a vantaggio
dei clienti”. Netflix da parte sua definisce questa temporaneità
in 60 giorni totali l’anno.
Tv in
chiaro
Discorso diverso per chi trasmette in chiaro o chiede il pagamento
del canone. In questo caso la Ue non imporrà il regolamento ma chi
offre contenuti anche gratis come Rai e Mediaset potrà adeguarsi
rispettando le regole sul diritto d’autore.
Il
mercato dei contenuti on-demand
Secondo i dati dell’Unione delle Radio-TV europee (European
Broadcasting Union, EBU), circa l’11% delle famiglie europee aveva
un abbonamento a servizi di video on-demand nel 2016. Si pensa che
il loro numero sia destinato a raddoppiare da qui al 2020. Netflix
occupa il 54% di questo mercato degli abbonamenti, sempre secondo
l’Ebu. Bisogna notare che la portabilità dei contenuti online non
riguarderà solo film e serie tv ma ogni tipo di contenuto digitale
come libri elettronici (e-books) e musica.
I PEZZI
DI MERDA !
Non
si sa quando si riprenderà ma sia chiaro che NOI non dimentichiamo
questi miliardari pigliainculo. Speriamo che non lo dimentichino
anche certi tifosi, non tutti...Mentre il Circo Barnum del calcio
si accapiglia per la ripresa degli allenamenti il più presto
possibile da Torino si concretizza una
brutta
figura: Higuain e
compagni, questa fuga nel
Da ultimo: quali condizioni di necessità giustificano la fuga? Ci
sono in questa vicenda molti buoni motivi per fare chiarezza, da
parte delle autorità competenti.
Ma quand’anche le stranezze e le irregolarità qui raccontate non
rappresentassero violazioni rilevanti, la fuga degli juventini
resta una brutta pagina di queste drammatiche giornate italiane.
Non consola sapere che il Pipita e compagni abbiano a Parigi i
degni colleghi Neymarjr eThiagoSilva,
rientrati di soppiatto in Brasile, perché – come ha rivelato la
fidanzata dell’ex difensore rossonero – «non si trovava più nulla
nei supermercati».
La loro impresa ci consegna una triste consapevolezza: il calcio
ha allevato una generazione di bamboccioni
milionari,
convinti di essere sciolti da qualunque vincolo di legge e di
correttezza civile, prima che sportiva
Coppa dei
Campioni 2020
Fifa, Infantino frena: ''La salute viene prima di qualsiasi
partita''
"Nessuna partita vale il rischio di una vita umana. Non la si può
mettere in pericolo per una partita, una competizione o un
campionato. Tutti dovrebbero tenerlo a mente. Quindi sarebbe da
irresponsabili riavviare l'attività se la situazione non è sicura al
100%. Se bisognerà aspettare ancora un po', dobbiamo farlo. È meglio
aspettare un po' di più che correre dei rischi". Il presidente della
Fifa, Gianni
Infantino,
manda un messaggio chiaro: si tornerà in campo solo quando ci
saranno tutte le condizioni di sicurezza. "Sono convinto - dice
rivolgendosi a tutte le federazioni affiliate - che il calcio
avrà un ruolo chiave per
far tornare la gente insieme quando sarà di nuovo sicuro giocare ed
essere in gruppo con gli amici. Prepariamoci per quel momento,
insieme vinceremo".
I tre punti
Stabilita la salute come priorità, Infantino nel sul lungo
video-messaggio ha voluto rimarcare come la Fifa sia pronta a venire
in soccorso dei club in
questo momento di grande difficoltà: "La Fifa è al fianco di chi
soffre e di chi combatte questi giorni difficili - è la premessa del
presidente della Federazione Internazionale -. In un periodo come
questo è importante rimanere calmi e uniti, abbiamo tre pensieri in
mente e ve li elenco in ordine di priorità: la salute è sempre al
primo posto, poi vedere come possiamo aiutare al meglio la comunità
calcistica in questo momento di bisogno; infine la terza: con il
rallentamento che la nostra vita ha subito, possiamo pensare a come
uscirne insieme e meglio di prima, in modo strategico e unito,
ascoltando le idee e le proposte di tutti".
"Fifa non lascerà nessuno solo"
Infantino dedica la seconda parte del suo messaggio agli aiuti
economici ai club che la Fifa metterà in campo. "Grazie al lavoro
che abbiamo svolto insieme negli ultimi anni, oggi ci troviamo in
una situazione finanziaria molto buona - spiega il numero 1 del
calcio mondiale -. Abbiamo consolidato una solida base di riserva
importante, ma sono i soldi del calcio. Quando il calcio è in
difficoltà, dobbiamo pensare a cosa fare per aiutarlo. Questa è la
nostra responsabilità e questo è il mio modo di vedere in qualità di
presidente". Pieno sostegno dunque alle società: "Non lasceremo mai
i club soli - promette - e per questo i collaboratori della Fifa
stanno lavorando alle soluzioni più appropriate. Ho chiesto
all'amministrazione della Fifa di prendere le misure necessarie per
anticipare il pagamento della seconda parte dei vostri costi
operativi, previsto di norma per la seconda metà dell'anno. Date le
circostanze eccezionali ho chiesto anche di derogare ai criteri
aggiuntivi all'adempimento degli obblighi sia per quest'anno che per
l'anno scorso, affinché l'intero importo venga pagato a tutti voi,
speriamo possa essere di aiuto".
Uefa, rinviate le finali di Champions ed Europa League
Le gare erano previste rispettivamente il 30 maggio a Istanbul e
il 27 maggio a Danzica. Allo studio nuove soluzioni
Uefa annuncia ufficialmente il rinvio delle finali di Champions
League, maschile e femminile, e dell'Europa League degli uomini.
Le gare maschili erano previste rispettivamente il 30 maggio a
Istanbul e il 27 maggio a Danzica, quella femminile il 24 maggio a
Vienna. L'organo di governo del calcio europeo per prudenza non
indica possibili
date di recupero e
attende di conoscere le evoluzioni dell'emergenza coronavirus in
Europa.
Con l'ufficialità del rinvio delle finali delle coppe per club,
vengono cancellate anche le ultime date superstiti di un
calendario calcistico già stravolto dagli stop dei principali
campionati nazionali e a ogni altra competizione internazionale.
Misure di prudenza per arginare il contagio di Covid19, decise
nelle scorse settimane da governi e autorità del calcio. La
decisione più rumorosa è stata il rinvio degli Europei,
inizialmente previsti per il giugno prossimo, posticipata da Uefa
all'estate del 2021.
Per quanto riguarda le tre finali, le possibili date saranno
individuate dalla commissione istituita da Uefa per armonizzare i
calendari dei campionati e delle coppe europee. È possibile che si
procederà con le formule previste, se ce ne sarà il tempo, o con
soluzioni alternative (playoff, final four, final eight) se la
ripresa dell'attività slitterà molto in là nel tempo La previsione
più ottimistica è che si possa tornare a giocare a inizio maggio.
Se così non sarà, è probabile che alcune partite - quali, è ancora
da decidere - si giocheranno anche dopo il 30 giugno, data
ufficiale della fine della stagione calcistica (e dei contratti di
molti giocatori).
Coronavirus, è ufficiale: l'Uefa rinvia gli Europei al 2021
Gli Europei di calcio, inizialmente in programma dal 12 giugno al 12
luglio di quest'anno, sono stati rimandati al 2021 in seguito
all'emergenza coronavirus. Le nuove date proposte sono 11 giugno-11
luglio 2021. Lo ha deciso la Uefa, riunitasi oggi in videoconferenza
con i rappresentanti delle 55 federazioni affiliate, i dirigenti
dell'Associazione dei club europei e delle Leghe europee e un
rappresentante della FIFPro (la federazione internazionale dei
calciatori professionisti). "La priorità è la salute di tutti coloro
che sono coinvolti nel calcio. E abbiamo voluto evitare pressioni
inutili sui servizi pubblici delle nazioni che avrebbero dovuto
ospitare le partite. Questa decisione aiuterà il completamento delle
competizioni nazionali, sospese a causa dell'emergenza", spiega
l'Uefa in una nota.
Per
evitare il collasso economico del sistema, si è deciso di fare di
tutto per concludere i campionati nazionali e le coppe per club.
Uno degli impegni presi da Uefa, Eca, European Leagues e Fifpro, è
quello di completare i campionati nazionali entro il termine della
stagione, ossia il 30 giugno, se la situazione migliorerà e
riprendere a giocare sarà sufficientemente appropriato e prudente.
Fra gli impegni, c'è quello di limitare o annullare gli slot
esclusivi nel calendario, quindi sarà possibile programmare partite
di campionato nei giorni infrasettimanali e match di Champions ed
Europa League nei weekend.
Per quanto riguarda le formule e i calendari di Champions ed Europa
League, come precisa la nota Uefa, "è stato istituito un gruppo di
lavoro con la partecipazione delle leghe nazionali e dei
rappresentanti di club per esaminare le soluzioni di calendario che
consentirebbero il completa mento della stagione in corso". Le date
indicate sono le seguenti: 24 giugno finale Europa League, 27 giugno
finale Champions.
Olimpiadi Tokyo 2020, adesso è ufficiale: i Giochi in Giappone
rinviati al 2021
Adesso è ufficiale: "Le Olimpiadi
di Tokyo sono
rinviate al 2021". La pandemia dicoronavirus ha
messo alle corde anche il governo del Giappone: dopo una conference
call tra il primo ministroShinzo
Abe e
il presidente del Comitato olimpico internazionaleThomas
Bach a
cui hanno partecipato il governatore di TokyoYuriko
Koike,
il presidente del comitato organizzatore Yoshiro
Mori,
il ministro giapponese dei Giochi Olimpici Seiko
Hashimoto,
è arrivato l'annuncio del governo giapponese, seguito dalla
benedizione del Cio: "I Giochi non si terranno in estate ma nel
2021". L'edizione si chiamerà comunque Tokyo 2020, per non perdere
l'investimento sul merchandising e il marchio.
Perché il rinvio di un anno
La fiamma Olimpica non si accenderà il prossimo 24 luglio.
L'operazione rinvio avrà costi significativi, ma si è resa
indispensabile per il numero sempre crescente di contagi che hanno
spinto al pressing le federazioni internazionali e da alcune ore
anche i principali comitati olimpici internazionali, compreso
quello statunitense.
Tutti chiedevano la stessa cosa: lo slittamento al 2021. Il primo
ministro Abe ha annunciato che anche il Cio adesso è "d'accordo al
100%" a posticipare i Giochi di un anno, seguito poi dall'annuncio
del presidente del Comitato Olimpico internazionale Thomas Bach. Una
soluzione che permetterà di mantenere il programma previsto senza
modifiche. Certamente la migliore per sponsor e televisioni, che
hanno investito pesantemente nel prodotto olimpico.
Si ferma la fiaccola
Giovedì la fiaccola olimpica sarebbe dovuta partire da Fukushima,
ma la partenza è annullata, anche se la torcia resterà in Giappone.
Il rinvio è una novità assoluta nella storia delle Olimpiadi
moderne: anche per questo il Cio dovrà decidere a breve come
comportarsi. Si va verso il congelamento delle qualifiche già
effettuate, mentre le altre si svolgeranno regolarmente appena sarà
permesso dalle condizioni di salute.
Le ipotesi scartate
Inizialmente per il Comitato internazionale la preferenza andava
allo slittamento restando nel 2020, indispensabile per rispettare
termini contrattuali e consegne, come le abitazioni del Villaggio
Olimpico già interamente vendute a privati cittadini per decine di
milioni di euro. Si era ragionato concretamente sull'autunno:
ottobre ma anche novembre le due ipotesi, che permetterebbero di
riportare a Tokyo marcia e maratona, che nel programma estivo erano
previste a Sapporo per motivi climatici. Ma il governo ha optato per
il rinvio di un anno: ora le federazioni internazionali di atletica
(ha già mostrato un'apertura) e del nuoto dovrebbero rinviare i loro
mondiali, in programma proprio nell'estate 2021.
Stop agli ottavi di Champions e Europa League. Campionati esteri
fermi, salta Inghilterra-Italia
Anche il tecnico dell'Arsenal, Mikel Arteta, è risultato positivo
al Coronavirus. Stop a Premier, Bundesliga e Ligue 1 e 2. Tre
ipotesi sullo slittamento di Euro 2020
L'ombra del virus s'allunga sull'Europa del calcio. Ora anche la
Uefa deve fare i conti con l'epidemia, che ha costrettoin
quarantena club come Juve e Real Madrid.
Anche in vista dell'Europeo itinerante in programma in estate.
Quasi inevitabile riflettere su un piano B per far slittare il
torneo, vista l'insistenza dei maggiori campionati europei per
ottenere lo slittamento che permetta loro di concludere in estate
i campionati oggi sospesi. In fondo è complicato oggi immaginare
che tra tre mesi sessantamila persone potranno affollare
l'Olimpico di Roma per la gara inaugurale dell'Euro 2020.
Stop di Champions e Europa League
"Alla luce degli sviluppi legati alla diffusione del virus
Covid-19 in Europa e delle decisioni dei vari governi, tutte le
partite delle competizioni Uefa per club in programma la prossima
settimana sono rinviate". Ad annunciarlo è l'Uefa in una nota. Tra
queste, le rimanenti partite di ritorno degli ottavi di Champions
League del 17 e 18 marzo, tutte le partite di ritorno degli ottavi
di Europa League del 19 e tutte le partite dei quarti di Uefa
Youth League del 17 e 18. Ulteriori decisioni sulle date di
recupero delle suddette partite verranno comunicate a tempo
debito. A causa dei rinvii, slitta anche il sorteggio dei quarti
di Champions League e Europa League del 20 marzo. Ieri, l'Uefa ha
invitato i rappresentanti delle 55 federazioni affiliate, i
consigli della European Club Association e delle leghe europee e
un rappresentante di FifPro a un meeting in video-conferenza per
martedì 17 marzo, per parlare delle modalità di risposta del
calcio europeo alla pandemia da Covid-19: nell'occasione si
deciderà anche se far slittare gli imminenti Europei.
Positivo il tecnico dell'Arsenal
Nella notte c'è stato l'annuncio del tecnico dell'Arsenal, Mikel
Arteta, positivo al Coronavirus. A comunicarlo è stato il club
inglese sul proprio sito ufficiale: "Il nostro centro di
formazione Colney di Londra è stato chiuso dopo che il capo
allenatore Mikel Arteta è risultato positivo al Covid-19. Il
personale dell'Arsenal che ha recentemente avuto stretti contatti
con Mikel ora si autoisolerà in linea con le linee guida sanitarie
del governo. Sarà un numero significativo di persone provenienti
da Colney, incluso l'intera prima squadra e il personale di
coaching, nonché un numero minore di persone della nostra Hale End
Academy".
La Premier si ferma, salta Inghilterra-Italia
La Premier League è pronta a fermarsi fino al 4 aprile, scrive la
Bbc. La decisione è stata presa questa mattina, nel corso di una
riunione d'emergenza durata 10' dopo che diversi club - Arsenal,
Chelsea e Everton, al momento - si sono messi in autoquarantena a
causa del contagio di diversi giocatori. Anche le tre serie minori
del calcio professionistico inglese hanno deciso di fermarsi, con
una decisione presa all'unanimità. Salta anche l'amichevole
Inghilterra-Italia, in programma il 27 marzo a Wembley.
Stop a Ligue 1 e 2
La lega calcio professionisti francese (Lfp) ha annunciato in
mattinata la sospensione della Ligue 1 e della Ligue 2 fino a
nuovo avviso e con effetto immediato. Ciò significa che la 29esima
giornata di L1 e L2, prevista in questo fine settimana, non sarà
disputata. La Lfp è così venuta incontro alle richieste dell'Unfp,
l'unione dei giocatori professionisti francese, che aveva espresso
il desiderio di rinviare le competizioni. Ieri sera, il presidente
Emmanuel Macron, ha annunciato in un discorso televisivo la
chiusura da lunedì di tutte le scuole, chiedendo di "limitare gli
assembramenti il più possibile" e di viaggiare "il minimo
indispensabile".
Anche la Bundesliga si ferma
Anche la Bundesliga si ferma per la pandemia del Covid-19. Il
massimo campionato tedesco chiuderà i battenti da martedì prossimo
almeno sino al 2 aprile. Ad annunciarlo, sul proprio profilo
Twitter, la federcalcio tedesca.
Il pressing sull'Uefa
Martedì la Serie A guderà il pressing delle leghe europee nella
riunione in video conference con Uefa, federazioni, rappresentanti
dei club europei. Ceferin, n.1 della confederazione europea, era
anche pronto a una soluzione estrema: sacrificare la natura mobile
del torneo, così rischiosa, con tutti gli spostamenti di Paese in
Paese che imponeva, affidando
in extremis l'organizzazione dell'Euro alla Turchia,
che pressa per ottenerlo. ma da ieri anche la Turchia ha chiuso
gli stadi per i primi casi di contagio. Insomma, il Piano-B è
naufragato prima ancora di prendere corpo. Cosa fare quindi? In
caso non fosse possibile giocare il torneo questa estate, esistono
tre possibilità per ricollocare la manifestazione in una data
successiva a giugno. E nessuna offre certezze.
Rinvio all'autunno
La prima è di non cambiare l'anno, organizzando l'Europeo sempre
2020, ma in autunno: si studiano sia il mese di settembre, con
inizio dei campionati a ottobre, sia novembre, quindi
interrompendo i tornei nazionali (e le coppe Europee) regolarmente
calendarizzati. Uno scenario non certo inverosimile, visto che nel
2020 i Mondiali si giocheranno a dicembre. Questa soluzione
imporrebbe però di giocare gli spareggi - in programma a fine
marzo ma quasi certamente destinati al rinvio - al più tardi a
giugno. Col virus che ancora imperversa in tutta Europa, una vera
corsa contro il tempo.
Estate 2021
Sarebbe la soluzione più naturale: posticipare l'Europeo di un
anno, giocandolo per la prima volta in un anno dispari. Darebbe
tutto il tempo necessario per disputare senza fretta gli spareggi
mancanti e riorganizzare i calendari dei campionati nazionali.
Stando così le cose non ci sarebbero contraddizioni. C'è però un
ostacolo non secondario: dal 17 giugno al 4 luglio 2021 la Fifa ha
fissato il debutto della nuova Coppa del Mondo per club: un torneo
nuovo su cui la Fifa punta molto. E visti i rapporti conflittuali
che ha con la Uefa, trovare un accordo per rinviare la
manifestazione per far posto all'Europeo non è semplicissimo.
Scenario 2022
Nettamente l'ipotesi meno probabile. Ma forse la più suggestiva.
Nel 2022 infatti è in programma il Mondiale di calcio in Qatar.
Che, per motivi climatici, sarà però giocato a dicembre 2022.
Evidentemente, le date estive sono più libere: è vero che i
campionati dovranno iniziare prima per far posto alla sosta Mundal,
ma potranno anche finire più tardi. E quindi ci potrebbe essere un
margine per inserire un'edizione dell'Europeo di "recupero" nei
mesi estivi, a ridosso della fine dei campionati. Magari
trasformando il torneo in una strada alternativa per qualificarsi
ai Mondiali invernali.
Coronavirus,
Champions: rinviate Juve-Lione e City-Real Madrid.
Martedì riunione Uefa, ipotesi rinvio di un anno
dell'Europeo
Il mondo si ferma, la Uefa no. Almeno per ora. Il governo del calcio
ha infatti convocato una riunione soltanto per martedì prossimo, in
cui si discuterà del futuro delle competizioni nazionali ed europee,
incluso Euro 2020. Secondo indiscrezioni, l'Uefa prenderà in
considerazione l'opzione di posticipare Euro 2020 di un anno o
essere riorganizzato con sedi diverse e una possibile modifica al
formato del torneo. Nel frattempo però, nonostante le ultime notizie
(positività
di Rugani,
Real Madrid e Juventus in quarantena, tre presunti casi di
coronavirus in Premier League e lo
stop di Serie A e Liga spagnola),
le 6 partite di Europa League (Siviglia-Roma
e Inter-Getafe sono state rinviate)
in programma per stasera si giocano regolarmente.
Rinviate City-Real e Juve-Lione
L'Uefa ha provveduto a rinviare ad altra data due sfide di ritorno
degli ottavi di finale di Champions League in programma la prossima
settimana: Manchester City-Real Madrid e Juventus-Lione. In forte
dubbio Barcellona-Napoli, l'unica partita che potrebbe giocarsi (a
porte chiuse) è Bayern-Chelsea.
In una nota il governo di Nyon fa sapere che "alla luce degli
sviluppi in merito alla diffusione del Covid-19 in tutta Europa e
delle notizie che arrivano dalle dall'Organizzazione mondiale della
sanità, la Uefa ha invitato oggi i rappresentanti delle 55
federazioni affiliate, i consigli di amministrazione dell'European
Club Association ed European League, e un rappresentante della
FIFPro, a partecipare alla riunione in videoconferenza di martedì 17
marzo per discutere della risposta del calcio europeo all'epidemia.
Le discussioni includeranno tutte le competizioni nazionali ed
europee, incluso Euro2020".
Manchester City: esclusione dalle Coppe europee, presentato il
ricorso al Tas
Come annunciato, il
club inglese si è rivolto alla Corte Arbitrale per lo Sport
chiedendo la revoca della sentenza Uefa, che oltre ai 2 anni fuori
da Champions o Europa League prevede una sanzione di 30 milioni di
euro per aver violato il fair play finanziario. Registrato l'appello
a Losanna: "Impossibile fissare i tempi della decisione"
Dalle parole ai fatti. Il Manchester City ha tenuto fede agli
impegni, ma del resto non c'erano dubbi né alternative. Il club
campione d'Inghilterra, così come aveva annunciato subito dopo la
sentenza Uefa che lo esclude dalle prossime due edizioni di
Champions e
che lo sanziona con un'ammenda da 30 milioni di euro per gravi
infrazioni delle norme relative al fair-play finanziario, ha
presentato ricorso alla Corte Arbitrale per lo Sport (Tas) di
Losanna, che ha ufficializzato la registrazione dell'appello.
Tas: "Impossibile fissare i tempi per la decisione"
Il chief executive dei Citizens, Ferran Soriano, ha affermato che le
violazioni sono "semplicemente non vere", mentre il Tas ha spiegato
nel suo comunicato che "non è possibile" fissare i tempi sulla
decisione che verrà assunta: "Le procedure di arbitrato del caso
comportano uno scambio di osservazioni scritte tra le parti mentre
un collegio di arbitri è convocato per ascoltare il ricorso". La
Camera indipendente dell'Organismo di controllo finanziario dei club
(CFCB) ha dichiarato di aver scoperto che il City ha infranto le
regole "sopravvalutando i ricavi delle sponsorizzazioni nei suoi
conti e nelle informazioni di pareggio presentate alla Uefa tra il
2012 e il 2016", aggiungendo che il club "non ha collaborato
all'inchiesta". Il club inglese - impegnato in serata nel match di
andata degli ottavi di finale di Champions al Bernabeu contro il
Real Madrid, una sfida anche fra i due tecnici Zinedine
Zidane ePep
Guardiola -
dal canto suo ha sempre negato qualsiasi illecito.
Ottavi Coppa
campioni
Liverpool-Atletico 2-3, così Simeone ha incartato Klopp
Squadra cortissima, un centrocampo eccellente, un eroe per caso,
"il portiere più forte del mondo" e i reds che non sanno più
soffrire: analisi del trionfo dei "colchoneros" di Madrid, ora ai
quarti di Champions
Sì, la sconfitta
del Liverpool contro
l'Atletico Madrid per 2-3 è clamorosa, tanto più dopo che i
padroni di casa sono stati in vantaggio per 2-0. Ma se proprio
c'era una squadra che poteva macchiare l'imminente e storica
vittoria della Premier League per i reds dopo tre lunghissimi
decenni, quella potevano essere solo i "colchoneros" di Diego
Simeone.
Forte del velenoso 1-0 dell'andata in Spagna, il "cholo" ha
preparato una partita perfetta, almeno nel primo tempo. Le
devastanti sovrapposizioni e verticalizzazioni sulle fasce del
Liverpool di Jürgen Klopp sono state neutralizzate nei primi 35
minuti da un tatticismo rognoso che solo Simeone sa preparare.
Squadra cortissima, con le ali e almeno una delle due punte - i
deludenti Diego Costa e la costosa (125 milioni) ma ancora
inadeguata promessa Joao Felix - che raddoppiavano e triplicavano
costantemente i tank laterali del Liverpool. Grazie a questa
ragnatela tattica dell'allenatore argentino, Alexander-Arnold,
Oxlade-Chamberlain e Salah da una parte e Robertson, Wijnaldum e
Mané dall'altra erano sempre costretti ad allargarsi o a
rinculare, mentre Firmino finiva intrappolato tra le chiusure
degli attentissimi difensori centrali madridisti (Felipe e Savic)
o nel traffico dei superlativi Koke e Thomas a centrocampo.
A fine partita, Klopp si è lasciato andare alla frustrazione in
conferenza stampa, irritato anche dalle tattiche para-calcistiche
dei colchoneros di Simeone, quando si tratta di perdere tempo o
simulare: "Con la qualità che ha l'Atletico, non capisco perché
giochino in maniera così difensiva, con quelle due linee da 4 così
barricate", ha notato l'allenatore del Liverpool. "Ma è la loro
strategia, hanno avuto la meglio e dobbiamo fargli i complimenti.
Alla fine hanno meritato il turno". Risponde Simeone: "Noi siamo
venuti qui a giocarcela e a vincere con le nostre armi. Sappiamo
quali sono e sapevamo quali erano i punti deboli del Liverpool.
Questa nostra vittoria è leggendaria".
Al di là delle tattiche, gli episodi hanno deciso ovviamente la
qualificazione. Nel secondo tempo, dopo l'1-0 di una mezz'ala
paurosa e incredibilmente sottovalutata come Wijnaldum, il
Liverpool ha messo la quinta e ha semplicemente devastato
l'Atletico Madrid. Ma non ha segnato: Salah, tornato travolgente
dagli spogliatoi, ha comunque mancato due occasioni fondamentali,
così come Mané - che ci ha provato due volte in rovesciata, ma
niente - mentre Firmino è stato poco incisivo e Robertson, dopo
aver sprecato due colpi da ottima posizione, a metà secondo tempo
è riuscito a stampare un gol fatto sulla traversa.
Poi c'è il capitolo portieri. Oblak, "il portiere migliore al
mondo" secondo il suo allenatore Simeone, ha murato la porta
dell'Atletico con una prestazione mostruosa. Dall'altra parte,
Adrian, il sostituto dell'infortunato Alisson, ha commesso un
suicidio calcistico regalando dopo il 2-0 di Firmino (primo tempo
supplementare) sconsideratamente la palla, insaccata da Llorente
(non quello "italiano") per il 2-1 per il Liverpool. Rete che ha
stravolto la partita e la qualificazione. Con Alisson titolare,
difficilmente tutto questo sarebbe successo. Invece, è tornata la
maledizione di Karius e la scandalosa prestazione del portiere
tedesco nella finale di Champions di due anni fa contro il Real
Madrid.
C'è poi un altro aspetto da considerare: il 2-2, sempre
dell'incredibile Llorente, ha tagliato le gambe al Liverpool, al
contrario del 2-0 di Firmino nei confronti dell'Atletico. È vero
che i reds avrebbero avuto solo 20 minuti per segnare due gol e
qualificarsi (4-2), mentre agli spagnoli sul 2-0 bastava uno. Ma è
anche vero che gli imminenti campioni d'Inghilterra hanno
dimostrato più volte negli ultimi tempi di essere pienamente
capaci di ribaltare qualsiasi risultato.
Il dubbio, ora, è che il Liverpool sia già malato della stessa
sindrome del City di Pep Guardiola, causa dei suoi mali in
Champions: una squadra devastante, ma che, proprio per la sua
frequente supremazia, forse ha perso l'abitudine a soffrire,
soprattutto in Champions. I venti punti abbondanti di vantaggio in
Premier League hanno forse aggravato questo malanno dei "reds".
Per questo l'Atletico di Simeone era la squadra peggiore per Klopp,
come ha ammesso lo stesso allenatore tedesco: non giocano a viso
aperto come gli altri. E ti fanno soffrire, malamente.
Infine. Curiosamente i tre gol dell'Atletico sono arrivati tutti
da ex giocatori del Real Madrid: l'ex juventino Alvaro Morata e lo
spagnolo Marcos Llorente, 25 anni, che non solo ha fatto le
giovanili tra i "blancos" (come Morata) di cui è sempre stato
tifoso, ma anche suo padre, suo nonno e suo prozio giocarono in
passato nella "Casa Blanca". Quest'anno Llorente è arrivato alla
corte di Simeone per ben 35 milioni di euro dopo uno scarso
utilizzo dei cugini e una comparsa all'Alavés. Anche quest'anno
Llorente ha giocato e segnato poco, fino a stasera: due gol
pressoché uguali - tiro basso alla sinistra del portiere - ma
pesantissimi; assist ricambiato per il 3-2 definitivo di Morata.
L'eroe giusto al momento giusto. Anche se per caso.
League, il poker di Ilicic porta l’Atalanta ai quarti.
Mou KO 3-0, vola il Lipsia
Primi verdetti dalla serata degli ottavi di finale di Champions
League. L’Atalanta continua
il suo sogno europeo ed entra tra le migliori otto d’Europa
sbancando 4-3 il Mestalla: l’eroe di serata è ovviamente Josip
Ilicic, autore di un poker capolavoro al Valencia. Jose Mourinho e
il suo Tottenham escono dalla competizione ai danni delLipsia:
dopo lo 0-1 dell’andata, i tedeschi conquistano il passaggio del
turno grazie alla doppietta di Sabitzer e al gol di Forsberg.
Champions, Atalanta-Valencia 4-1: show dei nerazzurri, i quarti
sono più vicini
Nell'andata degli ottavi a San Siro i bergamaschi servono un poker
agli spagnoli. Nel primo tempo segnano Hateboer e Ilicic. Nelle
ripresa arrivano anche le reti di Freuler e la doppietta personale
di Hateboer. Poi un calo di tensione permette a Cheryshev di
accorciare
L'Atalanta non smette di stupire e nel suo primo e storico ottavo
di finale di Champions rifila uno spettacolare 4-1 al Valencia
mettendo una seria ipoteca sulla qualificazione ai quarti. Nel
primo tempo i ragazzi di Gasperini vanno sul 2-0 grazie ad
Hateboer e Ilicic. Nelle ripresa i bergamaschi non si accontentano
e attaccano ancora trovando anche i gol di Freuler e la doppietta
personale di Hateboer. Poi un calo di tensione permette al neo
entrato Cheryshev di accorciare.3-4-1-2 per Gasperini che rinuncia
a Zapata in attacco per non dare punti di riferimento con Pasalic
a supporto di Gomez e Ilicic. In mezzo al campo de Roon e Freuler
con Hateboer e Gosens esterni. In difesa Toloi, Palomino e Caldara
che rimpiazza Djimsiti che ha accusato un problema nel
riscaldamento. Celades, privo di tanti giocatori chiave
infortunati, risponde col 4-4-2 con Guedes e Maxi Gomez in
attacco.Torres e Soler sono gli esterni alti con Parejo e
Kondogbia a centrocampo. Wass e Gayà esterni bassi con Mangala e
Diakhaby al centro della difesa. L'Atalanta fa capire subito che
intende fare la partita e Gomez su punizione dopo 5′ non trova di
poco la porta. Poco dopo clamorosa occasione da rete: Ilicic
imbuca per Pasalic che è solo davanti al portiere, destro piazzato
e miracolo di Domenech. Al 16′ invece i bergamaschi passano con
merito: Gomez attacca a sinistra, entra in area ed effettua un
forte tiro-cross su cui si avventa Hateboer che col destro
insacca.Al minuto 21′ ancora Atalanta pericolosa, ma Gosens prende
l'esterno della rete col destro. A questo punto i nerazzurri
arretrano forse un po' troppo e il Valencia prende possesso del
campo anche se con manovre spesso macchinose. L'azione più
pericolosa degli spagnoli arriva alla mezz'ora: viene battuto a
sorpresa un calcio di punizione sulla destra, Ferran Torres si
presenta in area da solo, defilato a destra, e calcia: palo.
Azione che prosegue, mischia e poi la difesa rimedia in corner. Al
35′ invece si presenta in area Guedes che, dalla sinistra, calcia
largo. L'Atalanta torna nel finale del tempo con una botta alta di
de Roon e un gol mancato del Papu che era comunque in offside. Al
42′ invece Ilicic non perdona: controlla al limite, palla sul
destro e splendido tiro agli incroci.Nel secondo tempo l'Atalanta
non si accontenta e torna ad attaccare come fossimo sullo 0-0. Al
50′ Gomez sale a sinistra, cross basso, palla che si impenna dopo
una deviazione e Hateboer non ci arriva sul secondo palo. Il
Valencia risponda con Torres che pesca Soler in area ma il tiro
ravvicinato è out. Al minuto 57 la pressione bergamasca viene
premiata: Freuler controlla al limite defilato a sinistra, palla
sul destro e splendido tiro a giro sul secondo palo per il 3-0.
Poco dopo errore di Gollini che regala palla agli spagnoli, Maxi
Gomez calcia tutto solo davanti alla porta ma il portiere
atalantino rimedia e salva. Passano due minuti e il poker è
servito: lancio sulla destra verso Ilicic che la lascia scorrere
essendo in offside, se ne va però Hateboer che corre, penetra in
area e col destro fa centro per la doppietta personale.Al 64′
Celades fa entrare Cheryshev al posto di Guedes e il neo entrato
si rende subito protagonista al 66′: palla corta di Palomino che
la regala al russo ex Real Madrid, che da fuori area insacca con
un preciso rasoterra sinistro. A questo punto l'Atalanta prende
paura, arretra e subisce l'assedio del Valencia. Al 70′ un super
Gollini salva sul solito Cheryshev, mentre Soler al 76′ al volo
non trova la porta. Gasperini vede i suoi in affanno e prima leva
Caldara per Zapata, arretrando de Roon in difesa, quindi inserisce
Malinovskyi al posto di Pasalic. L'Atalanta si rianima nel finale
e non rischia più niente portando a casa un risultato
preziosissimo in vista del ritorno al Mestalla.
Shakhtar-Atalanta 0-3: Castagne, Pasalic e Gosens portano i
nerazzurri nella storia.Impresa
della squadra di Gasperini che passa agli ottavi come seconda nel
gruppo C alle spalle del City (vittorioso sulla Dinamo Zagabria).
Succede tutto nella ripresa. Sullo 0-1 tra gli ucraini espulso
Dodo.
L'Atalanta è nella storia. I bergamaschi compiono
una vera e propria impresa e si qualificano per gli ottavi di
finale di Champions League come secondi classificati nel gruppo C
con 7 punti alle spalle del Manchester City. Una situazione
impensabile dopo le prime tre giornate durante le quali gli
orobici aveva collezionato 0 punti subendo ben 11 gol. La banda
Gasp inchioda a Kharkiv lo Shakhar per 3-0 grazie a un secondo
tempo strepitoso e passano anche grazie al successo del City
contro la Dinamo (1-4).
L'Atalanta non sfrutta due regali
Gasperini schiera un 3-4-2-1 con Gomez e Pasalic a
supporto dell'unica punta, Muriel. Freuler e de Roon in mezzo al
campo, Castagne e Gosens esterni. In difesa Djimsiti, Palomino e
Masiello. Castro risponde col 4-2-3-1 con Junior Moraes
centravanti e dietro di lui Tete, Kovalenko e Taison. A
centrocampo Stepanenko e Patrick. Dodò e Ismaily terzini con
Kryvtsov e Matviyenko al centro della difesa. Parte bene
l'Atalanta e dopo 5′ c'è un regalo della difesa ucraina che
innesca Gomez ma il Papu, tutto solo contro il portiere, non
riesce a tirare, quindi serve Muriel che cerca Pasalic ma con un
assist troppo largo. Pyatov alla fine blocca la sfera. Poco dopo
sinistro sul fondo di Muriel e al quarto d'ora altro grave errore
difensivo che favorisce Muriel, assist a Gomez il cui tiro viene
respinto da un difensore.
Gol annullato a Kovalenko e super Gollini
Due gol clamorosi mancati e quasi beffa in agguato
per i bergamaschi che al 15′ prendono gol da Kovalenko. Ma
l'azione è viziata da un fuorigioco di Tete, confermato anche dal
Var. In particolare Tete sulla destra sembra imprendibile per la
difesa orobica che lo soffre oltremisura, ma i centrali in area
fanno sembra buona guardia. Al 25′ Castagne crossa per Gosens che
però di testa manda a lato. Al minuto 37′ brividi per gli orobici
quando Junior Moraes svetta di testa e tira in porta, ma un
Gollini super tiene in vita l'Atalanta. Il tempo si chiude con un
sinistro di Muriel, facile per Pyatov.
Muriel graziato, Castagne la sblocca
L'Atalanta torna in campo nella ripresa senza
perdere la testa, è paziente, fa girare la palla e cerca di
avvolgere lo Shakhtar con azioni tutte di prima. Muriel su
punizione impegna Pyatov, mentre al minuto 55 il colombiano fa una
sciocchezza entrando in scivolata e fallosamente su un avversario.
Già ammonito, Muriel viene graziato dall'arbitro. Castro mette
dentro anche Marlos al posto di Tete mentre Gasperini leva
Masiello per inserire Malinovskyi. Al 64′ Gollini salva su Junior
Moraes anche se c'era offside. Passano due minuti e l'Atalanta
passa: Gomez serve Castagna, Pyatov chiude ma la palla resta lì e
il belga la mette dentro. Il guardalinee vede un fuorigioco del
Papu; check Var che dura due minuti e poi il gol viene
convalidato.
Pasalic la chiude, Gosens per l'apoteosi
Entra anche Salomon per i padroni di casa, mente
Gasperini fa entrare Ibanez, un difensore, al posto di Muriel. Il
match svolta definitivamente al 76′ quando Dodò dà una gomitata in
faccia a Freuler: cartellino rosso diretto e Shakhtar in dieci.
Passano solo 4′ e l'Atalanta in pratica la chiude: punizione dalla
destra di Malinkovsky e sul primo palo Pasalic insacca. Schema
perfetto. I padroni di casa ci provano ancora ma un tiro di
Ismaily viene deviato sulla traversa da de Roon, mentre sull'altro
fronte Pyatov salva su Malinovskyi. Sono 5 i minuti di recupero e
c'è ancora il tempo per assistere a una gran parata di Gollini su
Patrick e a Pasalic che da ottima posizione spreca. Al 94′ ancora
Atalanta in attacco, la difesa recupera ma Stepanenko di testa,
nel tentativo di passarla al portiere, serve invece Gosens che
deve solo metterla dentro col sinistro. 3-0 e Bergamo è in festa.
Shakhtar-Atalanta 0-3 (0-0)
Shakhtar (4-2-3-1):
Pyatov; Dodô, Kryvtsov, Matviyenko, Ismaily; Stepanenko, Alan
Patrick; Tetê (14′ st Marlos), Kovalenko (26′ st Solomon), Taison;
Junior Moraes. (1 Shevchenko, 5 Khocholava, 8 Marcos Antonio, 9
Dentinho, 15 Konoplyanka). All.: Castro
Atalanta (3-4-2-1):
Gollini; Djimsiti, Palomino, Masiello (16′ st Malinovskyi);
Castagne, De Roon, Freuler, Gosens; Pasalic, Gomez (45′ st
Hateboer); Muriel (26′ st Ibañez). (57 Sportiello, 13 Arana, 33
Hateboer, 79 Traore, 99 Barrow). All.: Gasperini
Arbitro:
Zwayer (Germania)
Reti:
nel st 21′ Castagne, 35′ Pasalic, 49′ Gosens
Angoli:
5-3 per lo Shakhtar
Recupero:
2′ e 5′
Espulso:
Dodô al 32′ per gioco violento
Ammoniti:
Muriel, Alan Patrick, Freuler, Hateboer per gioco falloso, Dodô
per comportamento non regolamentare
Spettatori:
27 mila circa.
Ministro Speranza: “Calcio? Con 400 morti al giorno è l’ultimo dei
problemi di cui occuparsi”15-04-20
Il coronavirus è, purtroppo, ancora un incubo reale e potente.
L’Italia continua a combattere la sua battaglia, nell’attesa di
tornare quanto prima alla normalità. Anche il
calcio spinge per ripartire appena possibile. Ma
ilMinistro
della Salute, Roberto Speranza, ha
liquidato l’argomento con parole nette e chiare. Ecco le sue
dichiarazioni a Radio Capital: “Sono
un grande appassionato di calcio ma con più di 400 morti al giorno
con sincerità è l’ultimo problema di cui possiamo occuparci. Lo dico
con il massimo rispetto però viene prima la vita delle persone. Le
priorità del Paese oggi sono altre. Lavoreremo perché a un certo
punto si possa riprendere la vita normale ma ribadisco che la
priorità in questo momento deve essere ancora salvare la vita delle
persone“.
CdS – Serie A spaccata: documento di alcuni club contro la
ripresa.--14-04-20
Lega eFigc attendono
l’ok definitivo delMinistro
dello Sport Vincenzo Spadafora per
la ripresa degli allenamenti il 4 maggio nell’incontro in programma
mercoledì. Come riferisceIl
Corriere dello Sport,
ci sono però dei club che restano contrari al ritorno in campo e
hanno preparato un documento nel quale pongono dei quesiti alla
presentazione del nuovo calendario. Su tutti ci sono il timore che
non sia più invocabile la causa di forza maggiore e dunque perdere
qualsiasi contributo e qualche dubbio sul protocollo medico della FIGC,
oltre alla questione legata ai contratti e la scadenza fissata al 30
giugno.
Serie A, l'ultima tentazione: ripartire dalla Coppa Italia--13-04-20
L'idea discussa ieri dal consiglio di Lega è
molto concreta: ripartire dalle due semifinali di ritorno,
Juventus-Milan e Napoli-Inter, in programma inizialmente a inizio
marzo. per guadagnare tempo prima di ricominciare il campionato e
fare felice la Rai
Ripartire dalla Coppa Italia. La Lega Serie A, in un Consiglio
tecnico, ha discusso della (eventuale) ripresa del campionato.
Aprendo a un'ipotesi suggestiva: ripartire giocando le due
semifinali di ritorno di Coppa Italia. E quindi giocare prima
Juve-Milan e Napoli-Inter, inizialmente in programma a inizio marzo,
per decidere subito le finaliste della manifestazione. Questa
soluzione permetterebbe, anche alla ripresa, di guadagnare dei
giorni sul cammino dell'infezione da coronavirus, dando precedenza a
due partite che altrimenti rischierebbero di non essere mai giocate.
E allo stesso tempo, farebbe felice il ministro dello sport
Spadafora, garantendo il primo evento calcistico dopo l'esplosione
della pandemia alla Rai, che ha i diritti della manifestazione.
La soluzione piace a tutti e non ha ostacoli "politici".
Soprattyutto, permette di rimandare di qualche giorno ancora il
nuovo inizio del campionato. Ancora di più se fosse seguita dalla
finale o dal recupero della 25esima giornata, rimasta incompleta.
Coronavirus, Rezza (Iss): "Far ripartire il calcio? Non darei
l'ok"12-04-20
Il membro del Comitato tecnico scientifico: "E' uno sport che
implica contatti e quindi un certo rischio di trasmissione". Cairo:
"Ha ragione impossibile giocare a fine maggio". Una battuta dell'infettivologo
scatena le ire della Lazio
"Se dovessi dare un parere tecnico non lo darei favorevole e credo
che il Comitato tecnico scientifico sia d'accordo. Poi sarà la
politica a decidere". Gianni Rezza, direttore del dipartimento di
Malattie infettive dell'Iss e componente del Comitato tecnico
scientifico mette un palo sulla strada della ripresa del campionato invocata
da più presidenti delle società di
Serie A. "Il calcio è uno sport che implica un contatto e quindi un
certo rischio di trasmissione". I medico poi sì è concesso una
battuta: "Da romanista manderei tutto a monte". Una battuta detta
ridendo che ha scatenato subito le ire della Lazio, una delle
società più agguerrite sul tema del far ripartire la Serie A. Arturo
Diaconale, responsabile comunicazione della società di Lotito ha
risposto su tutte le furie: "Le parole di Rezza? Alle volte il tifo
colpisce anche gli scienziati e dà alla testa... Scienziati che
sarebbero molto più utili se invece di occuparsi di queste cose
trovassero un modo per fronteggiare efficacemente il virus". "Gli
scienziati - dice all'Adnkronos Diaconale - facciano gli scienziati
e non i tifosi"."E sarebbe davvero auspicabile - aggiunge Diaconale
- che, invece di alimentare polemiche calcistiche di cui non si
sente il bisogno, si dedicasse ogni energia alla ricerca di una cura
o di un vaccino che possa arrestare il contagio".Le parole dell'infettivologo,
convinto che "siamo ancora nella fase 1", frenano necessariamente la
voglia di ripartenza delle società di Serie A pressate dai problemi
economici che si aprirebbero in caso di un finale di stagione senza
concludere il Campionato cosa che hanno fatto numerose federazioni.
In mattinata Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, era
tornato a fare pressioni per una conclusione positiva della
stagione."So che il calcio vi manca - ha scitto sul sito della
società Azzurra - ma presto tornerà anche quello. Sto lavorando per
una ripresa che sia veloce nella sicurezza della salute di tutti".Di
tutt'altro avviso invece il presidente del Torino Urbano Cairo. "Ha
ragione il professor Rezza - ha detto - riprendere a giocare il
campionato a fine maggio è impossibile". "Oggi ha parlato un uomo di
scienza - ha continuato Cairo - e ha detto una cosa che io sostengo
da tempo semplicemente perchè ho una certa dimestichezza con i
numeri. Con la situazione attuale, non esiste pensare a giocare tra
un mese e mezzo. Purtroppo. E sottolineo il purtroppo, visto che
oltre al Toruno ho la Gazzetta dello Sport e dunque avrei interesse
a che si riprendesse, per motivi evidenti".
Sampdoria, Ranieri: "Su ripresa decidono i medici, ma campionato
sarà falsato"--11-04-20
La Sampdoria è stata la squadra di serie A più colpita dal
coronavirus con ben
nove casi registrati (8
giocatori e il medico sociale). Claudio Ranieri, tecnico
blucerchiato, crede che una eventuale ripresa del campionato vada
decisa dai medici: "Ho avuto un giocatore dichiarato prima positivo,
poi è risultato negativo e poi è stato dichiarato di nuovo positivo
dopo che aveva ricominciato l'allenamento. Peraltro ho letto che
questo male può attaccare anche un apparato importante come il
cuore. Non sta a me decidere se riprendere il campionato oppure no,
ma spetta aIlaFederazione
italiana medico-sportiva:
ci devono dire loro cosa possiamo e non possiamo fare, quante volte
farlo e devono dare soprattutto la sicurezza ai giocatori. Sono come
macchine di Formula 1, vanno spinti al massimo. Sarà possibile farlo
in questa situazione? Auspico che la Federazione medico-sportiva
abbia l'ultima parola. Io dico che va concluso questo campionato, ma
ci dicano i medici se e come farlo".
"Giusto fare cinque cambi a partita"
Per questo motivo Ranieri lancia due proposte. La prima legata al
calendario: "Con il prossimo Mondiale che si giocherà in inverno
giocando nell'anno solare come
proposto da Galliani avremmo
più mesi per riprendere e sperare che nel frattempo questo virus si
sia indebolito o che ci siano nuove cure. Quando Galliani parla lo
fa sempre da grande dirigente, non mi sembra sbagliata come idea".
La seconda al campo: "Qualora riprendessimo, propongo cinque cambi a
partita. Perché porteremmo a uno stress massimo tutti i giocatori,
soprattutto quelli colpiti dal virus. Ho letto che in Inghilterra si
vuole fare così e mi sembra un'idea molto gusta". Sul taglio degli
stipendi, il tecnico doriano precisa: "L'Aic e l'Aiac credo non
dovrebbero stare da fuori ma avere il diritto di lottare per tutta
la categoria. I miei giocatori si sono presi il virus lavorando, ora
si stanno allenando. Per chi si fa male sul lavoro cosa succede?".
"Campionato falsato"
Se si ripartirà sarà comunque un campionato falsato: "Credo che
questo troncone di campionato possa stravolgere i risultati tecnici,
perché dopo un mese o più di inattività, sicuramente ci sarà chi
partirà meglio e chi partirà peggio. Per me sarà sempre un
campionato falsato perché non c'è stata la regolarità consueta.
Credo che sia anche giusto che ognuno si giochi il campionato per
vincerlo o per la salvezza sul campo".
PER TUTTO IL 10 APRILE,
LA SERIE A HA ASFISSIATO IL GOVERNO PER LA RIAPERTURA...
Io so’ io, e voi non siete un…”: parafrasando la famosa frase del Marchese
del grillo in tempi di Coronavirus, “io so’ il calcio, e
voi restate chiusi”. Viene proprio da vederlo ilpallone italiano
andare a bussare alla porta del governo per chiederefavori e
deroghe per tornare agiocare,
mentre il resto dello sport (anzi, del Paese) deve stare fermo.
Con insistenza, a tratti con sguaiatezza,
magari col faccione di ClaudioLotito,
paladino della cordata della ripresa immediata,
perfetto nei panni diAlbertoSordi,
ma andrebbe benissimo anche il volto più elegante di qualche
altro dirigente,
la sostanza non cambia.
È successo che negli ultimi giorni, mentre
il governo si trovava a gestire l’ennesima emergenza nell’emergenza,
prolungare fino (almeno) al 3 maggio ilferreo
lockdown, che vuol dire crisi e sacrifici per milioni
di italiani,
rovina per centinaia di migliaia di imprese,
ha dovuto pensare pure a respingere il pressing asfissiante
del pallone. O meglio della Serie
A, che vuole a tutti costi terminare la stagione
(discutibile, macomprensibile)
e pretendeva di tornare ad allenarsi subito.Venerdì,
nel corso di tutta la giornata che
è culminata nella conferenza stampa del premier
Conte e
nell’annuncio del nuovoDpcm,
continue pressioni da parte del pallone hanno accompagnato l’attesa
del decreto,
nella speranza di condizionarlo. I presidenti della Serie
A,
non tutti in realtà perché la Lega è
sempre divisa, quelli più interessati a concludere lastagione (dalla
Lazio di Lotito in giù), chiedevano di poterriprendere almeno
gli allenamenti il prima possibile, magari già dopoPasqua.
Non è questione banale, perché prima si torna ad allenarsi,
prima si torna a giocare. La stessa Federcalcio,
seppur con toni, garbo e tempi differenti, ha spalleggiato la richiesta.
Che però si è scontrata sul muro del governo:
nessuna concessione. Il Dpcm è stato uno schiaffo al pallone,
quasi una figuraccia per chi aveva brigato e questionato.
Non che gli altri abbiano fatto meglio: anche i presidenticontrari alla
ripresa non lo sono certo per amor di sport o dellasalute
pubblica,
solo per interesse, perché non vogliono retrocedere o
si sono fatti i conti in tasca e pensano di guadagnare dallostallo.
E pure loro hanno fatto le loro pressioni.C’è un fatto, però. Basket,
pallavolo, rugby,
tutti i principali sport di squadra italiani non soltanto sono
fermi, ma hanno pure già annunciato che la stagione
2019/2020 è
finita. Solo il pallone continua ad ostinarsi, come non ha mancato
di sottolineareGiovanniMalagò:
“Prendo atto che il calcio ha scelto una strada diversa”, ha detto
con una punta di veleno il
presidente del Coni, sempre pronto a dare una botta a quelmondo con
cui vive uno strano rapporto diodio eamore (l’ha
commissariato nel 2018, salvo venirne respinto con perdite).
Gli ha risposto immediatamente il n.1 della Figc, GabrieleGravina:
“Il calcio ha la sua specificità”.
Ed è vero, nessuno lo nega. Ma questo non vuol dire che debba avere
un trattamentopreferenziale.Nell’emergenza
ognuno gioca la sua partita. Il calcio
italiano però
deve capire una cosa: questo non è tempo diprivilegi. Capiamo
le ragioni per cui la Serie
Aha bisogno di concludere la stagioneiniziata,
riconosciamo la sua importanza socio-economica nel Paese. Ma questa
continua richiesta dideroghe (e
di aiuti: non scordiamo le tante misure di sostegno proposte e fin
qui non
concesse, dai soldi delle scommesse in giù)
non fa bene al pallone: è controproducente,
e comunica l’immagine di un mondo egoista. Se tutti gli altri sport
sono fermi,
deve esserlo pure il calcio, perché il contrario non
sarebbe giusto e costituirebbe unprecedentepericoloso (immaginate
le conseguenze suldistanziamentosociale se
tutti tornassero da domani ad allenarsi). Se i timori diFigc eLega per
il futuro sono leciti, non valgono più di quelli di qualsiasiimpresanon
essenziale chiusa
(e il pallone, per quanto ci manchi, proprio non lo è). Dal 4 maggio
quando gli altrilavoratori (forse)
potranno andare a lavoro, anche icalciatori torneranno
ad allenarsi: se questo basterà a concludere la stagione tragiugno eluglio,
è un problema soprattutto del pallone.
Di fronte al Covid siamo
tutti uguali. Persino ilMarchese
del grillo,
cioè il calcio.
TUTTE LE FEDERAZIONI
CHIUDONO TRANNE IL CALCIO, PERCHE'?? PER I SOLDI, NON C'E' NIENTE DA
FARE, 20.000 MORTI IN UN MESE GIA' DIMENTICATI.
PETRUCCI CI DICE
ALTRESI' CHE LA FAVOLETTA DELL'IMPATTO ECONOMICO E' UNA STRONZATA
Non amo frasi del tipo ‘poiché l’impegno economico è molto
importante, di diversi milioni, si deve andare avanti’.
Assolutamente no. Di fronte alla salute, di fronte ad un solo
morto, non esiste. E’ vero che il calcio, nel quale sono stato
tanti anni, è un’azienda immensa, ma oggi leggevo di quanto
potrebbe perdere la moda: si parla di 50 miliardi di euro, ed è
una cifra astronomica”. Dai microfoni di Radio Rai1, il presidente
della Federbasket Gianni
Petrucci, che è stato a capo anche del Coni, torna a
parlare delcoronavirus:
il suo sport ha dichiarato chiusa la stagione, altri – come il
calcio – no. “Non faccio paragoni con il calcio – dice ancora
Petrucci -, ma di fronte a quello che accade in Italia, diecimila
morti solo in Lombardia, si parla di impatto economico. Impatto
economico? E l’Olimpiade allora? Sono stato il primo a dire che
non si doveva disputare. Finché non ci sarà il vaccino siamo tutti
in mezzo al guado”.
“Se il calcio, o un’altra disciplina, vuole aprire, liberi di farlo
– continua – ma non è che si può dire che si deve riaprire per
l’impatto economico. Quanto al basket, le società sono state molte
intelligenti e sensibili, e sottolineo che anche nella pallacanestro
abbiamo importanti imprenditori, tra i quali Giorgio Armani, Massimo
Zanetti, Luigi Brugnaro e Beniamo Gavio. Il discorso quindi non è
contro il calcio. Il discorso è che quando si dice che ‘poiché
l’impatto economico è elevato’…allora no, di fronte alla vita umana
non esiste impatto economico”. “Il calcio finanzia tutti gli sport?
– conclude Petrucci -. Ho precisato che il basket si autofinanzia
all’80%, poi il 20 percento sono contributi dello Stato per il
funzionamento della federazione”.
"Tutti si fermano e il calcio no? Non entro nel merito delle scelte
che hanno adottato le altre discipline - dice il presidente Gravina,
al quale è stato chiesto cosa pensasse di quanto dichiarato dal
presidente del Coni- il calcio ha una sua specificità, lo è per
dimensione, per partecipazione e per impatto economico". "Le
conseguenze di un'anticipata chiusura dell'attività sono sotto gli
occhi di tutti - prosegue Gravina - provocherebbe un notevole danno
sociale, prima ancora che economico, perché rischieremmo la paralisi
a causa dei ricorsi di chi si dovesse sentire leso dei propri
diritti. Vogliamo concludere quello che abbiamo iniziato nel
rispetto della salute di tutti i protagonisti, per questo siamo a
lavoro col Governo e con la nostra Commissione medica per stilare
tutti protocolli necessari affinché lo si faccia in piena
sicurezza". L'interlocuzione con il Governo a che punto è? "Il
ministro Spadafora conosce il nostro pensiero - continua Gravina -
l'idea è concludere le competizioni, in linea con le indicazioni
degli organismi internazionali calcistici, ma c'è un bene primario
da difendere che è la tutela della salute. Abbiamo chiesto di
attuare in tempi rapidi l'avvio delle procedure sanitarie, non
appena sarà definito il protocollo, per trovarci pronti per
riprendere gli allenamenti in gruppo alla fine del lockdown". "Sul
campo rimarranno feriti e ci saranno anche dei morti. E'
inevitabile. Mi permetto di dire una cosa: il mio suggerimento alle
varie Federazioni è chiaro. Approfittiamo del disastro per fare una
cosa epocale: riformiamo le dinamiche all'interno delle
organizzazioni delle discipline sportive" sostiene Malagò. "Alla
fine delle stagioni agonistiche ci sono sempre state situazioni che
hanno portato a fallimenti - ha detto ancora - non solo nel mondo
del calcio, ma in ogni sport. In questo momento si possono fare cose
che in condizioni normali non si potrebbero fare. Dobbiamo
approfittarne. o: "Sarei molto felice se si potesse a settembre
ripartire se non al 100% già sarebbe un segnale significativo".Lega
di A e Figc, comunque, cercano di salvare questa stagione: ci sono
idee diverse su come farlo, quando ripartire e con quali modalità, e
non sempre c'è quella sintonia che sarebbe necessaria. Da decidere
intanto le licenze per le iscrizioni alla prossima stagione. Gravina
non vuole allentare troppo le maglie, ha ragione. Ci può stare il
posticipo alle varie scadenze, vista la situazione: ma pensare di
fare sostanziosi passi indietro rispetto al passato sarebbe un
errore grave, pagato a carissimo prezzo nella prossima stagione.
Molti club, senza fidejussione, potrebbero non versare più lo
stipendio ai loro giocatori, col rischio di messe in mora,
penalizzazioni in classifica, fallimenti. O che qualcuno si metta a
scommettere... Certo, il futuro non è per niente allegro. Molti club
il prossimo anno non si iscriveranno, forse così si arriverà
naturalmente alla riforma dei campionati. E altri club (Frosinone,
Monza, Foggia) sono già pronti a far causa alla Figc nel caso
sfumasse il sogno promozione.
CHE VADANO A FARE IN
CULO !!!
Urbi et orbi,
due merdosi pennivendoli zerbinati, tal Bocca e tal Bianchi, hanno
declamato la "potenza di fuoco" di quel cesso merdoso che sta a
Torino vaticinando altresi' una progressiva uscita di scena dall'Italonia,
ormai derubricata a provincia esterna dell'Impero, perchè loro che
concorrono per il CUORE, HARD CORE, dell'Impero VANTANDO , una (
UNA, UNA SOLA!!!!) straccia di Coppa dei Merdoni VINTA ai rigori 25
anni fa, il NOTTINGHAM FOREST, squadra che milita nella serie B
inglese, NE HA DUE con UN SOLO SCUDETTO VINTO !!! Ecco dato che
secondo questi DUE LOMBROSIANI E' così, io mi auguro CHE VENGANO
ACCOMPAGNATI ALLA PORTA CON EDUCAZIONE, facendo loro presente DI NON
FARSI MAI PIU' RIVEDERE. SOno sicuro che il calcio italiota ne
gioverebbe assai.....
GLI ARTICOLI DEL DUO
LOMROSIANO BOCCA-BIANCHI--------Personalmente me ne ero convinto una
volta di più quando avevo letto il comunicato della Lega di Serie A
sul taglio degli stipendi dei giocatori: “ La Lega di Serie A ha
deliberato oggi, all’unanimità con esclusione della Juventus che ha
già raggiunto un accordo con i propri giocatori, una comune linea di
indirizzo…”.
Dunque “all’unanimità con l’esclusione della Juventus”: è l’elemento
chiave. Molto semplicemente vuol dire che la Juventus non ha più un
bisogno reale e concreto di vedersi rappresentata dall’intero
consorzio degli altri club italiani. Perché ha forza sufficiente per
muoversi politicamente e strategicamente da sola. E non perché lo
faccia con prepotenza, come invece fanno tutti gli altri club,
piuttosto ha facilmente trovato un accordo con i suoi giocatori.
Senza alcun contrasto fondamentale o lacerante. Probabilmente se non
ci fossero leggi dello Stato e regolamenti di settore che legano la
Juventus, per ovvi motivi, alla Lega di Serie A – diritti tv,
interessi commerciali forzatamente collettivi, calendari,
organizzazione etc – ne potrebbe quasi fare praticamente a meno.
Basti pensare che l’attuale presidente della Lega di Serie A, Paolo
Dal Pino, non è espressione della Juventus, che non ha certo fatto
campagna per lui. Anzi.
Un altro elemento è quel dato dei ricavi: 621 milioni di euro sono
tanti. Una montagna di soldi che avvicina molto il club bianconero
agli altri superclub europei: Barcellona, Real Madrid, Manchester
United, Bayern Monaco etc. La squadra italiana che si avvicina di
più alla Juventus, l’Inter che pure è un grandissimo club, è oggi
circa 200 milioni più sotto, se non di più. Non faccio qui un
discorso generale di economia, di bilancio, di redditività, tutti
temi che lascio ad altri, quanto di potenza di fuoco del club.---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Il futuro lo delinea lo stesso John Elkann, la Juventus è in
un’orbita europea da cui l’intero calcio italiano è ancora distante.
I suoi obbiettivi vanno ben al di là del campionato, dello scudetto
o della Coppa Italia. Anche se la Champions League per ora resta
un’ossessione, ovvio: UN solo trofeo, IL PRIMO E ultimo nel 1996, 24 anni
fa. Andrea Agnelli è presidente dell’ ECA (European Club Association),
una sorta di confindustria internazionale del pallone, controllata
dai club storicamente più importanti. E che insieme all’ Uefa detta
le linee di indirizzo: se oggi in Italia e in Europa ci si affanna a
cercare di chiudere i campionati per spremerne tutti i verdetti, è
perché Aleksander Ceferin, presidente dell’Uefa, e Andrea Agnelli,
presidente dell’Eca, lo hanno espressamente richiesto. E’ dal ventre
dell’ Eca che nascono le pulsioni fortissime per una famigerata
Superlega europea che tanto spaventa l’Uefa e il moloch della
Champions League.
Un altro grado di separazione ancora ed elemento non certo
secondario: in caso non si riuscisse davvero a chiudere questo
campionato e si decidesse di arrivare ai verdetti tramite il moncone
di classifica rimasto – eventualità più teorica che reale – è ormai
sicuro che la Juventus rifiuterebbe lo scudetto. Rifiuto invero fin
troppo facile dopo 8 scudetti consecutivi. Ma è altrettanto vero che
nessun altro lo farebbe.
Se per una squadra ormai uno scudetto ha un valore molto relativo e
per le altre è tutto, è evidente che la separazione tra la Juve e il
calcio italiano rischia di diventare troppo grande da poterla
ricomporre.
La pirateria “ruba” 5 milioni di abbonati alle pay tv e mette in
crisi il calcio
Seicento milioni di euro di mancati incassi e 6mila posti di
lavoro a rischio. Di più: la pirateria audiovisiva costa
455 milioni di euro in termini di Pil perduto e 203 milioni di
minore gettito fiscale. Ma
se cinema e serie tv mostrano un trend calante, a preoccupare è lo
sport con una netta crescita, sia in termini di incidenza (dal 7%
del 2017 al 9% del 2018) sia in termini di atti perché si è
passati da 15 milioni del 2017 agli oltre 22 milioni dello scorso
anno: un incremento del 52%. Tradotto: in Italia ci sono poco meno
di 5 milioni di persone chenon
pagano per
la pay tv pur usufruendo del servizio. Al primo posto tra gli
obiettivi dei pirati c’è – ovviamente – il calcio, seguito dalla
MotoGp e dalla Formula 1. A rivelarlo è un’indagine condotta da
Ipsos per Fapav (Federazione per la tutela dei contenuti
audiovisivi e multimediali).
“Questi tre anni di studi hanno consentito di definire con
precisione il trend della pirateria audiovisiva in Italia: i dati
– dice Federico Bagnoli Rossi, segretario generale Fapav –
rivelano una sostanziale stabilità dell’incidenza della pirateria
ma una contrazione legata al numero degli atti di pirateria
compiuti dagli utenti. Ma
non possiamo assolutamente abbassare la guardia,
sviluppo tecnologico e pirateria vanno di pari passo: nuove
modalità di fruizione illecita dei contenuti, come ad esempio le
IPVT illegali e la condivisione delle opere nei gruppi delle App
di messaggistica istantanea, emergono e si affermano tra gli
utenti con rapidità. La collaborazione con tutti coloro che
operano sul web a più livelli è pertanto fondamentale per porre in
essere delle strategie efficaci e continuative”.
Sul fronte dei diritti sportivi il tema è particolarmente caldo:
il valore dei prodotti italiani cresce molto meno che all’estero.
E secondo gli operatori tv il problema sarebbe proprio quello
della pirateria. Certo la Serie A è storicamente lontana anni luce
dalla Premier League, ma ormai è stata superata anche dalla Liga e
dalla Bundesliga. D’altra
parte se due pirati su tre fuggono dall’abbonamento alla pay tv
proprio per seguire il calcio, un problema c’è.
Ancora una volta lo dimostrano i numeri: da anni il mercato della
pay tv in Italia è immobile. Quota 10 milioni – sommando tutti gli
operatori – non è mai stata raggiunta, ma con quasi 5 milioni di
clienti pirati è un obiettivo probabilmente irrealizzabile. Di se
Sky, Premium (fino a quando non è uscita dal mercato) e Dazn
avessero 3,5 milioni di clienti in più potrebbero riconoscere
un valore maggiore alla Serie A. Con
un effetto positivo a cascata su tutta la filiera.
“Le attività di Fapav e dei suoi associati e la crescita degli
abbonamenti on demand hanno contribuito a determinare un ulteriore
calo delle fruizioni illegali di contenuti audiovisivi, dopo
quello già registrato nel corso del 2017 – aggiunge Nando
Pagnoncelli, presidente di Ipsos –
Il fenomeno resta tuttavia ancora largamente diffuso e genera
danni ingenti al sistema Paese. Paghiamo un retaggio culturale
difficile da sradicare e che impone tempi lunghi per diffondere la
consapevolezza dei danni economici e sociali derivanti dalla
pirateria. Le strategie di oscuramento dei siti possono essere
sicuramente efficaci, ma occorre continuare, e se possibile
potenziare, le campagne di comunicazione ed educazione per la
sensibilizzazione degli utenti, auspicabilmente in collaborazione
con le Istituzioni”.
Preoccupa quindi la percezione del fenomeno: in
generale c’è consapevolezza dell’illegalità del fenomeno (83%
dei pirati),ma
non del reale impatto che provoca. E quasi uno su due
ritiene improbabile essere scoperto e ancor meno sanzionato. Anche
di fronte all’oscuramento di un sito, solo uno su tre si rivolge
ad alternative legali. D’altra parte per il 34% dei pirati lo fa
per un motivo economico e il 24% per “praticità”.
La pirateria musicale si è fermata – o quanto meno ridotta – con
l’avvento di Spotify e di servizi come Apple Music; il mondo dello
sport si trova quindi di fronte all’ennesimo bivio: usare il pungo
duro come in Gran Bretagna dove tre uomini sono stati condannati a
17 anni di reclusione o pensare a un nuovo modello di
distribuzione del prodotto.
Bologna, addio a Giuseppe Gazzoni: da Baggio a Signori fu il
presidente del calcio con le bollicine--25-04-20
E' morto a 84 anni: rilevò il club dal fallimento nel 1993 e lo
portò dalla serie C alla semifinale Uefa del 1999 persa contro l'Olympique
Marsiglia
Prima che tutta Italia conoscesse Giuseppe Gazzoni Frascara,
scomparso ieri all'età di 84 anni, come presidente del Bologna
calcio, moltissimi conoscevano già il principale prodotto di
famiglia, le bustine di Idrolitina, polverina ben presente nelle
tavole italiane degli anni 60 e 70, col potere quasi magico di
rendere l'acqua frizzante. Una geniale idea imprenditoriale del
nonno, su cui era stato costruito un piccolo impero, irrorato in
seguito da altri prodotti fortunatissimi, dalla pasticca del Re
Sole alle Dietorelle.
Meno fortunata, sebbene altrettanto vistosa, fu l'avventura di
Gazzoni nel calcio. Rilevato il club dal fallimento nel 1993, ci
investì un sacco di soldi per risollevarlo dalla Serie C fino alla
semifinale Uefa del 1999, giocata (e persa) contro l'Olympique
Marsiglia. Sei anni per ribaltare e riabilitare i destini di un
club, senza che questo bastasse a farlo mai amare fino in fondo
dai tifosi. Quando nel 2000 acquistò l'argentino Cruz dal Psv e il
fantasista Locatelli dall'Udinese, spendendo 40 miliardi di lire,
finì la stagione trovando scritto sui muri della città "Gazzoni
plumone". Che in bolognese sta per tirchio. Non era vero.
La verità è che il calcio lo aveva perfino impoverito. Perché ci
si era buttato dentro proprio senza risparmiarsi, arrivando a
portare Baggio in città, e poi Signori, e poi Pagliuca. Cercando
campioni in momenti di difficoltà da rimettere a nuovo. E
riuscendoci sempre. Partito come detto dalla C, si ritrovò del
tutto inopinatamente in B nel 2005, con una squadra che a Pasqua
era in zona Uefa. Erano gli anni di Calciopoli, Gazzoni diventò
uno dei grandi accusatori dell'inchiesta, reclamava danni
collaterali subiti in favore della Juventus e ruppe uno storico
rapporto con la famiglia Agnelli. Chiese giustizia e risarcimenti,
senza mai ottenere nulla. Un altro tribunale, anni dopo, sentenziò
invece il fallimento per bancarotta della Victoria 2000, la
società che deteneva le azioni del Bologna.
Ma come Gazzoni lo fu per tutta la vita, anche il tempo nei suoi
confronti infine è stato galantuomo. Già da anni la città lo aveva
ampiamente riabilitato, davanti all'evidenza. Prima e dopo di lui,
risultati alla mano, nessuno è infatti mai stato alla sua altezza.
Ma il suo stile austero, forgiato nei college londinesi, il suo
snobismo innato, il suo rifiuto aprioristico di ogni forma di
populismo, non riuscirono mai a renderlo popolare. Nemmeno quando
nel '95, appena iniziata l'avventura nel calcio, provò a
candidarsi sindaco per sfidare il Pds. Rifiutato l'accordo con An
("Con gli ex fascisti no, grazie"), limitò la già striminzita
platea di possibili elettori, raccogliendo un ininfluente 16%.
Lui del resto non faceva davvero nulla per piacere. Perché se da
un lato non lisciava mai il pelo alle folle, dall'altro non
perdeva nemmeno occasione di prendersela con i bolognesi della
tribuna, bollati a lungo come "milordini". Di tante altre
avventure aperte e chiuse in città - l'acquisto del centro studi
di Nomisma, dell'emittente cittadina Rete 7, delle Officine
Rizzoli per le riabilitazioni - non trasse mai vantaggi. Riuscì
però a risalire dal dissesto e a far pace con la sua parte più
burbera.
Lega Serie A è a un bivio: pensare al fatturato o credere ancora in
questo sport.
Paziente cronicamente malato, trasandato, spessoforierodi
regole a sé,
ma tutt’oggi irrinunciabile per
una delle dieci economie più grandi al mondo, dove ricopre il ruolo
di vertice nella quinta industria nostrana per fatturato, indotto e
gettito fiscale (circa 1,2
miliardi di euro annui).
Ma se il peso e l’influenza della Lega Serie A è ben chiaro per ogni
appassionato di sport, meno lo è il dossier avanzato nelle ultime
ore dal massimo organismo calcistico italiano tramite la Figc verso
il ministro dello SportVincenzo
Spadafora:
misure economiche specifiche per sostenere il costo del lavoro
(leggi: stipendi),
reintroduzione subitanea delle sponsorizzazioni da
scommesse sportive, nuovi finanziamenti e ridiscussione dei diritti
tv, unica vera sorgente di liquidità per un numero significativo di
club dall’esposizione debitoria consolidata.La richiesta della Lega
Serie A appare, però, quantomeno in
controtendenza con
le altre realtà europee – simili per dimensioni e fatturato
complessivo – che stanno scontando le stesse identiche problematiche
in un periodo di emergenza sanitaria, sociale ed economica su scala
globale. InBundesliga,
ad esempio, i quattro club che hanno avuto accesso alla Champions
League –
Bayern, Lipsia, Bayer Leverkusen e Borussia Dortmund – hanno “fatto
cartello” donando
volontariamente un totale di20,5
milioni di euro alle
società professionistiche dalla seconda serie in giù, investite più
di tutte dallo tsunamicoronavirus.
In Inghilterra,
patria della lega più ricca e seguita al mondo, sono già stati
stanziati 50
milioni di sterline in
favore delle serie minori, cercando di salvaguardare l’interezza di
un comparto nazionale che poggia sulle esili gambe delle migliaia di
club minori, spesso dimenticati dal circuito mediatico e tagliati
fuori dai processi decisionali ma ancora fondamentali nello svolgere
il ruolo di palestre di formazione sportiva e professionale per un
ampio tessuto socio-economico.
Spadafora:
misure economiche specifiche per sostenere il costo del lavoro
(leggi: stipendi),
reintroduzione subitanea delle sponsorizzazioni da
scommesse sportive, nuovi finanziamenti e ridiscussione dei
diritti tv, unica vera sorgente di liquidità per un numero
significativo di club dall’esposizione debitoria consolidata.
La richiesta della Lega Serie A appare, però, quantomeno in
controtendenza con le altre realtà europee – simili per
dimensioni e fatturato complessivo – che stanno scontando le
stesse identiche problematiche in un periodo di emergenza
sanitaria, sociale ed economica su scala globale. InBundesliga,
ad esempio, i quattro club che hanno avuto accesso alla Champions
League – Bayern, Lipsia, Bayer Leverkusen e Borussia
Dortmund – hanno “fatto
cartello”donando volontariamente un totale
di 20,5
milioni di euro alle società professionistiche dalla
seconda serie in giù, investite più di tutte dallo tsunamicoronavirus.
In Inghilterra,
patria della lega più ricca e seguita al mondo, sono già stati
stanziati 50
milioni di sterline in favore delle serie minori,
cercando di salvaguardare l’interezza di un comparto nazionale che
poggia sulle esili gambe delle migliaia di club minori, spesso
dimenticati dal circuito mediatico e tagliati fuori dai processi
decisionali ma ancora fondamentali nello svolgere il ruolo di
palestre di formazione sportiva e professionale per un ampio
tessuto socio-economico.
I vertici dell’Italia calcistica, in direzione ostinata e
contraria – ma non troppo, osservandone lo storico -, hanno invece
imboccato la strada del tutto e subito per
pochi (Serie A e, in minor parte, B) a discapito di una
visione d’insieme, consociativa, non
particolaristica. Dalla Lega Serie A non si è ancora
vista neanche una forma pubblica di raccolta fondi o solidarietà
verso un paese allo stremo delle proprie forze, impegnato sul
fronte di una battaglia ben più pericolosa e decisiva di quella
della continuità agonistica del suo massimo campionato di calcio;
allo stesso tempo, i sei punti elaborati nella richiesta da
sottoporre a ministero e governo rappresenta l’ennesima
testimonianza di un antico e mai sopito vizio
italico: l’sos disperato lanciato verso la Cosa Pubblica
quando lo scenario appare irreversibile, quell’impellente
convinzione di attaccarsi allascialuppa
di salvataggio statale solo e soltanto a nubifragio
avvenuto. Come se il mondo del calcio appartenesse di diritto a
una categoria a sé stante, unoius
sanguinis con privilegi esclusivi.
Così siamo arrivati a quello che si può considerare come un
decisivo plot-twist,
prendendo in prestito un termine da narrativa cinematografica. I
vertici del mondo pallonaro italiano sono dinanzi a un bivio:
continuare a trattare un’intera
industria cementata per lo più su passione, radicata
forza sociale e culturale, volontariato e sacrifici profusi a
tutti i livelli giovanili e non professionistici comeun
giocattolo di proprio ed esclusivo possesso, oppure
cercare, per una volta, di anteporre un interesse generale e una
visione collettiva a quelle scelte egoistiche che rischiano di
affondare definitivamentela
poca credibilità rimasta a uno sport che, ormai da
decenni, ha perso la sua anima ludica in nome del fatturato.
Il falco Claudio Lotito attacca a testa bassa per
riaprire il campionato prima possibile e condurre la Lazio alla
conquista dello scudetto. A discapito
della Juventus che sta appena un punto sopra e ora molto in
apprensione per i casi di contagio. Nessun annullamento o
tantomeno scudetto a tavolino sulla base di un mozzicone di
classifica. I “luminari” con cui lui è in confidenza gli hanno
rivelato che l’emergenza Coronavirus si sta risolvendo e che il
virus si sta ritirando.Da
16 anni nel calcio Lotito controlla, un po’ sul serio e molto per
puro esibizionismo, parecchie leve del pallone italiano e se ne
vanta apertamente. Indossò persino la tuta azzurra in nazionale
per dire a tutti che: qui comando io, l’Italia sono io.
Avete
visto i dati? Oh, se sta a ritirà. Ma poi lo so: io parlo coi
medici luminari, quelli che stanno in prima linea, no co’ quelli
delle squadre…”. La frase – riportata da Tuttosport – è del
falcoClaudio
Lotito, presidente della Lazio,
l’uomo che ha già risolto l’emergenza coronavirus e già preparato
ed esortato il calcio al ritorno in campo. Il prima possibile. A
spregio di qualsiasi prudenza, regola di buon senso, appello dei
bistrattati (da lui) medici sportivi. Fosse per Lotito i
giocatori dellaLazio dovevano
già stare a sudare a gruppetti sui campi diFormello.
Mentre il mondo è immobile (non il capocannoniere biancoceleste…)
la Lazio pensa
alsorpasso.
C’è una stagione da concludere – 12
giornate di Serie A da giocare ancora – e soprattutto,
c’è laLazio che
sta appenaun
punto sotto la Juve adesso in forte apprensione per i casi di
contagio, unoscudetto da
assegnare.
“Ah,
ora sei diventato virologo?” gli ha risposto il collega
dellaJuventus, Andrea
Agnelli, che con lui non si è mai preso e da cui ha anche
subito smacchi politici non indifferenti. Mentre il
presidente del Brescia Cellinoaveva già
mandato al collega un messaggio: “Per
me la stagione è finita qui, se Lotito vuole lo scudetto che se lo
prenda”. Ovviamente a Cellino di
unoscudetto
d’ufficio alla Lazio non interessa proprio un fico secco,
visto che l’unica cosa che conta èevitare
la B al Brescia ultimo in classifica. E se la stagione
fosse davvero troncata a questo punto e annullata…Lotito va
controcorrente e avanza a testa bassa, per lui il mondo esterno
non esiste. Atterrato nelcalcio 16
anni fa è ormai da considerare unveterano che
ha scalato molte posizioni di potere, arrivando a controllare leve
di comando sia inFedercalcio che
nella Lega
di Serie A.
Da 16 anni a ogni elezione di presidente
Figc o della Lega di A, Lotito ha
sempre un suo candidato per cui farecampagna
elettorale e
la richiesta di una poltrona per lui stesso. I suoi modi spicci e
il suo sgomitare hanno scatenato guerre intestine nel calcio e
soprattutto gelosia, indignazione, smacco degli altri presidenti:
memorabili sono rimaste le sue foto con latuta
dell’Italia ai
tempi del suo pupilloTavecchio –
quello di“Opti
Pobà e le banane…” –
eAntonio
Conte in
panchina. Una chiara esibizione di potere, uno show di
egocentrismo insuperabile: come dire, l’Italia sono io.
Oggi si dice che
controlli addirittura la Lega
di Serie A, che l’abbia consegnata a un presidente (Dal
Pino) di sua fiducia contro l’opposizione niente meno che di Agnelli eMarotta,
e che tenga in pugno l’intero calcio italiano. In realtà non è
così e c’è molto di leggenda ma a lui provoca indubbiamente una
gran goduria quella di passare per eminenza grigia e grande
manovratore del pallone italiano. In ogni caso di questa sua
influenza politica e capacità di portare il pallone italiano dove
dice lui si fa pubblicamente e ostentatamente vanto. Dove si vada
tutti quanti non si sa, ma è indubbio che un certo gregge lo segua
e sia attratto dalla sua esuberanza, dall’illusione di conquistare
ricchezza e successi con i suoi consigli.
Una volta
usciti dal giro i Berlusconi e
iMoratti, Lotito ha
probabilmente pensato di avere ormai campo libero e poter
acquisire, con una buona schiera di alleati,sempre
più potere politico. Con gli uniciAndrea
Agnelli – la cui famiglia è nella Juventus e nel calcio
ormai da quasi 100 anni –Beppe
Marotta eUrbano
Cairo per avversari, mentre ilMilan e
gli altri vanno un po’ così, vagando disorganizzati senza meta.
Di una cosa
bisogna dargli atto, di aver costruito negli anni una bella
squadra, di averla conservata e consegnata a un bravo
allenatore. E riconoscergli che questa stagione sia stata
perfetta, eccezionale fino alla sua traumatica sospensione
nell’ignoto. Ma questo non può ovviamente bastargli, Lotito non
vuole perdere l’occasione, scendere a forza dal treno su cui è
salito e che si è improvvisamente fermato.Il
presidente della Lazio – una dirigenza ridottissima,
praticamente tutto nelle sue mani,Igli
Tare per braccio operativo eSimone
Inzaghi che considera una sua creatura – a questo
scudetto non ha ancora rinunciato, anzi. Ci crede oggi più di
prima.
Non più tardi di un anno faLotito andava
all’attacco dell’Alitalia alla
rovina. Dalla pulizia dell’aeroporto di Fiumicino direttamente ai
cieli. Ilfalco appunto.
O meglio l’aquila che tutte le partite dellaLazio sorvola
l’Olimpico.
I
FATTONI DEL CALCIO: IMPOSTANO CRONOPROGRAMMI COME SE NON FOSSE
SUCCESSO NIENTE PENSANDO SOLO AI DANNI ECONOMICI
Coronavirus, il calcio italiano sfrutta l’emergenza come scusa per
ottenere adesso ciò che lo Stato non ha concesso in passato
I
PRESIDENTI DELLA SERIE A VOGLIONO sponsorizzazioni dalle
scommesse, magari una nuovalegge
sugli stadi a
misura di speculazione e, perché no, pure una bella riforma deidiritti
tv a
vantaggio dei grandi club. Qualche presidente del pallone spera che
l’emergenzaCoronavirus diventi
l’occasione per un “regalo” da parte dello Stato. I vari Cairo, Agnelli (Lotito
no, è sempreLotito)
sinceramente preoccupati dal futuro
della LORO AZIENDA,ricordiamolo,
la vita è un accessorio a parte anche per i miliardari, costretti a
tirare la cinghia per far arrivare le loro aziende alla fine del
mese,
come imprenditori
in questo momento qualsiasi.
Lapandemia non
fa distinzione fra poveri e facoltosi, anche il ricco mondo delpallone si
scopre povero ed è costretto a bussare alla porte delgoverno.
Meriterebbe un aiuto un’azienda che produce oltre un miliardo
di gettito fiscale l’anno
per lo Stato?? E' troppo importante per il nostro Paese e va
sostenuta?? Purché qualcuno non se ne approfitti, però.
Se non si gioca, la gente non va più allo stadio,
le magliette non
si vendono, glisponsor spariscono,
le tv chiudono irubinetti (mentre
gli stipendi deicalciatori forse
bisogna continuare a pagarli, è in corso un braccio di ferro colsindacato,
ma questa è un’altra storia). C’è il rischio di finire materialmente
i soldi.
Così negli ambienti del pallone è
nata l’idea di un “salva
calcio”.
La Figc di Gabriele
Gravina sta
lavorando da tempo, raccogliendo le indicazioni delle varieLeghe,
per preparare un pacchetto di provvedimenti da presentare al governo.
Il testo dovrebbe arrivare sui tavoli di Palazzo
Chigi questa
settimana.La bozza contiene in effetti diverse richieste di buon
senso,
dal riconoscimento di una causa di “forza
maggiore”
che permetta ai club di rinegoziare gli
stipendi, alla sospensione dei canoni degliimpianti (già
approvata fino al 30 giugno). Ma c’è il rischio che all’ultimo venga
infilato un “regalino”
di troppo. Anche perché se è vero che oggi gli scenari sono
pessimi e si ragiona su unaperdita
superiore al
mezzo miliardo per l’annullamento dellastagione, in
caso di ripresa e conclusione dei campionati in
estate,
i danni sarebbero decisamente più limitati e non giustificherebbero
misure tanto straordinarie.Qualcuno,
ad esempio, non ha rinunciato alla speranza di
ricevere soldi freschi dal governo. Troppo, persino per ipresidenti del
pallone, che però hanno già trovato l’alternativa: chiedere deiprovvedimenti formalmente
a costo zero dello Stato, ma non per questo senza conseguenze. Ad
esempio, laLega
di Serie A vorrebbe
reintrodurre per un paio di stagioni (almeno) lesponsorizzazioni da
scommesse, vietate un anno fa dalDecretodignità:
un provvedimento costato al campionato circa 100 milioni, ma
fortemente voluto dal Movimento
5 stelle per il suoimpatto
etico;
per questo ogni richiesta in tal senso era stata fin qui sempre
respinta al mittente,
ma chissà che adesso la situazione non cambi. Altra proposta: un
fondo “salva-calcio” per promuovere la ripatrimonalizzazione dei
club. Ma perché lo Stato dovrebbe farsi carico di un simileonere?
Insomma, mentre all’estero il calcio fa
fronte comune e cerca di trovare alsuo
interno le risorse per superare la crisi (inInghilterra,
ad esempio, la Lega dei campionatiminori ha
subito messo a disposizione 50 milioni di sterline, tra anticipo dei
premi e prestiti a tasso zero, per i club che dovessero ritrovarsi a
corto diliquidità),
da noi si cerca la scorciatoia.
Utilizzare la crisi per far passare leggi eprovvedimenti che
in una situazione normale sarebbero statiimpensabili.
Anche nell’emergenza, il calcio italiano non cambia mai.
Restiamo a casa, ma non perdiamo le connessioni con il mondo
nerazzurro. Abbiamo fame di campo e di calcio e abbiamo pensato di
regalare ai tifosi interisti un modo per rivivere, nella maniera più
completa possibile, partite storiche e significative della storia
recente nerazzurra.
Serie A, ipotesi estrema: in campo a giugno e luglio
Qualche presidente di serie A si sta rendendo conto che il rischio
di non tornare più in campo in questa stagione aumenta giorno dopo
giorno. Soprattutto se si pretenderà di giocare a "contagi zero".
Altri pensano che per non fare fallire il sistema si potrebbe lo
stesso giocare a contagi "vicini" allo zero: ma il rischio sarebbe
alto. Saranno i medici a dire che fare. L'ipotesi ottimistica è
quella di scendere in campo di nuovo 2 sabato per completare le
ultime 12 giornate che mancano. I vertici della Lega, Dal Pino e De
Siervo, sono in costante contatto con la Figc e con tutti i
presidenti di club: martedì, in videoconferenza, altra assemblea
informale. Si stanno studiando tutte le soluzioni, da quelle
ottimistiche a quelle meno ottimistiche. C'è anche un'ipotesi più
estrema, pur di salvare la stagione e non rischiare il fallimento di
qualche club: tornare in campo a giugno e giocare sino a fine
luglio, a tappe forzate di sera (e a porte chiuse), e pazienza se
l'Uefa non è d'accordo e se con questa soluzione si rischia di
complicare anche la stagione successiva. In questo caso, la Coppa
Italia potrebbe andare in onda a fine luglio con una final four
(Juve, Milan, Inter, Napoli) di grande interesse. E le Coppe
europee? Silenzio totale, anche l'Uefa non dice più nulla anche
perché molti Paesi coinvolti, vedi la Spagna, solo adesso stanno
vivendo tragicamente l'ondata del virus. La possibilità che
Champions ed Europa League non tornino più in campo è più che reale.
L'Uefa potrebbe tentare di fare giocare una final eight a luglio, ma
ci sono problemi di date. L'Euro 2020 è già stato spostato al
prossimo anno, un danno consistente per le casse dell'Uefa che
chiede un aiuto alle Leghe europee ma che un suo fondo rischi di 560
milioni.
Dura
lettera di Gravina al presidente della Lega B: "Richieste
inopportune"
"Richieste inopportune e inapplicabili". È questa in sintesi la
risposta contenuta in una lettera della Figc inviata oggi al
presidente della Lega B Mauro Balata in merito alle proposte
avanzate ieri sulle misure da adottare per fronteggiare la crisi a
seguito dell'emergenza Covid-19 (vedi Spy Calcio del 20 marzo).
Nella sua comunicazione, il presidente della Figc Gabriele Gravina
ha richiamato Balata ad un senso di responsabilità generale verso i
tesserati e tutti gli appassionati, che tenga conto di maggiore
condivisione circa le proposte da presentare al governo. Un appello
esteso con un un'altra lettera indirizzata a tutti i presidenti
delle componenti federali, atteso il completamento del dossier che
la Figc sta preparando con un approccio sistemico e non
personalistico, al quale verranno allegati i lavori delle singole
Leghe. Una situazione complessa che "dovrebbe indurci - ha scritto
Gravina a Balata - a comportamenti consoni alla situazione
drammatica che stiamo vivendo, lasciando indietro rivendicazioni
domestiche e dichiarazioni di parte". Sul contenuto delle istanze,
invece, la Figc fa notare che la proposta 'sull'utilizzo degli
accantonamenti Rischi e Oneri prevista nel budget federale 2020/2021
recentemente approvato dal Consiglio Federale e attraverso
l'utilizzo del relativo Fondo attualmente esistente nello stato
patrimoniale del bilancio della Federazionè non può trovare
accoglimento per una serie di motivi. Gli accantonamenti in
questione "sono relativi in massima parte a costi che la Figc
avrebbe dovuto sostenere a fronte della maturazione di ricavi,
direttamente collegati alla partecipazione al campionato Europeo",
quindi non ci saranno costi ma non ci saranno nemmeno ricavi per la
Federazione. Oltretutto, "altri ricavi sono già vincolati nella
destinazione da parte dell'Ente erogante e quindi non sono
utilizzabili per fini diversi, come quelli indirizzati da Sport e
Salute al progetto 'Sport per tutti'. Mentre i restanti
accantonamenti sono relativi ai costi che la Figc dovrebbe sostenere
per attuare la sua politica dei servizi e della gratuità, alla
promozione del calcio giovanile e allo sviluppo delle
rappresentative nazionali".
Campionato da maggio a luglio, solo così si può salvare la serie A
La Figc e la Lega di serie A sono state chiare con Ceferin, n.1
della Uefa, magari gli hanno anche ricordato che se è lì lo deve
molto all'appoggio del calcio italiano (il primo a credere in lui fu
Carlo Tavecchio). Figc e Lega avevano uno scopo, salvare il
campionato e lo hanno raggiunto con il rinvio dell'Europeo al 2021
(l'ipotesi di novembre di quest'anno era poco credibile). Ora si
potrà pensare a riprendere la stagione, e portare a conclusione la
serie A.
Senza Europei (e senza Coppa America, rinviata anch'essa al 2021) si
apre la "finestra" di giugno, il piano della Lega prevede di
riprendere a giocare il 2 maggio, o al più tardi, il 9 maggio,
ovviamente a porte chiuse. Quella è la deadline, la data forse più
probabile vista la situazione in divenire: oltre comunque non si può
andare. Giocare a tappe forzate, magari tre volte alla settimana per
le squadre impegnate anche nella Coppe europee (e qui sarà
complicato) e quindi la stagione potrebbe concludersi ai primi di
luglio. La Fifa a quel punto dovrebbe prorogare i contratti per una
quindicina di giorni perché, come noto, la stagione sportiva si
conclude normalmente il 30 giugno. Con questa ipotesi si salva
tutto: niente playoff, che non piacciono a molte squadre e avrebbero
poco di sportivo. Meglio chiudere come si è iniziato, con lo stesso
format. Gravina ieri non aveva escluso che "il campionato di oggi
possa essere bilanciato su due stagioni diverse". Ma aveva anche
aggiunto: "Si naviga a vista". Per questo l'Uefa ogni settimana farà
il punto con le Federazioni. Ceferin ha spiegato oggi che le date
delle finali delle Coppe europee sono state individuate: Champions,
27 giugno a Istanbul. Europa League, 24 giugno a Danzica. Ma come
arrivarci non si sa ancora visto che ogni Nazione ha i suoi
problemi: per l'Italia sono ancora in corsa Juve, Inter, Atalanta,
Roma e Napoli. Probabile la partita secca, in campo neutro e a porte
chiuse. Il calendario è stretto, difficile ipotizzare oggi quando
potranno riprendere le Coppe. L'Uefa ha previsto dei tavoli di
lavoro per analizzare tutti i problemi, che non sono pochi. La
stagione 20-21 della serie A potrebbe avere inizio a settembre.
E se non si riuscisse a ripartire il 2 (o 9) maggio? Sarebbe
drammatico, fra le ipotesi che circolano (ma Gravina non ne vuole
assolutamente sapere) serie A a 22 squadre, niente retrocessioni,
Benevento e Crotone promosse dalla B. Ma quanti club rischierebbero
di non iscriversi alla prossima stagione? Senza i soldi dei diritti
tv il nostro calcio va a picco.
Anche se può sembrare “imbarazzante”
parlare di calcio nel mezzo dell’emergenza coronavirus che
sta colpendo tutto il mondo, come ha detto il presidente della
FigcGabriele
Gravina, il pallone italiano prova a guardare avanti e a
individuare una data
di ripartenza. Anche perché riavere gli stadi
pieni “vorrebbe dire essere fuori da unbrutto
incubo“, ha aggiunto sempre il numero uno della
Federcalcio.
Ottenuto dall’Uefa lo
slittamento dell’Europeo al
2021, è aumentata la possibilità di riuscirea
concludere le stagioni in maniera regolare, senza
ricorrere alle iniziali ipotesi diplayoff eplayout che
lasciano tiepidi i vertici del pallone ma sono ancora considerati
come piano di emergenza. “Ritengo che la Serie
Apossa riprendere a giocare il 3
maggio“, ha dichiarato al Tg1 il
ministro dello SportVincenzo
Spadafora. Uno scenario ottimistico, ma che a quanto pare
il governo sta valutando, visto che anche la prima possibile
riapertura delle scuole è fissata ai primi di maggio.
“L’ipotesi sulla quale stiamo lavorando è una
prima fase a porte chiuse fin quando non abbiamo garanzie
legate alla tutela della salute degli atleti”, ha spiegato ancora
Gravina, ai microfoni di Radio Punto Nuovo. La certezza è che, se
davvero l’obiettivo è quello di concludere entro
il 30 giugno, per il nuovo start non si può oltrepassare
lametà
di maggio: il calendario offre ancora 12
giornate, più ovviamente i recuperi. E bisogna trovare il
modo di incastrare i tasselli del puzzle con quelli delle Coppe
europee, dove sono ancora in corsaJuventus, Atalanta, Napoli, Inter eRoma.
La Uefa, che ha fissato come data della finale di Champions il 27
giugnoe come data dell’ultimo atto di Europa
League il24
giugno, punta decisa a scattare le sue competizioni tra
fine aprile e inizio maggio. Una tabella di marcia difficile da
rispettare.
In Federazione un gruppo
di lavoro sta studiando le varie possibilità, “ci siamo
postiuna
serie di date per capire quando partire”, ha spiegato
ancora Gravina, specificando che resta in piedi l’idea di sfiorare
dialmeno
15 giorni nel mese diluglio per
completare il campionato. “L’idea è il 3 maggio perché con qualche
turno settimanale possiamo finire al 30 giugno, ma non escludiamo
il 10 e il 17 e quindi di sforare”, ha dichiarato il presidente
della Figc sempre a Radio Punto Nuovo.
Giovanni Malagò, presidente del Coni, appoggia il
cronoprogramma, definendolo “lucido“.
Ci si aggrappa, ovviamente, all’ottimismo. Ma di certo c’è che,
alla sospirata ripartenza che si spera avverrà il prima possibile,
il mondo
del pallone sarà chiamato a fronteggiare non
pochi problemi. Ancora Gravina propone “unfondo
salva calcio, non solo per le società ma per tutto
il sistemacalcio”. Ma, ha sottolineato,
“non possiamo chiedere aiuto al governo quando noi stessi
all’interno non possiamo dare
compattezza: ci lavoreremo”.
Le criticità rischiano – in maniera sempre più concreta – di ricadere anche
sui giocatori.
Ai quali potrebbe essererichiesto unsacrificio per
non pesare troppo suibilanci delle
società alle prese con l’emergenza: “Il taglio degliingaggi non
può essere untabù in
un momento di emergenza”, ha messo in chiaro Gravina. “Sono perfettamente
d’accordocon il presidente della Figc: non
solo gli ingaggi dei calciatori non devono essere un tabù, ma
quando supereremo –
speriamo prima possibile – quest’emergenza sanitaria, le priorità
di questo Paese saranno tante e tali, per cui il tema degli
stipendi dei calciatorinon
sarà un problema, oltre a non essere un tabù”, ha
commentato il ministro Spadafora.
Il piano della Lega di A: campionato dal 2 maggio (allenamenti da
metà aprile)
Intervenuto in diretta su Sky
Sport 24,
Alessandro Costacurtaha
detto la sua sulla possibilità di disputare il playoff Scudetto:
“Io
penso che dipenda dalla ripartenza. Se ci sarà una ripartenza a
breve – come non credo – si andrà avanti con il calendario. A me
piacciono i playoff: li farei a 4 ma sono aperto anche 6, con Juve e
Lazio avanti e le sfide Inter-Napoli e Atalanta-Roma. Gli stessi
risultati delle due partite andrebbero a premiare la classifica.
Credo sia la cosa più giusta“.
Il campionato di serie Serie A dovrebbe riprendere sabato 2 maggio
forse a porte chiuse e concludersi il 30 giugno si spera a porte
aperte: questo il progetto (più realistico) della Lega. Attualmente,
come noto, la serie A è ferma sino al 3 aprile, in ossequio del
decreto del governo. Ripartire il 4 aprile, è impossibile. Ripartire
a metà aprile quasi impossibile, quindi si sta lavorando su maggio,
ovviamente nell'ipotesi ormai probabile (se non certa) che l'Uefa si
decida finalmente a rinviare gli Euro 2020. Ma martedì 17 marzo
Federazioni e soprattutto Leghe convinceranno Ceferin, con le buone
o con le cattive (minacciando di non dare i giocatori alle
Nazionali). D'altronde adesso quasi tutto il calcio d'Europa-tranne
Paesi come la Serbia che continuano a giocare come se nulla fosse-si
è fermato. In Italia la situazione è questa: Juventus, Inter, Samp,
Verona, Fiorentina e Udinese sono in quarantena per due settimane.
Undici i calciatori positivi: Rugani, Gabbiadini, Colley, Ekdal, La
Gumina, Thorsby, De Paoli, Bereszynsky, Vlahovic, Cutrone e Pezzella.
Campionato di serie A, come detto, sospeso sino al 3 aprile. Ma se
saltassero in futuro fuori altri casi di positivi? Altre squadre in
quarantena? La Lega ha studiato un piano che prevede appunto il
ritorno in campo per il 2 maggio (lo spazio ci sarebbe sino a fine
giugno per giocare anche in Coppa), e la ripresa degli allenamenti
dopo Pasqua, prima non è possibile: ma in due settimane i giocatori
potrebbero tornare in forma. "I medici della Serie A, in modo
unanime, consigliano di non riprendere l'attività fino a netto
miglioramento dell'emergenza Covid 19", questo il comunicato. "In
considerazione della grave evoluzione dell'infezione Covid-19 nel
mondo -aggiunge la nota-, vista l'emergente diffusione dei contagi
anche all'interno del calcio e del personale sanitario a esso
dedicato e del progressivo aggravamento della situazione che sta
coinvolgendo il Sistema sanitario nazionale, i medici della Serie A
esprimono forte preoccupazione circa la tutela della salute dei
propri tesserati qualora venissero ripresi a breve gli allenamenti e
promosse altre attività di aggregazione". Lotito e De Laurentiis,
che volevano mandare subito in ritiro Lazio e Napoli, dovranno
farsene una ragione. Anche Gabriele Gravina appoggia la linea della
Lega che vuole concludere il suo campionato: diversamente molti club
non si potrebbero iscrivere alla prossima stagione. Ufficialmente
non è stata ancora studiata l'ipotesi estrema, cioè che non si possa
più tornare in campo. Si sarebbe costretti, almeno per una stagione,
ad una serie A con 22 squadre. Un disastro. Lunedì altra assemblea
di Lega: si discuterà anche di diritti tv, di Mediapro, e degli
inviti a presentare offerte per le stagioni dal 2021 al 2024, con
l'ipotesi dei pacchetti esclusivi. Ma quante vale adesso il nostro
campionato? Quanto sarebbero disposte a pagare Sky e Dazn?
Impossibile fare calcoli, questo stop costa già decine di milioni ai
club, c'è il rischio di un ridimensionamento, molti campioni
potrebbero fuggire all'estero dove i matti abbondano. Ma, come ha
detto con buon senso ieri De Siervo, a decidere cosa fare "saranno i
medici". Le polemiche, le battute meglio riservarle a tempi
migliori: vero Spadafora, vero Lotito?
Lo faremo su YouTube, dove trasmetteremo in versione integrale un
match del passato. Partiremo questa sera, alle 22:00, sul nostro
canale YouTube, con Inter-Roma
3-1 del 2006, finale di ritorno dellaCoppa
Italia. Un match che ha regalato il terzo trofeo dell’era Mancini.
Sarà però un appuntamento fisso: dopo questo primo evento, a partire
dalla prossima settimana ogni mercoledì alle 22:00 proporremo su
YouTube un match diverso e a sceglierlo sarete proprio voi, tifosi
nerazzurri. Sui nostri canali social, infatti, vi chiederemo di
votare quale incontro vorrete rivivere.
Cercheremo di dare una copertura massima all’evento, per portarvi
all’interno del contesto di quella partita e per accompagnarvi anche
sugli altri canali: su Twitter effettueremo la cronaca “in tempo
reale” del match che verrà trasmesso su YouTube, come facciamo per
gli incontri della prima squadra nerazzurra, e potrete commentare e
seguire assieme a noi il match utilizzando l’hashtag #InterClassics.
I protagonisti, però, saranno i nerazzurri del passato.
“La
necessità sarà un ricorso costante, quasi matematico, al turnover.
Chiamiamolo pure turnover «rovesciato», perché non sentiremo più
Conte dire una roba del tipo «sfrutteremo questa coppa per dare
spazio a chi ha giocato meno». No, l’Europa League diventa
obiettivo prioritario”.
SPONSOR – “È
un traguardo che stimola Steven Zhang, sempre attento alla
crescita internazionale del brand Inter. E’ corretto ragionare su
un marchio che intende affermarsi anche per attrarre il più
possibile nuovi sponsor, partendo da quello principale sulla
maglia. Ma è un traguardo che stimola anche Antonio Conte, mai
andato oltre una semifinale europea nella sua carriera da
allenatore“.
La Gialappa’s dice
sì aiplayoff
scudetto. Il trio comico –
formato da Marco Santin,
Carlo Taranto e
GiorgioGherarducci –
ha parlato aTuttosport dell’ipotesi
paventata negli ultimi giorni per decretare il vincitore della
Serie A 2019/2020: “Nella
speranza di uscire presto da questo tunnel e che si veda la luce a
me piacerebbero i playoff e i playout per una questione di
spettacolo. Sarebbe un esperimento nuovo. Non
lo dico perché spero che l’Inter possa
rientrare in gioco. Vorrei evitare le polemiche. Sia
chiaro…“.
A parlare è Santin, ma anche gli altri due – tifosi del Milan –
appoggiano la tesi. “Io
sono favorevole sui playoff ma temo che nemmeno quelli possano
aiutare il Milan a fare meglio…” dice Carlo, mentre Giorgio
spera in una dose di fortuna: “Da
milanista sono anche un pò sollevato che il campionato sia fermo
così evito di prenderla nel… ogni settimana. Io sono per i
playoff. Magari con una botta di fortuna il Milan arriva anche in
Champions. Sarebbe divertente per una volta fare qualcosa di
diverso. Sarebbe un bell’esperimento in un momento d’emergenza“.
"Qualora l'emergenza covid-19 non dovesse consentire la
conclusione dei campionati - si legge nella nota diffusa al
termine del consiglio straordinario della Figc andato in scena a
Roma - il presidente Gravina ha sottoposto all'attenzione delle
leghe interessate alcune ipotesi su cui discutere nella riunione,
già fissata, del consiglio federale del 23 marzo pv. Senza alcun
ordine di priorità, un'ipotesi potrebbe essere la non assegnazione
del titolo di campione d'Italia e conseguente comunicazione alla
uefa delle società qualificate alle coppe europee; un'altra
sarebbe far riferimento alla classifica maturata fino al momento
dell'interruzione; terza ed ultima ipotesi, far disputare solo i
play off per il titolo di campione d'italia ed i play out per la
retrocessione in serie B".
Secondo quanto spiegato da Gravina si tratterebbe di una
mini-competizione con "le prime quattro classificate nei play off
e le ultime quattro ai play out", fermo restando che sarà la Figc
ad "indicare le squadre che hanno diritto alla partecipazione alle
competizioni europee per club". Il numero uno federale ha comunque
tenuto a precisare che "l'auspicio, e quindi anche l'augurio di
una soluzione di questo grave problema che sta colpendo il nostro
paese, è che si possa riprendere il campionato in tempi rapidi. Se
il 3 aprile si potrà riprendere a giocare, sono state previste
delle finestre per il recupero di queste giornate. Sempre seguendo
il rispetto e l'equilibrio della competizione con slittamento del
calendario".Innanzitutto
deve andare tutto bene. Il Coronavirus deve
iniziare a rallentare la morsa sull’Italia e poi si potrà tornare
a ragionare meglio anche sul calcio. Intanto ci si interroga su
come dovessero andare le cose inSerieA se
non si potesse tornare in campo subito. Diverse le ipotesi che
ieri sono arrivate sul tavolo dellaFIGC con
un’idea di fondo, una condizione, a legare tutto: l’UEFA
dovrebbe spostare le date dell’Europeo di almeno sei mesi.Il
presidente della Federazione, Gabriele Gravina, ha dato mandato
alle Leghe di A, B e C di formulare una proposta entro il 23
marzo, data del prossimo consiglio. Ovviamente tutti i fari sono
puntati sulla Serie A e sull’assegnazione dello scudetto
2019-2020. Le
ipotesi delle quali si è parlato
PRIMA IPOTESI – Nella prima ipotesi andrà tutto bene in
Italia e già subito dopo il 3 aprile si potrà ricominciare a
giocare e portare a termine il torneo recuperando due date (c’era
di mezzo anche la pausa per la Nazionale) il 20 e il 31 maggio. Il
campionato finirebbe in questo modo solo una settimana dopo
rispetto al previsto.
SECONDA E TERZA IPOTESI – Ci sarebbe però anche il caso
in cui non si potesse ripartire con il campionato. E allora la
seconda strada sarebbe essere non assegnare lo scudetto. La terza
assegnarlo all’attuale prima squadra in classifica, la Juventus.
LA QUARTA IPOTESI – E’ arrivata l’idea del presidente
Gravina: introduzione di playoff e playout. Si assegnerebbe lo
scudetto con una specie di torneo tra le prime quattro squadre in
classifica e si lascerebbe alla FIGC la possibilità di indicare
quali sono le partecipanti a Champions e Europa League. E in
questo modo si dovrebbe tenere conto dell’attuale classifica.
Difficile pensare ad un torneo di playoff più esteso con 6-8
partecipanti anziché le prime quattro. La Coppa Italia al momento
sembra essere stata rinviata a data da destinarsi ma non ci sono
date per recuperare la semifinale di ritorno e la finale.
Allora, I
LOMBROSIANI della Rubentus assieme al compagno di merende
LOTIRCHIO si devono ingurgitare TUTTO IN CULO il BLOCCO TOTALE DEL
CAMPIONATO DI CALCIO fino al 3 aprile, fine DELLA PAGLIACCIATA
PORTE CHIUSE, PORTE APERTE AD MINCHIAM e stronzate varie all'itagliota,
che sono costate carissime all'Inter perchè il club neroazzurro ha
perso il ritmo partita dal 16 febbraio giocando solo le due
amichevoli europee, mentre ad esempio quei fottuti pezzi di merda
si sono presentati belli brillanti ieri in quanto hanno saltato
solo il ritorno di coppa italiota e ci hanno fatto a strisce,
molto sospetta a mio avviso l'urgenza di disputare il prima
possibile la partita di ieri, delle altre NON FREGAVA UN CAZZO A
NESSUNO, con MAROTTA che purtroppo ha ceduto in maniera IDIOTA AL
DIKTAT IMPOSTO DA QUEL PEZZO DI MERDA DI AGNELLI E DALLA SUA
CONBRICCOLA DI MAFIOSI MERDOSI 'NDRANGHETISTI ( inchiesta ALTO
PIEMONTE DOCET). Adesso se lo prendono in culo tutti
indistintamente !!!! Buona CAZZO DI SERATA !!!!
Lecce, Liverani contro i rinvii: "Decisioni senza senso prese a
vantaggio di pochi"
Il tecnico dei salentini durissimo contro la scelta di far
slittare cinque gare: "Come al solito, in Italia si agisce a
vantaggio di chi vuole decidere i propri tempi. Così si porta a
vedere il lato oscuro del calcio".
Inter, Marotta: ''Preoccupato per il futuro, a rischio anche la
prossima giornata"
Dopo la decisione del rinvio
della gara fra Juventus e Inter al 13 maggio,
l'amministratore delegato nerazzurro Beppe Marotta è intrvenuto a
Sky: "La Lega di Serie A aveva emanato un comunicato in cui
parlava di sacrificio
necessario con le porte chiuse.
E io non vedo altra via d'uscita se non le porte chiuse. Per
questo abbiamo chiesto un'assemblea urgente. Dobbiamo
salvaguardare l'equilibrio e la competitività del nostro
campionato". Per fare fronte all'emergnza Coronavirus nel Nord
Italia, infatti, la Lega aveva deciso che il big match allo
Stadium - come altre quattro partite - si disputasse senza
pubblico
domenica 1 marzo. Ma la decisione è stata ribaltata, alla vigilia
dell'incontro: partita spostata al 13 maggio, con la finale di
Coppa Italia che slitta al 20 maggio. Senza contare le coppe (i
nerazzurri sono in corsa per Coppa Italia ed Europa
League)
l'Inter a maggio si troverà necessariamente a dovere affrontare in
campionato in pochissimi giorni tre match potenzialmente decisivi
per la classifica: il 13 la Juve a Torino, il 17 o il 18 il Napoli
a San Siro e il 24 l'Atalanta a Bergamo. E ci sarà da recuperare
anche Inter-Sampdoria della scorsa giornata, anche quella rinviata
(la data dipende dall'accesso o meno dell'Inter alla finale di
Coppa Italia). "Perché la Uefa ha fatto giocare e la Lega no? - si
chiede Marotta -. Non voglio accendere la polemica. Il principio
deve essere rispettare i tifosi e la salute. Tutto poteva essere
gestito meglio". Le partite di Europa League e di Champions nei
giorni scorsi si sono infatti disputate, quella fra Inter
e Ludogorets è
stata giocata a San Siro a porte chiuse. "La cosa poteva essere
affrontata prima, senza arrivare all'ultimo momento - aggiunge
Marotta - Questo lo dico con molta decisione". Marotta solleva
un'altra questione cruciale: cosa fare per il prossimo turno di
campionato? Se il decreto del governo per arginare la diffusione
del virus Covid19 sarà prorogato, la Lega di Serie A - se si
dimostrerà coerente con se stessa - dovrà nuovamente rinviare le
partite delle squadre in zone considerate a rischio. Fra cui
Milan, Inter, Juve e Atalanta. "Non voglio fare polemiche ma il
criterio di questa domenica, che tocca tutte le partite, alcune
anche in programma tra poco, deve essere applicato anche per il
futuro. La prima cosa è la tutela della salute, questo è il primo
obiettivo. In questo momento, però, da dirigente di calcio sono
molto, molto preoccupato. Gestire il prossimo turno sarà veramente
molto difficile con l'ordinanza eventualmente prorogata", dice
Marotta. E guardando alle prossime stagioni di Serie A, fa una
proposta: "C'è una compressione di impegni che impone una
valutazione anche sul campionato a 20 squadre. Io sono per un
campionato a 18".
Lazio-Bologna 2-0: Luis Alberto e Correa portano i biancocelesti
al comando
La squadra di Inzaghi parte fortissimo andando in gol con lo
spagnolo e l'argentino nei primi 21'. Gli emiliani ci provano
nella ripresa, il Var annulla due reti
Trascinata da un Luis Alberto in versione supereroe, la Lazio
batte un Bologna orgoglioso e balza al comando della classifica,
dove rimarrà di sicuro per una settimana, stante
il rinvio del derby d'Italia.
In quarantamila all'Olimpico assistono a una prima mezz'ora che,
nostro modesto parere, rasenta la perfezione. Il Bologna, nella
trance agonistica dell'avversario, subisce due gol, vede sibilare
fuori altre due limpidissime occasioni, ma pure sbaglia un gol
clamoroso con Soriano nell'unica distrazione che la neo capolista
si permette. Il giro palla della Lazio è cronologicamente esatto,
colpisce la qualità delle verticalizzazione del gioco, il Bologna
sopravvive a ogni irresistibile manovra offensiva
dell'avversario.
Correa grazia subito Skorupski, Immobile servito dove preferisce
tirare calcia in diagonale fuori, Skorupski si oppone ancora a
Correa spuntato sotto misura, ma Luis Alberto - che zoppica e si
tocca l'inguine quasi dall'inizio - vuole ostinatamente deciderla.
E lo fa. Conquista un pallone perso dall'avversario in uscita, si
avvicina all'area e scarica un secco destro sul primo palo su cui
il portiere polacco non può nulla.
Soriano sbaglia, Correa no
Il Bologna prova a scuotersi. 20': al primo assalto sotto porta
Strakosha si iscrive al match, di cui sarà protagonista,
ribattendo una conclusione praticamente a colpo sicuro di Soriano,
che si riprende la squadra dopo l'infortunio con le stesse
prerogative della sua annata: bene nel cucire il centrocampo
all'attacco, male in zona gol. Anche questo è un segnale del
momento della Lazio. Un minuto e arriva il bis. Correa in area
carica il piede che non preferisce, il destro, tira: la fortuna
aiuta l'audace, Danilo con la punta del piede spiazza Skorupski.
Due a zero. Sembra di assistere alla stessa irresistibile recita
che ha piegato la Sampdoria e la Spal. Invece la Lazio si quieta e
il Bologna rimane in partita.
Genoa-Lazio 2-3: i
biancocelesti soffrono ma vincono e restano in scia della JuveSegna
subito Marusic, a inizio ripresa raddoppia Immobile ma i liguri la
riaprono con Cassata. Una perla di Cataldi su punizione
ristabilisce il doppio vantaggio, ma all'89' il gol di Criscito su
rigore rende il finale da brividi. Inzaghi resta a -1 dalla vetta.
La Lazio non si ferma più, sa solo vincere, riempendo d'orgoglio
il suo allenatore Inzaghi e i quattromila tifosi che in maniera
calorosa ma civile hanno invaso Genova, azzerando i tanti timori
della vigilia, paure dovute a possibili contatti con i sostenitori
avversari, a seguito di un ampio settore diviso a metà e senza
barriere, se non un cordone di steward.
La Lazio è inarrestabile e lo ha dimostrato più del solito,
vincendo con qualità e abnegazione una delle sfide più difficili
delle sua infinita serie utile, iniziata quattro mesi fa, il 25
settembre, e riempita da diciassette successi (compreso il trionfo
in Supercoppa Italiana con la Juve) e quattro pareggi. Una delle
più complicate, al di là dello spettacolo visto in campo, dei
tanti gol (cinque), del divertente agonismo, della voglia di
entrambe le contendenti di superarsi, in un darle e prenderle che
ha soddisfatto, come dimostrano gli applausi finali partiti da
tutti i settori dello stadio, sia una fazione che l'altra, perché
l'avversario, il Genoa, è al top della forma, nelle ultime quattro
gare, di cui tre in trasferta, aveva raccolto otto punti, una
squadra che segna ancora i confini della zona retrocessione, ma
che Nicola è riuscito a rivitalizzare, un gruppo determinato che
non si è mai arreso, come attesta il due a tre realizzato da
Criscito su rigore al 45' della ripresa, preludio a cinque minuti
conclusivi di vera corrida.
Inter-Milan 4-2: Ibra non basta, Brozovic, Vecino, De Vrij e
Lukaku lanciano i nerazzurri in vetta
Lo svedese, con un assist per Rebic e un gol, fa sognare i
rossoneri, avanti 0-2 all'intervallo. Nella ripresa, però, gli
uomini di Conte reagiscono e confezionano la quarta vittoria di
fila nel derby. Pali di Calhanoglu, Eriksen e Ibrahimovic. Ululati
razzisti a Kessié
MILANO -
L'Inter sfrutta nel migliore dei modi lo scivolone della Juve a
Verona. Per la quarta volta di fila, stavolta in maniera pazzesca,
rimontando da 0-2 a 4-2, vince il derby con il Milan e aggancia i
bianconeri in vetta alla classifica. E' stato un derby folle e
ricco di emozioni: oltre ai 6 gol ci sono stati 3 pali e tante
occasioni. Gode l'Inter che raccoglie i frutti di una grande
reazione d'orgoglio sfoderata nella ripresa, piange il Milan che
si morde le mani per non essere riuscito a gestire un meritato
doppio vantaggio ottenuto al termine di un grande primo tempo.
Conte lancia Sanchez ed esclude Eriksen, Pioli
Costretto a rinunciare ancora a Lautaro Martinez, squalificato,
Conte ha deciso di lanciare Sanchez, preferendolo a Esposito, al
fianco di Lukaku. Poi in difesa ha restituito una maglia a Godin
mentre a centrocampo ha preferito Candreva e Brozovic agli ultimi
arrivati, Moses ed Eriksen. Sul fronte opposto Pioli, recuperato
Ibrahimovic, ha deciso di passare dal 4-4-2 al 4-2-3-1 escludendo
Leao e Bonaventura e riproponendo in mediana a Bennacer. Infine
dietro ha tolto Calabria e Musacchio dando fiducia, al loro posto,
a Conti e Kjaer.
Palo di Calhanoglu, Godin e Vecino mancano l'1-0
Il Milan è partito determinato e ha subito preso campo,
approfittando delle ottime sponde di Ibrahimovic e Rebic. L'Inter,
inizialmente contratta a causa dell'alta posta in palio, ha badato
quasi esclusivamente a difendersi e al 10' è stata salvata dal
palo su un bel diagonale da 23 mt di Calhanoglu. Solo dopo un
quarto d'ora i nerazzurri sono riusciti a distendersi creando
anche un paio di grossi pericoli: al 18' Godin ha sfiorato il palo
di testa su calcio d'angolo, al 24' Vecino non ha trovato di
meglio che calciare addosso a Donnarumma un destro da 10 mt su
assist di Lukaku.
Ibra, assist e gol: uno-due rossonero in 6'
Il Milan non si è spaventato, è tornato a guadagnare metri e a
riempire di uomini la trequarti avversaria e, alla fine del primo
tempo, ha raccolto i frutti della propria pressione piazzando un
micidiale uno-due in 6': al 40' Rebic ha sbloccato il risultato
sfruttando un'incertezza in uscita di Padelli dopo una
straordinaria torre di Ibrahimovic, svettato più in alto di Godin
su un traversone dalla trequarti. Poi, al 46' è toccato allo
stesso Ibra raddoppiare sugli sviluppi di un angolo con un colpo
di testa da pochi passi su sponda di Kessié.
Brozovic-Vecino: l'Inter si rialza in 2′
Perso per perso, l'Inter è tornata in campo con un piglio diverso
nella ripresa e, in appena 2', tra il 51' e il 53', ha raddrizzato
la sfida: Brozovic ha accorciato le distanze con un gran sinistro
al volo da fuori, riprendendo una corta respinta di Hernandez,
Vecino ha pareggiato approfittando di una sponda all'indietro di
Sanchez, bravo a scattare sul filo del fuorigioco su un lancio di
Godin e ad anticipare anche l'uscita di Donnarumma.
de Vrij ribalta il Milan
Il Milan si è aggrappato a Ibrahimovic per reagire ma lo svedese
non ha trovato lo specchio con un gran destro a giro su punizione
da 28 mt. L'Inter non si è impressionata e, dopo aver fatto le
prove generali con Lukaku (destro a giro deviato da Romagnoli di
poco oltre l'incrocio), è passata in vantaggio sull'angolo
seguente (70′): de Vrij è volato in tuffo sul traversone di
Candreva e ha infilato il pallone sotto la traversa.
Pali di Eriksen e Ibrahimovic, Lukaku cala il poker
Pioli ha provato a risollevare i suoi inserendo Leao e Paqueta ma
l'Inter ha chiuso bene tutti i varchi. I nerazzurri, con Eriksen e
Moses gettati nella mischia al posto di Sanchez e Candreva, hanno
mancato il colpo del ko con lo stesso ex Tottenham (traversa con
una straordinaria punizione da 35 mt) e Barella, lanciato da
Lukaku a tu per tu con Donnarumma, e hanno rischiato di farsi
raggiungere all'89': Ibrahimovic stavolta l'ha graziati spedendo
sul palo un colpo di testa ravvicinato su cross di Paquesta.
L'Inter ha ringraziato e, in pieno recupero, al 93', ha calato il
poker con il solito Lukaku (21° gol stagionale) che ha schiacciato
in rete di testa un cross di Moses.
Ululati razzisti a Kessié
Nella notte magica nerazzurra c'è un solo neo: gli ululati
razzisti da parte di alcuni tifosi della curva Nord nei confronti
di Kessié, reo di una trattenuta al 60′ ai danni di Barella,
sanzionata con il giallo. Un'abitudine deprecabile e reiterata
negli stadi italiani. Evidentemente ancora non si riesce a perdere
il vizio.
INTER-MILAN 4-2 (0-2)
Inter (3-5-2):
Padelli; Godin, De Vrij, Skriniar, Candreva (35′ st Moses), Vecino,
Brozovic, Barella, Young (48′ st Biraghi), Lukaku, Sanchez (26′ st
Eriksen) (1 Handanovic, 35 Stankovic, 12 Sensi, 13 Ranocchia, 18
Asamoah, 20 Borja Valero, 30 Esposito, 32 Agoumé, 33 D'Ambrosio).
All.: Conte.
Milan (4-4-1-1):
G. Donnarumma, Conti, Kjaer, Romagnoli, Hernandez, Castillejo (34′
st Leao), Kessie (36′ st Paquetà), Bennacer, Rebic (39′ st
Bonaventura), Calhanoglu, Ibrahimovic (1 Begovic, 90 A. Donnarumma,
2 Calabria, 20 Biglia, 22 Musacchio, 46 Gabbia, 56 Saelemaekers,
93 Laxalt, 94 Brescianini). All.: Pioli.
Arbitro:
Maresca di Napoli 6.
Reti:
nel pt, 40′ Rebic, 46′ Ibrahimovic; nel st, 6′ Brozovic, 8′ Vecino,
25′ De Vrij, 47′ Lukaku.
Angoli:
7-6.
Recupero:
1′ e 4′.
Ammoniti:
Vecino, Barella per proteste, Skriniar, Kessié, Conti per gioco
falloso, Lukaku per comportamento non regolamentare.
Espulso:
Stellini per proteste.
Spettatori:
75.817.
BERGAMO - Estivo
come le speranze del Milan, il clima della peggiore disfatta
rossonera dell'era post Berlusconi ha riscaldato l'Atalanta, che
ha chiuso sotto il sole il suo anno fantastico: uno stordente 5-0
senza sforzarsi neppure troppo, di fronte alla presunta grande,
cui non basteranno i ritocchi sul mercato d'inverno, per tornare a
brillare in tempi ragionevoli. Certe ferite restano e si
allargano. La squadra di provincia può invece sognare il solito
campionato di lusso e una Champions da outsider: merita tutto ciò
che si è conquistata, con la regia di Percassi e Gasperini. Il
Milan si è ridotto a dipendere dal terzino Hernandez: quando non
c'è lui, non fa male a una mosca, figuriamoci a una fiera come
l'Atalanta attuale.
Avvio devastante
L'avvio della pantera nerazzurra, vestita di verde, è stato
devastante. Conoscendo bene la precaria attitudine difensiva di
Conti, Gasperini ha chiesto e ottenuto lo sfondamento sulla fascia
destra del Milan, dove l'ex esterno atalantino, ancora in fase di
apprendistato come terzino della linea a 4, veniva risucchiato
facilmente nell'imbuto creato dalle felici digressioni di Gomez a
sinistra e dalle sovrapposizioni memorizzate di Gosens. Lo schema
offensivo, senza centravanti fisso, era completato dagli
accentramenti palla al piede di Ilicic da destra, dal pendolo di
Malinovskyi sulla trequarti e soprattutto dal ritmo altissimo, che
ha tolto il fiato al compassato centrocampo milanista, incapace di
innescare l'isolatissimo Leao, preferito a Piatek proprio per la
teorica abbondanza di spazi e invece abbandonato tra Toloi,
Djimisiti e l'implacabile Palomino. La trappola è scattata
praticamente subito: lo stadio, pienissimo per l'ultima partita in
casa del formidabile 2019 di Bergamo nel calcio, ha potuto
apprezzare uno spettacolo di eccellente livello.Dopo nemmeno un
minuto, Donnarumma si era già dovuto esibire in una respinta non
semplice, su tiro da fuori di Ilicic, mentre Gomez cominciava a
mettere in affanno Conti, aiutato a limitare i danni dal soccorso
di Musacchio, che era dato in forse per il dolore a una caviglia e
che è stato costretto al superlavoro. Il primo tentativo di
alleggerimento della pressione - un'imbucata di Suso - è parso
appunto molto leggero. Il castigo allo scompenso tattico è
arrivato al 10'. Gomez ha puntato Conti, lo ha scavalcato con un
tunnel leggiadro e in area, prima di qualsiasi abbozzo di chiusura
di Musacchio, ha scagliato un destro sotto l'incrocio opposto.
Alla prova di calligrafia dell'Atalanta si è unito lo stilista
Pasalic, ex milanista, che Gasperini ha schierato da interno di
una mediana molto incline all'attacco ma non per questo
spensierata, anche se con Duvan Zapata, ancora in via di recupero,
probabilmente il dominio si sarebbe tradotto ben prima nel 2-0.
Soltanto il fisiologico abbassamento di ritmo e le altrettanto
fisiologiche pause di Gomez hanno permesso al Milan di uscire un
po' dal guscio a metà primo tempo, però sempre con troppa lentezza
e con parecchia dipendenza dall'estro di Bonaventura, altro ex
della partita.
Pioli sbaglia antidoto, Gasperini azzecca tutto
Un colpo di testa a lato di Musacchio, in avanscoperta,
un'imbucata di Çalhanoglu per Suso, spezzata dall'uscita bassa di
Gollini, e un paio di equilibrismi dell'allampanato Leao: il
prodotto offensivo è stato comunque inferiore a quello degli
avversari, che con un altro tiro di Ilicic hanno ancora costretto
Donnarumma alla respinta. Pioli, che inizialmente aveva fatto
scaldare il giovane difensore Gabbia, ha tuttavia rinviato le
correzioni all'intervallo. Con Calabria terzino sinistro al posto
di Rodriguez (un tiro centrale la sua sola segnalazione) ha inteso
restituire alla squadra un po' di quella spinta sulla fascia che
di solito, con Hernandez, diventa la vera risorsa aggiuntiva e
che, in assenza dello squalificato terzino-ala, è stata percorsa
con fin troppa parsimonia. Gli effetti della mossa hanno tardato a
manifestarsi: anzi, proprio sulla destra atalantina ha preso a
infilarsi Castagne, che con un destro al volo scoordinato ha
svelato la fragilità del marchingegno milanista, il cui guasto
completo era imminente.
In due soli minuti, a cavallo dell'ora di gioco, la mazzata
l'hanno inferta Pasalic e Ilicic. Il primo si è fiondato su un
tiro-cross didascalico di Gosens, immancabilmente confezionato da
sinistra: il Var non ha segnalato alcun fuorigioco e i duemila
tifosi rossoneri hanno deposto ogni illusione in qualche aiuto
esterno. Da lì in poi è stato un incubo. Pioli ha inserito Piatek,
togliendo Bonaventura e restituendo Leao al ruolo di ala, ma non
c'è stato nemmeno il tempo dell'assestamento tattico, perché
Ilicic in contropiede ha divelto Bennacer e all'ingresso in area,
dopo avere disorientato il trafelato Calabria in tardivo rientro,
ha infilzato Donnarumma per la terza volta. Già che c'era, una
decina di minuti dopo, ha cercato il gol d'autore e lo ha trovato,
con una conversione da sinistra senza opposizione e un sinistro a
girare dal limite, che il portiere stavolta ha quasi lasciato
entrare con rassegnazione. Ma non era mica finita. Gasperini,
stratega perfetto, ha concesso la passerella a Ilicic, rimpiazzato
da Muriel, Castagne si è divorato il 5-0, che Muriel non si è poi
potuto esimere dal firmare: scatto frontale in contropiede,
rimpallo con Donnarumma e tocco a porta vuota. Cinque gol sono la
distanza tra i proclami e i fatti, tra la fanfara metropolitana e
la concretezza della piccola città.
Atalanta-Milan 5-0 (1-0)
Atalanta (3-4-2-1):
Gollini; Toloi, Palomino, Djimsiti; Castagne, De Roon, Pasalic,
Gosens (44' st Hateboer); Malinovskyi, Gomez (43' st Freuler);
Ilicic (35' st Muriel). (31
Rossi, 57 Sportiello, 5 Masiello, 41 Ibañez, 99 Barrow). All.:
Gasperini.
Milan (4-3-3):
G. Donnarumma; Conti, Musacchio, Romagnoli, Rodriguez (1' st
Calabria); Kessie, Bennacer, Bonaventura (16' st Piątek);
Suso (39' st Castillejo), Leão, Çalhanoglu. (25 Reina, 90 A.
Donnarumma, 31 Caldara, 46 Gabbia, 20 Biglia, 33 Krunic, 94
Brescianini, 11 Borini, 18 Rebic). All.: Pioli.
Arbitro:
La Penna di Roma 1.
Reti:
nel pt 10' Gomez; nel st 16' Pasalic, 18' e 27' Ilicic, 38' Muriel.
Angoli:
4-2 per l'Atalanta.
Recupero:
0' e 1'.
Ammoniti:
Musacchio, Suso, Castagne, De Roon, Romagnoli, Kessie per gioco
falloso.
Spettatori:
20.940 di cui 4.313 paganti (incasso 173.729 euro) e 16.627
abbonati (quota partita 350.307,10 euro)
Serie A, Brescia-Lazio 1-2: Inzaghi suona la nona grazie alla
doppietta di Immobile
Eguagliato il record di vittorie consecutive risalente ai tempi di
Eriksson. I biancocelesti vincono ancora nel recupero, ribaltando
con due reti del capocannoniere il vantaggio iniziale di Balotelli.
Nove,
come le vittorie consecutive della Lazio in Serie A (record del
1989-99 eguagliato), dieci come un decennio, e Mario Balotelli è
l'unico uomo della storia ad averne cominciati due in gol: il 6
gennaio 2010 segnò in Chievo-Inter, oggi in Brescia-Lazio. Con due
piccoli dettagli: la squadra in cui giocava, allora uno squadrone
stavolta una che lotta per la salvezza (ma con qualità non
indifferenti), e il fatto che ai tempi era stata una rete
decisiva, stavolta no, visto che più di lui ha fatto Immobile, che
con una doppietta ha regalato la vittoria alla Lazio. Regalato può
non essere un verbo del tutto sbagliato: la Lazio non ha giocato
male, ma neppure bene, risentendo delle squalifiche di Lucas Leiva
e soprattutto Luis Alberto, squalificati, e se alla fine ha vinto
(proprio alla fine: il 2-1 arriva al '91') è per una superiorità
tecnica che ha faticato molto a imporsi grazie anche a un bel
Brescia, dove oltre a Balotelli (crediateci o no, partita
esemplare anche per tattica e gestione mentale) ha brillato
Tonali, giocatore fantastico, da copiare e incollare in una grande
italiana o europea per i numeri tecnici, la visione di gioco e la
sicurezza che trasmette.
Juventus-Lazio 1-3: Luis Alberto, Lulic e Cataldi regalano la
Supercoppa ai biancocelesti
A Riad la squadra di Simone Inzaghi supera ancora i bianconeri con
una prestazione di grande qualità e conquista per la quinta volta
il trofeo. Di Dybala il momentaneo pareggio a fine primo tempo.
La Lazio batte ancora la Juventus, 3-1 come in
campionato, e alza al cielo la Supercoppa italiana. Il pubblico di
Riad osanna Cristiano Ronaldo, ma a prendersi la scena sono Luis
Alberto, Lulic e Cataldi, che consentono ai biancocelesti di
conquistare il primo trofeo stagionale, ultimo dell'anno solare
2019. Una vittoria meritata, a conferma dell'ottimo momento di
forma dei capitolini e della bontà di un progetto che ha nel
presidente Lotito, nel diesse Tare e nel tecnico Simone Inzaghi i
suoi tre indiscussi protagonisti. La Lazio mostra organizzazione
di gioco, qualità e capacità di gestione della gara. Neanche il
gol del pareggio subito poco prima dell'intervallo, sull'unica
vera disattenzione difensiva, intacca le convinzioni di Lulic e
compagni. Nonostante l'alto tasso tecnico e le individualità della
Juve, i biancocelesti rientrano in campo con determinazione, si
riportano in vantaggio, resistono senza troppi patemi al forcing
bianconero e chiudono i conti in pieno recupero.
Luis Alberto porta avanti la Lazio
Sarri ripropone il tridente pesante
Dybala-Higuain-Ronaldo e, forse per bilanciare le spregiudicate
scelte offensive, in difesa preferisce De Sciglio a Cuadrado sulla
destra e Demiral a De Ligt in mezzo. In porta recupera Szczesny, a
sinistra rientra Alex Sandro. Nessuna sorpresa in casa Lazio:
Simone Inzaghi conferma la formazione tipo delle ultime uscite,
con Correa in appoggio a Immobile. L'inizio di gara è all'insegna
della prudenza: le due squadre giocano su ritmi lenti e stanno
attente a non sbilanciarsi troppo. A rompere il ghiaccio è Luis
Alberto al 9' con un destro da fuori che termina alto non di
molto. Alle seconda occasione buona la Lazio passa e lo fa con
un'azione da manuale: al 16' Lulic salta De Sciglio e serve sul
secondo palo Milinkovic-Savic che appoggia all'indietro per Luis
Alberto. L'esecuzione dello spagnolo è perfetta, la palla si
insacca dove Szczesny non può arrivare.
Dybala ristabilisce la parità
Superati gli effetti del contraccolpo psicologico,
la Juve aumenta la pressione. Il primo squillo è affidato a una
conclusione di Ronaldo, liberato al tiro da Higuain, che si perde
sul fondo. I biancocelesti attendono nella loro metà campo e
provano a colpire di rimessa. Al 33' una ripartenza di Correa
rischia di rivelarsi letale per la difesa dei campioni d'Italia,
se non fosse per l'ottima parata di Szczesny. I bianconeri
chiudono in avanti il primo tempo e approfittano di un'ingenuità
della Lazio, fin a quel momento molto attenta in fase difensiva,
per ristabilire la parità. Ronaldo calcia con il destro da fuori,
Strakosha respinge ma Dybala - tutto solo e in posizione regolare
- corregge in rete da pochi passi.
Lulic e Cataldi regalano la Supercoppa a Inzaghi
La ripresa scorre via sui binari dell'equilibrio.
Sarri e Inzaghi giocano la loro partita a scacchi con la girandola
dei cambi, ma le occasioni latitano.I biancocelesti si rendono
pericolosi con un colpo di testa di Correa sugli sviluppi di
calcio d'angolo e, proprio come nel primo tempo, l'insidia portata
nell'area avversaria è l'avvisaglia del gol. Al 73', infatti,
Lulic si inserisce con i tempi giusti sul secondo palo e trafigge
al volo Szczesny raccogliendo una sponda aerea di Parolo su cross
di Lazzari. La Juventus si riversa avanti, ma la difesa laziale
mostra una tenuta granitica e, a parte su un colpo di testa di
Dybala, Strakosha non corre particolari pericoli. Dopo un gol
annullato a Correa per fuorigioco, in pieno recupero c'è spazio
per l'espulsione di Bentancur che atterra al limite dell'area
Parolo e, sulla successiva punizione, per il 3-1 firmato da
Cataldi che piazza la palla all'incrocio e chiude i conti. La
Lazio festeggia la quinta Supercoppa italiana, facendo un bel
regalo di Natale ai suoi tifosi, la Juventus mastica amaro per il
secondo ko stagionale (entrambi contro i capitolini) che impedisce
a Sarri di alzare il suo primo trofeo in bianconero.
Cagliari-Lazio 1-2,
Caicedo al 98' manda i biancocelesti a -3 dalla vetta
Pazzesco finale alla Sardegna Arena: rossoblù avanti grazie a
Simeone, ma nei 7 minuti di recupero prima Luis Alberto trova il
pari, poi l'attaccante ecuadoriano regala l'ottava vittoria
consecutiva ai capitolini che si avvicinano a Inter e Juventus.C'è
anche la Lazio per lo scudetto. I biancocelesti passano 2-1 alla
Sardegna Arena battendo il Cagliari in un finale a dir poco
rocambolesco. Sardi avanti 1-0 (Simeone) fino al 92′, ma nei 7
minuti di recupero prima Luis Alberto trova il pareggio, poi al
98′ Caicedo regala a Simone Inzaghi l'ottava vittoria consecutiva
che vale il -3 in classifica su Inter e Juventus. Doccia gelata
per i padroni di casa, infuriati per l'extra-time, ritenuto
eccessivo, assegnato dall'arbitro Maresca.
Lazio-Juventus
3-1: biancocelesti super, primo tonfo
per i bianconeri.Nel
primo tempo vantaggio di Cristiano Ronaldo, ma pareggia Luiz
Felipe. Nella ripresa decisiva l'espulsione di Cuadrado per un
fallo su Lazzari. I padroni di casa infilano il settimo successo
di fila con Milinkovic-Savic e Caicedo. Szczesny para un rigore a
Immobile.
La Lazio non si ferma più. Settima vittoria di fila
per i biancocelesti che costringono la Juventus al primo stop in
campionato. Ora i capitolini sono sempre più terzi e con un occhio
alla vetta: a -3 dai campioni d'Italia e a -5 dall'Inter
capolista, fermata in casa dalla Roma.
Era partita meglio la Juventus che aveva trovato il vantaggio con
Cristiano Ronaldo. Ma nel finale del primo tempo è arrivato il
pari di Luiz Felipe. Nella ripresa decisivo l'episodio che ha
visto Cuadrado espulso per un fallo su Lazzari con chiara
occasione da gol. La Lazio ha preso forza ed è passata con
Milinkovic-Savi,c per poi firmare il tris in pieno recupero con
Caicedo.
Si sblocca Ronaldo
3-5-2 per Inzaghi che in attacco schiera Correa e
Immobile. Lazzari e Lulic esterni con Milinkovic, Leiva e Luis
Alberto a centrocampo. In difesa Luiz Felipe, Acerbi e Radu. Sarri
risponde col 4-3-1-2 con Bernardeschi dietro le punte, Ronaldo e
Dybala. In mezzo al campo Bentancur, Pjanic e Matuidi. Cuadrado e
Alex Sandro terzini con Bonucci e de Ligt a difesa di Szczesny. La
prima occasione è biancoceleste ma de Ligt salva in angolo un tiro
di Immobile. Poi è la Juventus a fare la partita anche grazie a un
pressing molto alto che non fa ragionare la Lazio. Al 10′ bel
sinistro di Dybala ma Strakosha respinge in tuffo, quindi la Joya
tira direttamente in porta dalla bandierina, ma l'estremo
difensore laziale è ancora una volta attento. Al quarto d'ora
lancio per Ronaldo, grande stop in area ma poi CR7 si defila,
quindi crossa e Bernardeschi di testa non riesce a insaccare. Al
25′ il vantaggio ospite: Dybala per Ronaldo, palla a destra a
Bentancur che crossa basso e per CR7 è un gioco da ragazzi
segnare. Erano 49 giorni che il portoghese non segnava su azione
con la Juventus.
Il pareggio di Luiz Felipe
Dopo il vantaggio, la Juventus arretra e concede
campo alla Lazio anche perché il pressing alto non c'è più. Al 34′
cross dalla destra di Lazzari con tocco di testa di Bonucci e
Immobile sul secondo palo calcia out. Ancora pericoloso Immobile
al 39′ in area, ma viene fermato. Quindi si fa male Bentancur
(dopo un fallo ai danni di Correa), che deve lasciare il posto a
Emre Can. Al 43′ Juve vicinissima al raddoppio: Bernardeschi serve
dal fondo Ronaldo, colpo di testa su cui salva Strakosha. I
campioni d'Italia vengono puniti nel recupero: pennellata dalla
sinistra di Luis Alberto e colpo di testa di Luiz Felipe che fa
esplodere l'Olimpico.
Il rosso a Cuadrado cambia la partita
Il secondo tempo, almeno nella prima parte, vive
sull'equilibrio con Luis Alberto che in avvio impegna Szczesny. Al
66′ brividi per i padroni di casa quando Acerbi non controlla un
passaggio di Strakosha, ma Dybala spreca calciando sul portiere.
Capovolgimento di fronte e Szczesny è decisivo in uscita su
Correa. Al minuto 68 Cuadrado abbatte Lazzari lanciato in campo
aperto: sembra chiara occasione da rete, ma Fabbri si limita ad
ammonire il colombiano. Fino a quando il direttore di gara viene
chiamato al Var e torna sulla sua decisione: cartellino rosso. E'
un'espulsione che alla fine risulta decisiva.
Milinkovic e Caicedo fanno gioire l'Olimpico
Sarri tenta di correre ai ripari inserendo Danilo
al posto di Bernardeschi, ma al 74′ la Lazio passa: lancio
profondo di Luis Alberto, controllo favoloso in area di
Milinkovic-Savic e sinistro vincente per il 2-1. Tre minuti dopo Szczesny
stende Correa dopo un lancio di Immobile: rigore. Sul dischetto va
lo stesso Immobile, ma il portiere polacco para e poi è super
anche sul tap-in del bomber laziale. La Juventus tenta di
approfittare dell'errore del capocannoniere di Serie A, ma la
Lazio difende molto bene e non concede occasioni. Si arriva quindi
ai 5′ di recupero finali e, dopo una punizione lunga di Pjanic, i
biancocelesti recuperano palla, Lulic lancia il contropiede tre
contro uno, Szczesny salva su Lazzari ma non può nulla poi su
Caicedo che col sinistro insacca per il 3-1 finale.
Lazio-Juventus 3-1 (1-1)
Lazio (3-5-2):
Strakosha; Luiz Felipe, Acerbi, Radu; Lazzari, Milinkovic-Savic
(45′ st Caicedo), Leiva, Luis Alberto (30′ st Parolo), Lulic;
Correa, Immobile (40′ st Cataldi). (24 Proto, 23 Guerrieri, 15
Bastos, 49 J.Silva, 93 Vavro, 22 Jonathan Rodriguez, 28 André
Anderson). All.: S.Inzaghi
Juventus (4-3-3):
Szczesny; Cuadrado, Bonucci, De Ligt, Alex Sandro; Bentancur (41′
pt Emre Can), Pjanic, Matuidi; Dybala (35′ st Higuain),
Bernardeschi (26′ st Danilo), C.Ronaldo. (77 Buffon, 31 Pinsoglio,
2 De Sciglio, 24 Rugani, 28 Demiral, 25 Rabiot, 38 Muratore, 39
Portanova, 20 Pjaca). All.: Sarri
Arbitro:
Fabbri di Ravenna
Reti:
nel pt 25′ C.Ronaldo, 46′ Luis Felipe; nel st Milinkovic-Savic,
49′ Caicedo
Espulso:
nel st 24′ Cuadrado
Ammoniti:
Luis Alberto per proteste; Pjanic, Dybala, Lazzari e Leiva per
gioco falloso; Szczesny per gioco scorretto; Caicedo per essersi
tolto la maglia
Angoli:
5-4 per la Juventus
Recupero:
2′ e 5′
ESTERI
Coronavirus, l'esempio della Bundesliga: 20 milioni da quattro club
per aiutare le squadre più povere
Mentre in Serie
A i club si fanno la guerra sull’opportunità di riprendere o meno a
giocare il campionato,
in Germania le società più ricche hanno deciso, in un momento di
crisi, di aiutare quelle con meno disponibilità economiche. Bayern
Monaco, Borussia Dortmund, RB Lipsia e Bayer Leverkusen hanno messo
sul piatto 20 milioni di euro come “fondo di ristoro” a sostegno dei
club meno solidi, che più hanno sofferto lo stop al calcio
determinato dall’emergenza coronavirus. Lo scopo: “Garantire la
competitività della Bundesliga e fare salvo il criterio di
giustizia”, con le parole di un dirigente del Bayer Leverkusen.
La riduzione degli stipendi
Quando si chiede ai club italiani, alla Lega
di Serie A e alla Federcalciose
anche in Italia possa accadere qualcosa di simile, le risposte
variano da “assolutamente no” a “sarebbe impensabile”. D’altra
parte, che il calcio tedesco si stia dimostrando solidale nel
momento dell’emergenza lo dimostra anche la disponibilità di
calciatori ed allenatori a ridursi lo stipendio. I giocatori del Bayern
Monaco hanno
infatti accettato di ridursi lo stipendio del 20 percento e altri
club hanno seguito l’esempio. Al Borussia Dortmund non solo i
giocatori, ma anche il tecnico Lucien Favre si è detto pronto a
decurtarsi i compensi di un quinto, se il campionato non dovesse
ripartire, e di un decimo nel caso la Bundesliga riprenda a porte
chiuse. Con formule diverse, hanno accettato riduzioni degli ingaggi
anche i giocatori di Werder Bremen, Borussia Moenchengladbach,
Schalke 04 e Bayer Leverkusen.
Spagna, Barcellona pensa a taglio stipendi: ''Situazione grave, club
non è immortale''
Secondo la stampa catalana, anche la società blaugrana valuta una
riduzione degli ingaggi (che in totale ammontano a oltre 500
milioni) per far fronte alla crisi. Intanto il tecnico Setien sempre
più vicino alla conferma
In
casa Barcellona è tempo di 'spending review'. La società catalana
inizia infatti a pensare al possibile taglio degli ingaggi per far
fronte alla crisi e alla mancanza di entrare dovute allo
stop per il coronavirus.
Secondo "La Vanguardia", oggi si parlerà in videoconferenza della
riduzione dei costi e la prima voce in questo senso è il monte
stipendi che incide per il 61% sul fatturato.
Totale ingaggi supera 500 milioni
Fra ingaggi (507 milioni di euro) e ammortamenti (135 milioni), i
conti rischiano di non tornare più anche perché le previsioni per il
fatturato di questa stagione sono saltate: vista la situazione
attuale appare impensabile raggiungere l'obiettivo del miliardo di
euro. La dirigenza blaugrana dà per scontato che chiuderà il
bilancio in rosso e spera di contenere le perdite. Ecco perché dalla
riunione di oggi, secondo fonti del club, ci si aspetta "un piano di
sopravvivenza che implicherà sacrifici. La situazione è grave e il
Barcellona non è immortale", scrive il giornale catalano.
Inghilterra, FA Cup: non basta il Liverpool delle riserve, ai
quarti va il Chelsea
Dominatore in campionato, il Liverpool incassa l'amarezza
dell'eliminazione dalla coppa d'Inghilterra. Il Chelsea approfitta
del fattore campo per superare 2-0 i Reds a Stanford Bridge e
volare ai quarti. I blues sono andati in vantaggio dopo appena 13'
grazie a un forte destro da fuori, ma centrale, di Willian che ha
sorpreso un incerto Adrian e poi hanno raddoppiato nella ripresa
(63') grazie a uno straordinaria percussione di Barkley, chiusa
con un perfetto destro dal limite. La scelta di Klopp di
rinunciare a ben 7 titolari, tra cui Salah e Firmino, messi in
campo solo nei minuti finali, non ha decisamente pagato. Sorride
anche il Newcastle che vince 2-3 in casa del West Bromwich con
qualche brivido. Avanti 0-3 (doppietta di Almiron e gol dell'ex
interista Lazaro) i magpies si sono rilassati consentendo agli
avversari di rifarsi pericolosamente sotto con le reti, nel
finale, di Phillips e Zohore. Si qualifica per i quarti, infine
anche lo Sheffield United che passa ai supplementari in casa del
Reading. Ha deciso la sfida Sharp al 105' dopo che Puscas su
rigore al 43' aveva consentito ai padroni di casa di pareggiare la
rete iniziale (2') di McGoldrick.
La Premier ora pensa al peggio: titolo al Liverpool e campionato a
22 squadre
Secondo la stampa inglese si inizia a pensare all'eventualità che la
stagione possa finire con largo anticipo. Tutti d'accordo sui Reds
campioni visto i 25 punti di vantaggio sul Manchester City. Sospese
le retrocessioni con le prime due squadre di Premiership promosse
Una battaglia su due fronti. Se da un lato le varie leghe europee pressano
l'Uefa per rimandate di un anno l'Europeo e
proseguire in estate i vari campionati del continente, dall'altro
c'è chi, come la Premier, si prepara all'eventualità estrema che
tutto questo non avvenga. Così in Inghilterra si parla di assegnare
il titolo al Liverpool nel caso in cui la pandemia del Coronavirus
dovesse impedire il proseguo della stagione e partire con 22 squadre
la prossima stagione, contro le 20 attuali. I Reds hanno dominato
fin qui questa stagione dando la bellezza di 25 punti di distacco
alla seconda, il Manchester City.
Nessun dubbio sul titolo al Liverpool
Lo rivela il quotidiano Telegraph, che già un mese fa ha spiegato
che la Premier League non ha un regolamento che contempli la
situazione attuale, in cui la stagione potrebbe essere ridotta.
Tuttavia, un dirigente di lunga data del Liverpool ha rivelato che
c'era poca opposizione a dare al club il suo primo titolo in 30
anni. Inoltre, gli stessi media indicano che il resto dei club della
Premier League hanno dato la loro approvazione a questa iniziativa,
e nel caso, a dare per terminata la stagione e che la squadra di Jurgen
Kloppdiventi
campione nonostante il fatto che ci siano ancora diverse giornate da
giocare. L'ampio margine sui Citizens ha aiutato a fare accettare
questa eventualità, dal momento che il Liverpool potrebbe già
diventare campione nelle prossime due partite.
Nessuna retrocessione e campionato a 22 squadre
L'unica certezza, al momento, è che la Premier
League sarà fermata almeno fino al 4 aprile,
ma non si sa se la competizione si possa riprendere dopo questa
data. Con la parte superiore della classifica abbastanza risolta,
dando per assodato il Liverpool campione, i problemi maggiori ci
sarebbero per la zona retrocessione. Di norma, ci sono tre squadre
che retrocedono a fine stagione, ma alla data della sospensione ci
sono cinque squadre con gravi possibilità di perdere la divisione:
Norwich City, Aston Villa, Bournemouth, Watford e West Ham, con le
ultime tre tutte a 27 punti. La soluzione che la Premier League ha
trovato per questo caso (la stessa ipotizzata anche per la serie A)
sarebbe quella di una stagione senza retrocessioni. Cioè, o lasciare
le cose così come in questa stagione, o che le due squadre in testa
al campionato di serie B inglese (Leeds e West Bromwich) possano
salire in Premier e che il campionato diventi a 22 squadre.
Francia, il Psg umilia il Lione ed è in finale di Coppa. FA Cup:
avanza il City, eliminato il Tottenham
Gli uomini di Tuchel travolgono 5-1 in rimonta la rivale della
Juve in Champions. Decisivo Mbappé, autore di una tripletta. Alla
squadra di Guardiola basta un gol di Aguero per eliminare lo
Sheffield Wednesday. Gli Spurs escono ai rigore contro il Norwich
Trascinato da un super Mbappé, autore di una tripletta, il Psg
travolge (1-5) in rimonta il Lione e vola in finale di Coppa di
Francia. Gli avversari della Juve in Champions hanno resistito
un'ora poi, con un uomo in meno per l'espulsione al 61' di Marcal
per somma di ammonizioni, sono crollati. La squadra di Garcia si è
illusa dopo la rete all'11' di Terrier. Gli ospiti hanno
immediatamente (14') pareggiato con Mbappé e poi sono passato in
vantaggio al 64' con Neymar che ha trasformato un calcio di
rigore. A questo punto Tuchel ha lanciato nella mischia anche
Verratti e Icardi, tenuti inizialmente in panchina, e il Psg ha
dilagato grazie a Mbappé, a segno al 70' e al 90', e a Sarabia
(81'). In finale il Psg affronterà la vincente della sfida tra St.
Etienne e Rennes, in programma giovedì alle 20.55.
FA Cup, avanza il City, eliminato il Tottenham
In Inghilterra basta una rete di Aguero al Manchester City per
passare (0-1) a Sheffield contro il Wednesday e conquistare il
pass per i quarti i finale di FA Cup. Avanza anche il Leicester
(1-0 al Birmingham con rete di Pereira all'82') mentre, a
sorpresa, viene eliminato il Tottenham di Mourinho che non è
riuscito a venire a capo del Norwich in casa ed è uscito ai
rigori. In gol dopo apena 13′ con Vertonghen, gli Spurs si sono
fatti riprendere nel finale (78′) da Drmic. Si è andati alll
lotteria dal dischetto dove il Tottenham è stato tradito dagli
errori di Lamela, Parrott e Fernandes.
Coppa di Germania, Eintracht e Leverkusen in semifinale
In Germania Eintracht Francoforte e Bayer Leverkusen hanno
raggiunto Bayern Monaco e Saarbrucken in semifinale. L'Eintracht
ha piegato 2-0 il Werder Brema grazie a un gol per tempo. Ha
aperto le marcature al 45' su rigore l'ex milanista André Silva,
ha chiuso i conti al 60' Kamada. L'unica nota stonata per gli
uomini di Hutter è l'espulsione al 90' di Kostic. Il Leverkusen,
invece, ha piegato 3-1 l'Union Berlino in un match rivelatosi più
complicato del previsto. Sorpreso al 39' da Ingvartsen, il Bayer
ha avuto bisogno dell'uomo in più, grazie al rosso a Lenz per
somma di ammonizioni al 71', per capovolgere la situazione. Un
minuto dopo ha pareggiato i conti Bellarabi quindi hanno pensato
Aranguiz (86') e Diaby (90') nel finale a ribaltare il punteggio.
Spagna, Coppa del Re: Real Sociedad in finale
In Spagna è la Real Sociedad la prima finalista di Coppa del Re.
Dopo la vittoria per 2-1 all'andata, i baschi si sono ripetuti
anche in casa del Mirandes, squadra di seconda divisione,
imponendosi grazie a un gol su rigore al 41' di Oyarzabal. In
finale ora Oedegaard e compagni affronteranno unoa traGranada e
Athletic Bilbao che all'andata si è imposto 1-0. La gara è in
programma giovedì alle 21.
Inghilterra, Coppa di Lega al Manchester City: battuto 2-1 l'Aston
Villa
I citizens si aggiudicano il primo trofeo stagionale: a segno
Aguero e Rodri, inutile il gol di Samatta. Per la squadra di
Guardiola è il terzo sigillo consecutivo in questa competizione
La
Carabao Cup, la Coppa di Lega inglese, va al Manchester City. I
ragazzi di Guardiola superano l'Aston Villa per 2-1 nella finale
odierna di Wembley e si aggiudicano per il terzo anno consecutivo
il prestigioso trofeo.
Decidono Aguero e Rodri
Succede tutto nei primi 45′: doppio vantaggio del City con "El Kun"
Aguero e Rodri, a cui rispondono d'orgoglio i "Villains" con il
gol di Samata. Nel secondo tempo i campioni in carica
d'Inghilterra si limitano a gestire, facendo correre a vuoto gli
avversari ma rischiando nel finale con il palo colpito da Engels.
Guardiola si "consola" cosi' con il primo trofeo della stagione,
vista la recente sanzione Uefa (che la escluderebbe per due
stagioni dalle coppe europee) e la quasi virtuale assegnazione
della Premier League al Liverpool, nonostante il ko
di ieri sul campo del Watford per 3-0.
I "Reds" di Jurgen Klopp sono sono in testa alla classifica con 22
punti di vantaggio proprio sul City, al momento secondo.
Premier League, dopo più di un anno il Liverpool cade: il Watford
vince 3-0
I Reds perdono nettamente a Vicarage Road contro la quartultima in
classifica ma restano saldamente in testa al campionato. La
squadra di Klopp non veniva sconfitta in Premier dal 3 gennaio
2019
È la caduta degli déi rossi. È la vittoria dei “calabroni”.
Incredibile, impensabile, roboante. Il Watford fino a poche ore fa
era penultimo. Stasera, invece, gli “hornets” sono appena fuori
dalla zona retrocessione. Ma soprattutto, in Premier League
quest’anno sono la prima squadra ad aver battuto - e pure umiliato
- l’invincibile Liverpool, dopo il Napoli di Ancelotti in
Champions League e l’Atletico Madrid di Simeone, che ora fa più
paura. È un 3-0 secco, strameritato, inappellabile del Watford,
contro gli sbiaditi “reds” di Jürgen Klopp, che vinceranno di
sicuro il campionato dopo tre decenni di lacerante attesa ma che
da qualche tempo non sono più quelli di inizio stagione. In questa
gelida serata, qui, al Vicarage Road Stadium di Watford, potrebbe
cambiare il senso dell’annata sinora trionfale del Liverpool.
La clamorosa vittoria dei “calabroni" ha un giovane padre. Ismaila Sarr,
senegalese, 22 anni appena compiuti, “figlioccio” e connazionale
della stella del Liverpool Sané, che quando quest’anno è arrivato
a Watford dal Rennes gli aveva mandato dei messaggini di
incoraggiamento. Non solo: Sarr nel 2017 si era trasferito al
Rennes rifiutando addirittura il Barcellona, in quell’occasione.
Perché Ismaila voleva giocare, punto. Come ha
giocato, straordinariamente, questa sera. Mentre il Liverpool
dietro oggi è svagato, deconcentrato, curiosamente distratto. E,
paradosso, viene punito dalle stesse armi che di solito scatena
contro gli avversari.
Dopo un primo tempo combattuto, al 54esimo Sarr segna l’1-0:
zampata sotto porta su una rimessa laterale e prolungamento di
Doucouré, ma tutta la difesa dei “rossi” dorme. Cinque minuti
dopo, la giovane ala senegalese raddoppia: Deeney, centravanti
cattivo, brutto da vedere ma straordinariamente utile e generoso,
lancia in verticale Sarr, che scatta sul filo del fuorigioco come
farebbe dall’altra parte Mohamed Salah se solo fosse in giornata,
e infila ancora una volta Alisson con un delizioso colpo sotto.
Poi al 72’, l’apoteosi del Vicarage Road, che ammazza la partita e
scatena la festa sugli spalti. Ennesimo svarione del Liverpool,
stavolta a causa del solitamente superbo Alexander Arnold:
passaggio all’indietro folle ad Alisson, Sarr si infila, ruba la
palla prima dell’ex portiere della Roma e serve il capitano Deeney
che a porta vuota segna il 3-0 con un pallonetto morbido e così
lento che è una goduria per i tifosi di casa. Sarr ha anche
il tempo, all’81esimo, di divorarsi la tripletta di fronte ad
Alisson.
Oggi il Liverpool non c’è. Non spaventa mai il portiere dei
calabroni Foster. Salah non si accende. Firmino gioca dieci
minuti, poi scompare e viene sostituito. Mané è innocuo, così come
l’indolente Alexander Arnold.
Carabao Cup, l'Aston Villa spazza via il Liverpool più giovane
della storia
L'Aston
Villa cala
ilpokerissimo contro
ilLiverpool più
giovane della storia. Ai quarti di finale di Carabao Cup,
disputati al Villa Park di Birmingham, non c'è davvero partita: iVillains la
sbloccano al 14', poi dilagano grazie all'autogol di Boyes al 17',
alla doppietta di Kodjia al 37' e al 45' e al gol di Wesley al
92'. IReds,
che hanno l'intera prima squadra impegnata nel Mondiale per Club a
Doha (domani la semifinale col Monterrey) e hanno quindi schierato
in campo questa sera la loro seconda squadra, vengono così
eliminati dalla manifestazione senza troppe sorprese.
SERPENTE – “Il
fatto che Andrea Agnelli sia il presidente dell’Associazione dei
club europei afferma tutto ciò che occorre sapere sui serpenti
striscianti, egoisti e protezionistici all’estremità di questa
organizzazione. È un uomo senza una singola cellula di sentimento
per lo sport o l’integrità sportiva. Ha avuto la fortuna, fin
dalla nascita, di avere il controllo di una delle grandi dinastie
del calcio: la Juventus. E da questa posizione di enorme fortuna,
vuole distruggere la più grande competizione di club al mondo e il
calcio“.
DISTRUGGERE – “Non
rovinare, danneggiare, o addirittura rovinare. Distruggere. Se il
tipo di struttura proposto da Agnelli dovesse avvenire, la Champions
League come competizione di interesse non esisterebbe più. La sua
avidità, la sua stupidità, ucciderebbe uno sport che non appartiene
ai figli titolari di fondi fiduciari ed eredità, ma agli uomini e
alle donne che lavorano in Europa e oltre“.
MEDIOCRE – “Agnelli
è una mente mediocre in un mondo sempre più pieno di menti mediocri,
quindi è ovvio che è la mediocrità venga premiata. La Juventus non
ha un pedigree maggiore del Nottingham Forest. Due corone europee,
le stesse di Brian Clough. C’erano 24 squadre nella competizione e
solo 16 nella fase a gironi quando la Juventus ha vinto l’ultima
volta nel 1996. Era ancora la Coppa dei Campioni la volta
precedente, nel 1984-85. La Juventus ha dovuto superare il potente
Ilves Tampere di Finlandia, Grasshoppers Zurigo, Sparta Praga e
Bordeaux prima di battere il Liverpool in finale“.
DIRITTO DI ESSERE DISGUSTOSI – “Questo
è ciò che vogliono Agnelli e l’ECA: il diritto di essere
disgustosi. Il diritto di alzarsi e richiedere i soldi. Non vogliono
essere bravi, qualificarsi, alzarsi al di sopra dei club su cui
sogghignano così altezzosamente. Vogliono il diritto di uccidere i
sogni, di strangolare la competizione. Sono piccoli uomini
spaventati con piani che renderebbero il calcio noioso e
mediocre. Ora resistiamo a questo, o le generazioni future
guarderanno i programmi su come era il calcio all’inizio del 21°
secolo – prima che Andrea Agnelli e il suo ego spregevole
uccidessero il nostro gioco“.
(Fonte: Daily Mail)
La Scozia si arrende: stop al campionato, titolo al Celtic---18-05-20
La Scottish Premiership alza bandiera bianca davanti
al virus, nono titolo di fila per i bianco-verdi.
Anche il campionato scozzese alza bandiera bianca davanti al coronavirus e
dichiara concluso in anticipo il campionato, interrotto lo scorso
marzo dopo la 30esima giornata. Con l'annuncio dello stop la
classifica finale è stata stilata in base alla media punti: ilCeltic è
stato proclamato per il nono anno consecutivo campione (51esimo
titolo della storia del club), gliHearts (che
hanno annunciato ricorso) sono stati retrocessi in Seconda
Divisione. "Avremmo preferito tutti vedere la stagione disputarsi
sul campo, negli stadi e davanti ai tifosi - ha detto il presidente
della Lega calcio scozzese, Spfl, Murdoch MacLennan -. Il Covid 19
ha provocato il caos nelle competizioni
sportive in tutto il mondo e
le ripercussioni si faranno sentire a lungo".
La Scozia chiude
i battenti seguendo quanto fatto da Olanda, Belgio, Cipro eFrancia.
Lo stop al campionato premia dunque il Celtic che dopo 30 giornate
in classifica aveva 13 punti di vantaggio (con una gara in più) sui
Rangers Glasgow, qualificati alla prossima Europa
League insieme
al Motherwell. Con la sospensione delle coppe nazionali dovrebbe
accedere all'Europa League anche l'Aberdeen quarta forza del
campionato. "Venerdì, i club della Ladbrokes Premiership hanno
espresso la loro chiara e unanime opinione sul fatto che non ci
fosse alcuna prospettiva realistica di completare le partite in
sospeso", ha affermato Neil Doncaster, amministratore delegato della
Scottish Premiership.
Dl Rilancio, norma taglia-ricorsi e potere alle Federazioni di
chiudere i campionati: adesso la Figc può decidere lo stop alla
Serie A
Il governo con una mano dà il via libera agli allenamenti,
con l’altra prepara il terreno allo stop di tutte le competizioni.
Serie A compresa. Nello stesso giorno in cui arriva l’ok del Comitato
tecnico-scientifico per le sedute in gruppo a partire dal
18 maggio, ecco che nelDecreto
Rilancio spunta una norma “salva campionati”, con cui
l’esecutivo dà il potere alleFederazioni di
chiudere tutto e taglia la testa ai ricorsi con un unico grado digiustizia
sportiva, affidato al Collegio di garanzia presso il Coni.
Un segnale inequivocabile, che forse solo la Serie A ossessionata
dalla ripresa (e dai soldi dei diritti
tv) non ha colto.
In teoria ieri la FederCalcio avrebbe
dovuto festeggiare un ulteriore passo verso lanormalità:
il parere “non ostativo” degli scienziati è
arrivato, dal 18 la Serie A può scaldare imotori.
In realtà anche questa è una sonora bocciatura per
la Figc del presidenteGabrieleGravina.
Il verbale del Cts definisce “largamente lacunosa e imperfetta” la documentazione fornita
dalla Figc, e aggiunge che “non si sono avutiriscontri adeguati
ai rilievi sollevati”. Insomma,il
protocollo con cui la FederCalcio pensava di azzerare i rischi e
far ricominciare la Serie
Aproprio non stava in piedi: bisognerà
riscriverlo.
Le condizioni poste
dai tecnici sono severissime, quasiincompatibili col
calcio giocato. LaFigc contava
di chiudere icalciatori in
ritiro, fare esami in continuazione etrattare gli
eventuali contagiati come semplici “infortunati”. Invece il governo
ha stabilito che al primo infetto l’intera equipe dovrà fare 14
giorni diquarantena.
Adesso parliamo di allenamenti,
ma se dovesse ricominciare il campionato,
con partite ogni 72 ore per finire entro agosto, con questa regola
un positivo farebbe saltare tutto il calendario.
Attenzione, questo non vale solo per i calciatori:
cade la distinzione fra gruppo interno e gruppo esterno ipotizzata
dal protocollo;
chiusi in ritiro dovranno starci tutti, anche dirigenti, tecnici,
persino magazzinieri, maestranze. Non sarà facile far accettare ai
giocatori una clausura forzata di settimane, figuriamoci ai lavoratoricomuni.
E poi c’è il problema enorme dei medicisociali,
su cui il Cts scarica tutta la responsabilità, proprio mentre gli
specialisti dei club erano già in rivolta e chiedevano una depenalizzazione.
Figc e Lega non
si arrendono: il protocollo sarà riscritto, si studianosoluzioni
alternative, ad esempio una polizza assicurativa per
coprire i rischisanitari e
tranquillizzare i medici. Tornare ad allenarsi, spendere soldi per
poi non giocare sarebbe una doppia beffa, che i club non possonopermettersi:
infatti adesso il calcio andrà in pressing sul premier Conte per
ottenere certezze su una data per la Serie A. Ma è evidente che oggi
la ripresa sia più improbabile di
ieri. Per questo assume particolare valore l’altro intervento delgoverno:
nell’ultima bozza del Dl Rilancio è stato inserito un articolo sulle
“Disposizioni
processuali eccezionali per i provvedimenti relativi
all’annullamento, allaprosecuzione e
alla conclusione delle competizioni e deicampionati,
professionistici e dilettantistici”.Le Federazioni possono
adottare inderoga alle
norme provvedimenti per proseguire o concludere lecompetizioni,
compresa la definizione delle classifiche o la composizione dei
tornei della prossima stagione. È la norma salva-campionati che il
calcio chiedeva:indicazioni su
come farlo non ce ne sono (è una questione sportiva), iricorsi ci
saranno lo stesso ma il governo prova a ridurne le conseguenze da
una parte fornendo appunto alle Federazioni uno “scudo” normativo,
dall’altra accorciando i tempi. Un
po’ come aveva già fatto l’ex sottosegretario Giorgetti ai
tempi del caos in Serie
B,
ci sarà un unico grado di giudizio sportivo, al Coni, poi si passerà
direttamente alla giustiziaamministrativa,
Tar e Consiglio
di Stato,
che però dovranno pronunciarsi rapidamente (ed evitare sospensive
cautelari). Insomma, in un mese tutto il contenzioso potrebbe
essere risolto, ma meglio muoversi per tempo. Per questo adesso la
Figc può davvero chiudere ilcampionato.
Si arrende anche l'Argentina: campionato definitivamente
sospeso--29-04-20
BUENOS AIRES - L'Argentina
alza bandiera bianca e dichiara definitivamente sospeso, a causa del
coronavirus, il campionato. Lo ha dichiarato, in un'intervista
all'emittente Tnt Sports, il presidente della federcalcio (Afa)
Claudio 'Chiqui' Tapia: "Tutti i campionati sono finiti, e domani
questa decisione verrà ratificata dal comitato esecutivo, che si
svolgerà in videoconferenza. Torneremo in campo solo quando le
autorità sanitarie ci daranno il via libera - ha detto Tapia -.
Insomma, si giocherà quando sarà il momento giusto".
Nel corso del meeting si stabiliranno i criteri di ammissione alla
prossima Coppa Libertadores mentre non ci saranno retrocessioni per
questa e per la prossima stagione.
Salvo quindi il Gimnasia di Maradona, 19esimo al
momento dello stop.
L'ultima partita di campionato giocata in Argentina è
stata quella del 10 marzo scorso fra Estudiantes e Racing Club,
finita 2-1 per gli ospiti. Con questo stop definitivo, l'attività
dovrebbe riprendere a settembre.
Coronavirus, scudetto all'Atalanta: aperta ufficialmente la
petizione online
Un comitato si è fatto promotore
dell'iniziativa, concepita come un riconoscimento al bel calcio
espresso dalla squadra di Gasperini ma soprattutto come tributo alla
popolazione di Bergamo, duramente colpita dal Covid-19
Da una semplice idea a una vera e propria proposta: l'assegnazione
dello scudetto
all'Atalanta diventa
oggetto di unapetizione
online.
Bergamo è tra le province più drammaticamente colpite dalla furia
del coronavirus e la scioccante immagine delle colonne dei camion
militari che hanno portato in altre Regioni le numerose vittime
del Covid-19 ha fatto il giro d'Italia e del mondo. Ecco perché,
se il campionato non potesse ripartire, c'è chi vorrebbe che lo
scudetto venisse assegnato alla formazione orobica.
Un tributo al bel calcio espresso dalla squadra di Gasperini,
quarta in classifica con il miglior attacco della serie A e
qualificatasi ai quarti
di finale di Champions League,
ma anche e soprattutto un atto di vicinanza e solidarietà alla
popolazione di Bergamo. E' ufficialmente partita una raccolta di
firme, della quale si è fatto promotore il 'Comitato Scudetto alla
Dea'.
"Com'è noto, l'emergenza Covid-19 ha fermato anche il campionato
di calcio di serie A e, allo stato attuale, appare assai
improbabile che possa ripartire. Tra le possibilità avanzate c'è
anche quella di non assegnare il titolo 2019-2020 - si legge sulla
piattaforma 'Change.org', dove è possibile aderire all'iniziativa
- La nostra proposta, invece, è quella di assegnarlo all'Atalanta,
sia per i meriti sportivi dimostrati sul campo soprattutto negli
ultimi due anni, sia per rendere omaggio alla città di Bergamo,
simbolo dell'Italia che soffre a causa del coronavirus". La
petizione sarà presentata alla Lega Serie A .
Arriva il colpo di
scena
dall'UEFA?
Secondo quanto riportato da Sky Sport, è terminata da poco la
riunione tra le varie Leghe per tracciare la linea comune della FIGC.
Erano presenti AIC (calciatori), AIAC (allenatori) e l’AIA
(arbitri).
La Federcalcio ha informato le rispettive associazioni del percorso
intrapreso nel caso in cui si dovesse riprendere a giocare e nel
caso in cui il campionato dovesse finire. In caso contrario, però,
la FIGC sta già pensando al piano B e ha già preso una prima
decisione: saranno mantenute le promozioni e retrocessioni, in modo
tale da avere anche la prossima Serie A sarà a 20 squadre,
allontanando così l’ipotesi paventata nelle ultime settimane di una
possibile Serie
A a 22 squadre. La FIGC, poi, si
è detta disposta a prorogare il termine della stagione (attualmente
fissato per il 2 agosto) qualora
l’UEFA dovesse comunicare una nuova data, diversa dal 3 agosto, come
ripresa di Champions ed Europa League.
E il caso di Dybala non aiuta: è ancora positivo dopo quattro
tamponi fatti. Il quotidiano nazionale scrive: “Il
campionato è sempre più appeso a un filo. Tanto che la Figc, nel
prossimo Consiglio Federale, fissato l’8 maggio, comincerà a
prendere in esame su come comportarsi e cosa fare nel caso in cui
calasse il sipario sul campionato. A meno
che la Uefa non cambi programma e decida che a settembre la
stagione ricomincerà da dove si è interrotta questa. A Nyon ci
stanno pensando”.
Almeno 10 su 20 club a rischio fallimento: la politica può
‘sacrificare’ la Serie A
Secondo La
Repubblica, il massimo campionato di calcio italiano è in
“pericolo”: “La
bolla rischia di scoppiare. Il calcio è un’industria indebitata fino
al collo e alcune società hanno già iniziato a spendere soldi che
incasseranno solo nella prossima stagione. Almeno
10 su 20 in A rischiano il fallimento: lo hanno messo nero
su bianco in un documento che circola tra i presidenti. Se questo
campionato non si giocasse, e se il prossimo dovesse essere
disputato a porte chiuse fino al 31 dicembre, per la stagione
2020/21 la Lega stima perdite del 25% almeno. Il mancato incasso
della campagna abbonamenti costringerà molte società a
ristrutturarsi, senza quella liquidità che normalmente arriva in
estate in un momento cruciale per pagare gli stipendi e garantire il
mercato. Le tv, poi, hanno già chiesto uno sconto per il prossimo
campionato, per rientrare dei danni subiti in questo. Per coprire le
perdite, i club dovrebbero ridurre per un anno ancora gli stipendi
dei calciatori e chiedere sconti sui giocatori presi in prestito con
riscatto, la tipica operazione per allestire una rosa rimandando i
pagamenti“.
La Serie
A potrebbe dunque subito un drastico ridimensionamento. Un
prezzo che la politica può pagare in questo momento d’emergenza: “E
se il resto d’Europa ripartirà, l’Italia dovrà svendere i pezzi
pregiati e trasformarsi in un discount, quello che è successo al
campionato olandese: una vetrina alla mercé dei club europei. La
pandemia insomma avrebbe come effetto quello di “riformattare” un
sistema già in crisi e fuori controllo da tempo. Ma, temono adesso i
club di Serie A favorevoli alla ripresa, questo potrebbe essere un
rischio che la
politica è disposta ad accettare, oppure un vero obiettivo: in tempo
di crisi, ridimensionare spese e follie del calcio dei paperoni può
produrre consensi nell’elettorato populista“.
.
Spadafora: "La
Francia ha chiuso, noi lasciamo spiraglio a ripresa
campionato"
"Sentiero per ripresa campionato serie A sempre più stretto"
Il ministro dello sport: "La maggioranza dei presidenti potrebbe
chiederci di sospendere tutto, la Lega cominci a pensare ad un piano
B"
Il campionato di serie A sembra andare verso lo stop, come
l'Olanda, come
la Francia.
Significative le parole del ministro dello sport Vincenzo
Spadafora che
ha spiegato stamattina a La7: "Oggi e domani audizioni fra Figc e la
Cts, il comitato tecnico scientifico, sul protocollo medico.Il
protocollo della Figc non era sufficiente,
ecco perché non abbiamo consentito subito gli allenamenti, il 4
maggio... Ma io vedo un sentiero molto stretto per la ripresa del
campionato. C'è incertezza ma l'alternativa all'incertezza è far
seguire anche all'Italia la stessa strada di altre Paesi. Io fossi
nei presidenti delle società di calcio mi preoccuperei di una
ripresa sicura: consiglio al calcio un piano B. Nei prossimi giorni
potremmo avere una sorpresa, visto che la Lega si riunisce di nuovo:
la maggioranza
dei presidenti di A potrebbe
chiederci di sospendere tutto. Io fossi al posto loro penserei alla
prossima stagione, inutile che i presidenti scrivano al presidente
Conte, pressioni inutili, il governo deciderà insieme ".
"Io sarei folle a demonizzare il calcio, sennò il prossimo anno
mancherebbero le risorse. Lo so bene. Ma gli allenamenti singoli dal
4 maggio sono impossibili e io oggi non posso dire se a metà giugno
si potrà tornare a giocare. Ma se non ci sarà sicurezza anche il
campionato dovrà fermarsi". E ha attaccato di nuovo Lega
e Sky che
non hanno voluto le partite in chiaro (sulla Rai) in marzo, poco
prima che si fermasse tutto. "Cosa accadrebbe adesso se riprendiamo
e poi il giorno dopo un giocatore diventa positivo?". Quesito che i
medici e gli scienziati non hanno mai risolto.
Discriminatoria e illogica, secondo il sindacato
calciatori,
la decisione di non riaprire gli allenamenti individuali dal 4
maggio come per altre discipline (non di squadra). Su questo fronte
l'Aic è al fianco dei presidenti che ieri, per tutto il pomeriggio,
sono stati a "limare" un duro comunicato contro il governo, un
appello al Premier Conte, una nota superata poi in serata dalle
parole di Spadafora, che ha anche chiamato Tommasi. Ha
parlato poi anche Lotito,
uno dei pochi che ha il coraggio di esporsi: ma dove sono finiti i
big, la Juve, il Milan, l'Inter, la Roma? E De Laurentiis, sempre
così netto nel suo pensiero? La verità, come da noi scritto, è che
ci sono club, in seno alla Lega di A, contrari, o quantomeno
perplessi, su
una riapertura del campionato.
Per interessi e convinzione. La Lega, comunque, è infuriata con
Spadafora, "che avesse almeno il coraggio di andare in tv e
dichiarare chiusa questa annata, come hanno fatto in Francia"
sostengono i "falchi". Il ministro pare che questa tentazione
l'abbia avuta di fronte alle continue pressioni di certi presidenti,
da lui ben conosciuti. Pressioni nei suoi confronti e anche nei
confronti di altri ministri, fra cui la Lamorgese.
Pressioni che non sono piaciute nemmeno a Malagò, oltre che ai
massimi livelli istituzionali. La Lega di A chiede date certe sulla
ripartenza, "che senso ha-spiegano-allenarsi il 18 maggio se poi non
c'è la sicurezza di tornare in campo per
il 14 giugno,
data ultima per salvare questa stagione?". Ma in questa situazione,
con calciatori di nuovo positivi, altri che sono scappati
all'estero, come si fa a dare certezze? Lo scontro ormai è rovente,
questa potrebbe essere la settimana decisiva.
Intanto, i presidenti si sono dati appuntamento per venerdì 1
maggio, la Festa dei Lavoratori: assemblea dedicata anche alle
strategie da prendere nei confronti delle tv che non pagheranno
l'ultimo bimestre dei diritti, 220 milioni. A Sky spetta la quota
più alta (130 milioni più Iva), poi Dazn e Img (diritti esteri). Le
tv non pagheranno. La Lega farà causa, si rivolgerà al tribunale
civile di Milano, ora chiuso, chiedendo un'ingiunzione di pagamento.
Ma tutto dipenderà se si tornerà in campo: se si chiude la stagione
(come ormai è probabile), è una tragedia per alcuni club che
rischiano di non iscriversi alla prossima. Sky ha già chiesto un
consistente sconto per il 20-21: alcuni presidenti vorrebbero
trattare (purché venga saldata l'ultima rata). Altri sono per il
pugno duro, durissimo. Il contratto in realtà è blindato, per questo
e il prossimo anno (lo aveva fatto De Siervo, quando era ad di
Infront Italia, advisor della Lega). Ma questa è una situazione
speciale, conviene trattare. Conviene a tutti. Alle tv e i
presidenti. Conviene a tutto il calcio, sino ai dilettanti, che
senza i soldi della Lega di A andrebbe in crisi, forse anche in
default.Insomma, è arrivato il momento di sotterrare l'ascia di
guerra: inutile il tutti contro tutti, Malagò contro Gravina (e
viceversa), il ministro contro la Lega, la Lega contro la Figc, i
calciatori e i presdenti contro il governo, la Lega contro le tv (e
vicevera). Così si va poco lontano. Anzi, si fa la fine di Francia
e Olanda che hanno chiuso tutto e
arrivederci a settembre. Deiplayoff
e dei playout,
pur consentiti e anzi caldeggiati dalla Uefa, in Lega non vogliono
sentire parlare, alcuni club non accetterebbero mai. Una follia
buttare all'aria così una stagione, sostengono in molti. Meglio
chiudere bottega, tanto si sa già chi andrà in Champions il prossimo
anno, spiegano altri. Ora siamo davvero arrivati alla resa dei
conti.
Tommasi ha spiegato oggi di aver solo chiesto a Spadafora di
applicare i protocolli degli sport individuali. "Vedo inverosimile
che riprenda il calcio, nel rispetto dei calciatori. Non è il tennis
o la Formula 1, c'è il contatto fisico", ha spiegato il viceministro
della Salute, Pierpaolo Sileri. Gravina intanto ha convocato un
consiglio federale per l'8 di maggio, il giorno prima la Lega Pro
dovrebbe decidere di cancellare il suo campionato (oggi i medici dei
club hanno ribadito di non essere in grado di rispettare il
protocollo medico). La Lega B vorrebbe giocare sino ad agosto,
quella Dilettanti è pronta a pensare al futuro, alla ripartenza di
settembre. L'8 maggio potrebbe essere un giorno decisivo per le
sorti del calcio italiano.
La Ligue 1 si ferma definitivamente: il Governo francese sospende lo
sport fino a settembre
In un intervento del Primo Ministro al Parlamento francese, è stata
data la comunicazione dell'interruzione ufficiale del campionato
transalpino.
La Ligue 1 2019-2020 si ferma qui, senza ulteriori rinvii. A
comunicarlo è il Primo Ministro Edouard Philippe in un intervento al
Parlamento francese.E'
questa la frase con cui il Primo Ministro annuncia la chiusura del
campionato francese, facendo da conclusione a un lungo discorso in
cui viene specificato che no saranno autorizzati eventi di nessuna
natura che possano creare assembramenti di persone. Nel criterio di
distanziamento sociale, Philippe annuncia infatti che le mascherine
saranno obbligatorie ovunque in presenza di persone e che la ripresa
della vita normale sarà graduale, per questo motivo sport di squadra
e di contatto non potranno in alcun modo essere autorizzati.Come
assembramenti, sia pubblici che privati, sono considerati gruppi
oltre le 10 persone, per questo motivo il calcio non potrà
ripartire.La stagione sportiva non riprenderà prima di settembre e a
questo punto si sollevano molti interrogativi, da come potranno fare
i club per quanto riguarda la Champions League (si dovrebbe giocare
ancora Juventus-Lione, per esempio) e sconfinando in altri sport che
ne sarà del Tour de France.
Non è ancora finita nel
dimenticatoio l’ipotesi dei play off di Serie A anche se
andrebbero ridiscussi i diritti tv.
Chi vuole ricominciare con il calcio ha
soprattutto interessi economici. E’ ormai palese. Nell’ultimo
anno il calcio ha fatturato 3.8 miliardi di euro, con un indotto
di 7,5 miliardi, e pagato tasse per 1,7 miliardi.
Anche se i tornei dovessero finire qua.
L’Inter entrerebbe in CL con Juve, Lazio e Atalanta. Roma e Napoli
in EL sicuramente se la classifica fosse questa. Non è ancora
finita nel dimenticatoio l’ipotesi dei play off di Serie A anche
se andrebbero ridiscussi i diritti tv. Si possono fare a 8, 6 o 4
squadre. Ma qualsiasi formula potrebbe scontentare un club o
l’altro.
(Fonte: La Repubblica)
Uefa: "Finire i campionati, caso contrario conta la classifica".
Subito 70 milioni ai club
Il massimo organismo europeo ha dettato le linee della fase di
emergenza. Si cercherà di portare a termine la stagione, altrimenti
per partecipare alle coppe prevarrà il merito sportivo acquisito al
momento. Anticipati i compensi economici ai club
L’Uefa ha raccomadato alle Leghe e alle Federazione di fare il
possibile per completare i campionati domestici entro fine luglio
per lasciare spazio, in agosto alle Coppe europee. Ma Ceferin
nell'esecutivo di oggi ha preso anche in esame l'ipotesi che qualche
Paesi non potesse concludere la stagione (Olanda e Belgio sono in
bilico): in questo caso, è stato stabilito che varranno i meriti
sportivi acquisiti sul campo fino al momento dell’interruzione.
Meritocrazia, quindi, e non raking storico Uefa. Per l'Italia, in
caso di stop al campionato, vorrebbe dire che in Champions il
prossimo anno andrebbero le prime quattro della classifica alla 26a
giornata, il 9 marzo, quando si era fermato tutto:sono Juventus,
Lazio, Inter e Atalanta. Slitta intanto al 2022 (dal 6 al 31 luglio)
l’Europeo donne previsto originariamente per il prossimo anno.
Il Comitato Esecutivo Uefa ha anche deciso di sbloccare
immediatamente i pagamenti dei compensi dei club relativi al loro
contributo alle competizioni delle Nazionali, alla luce dell'attuale
crisi e delle difficoltà finanziarie che molti club stanno
affrontando in tutta Europa a causa dell'emergenza coronavirus.
Verranno assegnati 50 milioni ai club che hanno rilasciato giocatori
alle 39 squadre nazionali non coinvolte negli spareggi delle
Qualificazioni Europee; 17.7 milioni ai club che hanno rilasciato
giocatori alle 16 squadre nazionali coinvolte negli spareggi delle
Qualificazioni Europee (esclusi i pagamenti per gli spareggi, che
saranno pagati al completamento degli spareggi); - Il saldo di 2,7
milioni di euro relativo ai giocatori rilasciati per gli spareggi
sarà distribuito al termine di queste partite di spareggi in
autunno. Per il torneo Euro 2020, verranno distribuiti 70 milioni di
euro tra quei club che hanno rilasciato giocatori per le
qualificazioni europee e la Uefa Nations League e i restanti 130
milioni di euro saranno distribuiti tra quei club che rilasceranno
giocatori per Uefa Euro 2020. Questi pagamenti andranno a beneficio
di un numero molto elevato di club in tutta Europa e forniranno loro
ossigeno vitale in un momento critico: 676 squadre provenienti da 55
federazioni nazionali riceveranno cifre che vanno da 3.200 a 630.000
euro per il loro contributo alle qualificazioni europee e alla Uefa
Nations League per il periodo 2018-20.
Agnelli: "Iniezione di liquidità necessaria"
"In questi tempi difficili in cui molti club si trovano ad
affrontare problemi finanziari, in particolare con il loro flusso di
cassa, era nostro dovere assicurarci che i club stessi ricevessero
questi pagamenti il più rapidamente possibile". Così il presidente
della Uefa, Aleksander Ceferin.
"un'iniezione di liquidità necessaria alle finanze dei club ed è il
risultato del lavoro congiunto della Era con la Uefa per la
protezione dei club in questo momento di minaccia esistenziale", ha
spiegato il presidente della Juventus, Andrea Agnelli.
Allenamenti, Ronaldo come la Pellegrini...
Il governo italiano ha intenzione di fare riprendere il campionato
di serie A in estate, con le massime misure di sicurezza. Ma
bisognerà andare per gradi. Fase 1: allenamenti individuali, Ronaldo
da solo a correre alla Continassa come la Pellegrini da sola in
corsia a Verona. Questa fase dovrebbe avere il via libera dal 4
maggio. Spadadora
ha promesso una risposta a breve, probabilmente all'inizio della
prossima settimana. Molti
giocatori, vedi appunto Ronaldo, sono ancora all'estero e devono
rientrare. Fase 2: allenamenti collettivi perchè il calcio è uno
sport di squadra, di contatto. Si potrebbe riprendere col pallone
soltanto intorno al 18 maggio. Fase 3: via al campionato, alle 12
giornate che mancano, più quattro recuperi, 124 partite in tutto da
giocare di sera, tre volte alla settimana (favorito chi ha la rosa
lunga). La date ipotizzata dalla Lega, se gli allenamenti collettivi
iniziassero davvero il 18 maggio e non ci fosse nessun intoppo
(leggi: giocatori positivi), è giugno. Forse un po' presto ai primi
del mese, più fattibile sabato 13. E chiusura di questa stagione
infernale a fine luglio, tranne per i cinque club impegnati nella
Coppe europee.
I presidenti di A sostengono che se ai primi di maggio ripartono 2,8
milioni di lavoratori, non si vede perchè, in ritiri superblindati e
supersanificati, non si debbano allenare anche i calciatori. Certo,
la Lega vorrebbe una garanzia dal governo, cioè che la stagione
possa riprendere, e concludersi, altrimenti che senso avrebbe
allenarsi? Ma è meglio andare per gradi, ora nessuno può dare queste
garanzie. Bisognerà vedere come procede la curva dei contagi,
soprattutto in Regioni ad alto rischio come Lombardia e Piemonte
(per questo si cercano già i campi neutri). Anche il senatore Matteo
Renzi, Italia Viva, è con il calcio: bacchetta Spadafora, un
discorso “populista e demagogico”, e spiega che “è evidente che ci
voleva il lockdown ed è stato giusto farlo, ma quando riparti, non
riparti solo con le fabbriche", ma anche con il mondo dello sport,
tutto lo sport. Certo, i problemi sono ancora tanti. E vanno risolti
in fretta. Nel frattempo, la commissione medica voluta da Gravina
dovrà mettere mano ad un protocollo che non piace a nessuno, a
cominciare dai medici sociali: ma il ministro Spadafora ha come
riferimento la Fmsi di Maurizio Casasco e Fabio Pigozzi che hanno
studiato nei minimi dettagli il percorso per la ripartenza non solo
dello sport professionistico ma anche di quello amatiriale. Prevista
anche una task force di medici specializzati che dovranno occuparsi
dell'antidoping in serie A perchè quelle 124 partite ancora da
giocare dovranno essere una cosa seria. Subito dopo il 4 maggio ci
sarà un consiglio federale della Figc: per Gravina è il tempo delle
decisioni. Perchè, come dice giustamente Spadafora, il calcio non è
solo la serie A.
La
Lega di Seria A, guarda guarda, si ricompatta non appena dopo che i
veri padroni del calcio (le tv capitanate da Sky) hanno inviato un
messaggio chiaro sui pagamenti che verrebbero meno se non si finisse
il campionato. E così tutti sull’attenti. Compresi i club (vedi
Brescia o Udinese) che fino al giorno prima volevano fermare tutto,
chissà forse per evidenti vantaggi di classifica. Che tristezza, se
non fosse una tragedia che rischia di finire in farsa facendo
vomitare. In sintesi la Serie A vuole finire il campionato. Alla
faccia del contagio, dei rischi, del fatto che l’immagine che si
darebbe ai cittadini ancora privati di molte libertà di stare
assieme sarebbe quanto meno inopportuna, del fatto che mentre altri
spettacoli saranno costretti a chiusura a tempo indeterminato perché
impossibile prevedere, ad esempio, concerti o teatri con persone
assieme sul palco, ecco che il pallone gonfiato parla a sproposito,
individuando un protocollo che favorirebbe la ripresa a suo dire.
Un protocollo che nessun medico vuole però portare davanti a un
ministro, Spadafora (coadiuvato da Speranza), il quale sa bene che
impatto sociale avrebbe far ripartire attività di secondo piano
rispetto ai sacrifici che la gente comune deve fare ancora per
chissà quanto tempo. ( Il protocollo prevederebbe qualcosa tipo
100.000 tamponi per sti stronzi prima, durante e dopo la partita,
QUANDO, stramaledetto Odino, a noi non ci tamponano nemmeno in caso
di incidente: c'è la cognata della collega di mia moglie chiusa in
casa da una settimana con febbre a 38 senza tampone, le hanno
detto:" Lei è un sospetto Covid, stia in quarantena con tutta la
famiglia e speriamo "na maronna". Poi arrivano sti bimbi minchia e
gliene facciamo 100.000 perchè devono prendere a calci una palla
perchè sennò SKY non paga.......ok, io per sta gente voglio che
salti fuori GODZILLA da una qualche breccia per mangiarseli......
L'articolo prosegue così:"Inutile affermare che il calcio è
un’industria, per cui come per le altre del Paese valgono le norme
che il governo esprimerà per il 4 maggio. Chiamare industria il
calcio è solo una formalità, perché è un gioco e rimane tale, alla
pari di altri sport di squadra che hanno già deciso lo stop totale
per questa stagione. Ma il calcio, vittima dei suoi debiti e dei
suoi bilanci truccati più del visagista delle dive, non vuole
saperne, aiutato anche da organi di stampa e televisioni che con
esso hanno speculato, portando il tutto a creare una bolla che sta
per esplodere. (Volesse Iddio MALEDETTI !!!) Il fatturato è vero che
produce 4,7 miliardi di euro che corrisponde al 12% del Pil del
football mondiale. Ma di questi miliardi la maggior parte finisce
nelle tasche di giocatori, dirigenti, società spesso con sede
fiscale all’estero, agenti e sponsor. Il resto, le briciole, vanno
agli altri lavoratori che vi fanno parte (vedi per esempio
magazzinieri) che attualmente sono in cassa integrazione per lo più.
A loro i club non sembrano pensare, però.
Ripartire significherebbe produrre problemi di sicurezza. Hai voglia
a parlare di test sui giocatori a spese dei club (ovvio, ma comunque
sarebbero sparsi e toglierebbero risorse a ospedali che attualmente
faticano a produrli per i pazienti “comuni”). Hai voglia a parlare
di sicurezza negli allenamenti quando un cittadino non può nemmeno
andare a correre con un amico. Hai voglia a dire che in campo si
manterrebbero le distanze di sicurezza, a meno che non si voglia far
marcare l’avversario a due metri di distanza. Hai voglia a parlare
di ritiri dorati a tempo indeterminato, quando una persona fatica ad
andare a trovare anche solo un parente o un amico in ospedale.Il
calcio e chi lo sponsorizza adesso si sta macchiando di ridicolo.
Riprendere sarebbe come rivivere la finale tra Juve e Liverpool
dell’Heysel. Dopo 39 morti la sceneggiata in campo, con tanto di
festeggiamenti finali. Un’immagine indelebile che dovrebbe far
riflettere ancora oggi. Giocare sarebbe venire meno ai migliaia di
morti, ai malati, a chi ha sofferto e soffre, a chi ha perso il
lavoro e di certo l’ultima cosa a cui pensa oggi è rifare un
abbonamento alla tv per vedersi una partita a carissimo prezzo.Il
pallone è gonfiato a dismisura come i suoi padroni, inutile dire che
non vogliono sentirsi privilegiati. Questo virus forse potrà
produrre uno sport più a misura d’uomo, senza eccessi. L’occasione è
importante per fare un passo indietro, non per farne uno verso un
ulteriore baratro. Ecco io spero nel baratro per sti stronzoni: è
vero ci sono magazzinieri, preparatori, i calciatori della serie C,
della serie D che certo non incassano milioni ma cazzo, cazzo E'
NECESSARIO UN FORTISSIMO RIDIMENSIONAMENTO per sta merda. PUNTO
!!!!!!
UFFICIALE, l’Olanda archivia il campionato e non assegna il
titolo: ecco cosa succede
Ora è ufficiale. Il
calcio olandese chiude i battenti a causa del coronavirus e
dà appuntamento direttamente alla prossima stagione. L’annuncio
arriva dall’Eredivisie, che
ha messo in chiaro che la stagione non sarà completata. Quindi
niente promozioni, niente retrocessioni. La soluzione è stata
approvata con 16 voti a favore, 9 contrari e 9 schede lasciate in
bianco. Per quanto concerne le coppe europee farà fede la classifica
in vigore al momento della sospensione,come
stabilito dalla UEFA. Il
titolo di campione d’Olanda non sarà assegnato ma al primo posto
viene considerato l’Ajax – stessi punti dell’Az Alkmaar, ma migliore
differenza reti – che accede così ai playoff della prossima
Champions, mentre l’Az partirà dal secondo turno preliminare. Il
Feyenoord, terzo secondo la classifica momentanea, verrà iscritto
alla fase a gironi dell’Europa League, a cui prenderanno parte anche
Psv Eindhoven e Willem II ma partendo dal secondo turno di
qualificazione. La decisione non ha raccolto solo consensi, con
l’Utrecht si parla già delle prime intenzioni di fare ricorso.
Coronavirus, l'Olanda verso lo stop: il premier Rutte ferma lo
sport fino a settembre
L'Eredivisie dovrà quasi certamente rinunciare a ogni possibilità di
completare la stagione dopo la decisione dell'esecutivo. La
Federcalcio olandese (KNVB): "Non intendiamo continuare a giocare
sulla base del provvedimento del governo, ci consulteremo con la
Uefa per la decisione definitiva"
La stagione del calcio olandese rischia di essere giunta al
capolinea. La decisione del premier Mark Rutte mette spalle al muro
l'Eredivisie: stop alle manifestazioni sportive fino al prossimo 1
settembre. Nessuna possibilità di partite a porte chiuse, il che
rende impossibile per il massimo campionato olandese la chiusura
entro il 3 agosto, deadline indicata dalla Uefa per portare a
termine i campionati e le coppe nazionali in vista della prossima
stagione. Immediata è arrivata la risposta della federcalcio
olandese, la KNVB: "A questo punto, non intendiamo continuare a
giocare le competizioni della stagione 2019/20. Sulla base della
decisione odierna del governo, ci consulteremo con la Uefa e
prenderemo una decisione definitiva". L'Esecutivo Uefa, in programma
giovedì, diventa a questo punto vitale non solo per l'Eredivisie ma
per tutto il calcio europeo, visto che potrebbe dare un indirizzo da
seguire per chiudere le stagioni d'ufficio. Venerdì è in programma
una riunione tra la KNVB e tutte le componenti del calcio olandese
per discutere la chiusura dei campionati.
Spadafora gela il calcio italiano: "Non do per certa la ripresa"
Il ministro dello sport: "Non sono scontati gli allenamenti il 4
maggio. Ma riprenderli non deve dare l’illusione che automaticamente
voglia dire riprendere il campionato". Frecciata a Gravina: "Non
voleva l'autonomia?"
Una doccia fredda sul calcio italiano. Il ministro dello sport
Vincenzo Spadafora rimanda la ripresa degli allenamenti e gela le
attese della Federcalcio e della Lega Serie A, che non vedono
l'ora di riprendere il campionato. “Oggi non do per certo né la
ripresa del campionato né degli allenamenti il 4 maggio”, il
messaggio del ministro al Tg2. Poi, una frecciata al n.1 della
Figc Gavina, dopo
il suo intervento di domenica sera:
"Quando il mondo del calcio non vuole decidere o non vuole farlo
per motivi economici dice che è il governo che deve farlo. Quando
poi il governo interviene a gamba tesa rivendica la sua
autonomia". A scaldare il ministro anche il tema delle partite in
chiaro: "Quando ho provato a fare questa cosa nel periodo di
massima emergenza, ho avuto un confronto a dir poco acceso che non
è ancora mai ripartito con l'ad di sky e il presidente della Lega
Serie A".
Il colpo è durissimo per la Serie A che, in un consiglio di Lega
(ma erano assenti i club dissidenti, che in consiglio non hanno
rappresentanti) ha votato "all'unanimità l'intenzione di portare a
termine la stagione sportiva 2019-2020, qualora il Governo ne
consenta lo svolgimento, nel pieno rispetto delle norme a tutela
della salute e della sicurezza". Poche ore, e Spadafora ha
soffocato questo slancio di entusiasmo: "Il calcio è l'ultimo dei
problemi. Oggi non si può dare per certa nessuna riapertura se
prima non capiamo le possibilità per il nostro Paese. Ora dobbiamo
capire se il mondo del calcio sono pronti a riprendere. Valuterò
con molta attenzione la ripresa degli allenamenti, ma questo non
deve dare l’illusione che automaticamente voglia dire riprendere
il campionato”.
Chiusura sui bonus di 600 euro ai lavoratori dello sport: "Dalla
prossima settimana riusciremo a dare sui conti correnti delle
persone che ne hanno fatto richiesta il bonus di 600 euro per i
collaboratori sportivi, e non solo per chi ha un reddito fino a 10
mila euro. Stiamo recuperando le risorse per soddisfare tutte le
richieste. E dalla prossima settimana sarà attivo il fondo per
finanziamenti da 100 milioni di euro presso l'istituto per il
credito sportivo, per non far fallire decine e centinaia di centri
sportivi e palestre del territorio. A me interessa che riparta
tutto il mondo dello sport, e il mondo del calcio ha un valore
enorme sia economico che sociale, ma noi dobbiamo pensare a una
riapertura anche per tutti gli altri mondi, dove ci sono persone
che lavorano tra l'altro per stipendi ben inferiori a quelli del
calcio".
Se la serie A non riparte chi andrà in Champions League?
A questo punto è meglio che la serie A si prepari ad un piano B,
come suggerisce Malagò, perché la questione si fa sempre più
ingarbugliata: domani, mercoledì, il ministro Vincenzo
Spadafora, collegato
con tutto il mondo del calcio, dovrebbe spiegare che è prematuro
riaprire già il 4 maggio agli allenamenti per gli sport di squadra
(e questo riguarda anche basket, volley, pallanuoto e c.). Via
libera quindi solo agli sport individuali, alla Pellegrini e a Tortu.
E i calciatori che fanno senza pallone, senza tackle? Corricchiano
da soli? Non è più calcio.
L'asticella per fare allenare Ronaldo e c. in gruppo, anche se con
tutte le cautele, sarà spostata più avanti: ma se, per ipotesi, il
via libera dovesse arrivare intorno a fine maggio, o ai primi di
giugno, sarebbe ancora possibile completare la stagione (12 giornate
più 4 recuperi, in tutto 124 partite)? O sarebbe meglio chiudere
tutto e pensare al futuro?
La Lega oggi in assemblea si è compattata, tutti i venti presidenti,
anche Cairo e Cellino, hanno votato per la ripresa del campionato:
ma a condizione che a decidere sia il governo. I presidenti così
ritengono di cautelarsi da qualsiasi azione legale delle tv, che non
potrebbero più pagare l'ultimo bimestre (160 milioni circa). Ma il
governo per ora dirà che non ci si può allenare. Da parte dell'Uefa
c'è stata una " forte raccomandazione" alle Federazioni di
concludere i campionati: Ceferin è disposto a giocare le Coppe
europee sino ad agosto. Ma secondo un portale brasiliano (veja.abril.com.br)
ci sarebbe stata una conference call riservata fra l'Oms, l'Uefa e i
principali club europei. Per l'Oms lo scenario ideale sarebbe la
sospensione delle competizioni internazionali sino alla fine del
2021 (quindi anche gli Europei del prossimo anno). La conferenza
sarebbe durata due ore e mezzo con toni accesi: alla base del
suggerimento dell'Oms all'Uefa uno studio su rischi delle nuove
ondate di contagio e sui possibili scenari.
Molti club intanto chiedono garanzie alla Figc, moltissimi medici
sociali hanno sconfessato il protocollo
della commissione voluta da Gravina e
guidata dal professor Zeppilli. Non è applicabile, hanno detto.
D'altronde, a rischiare (penalmente) sono loro e con loro anche gli
amministratori delegati dei club. Basta ricordare il caso Astori.
Inoltre, c'è il problema dei tamponi: dove sono? I calciatori,
saggiamente, non vogliono passare per privilegiati. Anche lo stesso
Spadafora si è stupito che nella commissione Figc non ci fosse
nessuno della Fmsi, la Federazione medici sportivi riconosciuta dal
Coni e diretta, con mano ferma, daMaurizio
Casasco.
Sempre più complicato uscire da questo pasticcio.
Nell'ipotesi che questa stagione non dovesse riprendere, cosa
succederebbe? Lo scudetto non sarebbe assegnato, e su questo ormai
ci sono pareri concordi (a
cominciare dalla Juventus).
Per quanto riguarda le Coppe europee, ci sono invece diverse
correnti di pensiero. Qualcuno vorrebbe tenere conto della
classifica della scorsa stagione, considerando questa non valida
visto che si è fermata alla 26a giornata. Ipotesi poco probabile. Se
la decisione dovesse spettare al consiglio federale della Figc
verrebbero indicate all'Uefa per le Coppe europee 20-21 le prime
della classifica di questa annata: quindi, in Champions andrebbero
Juventus, Lazio, Inter e Atalanta. Ma le Federazioni decidono quando
i campionati sono conclusi. Esiste quindi un'altra possibilità, che
a decidere sia l'Uefa, visto che la questione potrebbe riguardare
non solo l'Italia: si prenderebbe in esame il ranking Uefa. In
questo caso in Champions andrebbero Juventus (n.5 nel ranking), Roma
(n.15), Napoli (n.16) e Lazio (n.36). Resterebbero fuori Inter e
Atalanta, rispettivamente n.50 e 51. Tutto è ancora da stabilire, ma
l'ultima parola potrebbe spettare a Ceferin.
Bisognerà vedere cosa faranno gli altri Paesi, se riusciranno a
concludere la stagione (Premier e Liga ci stanno provando con tutte
le forze). Inoltre, in caso di chiusura anticipata, bisognerà
stabilire anche che fare con le retrocessioni: congelare tutto? In
questo caso, la serie A il prossimo anno sarebbe a 22 squadre, cosa
che Gravina (saggiamente)
sconsiglia. Le ultime due in classifica, allo stop del 9 marzo,
erano Spal e Brescia. Le prime due della serie B Benevento e
Crotone, ma il Frosinone di Stirpe, terzo, ha già minacciato cause.
Bisognerà tenere conto anche di serie C e D. Il Bari di De
Laurentiis e il Foggia hanno già mobilitato gli avvocati. C'è il
rischio di passare l'estate al Tar del Lazio.
La Fip dichiara conclusa la Serie A di basket. Petrucci: "Scudetto
da non assegnare"
Il presidente, dopo la richiesta della Lega, dichiara concluso il
campionato dopo 22 giornate, congelate promozioni e retrocessioni:
"Tenuto conto della salute pubblica, del prolungarsi delle misure
d’emergenza e dei conti economici delle squadre". Stop anche alla A2
Ora c'è l’ufficialità: la Serie A italiana chiude i battenti,
arrendendosi definitivamente all'emergenza coronavirus. Ecco il
comunicato federale che sancisce una decisione attesa da giorni: "Il
Presidente della Federazione Italiana Pallacanestro Giovanni
Petrucci, considerata la determinazione della LBA (la Lega Basket,
ndr) di demandare ogni e qualsivoglia decisione in merito alla
chiusura anticipata della stagione 2019/2020 e sentito per le vie
brevi il Consiglio Federale, dichiara concluso il Campionato di
Serie A. Tale decisione è stata presa a seguito della perdurante
emergenza epidemiologica da COVID-19 su tutto il territorio
nazionale. La FIP è determinata a tutelare la salute di atleti,
tecnici, arbitri, dirigenti, di tutti coloro che partecipano
all'organizzazione delle gare dei campionati e delle loro famiglie.
Considerato che dai DPCM e dalle Ordinanze emesse, fino a questo
momento, dal Governo e dalle Regioni non emergono date certe circa
la possibilità di ripresa dell'attività sportiva in condizioni di
totale sicurezza, non si può pensare che si svolgano gare di basket
sul territorio nazionale, ed in particolare nelle zone geografiche
più colpite dall’epidemia. Dal Governo, dalle Regioni e dalla
scienza, inoltre, arrivano precise e stringenti indicazioni che
riguardano il distanziamento sociale. Misure impossibili da attuare
per uno sport di contatto come la pallacanestro. È noto, altresì,
che molte Società hanno autorizzato la partenza verso il loro Paese
di origine di molti atleti di cittadinanza straniera. È dovere,
quindi, della FIP assumere ogni iniziativa che possa tutelare le
proprie affiliate ed i propri tesserati. Dichiarare conclusa
l’attuale stagione sportiva permette ai club ed ai tesserati di
adottare tutti quei comportamenti necessari ad evitare ulteriori
costi da sostenere in assenza di attività. La FIP ritiene di
adottare questo provvedimento anche in considerazione
dell’impossibilità di disputare le gare alla presenza di migliaia di
appassionati, patrimonio fondante del movimento cestistico italiano.
Queste sono le ragioni poste alla base della decisione di dichiarare
concluso il Campionato di Serie A maschile per la stagione
2019/2020".n serata, Gianni Petrucci a Sky Sport 24 ha aggiunto: "Lo
scudetto per questa stagione non andrebbe assegnato", dopo che nel
pomeriggio Umberto Gandini, presidente della Lega Basket Serie A,
aveva lasciato aperta la questione: "Non abbiamo ancora affrontato
il tema perché abbiamo lavorato, in buona fede, per cercare di
riprendere. Ora ci parleremo, dovremo tenere da conto anche delle
decisioni della Lega di A2, che è un vaso comunicante, e d'intesa
con la Federazione troveremo la quadra"Stesso discorso per decidere
quali squadre andranno a partecipare alle Coppe Europee: "Sappiamo
che ci sono due sistemi differenti, uno sotto l'Eurolega e uno sotto
la Fiba attraverso la Champions League e ci adegueremo e daremo le
indicazioni necessarie affinché le squadre italiane siano presenti
in Europa".
La serie A è ferma, di fatto, dal primo di
marzo. Si sono giocate 22 giornate (quindi fino alla settima di
ritorno) prima della sospensione per coronavirus. Sono saltate
quindi 12 giornate di stagione regolare più i playoff. In queste
settimane, inizialmente, non tutte le squadre erano per la
chiusura definitiva, poi col passare del tempo si sono allineate
vista anche l’impossibilità, sempre più chiara, di non poter più
giocare a porte aperte (senza incassi, giocare implicava solo
costi e non entrate economiche). Nel frattempo oltre 50 giocatori
stranieri hanno lasciato l’Italia, rendendo di fatto impossibile
la ripresa. La Virtus Bologna aveva proposto di completare la
stagione in corso da luglio in poi, ma la proposta è stata
bocciata dalla Lega Basket. Lunedì, con una lettera, le due
bolognesi avevano chiesto alla Lega di non prendere alcuna
decisione per il rischio di cause legali di varia natura da parte
di sponsor e abbonati. La Lega ha però demandato la decisione
sulla chiusura alla Fip che ne ha preso atto ed è arrivata a
sancire la fine stagione, con il conseguente congelamento di
promozioni e retrocessioni. E in attesa di sapere quali e quante
squadre saranno al via la prossima stagione.
ANCHE LA A-2
—
Poco prima nel pomeriggio, anche la serie A-2 maschile cancella
ufficialmente la propria stagione. Il Presidente della Federazione
Italiana Pallacanestro Giovanni Petrucci, infatti, accogliendo la
richiesta presentata dal Presidente della Lega Nazionale
Pallacanestro Pietro Basciano, ha dichiarato concluso il
campionato di serie A-2. Preso atto dei provvedimenti già assunti
con cui sono stati dichiarati conclusi tutti i Campionati
regionali e nazionali dilettanti, constatata la permanente
emergenza epidemiologica su tutto il territorio nazionale e
sentito il Consiglio Federale, la Fip conferma di aver aderito
all’istanza della Lega Nazionale Pallacanestro e di aver assunto
il provvedimento che dichiara conclusa la stagione sportiva
2019/2020 per la A-2 maschile, congelando in questo modo
promozioni e retrocessioni. Nei due Gironi, Est e Ovest, dove
comandavano Ravenna e Torino, si erano giocate tra le 24 e le 26
partite di campionato. La chiusura della A-2 uomini si aggiunge a
quella già decisa della serie B e della A-1 e A-2 femminile.
Serie C verso lo stop definitivo: promosse le prime, per la quarta
sarà sorteggio
L'assemblea in programma il prossimo 4 maggio dovrebbe deliberare
una soluzione che per molti appare inevitabile. Nella serie cadetta
salirebbero Monza, Vicenza e Reggina e un'altra tra le eleggibili ai
play off
A tutti gli interessati, a tutti i presidenti della società di Lega
Pro. Il messaggio arriva diretto e chiaro. Ma soprattutto
controcorrente rispetto alle ansie di ripresa della serie A. In
pratica si tratta di uno: “smettiamo di prenderci in giro!”. Cosa
proporrebbe il presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli nella
sua lettera aperta ai suoi colleghi? Una cosa semplice: fermiamoci e
basta. Il Consiglio direttivo di categoria, riunitosi proprio per
questo nella giornata di sabato, preso atto all’unanimità delle
tante criticità ancora non risolte che il virus ha disseminato lungo
le strade dello sport, considerata la necessità di tutelare la
salute dei partecipanti alle competizioni, alla luce della
difficoltà di individuare misure certe e garantite e di poter
garantire la conclusione regolare del campionato di serie C, avrebbe
proposto di proclamare la definitiva sospensione del suddetto
campionato. Una scelta faticosa, sgradevole, disperata.Ma forse
sensata. Amaro Ghirelli: “Il clima di sofferenza è spaventoso: dal
21 febbraio la serie C è ferma, per una scelta che costa tantissimo.
Da due mesi non ci sono incassi: gli spalti sono vuoti, mancano i
600 mila spettatori del girone d’andata. E non ci sono nemmeno gli
sponsor. E la situazione continua ad aggravarsi: rispetto
all’assemblea del 3 aprile è passato ancora del tempo ed è
peggiorata la situazione economica di diversi presidenti”. E poi c’è
un evidente problema legato al protocollo e alla geografia dei
gironi centro settentrionali. “In serie C abbiamo una fascia ampia,
che inizia a Novara e termina a Bergamo, attraversando Alessandria,
Crema, Piacenza, Salò. Luoghi in cui è veramente difficile parlare
di calcio in questo momento. Hanno tutti la voglia di tornare a
giocare, è vero, e li capisco, ma dobbiamo essere realisti e mettere
tutti quanti nelle condizioni, sanitarie ed economiche di poterlo
fare. Abbiamo bisogno della cassa integrazione, del credito
d’imposta, del fondo salva calcio, dello spostamento dei canoni
tasse e contributi, altrimenti non reggiamo. Rischiamo il default”.
Parole quasi apocalittiche.La soluzione proposta all’approvazione
dell’assemblea di Lega Pro in programma il prossimo 4 maggio,
dovrebbe dunque deliberare, per evitare il fallimento, su: blocco
delle retrocessioni dalla serie C al campionato di Lega Nazionale
Dilettanti; promozione in serie B dei tre club primi in classifica
nei tre gironi prima della sospensione (Monza, Vicenza e Reggina),
cui se ne aggiungerebbe una quarta sorteggiata (con una procedura
analoga a quella dei playoff) fra le tante che attualmente
risulterebbero elegibili, appunto, per i playoff. Infine, blocco dei
ripescaggi in serie C dei club che ne avrebbero titolo, con
conseguente blocco dei ripescaggi in serie B: “Dobbiamo trovare
un’intesa tra i vari livelli, altrimenti la paghiamo tutti”.
Coronavirus – Tour de France il 29
agosto, Giro d’Italia il 3 ottobre, grandi classiche entro il
2020: ecco come ripartirà il ciclismo
La decisione dell’Unione
ciclistica internazionale è
arrivata al termine di una riunione in videoconferenza organizzata
nel contesto dell’attuale pandemia e che ha visto lapartecipazione di
tutti i principali rappresentanti delle famiglie di ciclisti su
stradaprofessionisti,
dagli organizzatori alle squadre e agli atleti. Confermate, quindi,
le indiscrezioni sulle nuove date delle grandi corse a tappe e in
linea. “Mi piace l’idea, perché alla fine comunque in una annata
come questa vedere un Giro
d’Italia sarebbe
uno stimolo molto importante – ha commentato Davide
Cassani,
commissario tecnico della nazionale italiana – Sappiamo che è un
anno eccezionale, sarebbe una grande bella cosa. L’importante è
ripartire, nel modo giusto. Bello rivedere partire
anche il Giro nel 2020 – ha aggiunto – come quello del 1946, il
primo dopo lapausabellica,
dove tutto era fermo. Anche il Tour allora non riuscì a svolgersi
quell’anno”.Positiva anche la reazione di RcsSport,
che organizza la corsa rosa: “Noi siamo pronti a partire.
Il primo week end di ottobre va bene, dal 3 al 25 ottobre, tre
settimane piene e quattro week end: come il Tour, i diritti sono
uguali per tutti” ha detto MauroVegni,
direttore ciclismo di Rcs Sport. Il quale, però, ha sottolineato che
manca “ancora un’ufficializzazione delle date da parte dell’Uci, a
cui avevamo fatto delle proposte.
Avevamo già messo in chiaro che il Giro a
novembre era impossibile, quindi si svolgerà ad ottobre” ha
aggiunto, sottolineando che quanto alla partenza “quella dall’Ungheria è
un’ipotesi ancora sul campo ma sempre più flebile, oggi come oggi,
anche se siamo sempre in contatto. Ma stiamo pensando asituazioni
alternative in
Italia – ha concluso – Potrebbe anche esser dal sud o dalcentrosud.
Al nord più
tardi ci si arriva meglio è”.
Coronavirus, la pallavolo si ferma: stagione finita in anticipo
senza scudetti assegnati
Stagione
finita per la pallavolo maschile e femminile, come per il basket. Nessuno
scudetto assegnato
alla squadra in testa. Nel campionato maschile non
era mai accaduto dalla
nascita del campionato italiano nel Dopoguerra, invece in quello
femminile è avvenuto soltanto nel 2001, per irregolarità nei
tesseramenti. Mercoledì sera, la Federazione italiana pallavolo ha
decretato laconclusione
definitiva di
tutti i campionati di ogni serie e categoria. Non si disputeranno
neanche i play off nel caso in cui dovesse aprirsi uno spiraglio
temporale. Retrocessioni e promozioni sono bloccate. Sarà quasicome
se questa stagione non fosse mai stata cominciata,
eccezione fatta per la Coppa Italia, vinta dalla Lube
Civitanova di
Osmany Juantorena e dall’Imoco
Conegliano diPaola
Egonu e
Miriam Sylla. I presidenti della Lega Pallavolo Serie A e della Lega
Pallavolo Serie A Femminile,Diego
Mosna e Mauro
Fabris, si
sono dimessi perché ritengono la decisione della Federvolley una
“incomprensibile,inaccettabile
mancanza di rispetto dei ruoli“.
Quella decisione sarebbe “piovuta dall’alto senza ascoltare il
parere dei club”.
Il cda ha chiesto il provvedimento all'unamimità, serve ora la
ratifica dell'assemblea generale. Sarebbe il primo caso in Europa. I
nerazzurri di Clement hanno 15 punti più del Gent
Il calcio belga sta per arrendersi al coronavirus. Il cda della
Lega calcio ha infatti raccomandato all'unanimità la chiusura
definitiva della stagione. Ora serve la ratifica dell'assemblea
generale dei 24 club in programma il prossimo 15 aprile. Se
l'appello sarà accolto, il Bruges verrà dichiarato campione del
Belgio e sarebbe il primo campionato europeo a rinunciare alla
ripartenza, nonostante le raccomandazioni dell'Uefa. I vertici del
calcio belga sarebbero invece orientati a far svolgere la finale
della Coppa nazionale fra lo stesso Bruges e l'Anversa. Incertezza
anche per le retrocessioni e le promozioni dalla serie inferiore. A
tutti gli effetti dunque il titolo sarà assegnato al Club Bruges,
primo in graduatoria con 15 punti in più del Gent quando mancava una
sola giornata al termine della regular season più i playoff.
Verranno inoltre congelate le retrocessioni, profilando, con due
squadre provenienti dalla seconda serie, un torneo a diciotto.
Sarebbe il primo caso in Europa
Mentre tutti i maggiori campionati europei faticano a trovare una
data per riprendere la stagione, il Belgio si apresta ad adottare
questa drastica decisione. Una scelta simile al momento non viene
presa in considerazione dalla nostra Lega (anche se le pressioni di
alcuni presidenti sono sempre maggiori), come d'altronde da Liga,
Premier League, Bundesliga e Ligue 1, preoccupate soprattutto dalle
eventuali perdite dei diritti tv (in Francia Canal Plus ha già fatto
sapere che non provvederà a versare denaro se lo stop dovesse
prolungarsi) e dai possibili ricorsi legali di alcune società. Una
mossa che, qualora la situazione sanitaria non dovesse migliorare,
potrebbe essere seguita anche da altri paesi. Nella vicina Olanda,
per esempio, il ds dell'Ajax Overmars
ha attaccato la Uefa e la Federcalcio olandese (KNVB) specificando
come la salute sia più importante di un verdetto calcistico.
Coronavirus, il rugby italiano dichiara finita la stagione. È il
primo sport a farlo
La Federazione ha deciso di congelare tutte le classifiche: nessun
titolo assegnato, niente retrocessioni e promozioni. Anche i tornei
giovanili e regionali di basket non ripartiranno
Anche i rugbisti per una volta sono costretti ad
arrendersi: la Federazione Italiana ha deciso che la stagione
2019/2020 della palla ovale è finita. Per colpa del coronavirus lo
scudetto non verrà assegnato, e sono bloccate a tutti i livelli
promozioni e retrocessioni, dal Pro 12 ai campionati giovanili.
Lockdown totale, in attesa di capire quando sarà possibile fissare
una data per la partenza della stagione 2020/2021.
È la primo sport italiano che decide per
l’annullamento. Il consiglio Federale, riunitosi ieri sera in
videoconferenza, ha votato a maggioranza lo stop per «tutelare la
salute e il futuro dei giocatori di rugby di ogni età e livello del
nostro paese, delle loro famiglie e delle loro comunità», come
recita il comunicato ufficiale. Una decisione sofferta, non unanime,
è mostrare «come il Gioco di Rugby sia pronto a rispondere
eticamente alle condizioni complessive del Paese». In arrivo misure
di sostegno che potrebbero essere definite dal prossimo consiglio
federale in programma l’1 aprile.
«Il Presidente e il Consiglio ribadiscono inoltre che
l'attenzione della Federazione è massimamente rivolta alle Società,
ai giocatori, ai tecnici e agli staff, ai dirigenti, ai direttori di
gara e, più in generale, a tutte le componenti del nostro movimento
e che, nella prospettiva di una loro tutela, saranno varate misure
di sostegno straordinarie. Tali misure saranno approntate dal
Presidente e dal Consiglio nelle prossime settimane, in coerenza con
le indicazioni del Consiglio dei Ministri, del CONI, degli organi
internazionali di cui FIR è membra e con l'esigenza del mantenimento
di una sostenibilità complessiva del bilancio federale».
Delusione e polemica violenta di Rovigo: i
“bersaglieri” erano in testa al massimo campionato e speravano di
vedersi assegnato il titolo di campione d’Italia. «La decisione di
non assegnare il titolo è grave e non la condivido, - ha dichiarato
il prresidente della Rugby Rovigo, Francesco Zambelli, al Gazzettino
- e la chiusura anticipata della stagione mi sembra prematura».E’
la seconda volta che il rugby italiano si ferma dal 1929, la prima
fu per la sosta di due anni dovuta alla seconda guerra mondiale.
Un gruppo di ricercatori, formato per
lo più da volontari, ha rintracciato forti, fattorie, insediamenti,
strade degli antichi romani, utilizzato immagini aeree catturate con
il "Lidar", un sensore laser in grado di superare la coltre
vegetativa e ottenere la morfologia del territorio con estrema
precisione.
Le
immagini aeree hanno tracciato oltre 500 mila ettari di terreno nel
sud est dell'Inghilterra, tra il Devon e la Cornovaglia
Decine di nuovi insediamenti
dei Romani trovati in
Inghilterra, altri del periodo
precedente e non solo. Eppure,
in Regno Unito, tutti gli
scavi archeologici sono
sospesi, causa coronavirus. Le
straordinarie scoperte però
continuano, da casa.
Un gruppo di ricercatori,
formato in gran parte da
volontari, circa duemila,
coordinati dell'università
dell'Essex, è riuscito a
rintracciare decine di segreti
di un'epoca compresa tra il
300 avanti Cristo e il 300
dopo Cristo, oltremanica
semplicemente con un computer
e tanta passione.
Ciò è stato possibile grazie a una valanga di immagini aeree di
oltre 500 mila ettari di terreno, nel sud ovest dell'Inghilterra,
tra il Devon e la Cornovaglia. Immagini particolari, catturate con
il "Lidar" (Light detection and ranging), un sensore laser che
riesce ad arrivare direttamente al suolo, superando la coltre
vegetativa, ottenendo informazioni sul terreno analizzato e sulle
sue quote, con un'accuratezza centimetrica. Una sorta di rilievi in
3D, che rilevano la morfologia del territorio con estrema
precisione.
Ebbene, in questo modo, riuscendo ad analizzare centinaia di
migliaia di ettari come se non ci fosse vegetazione su di loro e
andando sempre più a fondo, gli studiosi hanno capito che si
trovavano di fronte a un tesoro, direttamente dall'Età del Ferro e
della "Britannia" romana: forti, fattorie, insediamenti, strade,
tutto costruito dai romani e tutto sinora sconosciuto anche ai
migliori archeologi. I "calchi" forniti dal Lidar, infatti,
permettono di capire quanta vita ci fosse in questi posti - più di
quanto si pensasse - grazie alle forme, quadrangolari, circolari o
lineari, delle vecchie "fondamenta" degli insediamenti o delle
strade sotto la vegetazione", che ora emergono con questo sistema di
immagini.
Sinora non sono stati resi noti i luoghi delle scoperte per timore
che, durante l'emergenza coronavirus, possano essere presi d'assalto
da predatori di metalli e altri beni archeologici preziosi prima che
arrivino fisicamente gli studiosi. I quali ovviamente, quando
potranno, dal vivo studieranno ancora più a fondo questi luoghi.
Ciò, ovviamente, riscrive parzialmente la storia dei romani e del
Regno Unito. Chris
Smart,
archeologo della University of Exeter, ha raccontato al Times come
a questo punto "si può ben pensare che all'epoca ci fosse molta più
popolazione di quanto immaginato. La "Britannia" romana secondo noi
aveva 4 milioni di abitanti. Ma dopo queste ultime scoperte grazie
all'analisi di immagini, con il 10-15% di insediamenti inediti in
più, è chiaro che la stima della popolazione cresca in proporzione".
Il 9 agosto 378 d.C. l’esercito dell’imperatore
Valente venne annientato dai Goti di Atanarico e Fritigerno nei
pressi di Adrianopoli, l’attuale Edirne. Per Roma non fu solo una
battaglia perduta, raccontata da un nuovo saggio di cui “Storia
in Rete” di ottobre anticipa un capitolo, ma il giro di boa nel
suo scontro coi barbari. Da quel momento in poi l’Impero li avrebbe
ammessi sempre più numerosi all’interno delle sue frontiere
provocando così la propria rovina [SiR]
All’alba del 9 agosto del 378 d.C. Flavio Valente,
l’imperatore della parte orientale dell’Impero, usciva dalla città
di Adrianopoli alla testa di un esercito di veterani: era
determinato a distruggere una volta per tutte l’orda dei Goti che
due anni prima aveva passato il Danubio cercando rifugio all’interno
del territorio romano. Pressati dagli Unni e incalzati dagli Alani,
i Goti – un intero popolo con donne e bambini e carriaggi – guidati
da Fritigerno e Alavivo, nel 376 d.C. avevano chiesto asilo
all’imperatore Valente, in quanto la loro tribù di Tervingi
necessitava di terre e vettovaglie. L’Imperatore, che in quel
momento era in guerra con i Persiani, non voleva aprire un altro
fronte e i Goti potevano essere una buona fonte di reclutamento di
nuovi soldati: in ragione di ciò venne accordato loro il permesso.
Ammiano Marcellino descrive l’immane attraversamento
del Danubio da parte dei Goti, fatto su barche, chiatte, zattere e
mezzi di fortuna. La corrente impetuosa del fiume fece molte
vittime. Una volta passato il fiume, i Goti furono preda della
rapacità dei governanti della provincia Lupicino e Massimo, che
fecero pagare a caro prezzo ai barbari ogni cibo e barattarono per
delle carni avariate un gran numero di schiavi. Le terre non vennero
concesse e – isolati nella Tracia, nelle mani degli esosi Romani – i
Goti, cui non venne concesso per motivi di sicurezza il passaggio
nelle regioni più a sud, non ebbero altra soluzione che il
saccheggio e la guerra. […]
Liberatosi del nemico persiano,
l’Imperatore radunò le legioni palatinae e gli
auxilia palatina, tra cui il noto reggimento dei Cornuti, i
reggimenti della guardia imperiale delle scholae palatinae (fanteria
e cavalleria), la cavalleria comitatenses e alcune guarnigioni di
limitanei e si diresse in Tracia.
L’esercito romano era costituito complessivamente da circa
quindicimila-ventimila soldati di provata esperienza. […] L’esercito
dei Goti comprendeva le milizie gote della regione che avevano
militato con i Romani. Il totale delle forze gote ammontava a circa
ventimila uomini; i comandanti sul campo erano Atanarico e
Fritigerno, dato che Alavivo era stato ucciso da Lupicino, che –
fingendo di voler trattare con i capi della rivolta – aveva in
realtà cercato di eliminarli.
Dopo una marcia di otto miglia, l’esercito romano
giunse in vista dell’accampamento dei Goti, che era probabilmente
posto su di un’altura a sud della località moderna di Muratçali, a
16 chilometri da Adrianopoli. Intorno alle due del pomeriggio i
Romani si misero in movimento. Il lato destro della cavalleria stava
in testa all’esercito, schermando le formazioni di fanteria che si
stavano dispiegando nella loro usuale formazione in doppia fila;
l’ala sinistra della cavalleria formava la retroguardia. I Goti
avevano sistemato i numerosi carriaggi sul loro lato destro, allo
scopo di bloccare ai Romani l’accesso dalla valle. Fritigerno,
poiché buona parte dell’esercito goto era disperso a caccia nelle
vicinanze, cercò di prendere tempo e negoziare; il suo intento era
quello di richiamare al campo tutta la cavalleria di cui disponeva e
di far stancare i soldati romani che marciavano sotto il sole di
agosto.
Dopo vani tentativi di negoziazione, le avanguardie
dell’ala destra romana cominciarono a impegnare il nemico. Arcieri e
scutarii, un corpo di cavalieri d’élite della guardia, sotto il
comando di Cassio e Bacurio, attaccarono i Goti sul lato sinistro
per trovare un punto debole nello schieramento nemico oppure forse,
più semplicemente, intercettarono gruppi di nemici che stavano
rinforzando l’esercito di Fritigerno. Fu uno scontro in cui vennero
usate armi a distanza e all’inizio i Romani ebbero la meglio, ma poi
i Goti sotto attacco ricevettero rinforzi e l’avanguardia imperiale
iniziò a ripiegare; si trattò di un ripiegamento che assunse ben
presto il carattere di una fuga precipitosa quando sulla cavalleria
romana in fuga piombarono i cavalieri goti di Alateo e Safrace,
sostenuti da contingenti alani. I Romani vennero così travolti. […]
Ammiano Marcellino, lo storico latino del IV secolo
d.C. e il principale cronista della battaglia, descrive scene
impressionanti: morti che, tagliati a metà dalle spade nemiche,
rimanevano in piedi tra i soldati ancora vivi, provocando orrore e
disperazione. Alla fine, assetati, appesantiti dalle loro armi e
stretti da ogni parte, i Romani si diedero alla fuga. Nel frattempo
però due legioni palatine, i mattiarii e i lanciarii, tenevano il
terreno contro il nemico; tra di loro si era rifugiato l’imperatore
Valente. L’Imperatore ordinò ai suoi generali di portare avanti le
riserve, che però non erano più lì in quanto erano fuggite, come
fecero anche i generali, lasciando Valente al suo destino.
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Due sono le versioni sulla fine dell’imperatore
Valente: la prima è che venne colpito da una freccia e morì in mezzo
ai suoi uomini e la seconda che,
solo ferito dalla freccia, venne portato dai suoi
soldati in una fattoria fortificata, dove i Romani si erano
asserragliati, assediati dai Goti; non potendo forzare l’entrata, i
barbari ammucchiarono paglia sulla casa, appiccando il fuoco e
uccidendo in questo modo tutti i suoi occupanti, ad eccezione di uno
che, saltando dalla finestra, riuscì a salvarsi, e – catturato dai
Goti – raccontò
loro come fosse morto l’Imperatore. Era la seconda
volta, dopo Decio, che un Imperatore romano moriva combattendo una
battaglia campale contro i barbari. Le conseguenze furono ancor più
gravi. I Goti,
dopo lo scontro, rinforzati da contingenti di disertori romani [in
gran parte truppe barbariche arruolate NdR], tentarono
vanamente di assediare Adrianopoli e Costantinopoli, ferocemente
difese con successo dalle truppe imperiali. I Goti vennero sconfitti
dal nuovo imperatore Teodosio I, ma la vittoria non impedì che nel
382 d.C. venisse concluso un trattato che permetteva loro di
insediarsi come foederati in Tracia. Non era
la prima volta che truppe germaniche venivano reclutate mediante un
foedus, ma era la prima che un intero popolo germanico veniva
insediato in territorio romano e lasciato come un’entità a sé
dell’esercito, sotto il comando dei propri capi. Circa trent’anni
dopo Adrianopoli, nel 410 d.C., Roma sarebbe stata saccheggiata dai
Goti di Alarico. Iniziava così il lento e inesorabile declino
dell’Impero unificato.
I Goti, fino a poco tempo prima
inquadrati nelle legioni romane,
malgrado le istruzioni contrarie di Alarico di
non perpetuare atrocità, si abbandonano all’interno delle mura diRoma,
a saccheggi e violenze. Insieme alla plebis e agli unni per tre
giorni mettono a sacco la Città eterna fino a quando il 26 agosto
410 Alarico pone finalmente termine al saccheggio.
ROMA
DISINTEGRATA: 700.000 TRA MORTI, DISPERSI,PROFUGHI
Sono tempi per le lacrime, c’è angoscia. In una sola città tutto il
mondo è perito. Le uccisioni sono così tante nell’Urbe che non ci
sono braccia sufficienti per seppellire i cadaveri che sono
ovunque. Terminato il saccheggio, a Roma restano meno di 100 mila
abitanti.
Alarico, chioma biondo-rossiccia, occhi chiari, corporatura
atletica, è bello e forte e come guerriero e capo sul suo cavallo
bianco non teme rivali. Guarda la capitale del mondo che gli giace
ai piedi. Pensa che dall’alto delle sue colonne le severe figure di
tanti eroi, di cui conosce le gesta e i nomi, lo stanno a guardare
ed è preso da una sorta di terrore. Comanda la rapida ritirata, ed è
quasi una fuga. A Roma c’é ancora molto da prendere. Ma non vi sono
viveri e non è possibile stabilire quartiere in città. I Goti
tormentati anch’essi dalla fame, non possono far altro che prendere
la via del Sud.
Quando i Goti lasciano l’Urbe portano con il bottino anche i viveri.
Dal punto di vista politico la preda più preziosa è la figlia di
Theodosius, Aelia Galla Placidia, sorella dell’imperatore Honorius,
che è costretta a seguirli. Per tre giorni di seguito, i Goti escono
dalla poderosa Porta di San Sebastiano. Incolonnandosi lungo la
Regina viarum (Regina delle strade), carichi di un immenso bottino
in danaro, oggetti preziosi e schiavi. Qualche reparto di Alarico si
attarda in città; ma alla fine d’agosto, con appresso colonne di
prigionieri, tutti i Goti sono in marcia verso l’Italia meridionale.
Il loro obiettivo ambizioso è quello di passare in Siciliae per
poi tentare uno sbarco nelle fertili regioni dell’Africae
septentrionalis.
Il loro obiettivo ambizioso è quello di passare in Siciliae per
poi tentare uno sbarco nelle fertili regioni dell’Africae
septentrionalis.
L’intenzione è quella di raggiungere
Carthago (Cartagine),
adatta a diventare finalmente la capitale del popolo goto. Sulla
carta itineraria utilizzata dai Goti è sviluppata solo la linea
ovest-est, ripiegando su essa strade, coste, fiumi di altre
direzioni, riducendo la linea nord-sud, ma mantenendo gli elementi
itinerari. Carthago sembra proprio di fronte a Roma, e nelle
giornate limpide più di qualcuno dei comandanti di Alarico si
convince di vederla dal Portus Romae.
Continuando a marciare a piedi, e sui carri e sui cavalli, le orde
gote, nel loro movimento verso la Provinciae Lucania et Brettii,
impegnano il Cursus publicus ab Regio ad Capuam, o Via Annia-
Popilia. Aiutati da schiavi esperti dei luoghi che non mancano a
frotte di fraternizzare con loro, i Goti sono così tanti che insieme
alle vie principali percorrono anche i sentieri difficili o desueti,
dirupati e assai alti delle montagne.
Avanzano presso le città di Foro popili (Polla), Cosilianum (Sala
Consilina), Vico Mendicoleo (Lagonegro), Nerulum (Rotonda). Tra le
diverse mansiones (stazioni di sosta), dislocate lungo il percorso
del cursus publicus ab Regio ad Capuam e adibite al ristoro dei
viaggiatori e al riposo dei cavalli, Alaricus e il suo popolo,
raggiungono Muranum (Morano), ed anche Thurii (Sibari).
All’annunzio che i barbari hanno di già superati i limiti della
Lucaniae, i bruzi decidono di stare fermi in città, e con la forza
resistere al nemico oppressore. Gli uomini e le donne della capitale
della Bretica confederazione non vogliono offrire il triste
spettacolo della fuga dai centri abitati. A Conséntia sono
ulteriormente fortificate le mura
di cinta,
barricate le strade ed i vicoli nei loro sbocchi; apprestate materie
incendiabili e pietre e massi per cacciarli sugli assalitori goti; e
altre materie combustibili per dare fuoco alle fabbriche, una volta
che vano riuscisse il resistere, inutile il combattere. Quanti sono
capaci di portare le armi, le prendono e tra costoro non poche
donne.
Gli armati, in una regione praticamente disabitata, sono
complessivamente pochi, e il fiero contegno dei Bruzi non può certo
salvare la città dall’invasione. Ma sono gli stessi Goti che avendo
premura di recarsi verso sud, per traghettare in Siciliae e quindi
in Africae septentrionalis, evitano di porre l’assedio ai brettii,
marciando per le falde dei colli che a Conséntia fanno corona.
Gli ex legionari e gli ex schiavi di Roma sono diretti a Rhegium e
lasciano intatto il municipio dei brettii. La colonna principale con
a capo Alaricus, si dirige a Vibona Balentia (Vibo Valentia), per
congiungersi con un’altra parte dei goti. C’è fretta di raggiungere
Ad fretum ad statuam (Columna Rhegina, Cannitello?, una frazione di
Villa San Giovanni), l’importante mansiones del cursus publicus ab
Regio ad Capuam posta a 100 stadi (Circa 18,4 chilometri) da Rhegium,
sulla costa continentale più vicina alla Siciliae. Qui la Columna
Rhegina segna il portus per il traghettamento ˗ poco più di 6 stadi
(circa 1,104 chilometri) ˗ del Fretum
Siculum (Stretto
di Messina). Sperano di raggiungere l’isola, perché il loro ardente
desiderio è di trovarsi subito in Africae septentrionalis dove
stabilirsi definitivamente.
Dalla mansiones della Columna rhegina, su molti legni Alaricus cerca
di far attraversare ad una prima parte del suo popolo lo stretto che
lo separa da Messana (Messina). Per le difficoltà che v’incontra la
navigazione, un’improvvisa tempesta affonda gran parte delle
imbarcazioni. Alaricus con i sopravvissuti al naufragio è cosi
costretto a rinunciare di spingersi verso l’Africae septentrionalis.
Affronta il viaggio di ritorno, avendo come nuova meta la Galliae
Narbonensis (France meridionale). Attraversata nuovamente la regione
dei brettii con la libertà di fare tutto ciò che vogliono. I goti si
accampano nel vallum, dove il Kráthis (Fiume
Crati) incontra il Buxentum (Fiume Busento), alle pendici di
Conséntia, proprio dove alle Idus martiae dell’anno 1157 ab Urbe
condita, quando il sole sorgeva all’esatto est e tramontava
all’esatto ovest, i cosentini avevano festeggiatoAnnae
Perennae.
Accampati i Goti nel campo augusto dell’urbs magna Bruttiorum, i
Bruzi si affidano alla parola di Alaricus. Vedendo che la gente di
Conséntia ha aperto le porte, i Goti irrompono nella città. Uccidono
uomini e donne a fil di spada. Saccheggiano le case fino a vedere
che è stata rovinata, che non c’è quasi più nulla, solo
cadaveri. Templi
e altri edifici pubblici e monumenti sono dappertutto atterrati come
l’Amphitheatrum (con tanta cura conservato per lunghi anni intatto,
che sorgeva là dove è la così detta Petrara, e dove sembra che
l’attestino lo sterminato ammasso di pietre e le sfabricine, che
lungo quel piano, in modo straordinario, si trovavano fino a qualche
anno fa ammonticchiate).
La domus del praefectus subisce anch’essa una parziale distruzione.
A causa dei crolli e incendi mentre i goti, a causa dei bruzi, non
hanno un sol giorno di requie per tutto il tempo che dimorano a
Conséntia. Alarico, ricacciato indietro dalle avversità medita sul
da farsi, quando, a motivo di una febbre
malarica,
nel dicembre 410, sopraggiunge per lui la morte. Una morte
repentina, più che opera dell’uomo è, forse, opera di Annae Perennae,
la ninfa del Buxentum e del Kráthis. Il re, si allontana dalla scena
del mondo, proprio alla confluenza dei due fiumi che rappresentano
lo scorrere del tempo, la realtà spirituale del mondo
magico-religioso brettio.
A più di un miglio dalla città, in una valle intricata dalla
vegetazione rigogliosa, i goti, piangono con grande affetto il loro
re Flavius Alaricus. Con l’intento di sottrarre le sue ceneri alla
vendetta dei popoli, lo
seppelliscono con barbara pompa, insieme ad una gran parte
dell’immenso tesoro del sacco doloroso all’Urbe. Deviando
con la forza di tutto il popolo l’acqua pura e salutare del Buxentum
fluvium, scavano in mezzo all’alveo fino a raggiungere una grotta
naturale. Terminato il rito funebre, e chiuso il sepolcro, vengono
rotti gli argini, riconducendo le acque nel loro alveo. Risoluti i
capi degli invasori proclamano Atawulf,
successore di Alarico.
Atawulf prima di muovere verso nord, nella città in rovina con le
vesti regie riceve i primi onori che a dignità cosiffatta
s’impartiscono.
Le armate di Massimo e Geronzio inflissero a quelle
di Costantino una disastrosa sconfitta a
Vienne,
catturando e giustiziando lo stesso Augustus Costante
II e stringendo infine d'assedio Costantino adArelate (l'odiernaArles),
residenza dell'Imperatore e della sua corte.[77][78]
Geronzio e
Massimo a loro volta furono malamente battuti da Flavio Costanzo,
generalissimo nominato da Onorio per risolvere la questione in
Gallia.
L'imperatore
Costantino III rimase inchiodato ad Arelate, assediato dalle truppe
di Flavio Costanzo, il quale aveva ordine di chiudere la partita con
l'usurpatore e restituire le Gallie al legittimo imperatore.
412 dopo Cristo
Le Gallie con le
campagne di Flavio Costanzo erano state ricondotte al Centro,
tuttavia il territorio ormai era sottoposto alle scorrerie di
numerose popolazioni barbariche:
Vandali
Asdingi con Alani, Vandali Silingi(Svevi o Suebi), Burgundi a cui si
unirono i Bagaudi Celti.
A questo
magma si innestarono le secessioni delle Legioni che
sistematicamente eleggevano un proprio imperatore.
Con la
smobilitazione Generale della Britannia voluto dal Generalissimo
Stilicone per difendere l'Italia, l'isola rimase completamente
aperta all'invasione di Angli, Juti,Sassoni che colonizzarono tutta
la parte sud-orientale ricca di strade e città romane, mentre il
nord ovest ed il Galles ripresero il legame con i popoli celtici del
nord che sfondarono il Vallo Adriano.
A sua volta
l'Italia vedeva ancora la presenza nel Centro-Sud dei Visigoti che
lentamente stavano risalendo la penisola all'indomani della morte di
Alarico.
IL NUOVO
IMPERATORE DELLE GALLIE GIOVINO,IL NUOVO RE DEI VISIGOTI ATAULFO
Le truppe di
stanza in Renania, unitesi a Burgundi ed Alani,eleggevano come
imperatore il Generale Giovino. Nello stesso momento dall'Africa
sorse un ulteriore usurpatore: Eracliano.
I Visigoti
avevano eletto come nuovo re Ataulfo, cognato di Alarico, che come
primo atto RISACCHEGGIO' ROMA sulla via della ritirata dall'Italia,
saccheggio che aveva come duplice scopo quello di rifocillare le sue
truppe e di mantenere un'elevata pressione sulla corte di Ravenna,
contando altresì sul possesso di un ostaggio preziosissimo: la
sorella dell'imperatore Galla Placidia.
L'imperatore
Onorio non aveva ne uomini, ne truppe per scacciare i Visigoti. Ad
alleggerire la penisola fu l'idea di Ataulfo di irrompere in Gallia
allo scopo di inserirsi nel caos per ritagliarsi un proprio spazio.
Nella primavera del 412, percorrendo la via militare che univa
Torino ad Arelate passando per il passo del Monginevro. Una volta in
Gallia fu quasi immediato lo scontro con l'imperatore Giovino:
nella disputa si
inserì Onorio che si impegnò a fornire rifornimenti, oro e cedere
territori al re visigoto in cambio dell'annientamento
dell'usurpatore e della restituzione della sorella.
In Italia
sbarcava Eracliano, intenzionato ad abbattere Onorio, il momento era
propizio con l'uscita dei visigoti, tuttavia incredibilmente si
ritrovò la strada sbarrata dal generale Flavio Costanzo che riusciva
a batterlo in battaglia.
Abbastanza
clamorosamente Onorio riusciva a sbarazzarsi dell'ennesimo
usurpatore, rimaneva aperto il fronte in Gallia.
413 dopo Cristo
Nel
risiko
gallico
l'irruzione dei Visigoti, militarmente molto forti,spinse
Vandali,Alani e Svevi a varcare i Pirenei ed invadere la Spagna. A
quel punto le truppe di Giovino si scontrarono con Ataulfo che ebbe
la meglio. Onorio si sbarazzava dell'ennesimo usurpatore ma non
ottemperava a tutti gli accordi con Ataulfo: i rifornimenti promessi
non arrivarono e così i visigoti iniziarono ad essediare Marsiglia
che inaspettatamente non cadde.
421 dopo Cristo
452 dopo Cristo
460 dopo Cristo
Sacco di Roma (472)
Il sacco
di Roma del 472 si
svolse nel contesto della lotta tra l'imperatore
romano d'OccidenteAntemio e
il suo genero emagisterRicimero,
un generale di origine semi sveva e
semivisigota.
Ricimero, dopo aver rotto il patto con Antemio, sancito da un
accordo matrimoniale (l'imperatore gli aveva dato in sposa la
figlia Alipia),
circondò l'imperatore a Roma,
nell'area del Palatino,
e dopo cinque mesi di assedio lo catturò tra la folla e lo fece
decapitare. Il saccheggio della città e l'uccisione di Antemio
prelusero all'inevitabile caduta formale dell'impero pochi anni dopo
(476).
Lo scontro tra Antemio e Ricimero riesplose all'inizio del 472.
Ricimero, per porre fine al potere di Antemio, era obbligato a dover
calare su Roma e riprenderla con la forza, rompendo il legame di adfinitas matrimoniale
con l'imperatore. Antemio dovette fingere di essere ammalato e si
rifugiò nellaBasilica
di San Pietro in Vaticano per sfuggire ai sostenitori di
Ricimero. L'imperatore d'OrienteLeone
I inviò in OccidenteAnicio
Olibrio con la duplice missione di mettere pace tra Ricimero e
Antemio e, poi, di trattare col re dei Vandali Genserico (il cui
figlio aveva sposato la sorella di Olibrio); in realtà l'ambasciata
era un modo di sbarazzarsi di Olibrio, che credeva in combutta coi
Vandali, e di Ricimero: inviò infatti ad Antemio un secondo
messaggero con l'ordine di uccidere Ricimero e Olibrio, ma il
messaggio indirizzato all'imperatore d'Occidente cadde nelle mani
del capo goto, che le mostrò a Olibrio.[2]
Lo scontro si fece allora aperto. Ricimero proclamò Olibrio
imperatore e assediò Antemio a Roma. Antemio era sostenuto dai
magistrati e dal popolo della città, di cui si era saputo
conquistare il favore, nonché dalle famiglie favorevoli all'intesa
con l'Oriente (tra cui i Decii, arcinemici degli Anicii,
filo-barbarici).[3][4] Ilmagister
militum goto aveva dalla propria i contingenti barbarici dell'esercito,
tra cui quello di Odoacre.
Penetrato a Roma, Ricimero riuscì a separare Antemio, che viveva
nel palazzo
dei Cesari sulPalatino,
dal porto sul Tevere,
affamando i sostenitori di Antemio.
L'assedio si prolungò per cinque mesi, da febbraio a luglio e vide
la città come principale campo di battaglia. Una parte di essa,
attorno al Palatino,
come già detto, era controllata da Antemio, mentre le milizie di
Ricimero, collocate principalmente apud Anicionis pontem (forseponte
Milvio) e presso Pons Hadriani, occupavano le aree di Trastevere,
del Gianicolo e
delVaticano.
Ricimero, forte del controllo dei ponti e del possesso degli accessi
del Tevere,
impediva i rifornimenti, precipitando i nemici nella fame e nelle
epidemie.[3]
Entrambi i contendenti si rivolsero all'esercito della Gallia per
ricevere rinforzi; ilmagister militum per Gallias,
il burgundoGundobado,
si schierò dalla parte di Ricimero, suo zio; Antemio allora nominò rector
Galliarum Bilimero, il quale a capo di un contigente di
Ostrogoti scese inItalia,
ma fu sconfitto e ucciso in giugno (assieme a una buona parte delle
forze di Antemio), mentre cercava di impedire a Ricimero e ai suoi
ariani di passare dalla zona trasteverina al centro della città
attraverso il Ponte
Elio, davanti al mausoleo
di Adriano.[5] Dopo
questa battaglia anche i restanti Ostrogoti si unirono a Ricimero,
dopodiché gli ultimi difensori della città si arresero.[3]
Persa ogni speranza di aiuto esterno e afflitto dalla mancanza di
viveri, Antemio tentò un ultimo assalto, ma i suoi uomini furono
sterminati e perseguiti con l'accusa di tradimento da parte di
Ricimero.[6] L'imperatore
fuggì nella chiesa consacrata almartireCrisogono,
dove però fu riconosciuto, catturato e decapitato da Gundobado[6][7] o
da Ricimero[8] stesso
l'11 luglio 472.[9] Già
dall'aprile del 472 era stato proclamato un contro-imperatore,
fantoccio di Ricimero, il citato Olibrio (esponente degliAnicii),
secondo quanto era stato accordato con i Vandali diGenserico,
che ora si trovò unico imperatore per conto di Ricimero.
Con la fine di Antemio, la città rimase vittima di un nuovo
terribile saccheggio, accostabile a quelli di Alarico o
aquello
vandalo del455.[10] Solo
le parti della città occupate dagli uomini di Ricimero durante
l'assedio furono risparmiate secondoPaolo
Diacono. Su pressione di Olibrio, gli edifici sacri furono
grossomodo poco coinvolti, per quanto lo rendesse possibile la furia
devastatrice degli assedianti.
Forze in campo
Buccellarii al servizio personale del Generale Svevo/Visigoto
RICIMERO
6000 guerrieri Ostrogoti comandati dal burgundo GUNDOBADO
uno
dei tre gruppi nei quali lo storico romano, Tacito,
nella sua Germania,
ripartisce i Germani occidentali.
Ad essi si unirono anche altri Germani occidentali, quali nuclei diSassoni e
diBavari;
l'insieme così costituito si stanziò lungo il corso del Reno[6] e
da qui presero il via le loro incursioni contro il territorio
imperiale.
Dopo la metà del III
secolo, quando venne menzionata per prima nella Historia
Augusta,si
divisero in due sotto-federazioni: i Franchi Sali posizionati lungo
la costa degli attuali Paesi
Bassi a nord delReno ed
i Franchi Ripuari, più a sud ad est del grande fiume che divideva ilBarbaricum dall'Impero
romano.
Nel corso del III secolo attaccarono il Limes e penetrarono in Gallia in
numerose occasioni: sono menzionati
per la prima volta nel254quando
furono fermati, insieme agliAlemanni,
nel corso di un loro tentativo di sfondamento del limes
romano, dal giovane cesareGallieno.
Una nuova invasione
avvenne nel 260 quando
alcune sue orde riuscirono ad impadronirsi della fortezza legionaria
diCastra
Vetera,
assediarono Colonia, risparmiando invece Augusta
Treverorum.
Altri si riversarono lungo le coste della Gallia fino
a devastarne alcuni villaggi fino alle foci dei fiumiSenna eSomme.[
L'anno seguente, 261,una
nuova loro incursione fu fermata dalle armate di Postumo.
Con la morte di Aureliano una
nuova ed imponente invasione di Franchi edAlemannidevastò
l'intera Gallia nel275-276.
Si racconta che i barbari, percorrendo la valle del fiume Mosella,
dilagarono nella zona dell'attuale Alsazia.
Oltre settanta città caddero nelle loro mani. E solo quelle poche
dotate di mura, come Treviri,
Colonia e Tolosa,
scamparono alla devastazione ed al saccheggio.[18] Fu
solo grazie all'intervento dell'imperatore
romanoMarco
Aurelio Probo che
l'intera Gallia fu ripulita dalle orde di barbari . Si
racconta che attorno al 278 un
gruppo di Franchi, che erano stati stanziati nelPonto come
prigionieri di guerre, si ribellarono e impadronitisi di alcune
navi, compirono incursioni e devastazioni inAcaia, Asia
Minore, Africa
settentrionale fino
alla città diSiracusa,
che occuparono, per poi fare ritorno in patria incolumi.[20]
Un nuovo successo sulle tribù germaniche è confermato dalla IV
(quarta) acclamazione ricevuta da Diocleziano diGermanicus
maximus,[22] per
i successi ottenuti daMassimiano sui
Franchi nel288.
Quest'ultimo era riuscito a catturarne il re dei Franchi Sali, un
certo Gennobaude,
ed a ottenere la restituzione di tutti i prigionieri romani.
Nel 297Costanzo
Cloro ripopolò
il territorio, una volta deiBatavi (l'attualeSchelda)
con la popolazione dei Franchi
Sali provenienti
dallaFrisia.
L'impero
romano ed i Franchi foederati.
i Franchi avevano occupato laToxandria,
la regione tra la Mosa e
laSchelda.
Nel 342 furono
respinti daCostanzo
I.
Ancora quest'ultimo, insieme a Giuliano (allora
ancoraCesare),
nel 358,
li respinsero a fatica e Ammiano
Marcellino,
per la prima volta li menziona come Franchi
Salii (Petit
primum omnium francos, eos videlicet quos consuetudo salios
appellavit)
DOPO
8 INVASIONI FOEDERATI DELL'IMPERO: ANNO 358 d.C.: la frontiera Nord
viene tutelata dalle invasioni. L'appoggio dei Franchi
effettivamente impedì l'afflusso dei popoli barbarici che sfondarono
il Limes più a sud, in Alsazia.
Giuliano li sconfisse, lasciandoli però in possesso di quel
territorio assegnandogli quella parte diGallia
Belgica in
qualità difoederati dell'Impero
romano, incaricati di difendere la frontiera del Reno, con l'impegno
di fornire anche uomini all'esercito romano.
Da questo territorio i
Franchi si estesero gradualmente in gran parte della Gallia romana
Nord Occidentale,
continuando a contribuire alla difesa dei confini dell'Impero,
Allargando l'estensione della loro influenza ,
i Franchi, pur da foederati
dell'impero, andarono a costituire due Regni, quello dei SALII a
Nord verso la Frisia, i RIPUARII al Centro Sud verso la Mosella.
Avanzarono verso sud, verso la strada romana che congiungeva Arras conColonia,
ma prima di poterla raggiungere,
verso il 431,
furono affrontati e sconfitti da Flavio
Ezio,
che aveva il comando militare della Gallia.
431-451
: SOTTO EZIO PER COMBATTERE GLI UNNI
La sconfitta obbligò i Franchi a mantenere il patto federativo ed a
fornire uomini.
Nel 451 Ezio
chiamò i suoi alleati germanici per aiutarlo contro gliUnni:
i Franchi Sali risposero alla chiamata, mentre Meroveo era
il loro re.
451-486 : L'ULTIMO PERIODO ROMANO E
L'INIZIO DEL REGNO FRANCO
Evoluzione storica
Con l'uscita di scena del Generale Ezio , la Gallia Centrale rimase
sotto le insegne di Roma grazie al Governatore Siagrio. Il
Nord della Gallia ormai era sotto il dominio dei Franchi, la parte
Meridionale sotto i Visigoti, la valle del Rodano sotto i Burgundi.
Quindi la parte romana della Gallia
rimaneva staccata dall'Italia e Siagrio si ritrovò da solo ad
affrontare i Franchi che lo sconfiggevano nel 486 nella battaglia di
Soissons. Quella battaglia segna l'inizio del Regno dei Franchi,
guidato da Clodoveo che molto intelligentemente quasi
immediatamente, primo re barbaro a farlo, si convertì al
cattolicesimo, una mossa geniale che portava con sè l'appoggio del
clero gallo-romano, cintura di trasmissione con la popolazione che
in questo modo accettava il nuovo dominio.Il
regno dei Franchi fu sottoposto a varie partizioni e ripartizioni,
in quanto essi dividevano le loro proprietà tra i propri figli e,
senza un ampio concetto di res
publica,
concepivano il regno come una forma estesa della proprietà privata.
Questa pratica spiega, in parte, le difficoltà nel descrivere con
precisione le date, i confini fisici dei diversi regni franchi e chi
ne governava le varie parti. La contrazione nell'alfabetizzazione durante
il dominio dei Franchi pone inoltre un altro problema: essi
produssero pochi documenti scritti.
NORD
RENO E COSTA FRISONE: L'OPPOSIZIONE DEI FRISONI ED IL MANTENIMENTO
DELLO SCUDO IMPERIALE: 50 d.C-993 d.C.
L'espansione
franca si verificò verso il sud dell'attuale Renania in quanto a
nord cozzarono contro I FRISONI , una popolazione germanica che
Durante l'impero di Augusto,
nel corso delle campagne militari di Druso
maggiore,
decidevano "spontaneamente" di essere annessi all'Impero Romano.
Questa annessione generò uno scudo che permase
fino al crollo dell'Impero ed oltre in quanto i Frisi non vollero
sottomettersi ai Franchi che furono costretti a realizzare delle
lunghe campagne militari nel corso del 700 d.C.
Le lunghe GUERRE SASSONI tuttavia NON assoggettarono pienamente quei
territori del Nord, i quali rimasero al di fuori dell'estensione del
feudalesimo come regime di controllo politico amministrativo e del
cristianesimo a livello religioso
e tutto ciò fino all'anno 993 d.C., quando i territori del
nord finirono nominalmente sotto il Conte d'Olanda Arnulf.
Le popolazioni germaniche attorno al 50,
durante l'Impero diClaudio.
1526-1527: la spedizione in Italia di Georg von
Frundsberg. Il passaggio in Val Vestino di 14.000 lanzichenecchi
L'aristocratico tedesco Georg von Frundsberg è considerato tutt'oggi
uno dei più grandi, per valore e crudeltà, comandanti di truppe di
ventura del 1500 ed il suo nome è legato alla Val
Vestino poiché in un giorno di novembre del1526,
seppur anziano (aveva compiuto i 53 anni d'età) e malato,
proveniente dal sud della Germania, vi transitò al comando dei suoi
fedeli lanzichenecchi con l'intenzione di conquistare la penisola e
la “novella Babilonia”, la città dei papi, compiendo un'impresa
militare che per le sue epiche imprese rimarrà per sempre nella
storia italiana con il nome del "sacco
di Roma".
La Valvestino
Il 22 maggio del 1526 aCognac
(Charente), Francesco
I stipulò con ilpapa
Clemente VII, con Firenze, con Francesco
Maria Sforza, duca di Milano, e coi veneziani, una lega per
scacciare gli imperiali di Carlo V dall'Italia, detta alleanza fu
soprannominata Lega
Santa. La guerra fu condotta fiaccamente dagli alleati della
Lega. L'esercito confederato, comandato dal generale Francesco
Maria I della Rovere, duca di Urbino,
superiore a quello imperiale per uomini e mezzi, avrebbe potuto in
poco tempo infliggere una pesante sconfitta agli spagnoli
concentrati a Milano, invece tentennò concedendo all'avversario il
tempo di rafforzarsi e riorganizzarsi.
Il 14 luglio Francesco Maria Sforza capitolò. Il 25 i pontifici
furono sconfitti dai senesi, alleati degli imperiali. Il 20
settembre il cardinale Pompeo
Colonna, nemico del papa e spinto da Carlo
V con promesse di denaro, costrinse il pontefice con le armi a
rifugiarsi inCastel
Sant'Angelo e a sottoscrivere una tregua di quattro mesi con
l'imperatore. Il 23 settembre, il Della Rocca con un esercito
poderoso di ventimila uomini espugnò la facileCremona invece
di prendereGenova,
già accerchiata dalle navi di Andrea
Doria e dei veneziani.
Nel frattempo più a nord, in Baviera nel
castello diMindelheim nei
pressi diMonaco
di Baviera, il capitano di ventura Georg von Frundsberg, si
apprestava a muovere in Italia in soccorso degli alleati spagnoli.
Georg von Frundsberg aveva partecipato negli anni precedenti, come
comandante dei lanzichenecchi,
ad innumerevoli combattimenti sul suolo italiano meritandosi la fama
di essere il più grande per esperienza, capacità e brutalità fra
tutti i capitani tedeschi allora in attività. Pietro
Verri, nella sua Storia di Milano, annota:
«Era costui oltre di tempo, ma
forzoso di corpo e ardito d'animo a meraviglia, e con tal
confidenza di sé stesso e con tanta bravura se ne veniva,
ch'egli un capestro d'oro a ciascun passo di seno cavandosi, si
vantava barbaramente di voler con ello appiccare per la gola il
Papa, e con altri, che di seta cremisi portava sempre
all'arcione, i cardinali»
Nel 1509 al
soldo del reLuigi
XII di Francia, il Frundsberg operò alla difesa di Verona.
Nel 1511 con
1200 fanti piuttosto male in ordine fu alla battaglia diCasalecchio
di Reno, in cui venne sbaragliato Francesco
Maria I della Rovere. Due anni dopo, nel 1513,
passò dalla parte degli spagnoli e nella battaglia di Creazzo alla
testa di un quadrato di 3000lanzichenecchi,
contribuì efficacemente alla vittoria sui veneziani di Bartolomeo d'Alviano.
Nel 1516 si trovò nuovamente alla difesa di Verona con Marco Sittich
e affiancò Marcantonio Colonna, allorché i veneziani portarono un
violento attacco a porta Vescovo. Nel 1522 fu assoldato dagli Sforza con
6000 uomini e partecipò, nell'aprile, allabattaglia
della Bicocca, dove i suoi “lanzi” si scontrarono con il
quadrato degli svizzeri di Alberto Pietra.
Collocato nello schieramento centrale, respinse con il fuoco degli archibugi i
nemici, che subiranno la perdita di 1000 uomini ancor prima di
venire in contatto con i suoi fanti. Nel combattimento morirono 3000
svizzeri con 22 capitani; il Frundsberg fu ferito ad una coscia da
un colpo di picca. Quando i francesi si diedero alla fuga, i suoi
uomini invece di inseguirli secondo gli ordini ricevuti dal generaleFernando
Francesco d'Avalos, non si mossero reclamando il versamento di
tre paghe arretrate! Fu alla conquista ed al sacco di Genova. Nel 1524,
al servizio dell'Impero, scese in Lombardia, da Merano,
alla testa di 6000 mercenari per contrastare i francesi nelle terre
franche.
Nel gennaio del 1525 scese nuovamente dal Tirolo per
lavalle
dell'Adige diretto aLodi,
con 2000 uomini, 5000 cavalli tedeschi e 300 cavalli borgognoni.
Partecipò alla famosa battaglia
di Pavia comandando la retroguardia con 28 compagnie di “lanzi”;
sconfisse i mercenari diGiovanni
dalle Bande Nere uccidendo i loro comandanti, il duca Riccardo
di Suffolk e Longmanno di Augusta, cui un suo soldato tagliò la mano
carica di anelli. Nel maggio, dello stesso anno, fu richiamato nel
Trentino, per far fronte nellaValle
di Non e nellavalle
di Sole alla rivolta dei contadini contro i nobili e l'alto
clero.
Domata nel luglio 1526 la
rivolta dei contadini aRadstadt,
impegnò i suoi castelli ed i suoi possedimenti, compreso il maniero
di Mindelheim e
i gioielli della moglie Anna: ne ricavò 38.000fiorini che
gli consentirono di assoldare un buon numero di fanti svevi,
franconi, bavaresi e tirolesi, in totale circa 14000 uomini più 3000
donne al seguito, cui diede unoscudo a
testa. A capo delle sue soldatesche pose il figlio Melchiorre, il
cognato conteLudovico
Lodron, il conte Cristoforo di Eberstein, Alessandro di Cleven,
Niccolò di Fleckenstein, Alberto di Freiberg, Corrado di Bemelberg,
detto “il piccolo Hess”, Nicola Seidenstuker, Giovanni di Biberach e
Sebastiano Schertlin.
In ottobre si mosse verso sud e acquartierò tutte le truppe tra Merano eBolzano ove
fu raggiunto da altri 4500 fanti, che avevano lasciatoCremona con
Corradino di Clurnes. Il 2 novembre tenne aBolzano il
consiglio di guerra con i suoi fidati ufficiali nella casa “Drexel”,
sul fiume Muster, di proprietà di Elias Draxl, ricco mercante, ove
fu decisa la partenza per l'impresa nei giorni seguenti.
Il 12 novembre l'armata, formata da 36 “bandiere”, mosse da Trento.
Il Frundsberg pagò i suoi uomini con denari e panni e, per sviare la
curiosità delle spie venete che controllavano da vicino ogni suo
movimento, fece preparare zattere e barche, come per prendere la
strada di Verona e
forzare le relative chiuse. Di seguito, puntò apparentemente verso
laValsugana eBassano
del Grappa, ma astutamente, al contrario, si diresse,
attraversando il Buco di Vela, verso Vezzano e
più giù ancora a Castel Campo, Passo del Durone,Tione, Condino, Storo eLodrone ove
giungerà il 14 sostando tre giorni in attesa dell'arrivo di tutte le
forze.
L'arrivo dei tedeschi nella piana del Chiese creò
una forte preoccupazione nell'apparato militare veneto che cercava
in ogni modo di contrastare la minaccia verso la Repubblica
controllando l'accesso aBagolino,
alla Valle
Sabbia, tramite il munitissimo bastione della Rocca
d'Anfo, e alla Riviera del Garda con
milizie rurali capovallesi arroccate sulmonte
Stino. La Rocca
d'Anfo era ben rifornita di viveri e presidiata da oltre mille
fra archibugieri e schioppettieri al comando di Giovanni Antonio
Negroboni detto “di Valtrompia”, mentre Battista di Martinengo dal
suo quartier generale diLavenone sorvegliava
l'accesso allaValle
Sabbia, il ponte di Vestone e
per suo ordine l'altro ponte d'Idro fu
distrutto e vi ordinò il presidio di cento uomini comandati da
Vincevo Guiazzo.
Informatori e spie furono sollecitate dai provveditori di scoprire
le intenzioni del nemico e in special modo il percorso che intendeva
seguire per raggiungere la pianura. Nello schieramento opposto
invece, il conte Antonio Lodron,
mediante una lettera ai consoli di Gargnano,
cercava astutamente di sviare con delle false informazioni la
curiosità di costoro prospettando una discesa dell'armata sulla
Riviera del Garda attraverso
laVal
Vestino, queste informazione le traiamo dai famosi "Diari" del
cronista veneziano Marin
Sanudo:
Il Frundsberg, privo di artiglierie, vista l'impossibilità di
superare con un unico assalto le difese della Rocca
d'Anfo, consigliato dal cognato il conte Ludovico
Lodron e da Antonio Lodron, che conoscevano i luoghi a menadito
e disponevano di guide sicure, nel pomeriggio del giorno 15, ma non
prima di aver comandato una manovra diversiva di alcuni reparti
verso laRocca
d'Anfo come a far intendere di voler passare di là, inerpicò,
non visto dai veneziani, le prime avanguardie della sua ciurmaglia
su sentieri alle spalle del castello di San Giovanni diBondone tra
gole scoscese e dirupi da camosci puntando, attraverso ilmonte
Stino, su Capovalle.
Scorcio del "sentiero della Calva" in Val Vestino
Il Frundsberg s'incamminò solo all'alba del 17, seguito dal suo fido
segretario Adam
Reusner (1496-1582), lungo l'accidentato tracciato che
attraverso il monte Calva, Bocca Cocca conduce al monte Cingolo
Rosso e che ancor oggi viene indicato come il “sentiero della
Calva”. Nella vallata di Piombino, in territorio comunale diMoerna,
attraversò un burrone assai impegnativo spesso portato a spalle dai
suoi uomini. In tutto il tragitto due “lanzi” tenevano le loro
lunghe alabarde a mo' di parapetto proteggendolo da eventuali cadute
mentre altri lo tiravano avanti per il corpetto e uno dietro lo
spingeva. Tra la testa e la coda della colonna vi era quindi oltre
una giornata di distanza.
Alcuni ricercatori si chiedono ancora oggi come mai il Frundsberg
per raggiungere la pianura
Padana non scelse il più semplice itinerario attraverso laBocca
di Valle-Persone-Turano o Moerna e
poi scendere giù nella valle delToscolano fino
aMaderno invece
che inerpicarsi lungo un tracciato atto solo ai camosci o a
contrabbandieri. Una prima ipotesi ce la fornisce il professor
Richard von Hartner-Seberich sostenendo che il condottiero fu
obbligato a seguire questa strada dai conti Ludovico e Antonio
Lodron, signori feudali dellaValvestino.
Difatti costoro erano dei vecchi esperti capitani di ventura, rotti
ad ogni astuzia e malvagità, e ben conoscendo il comportamento dei
soldati mercenari, sicuramente vollero risparmiare eventuali
violenze o danni ai loro fidati vassalli Valvestinesi tutelando così
anche i loro interessi.
Non è pure da scartare l'ipotesi che fossero stati invece gli stessi
consoli Valvestinesi e di Magasa ad
avanzare la richiesta aiLodron di
evitare il transito in Valle. Nelle ore si susseguivano
concitatamente le divulgative allarmistiche della calata del nemico
indirizzate a Pietro Mocenigo. DaLavenone,
una del Martinengo e da Bagolino,
un'altra del capitano Giovanni Antonio da Valtrompia,
ivi acquartierato con 1000 fanti:
Il Frundsberg dopo essersi lasciato alle spalle Capovalle,
saccheggiata e in fiamme, riprese il cammino. Superate le pendici
del monte
Manos e il passo del Cavallino della Fobbia ridiscese aTreviso
Bresciano dove, presso il roccolo di San Gallo, stanco della
lunga camminata e spossato dalla malattia, fu caricato a forza su
una rustica lettiga sorretta da quattro suoi robusti “lanzi”.
Questa, come racconta il segretario Adam
Reusner, per il notevole peso del trasportato, si spezzò in due
e il condottiero rotolò miseramente a terra. A Treviso Bresciano i lanzichenecchi pernottarono:
usarono la chiesa come stalla, ma prima di andarsene la depredarono
e incendiarono alcune case. L'esercito, attraverso la Degagna,
riprese l'inesorabile marcia versoVobarno che,
allo stesso modo degli altri villaggi, non fu risparmiato il
saccheggio: la casa comunale fu data alle fiamme e alcuni mercenari
addirittura fecero il bagno nelle botti di vino.
L'arrivo a Treviso Bresciano dei tedeschi viene così descritto da Marin
Sanudo:
Nel frattempo giunse a Salò,
proveniente dal vicentino, anche il condottiero Camillo
Orsini, dove, con Cesare
Fregoso, era stato comandato in un primo momento per
fronteggiare l'avanzata dei lanzichenecchi con 150 lance, 500
cavalli leggeri e 4000 fanti. In questi luoghi, l'Orsini aveva
meticolosamente controllato le difese di Vicenza,
di Bassano
del Grappa, Thiene, Breganze e
diAsiago.
Aveva pure ispezionato i valichi di montagna delle prealpi venete
che davano nella pianura e discusso sulle possibilità di difesa del
territorio veneziano.
Ma, come abbiamo visto, i nemici presero altre strade e allora anche
l'Orsini si spostò nel Bresciano sulle tracce degli invasori. Da una
sua lettera spedita il 17 novembre al capitano di Brescia,
Pietro Mocenigo, apprendiamo la situazione di quei giorni nella
Riviera:
L'Orsini, al contrario della sua fama di valente guerriero, tenne in
quei giorni una condotta militare molto dubbiosa. Dapprima accennò
ad una debole resistenza a Gazzane di Roè
Volciano (mentre per altri al passo della Corona aVobarno presso
l'attuale galleria della strada provinciale) ove i “lanzi” furono
costretti a indietreggiare versoVobarno poi,
invece, di proseguire decisamente nel contrasto dei tedeschi,
ripiegò aPadenghe
sul Garda dove fu forzato a fermarsi per un'accidentale caduta
da cavallo.
Il Frundsberg, vista respinta la sua avanguardia e preoccupato dei
veneziani che stavano scendendo alle sue spalle da Nozza di Vestone,
ripiegò a Sabbio
Chiese ove, tra l'altro, la chiesa di San Michele fu profanata,
salì sul monte Magno, scese a Sopraponte ed entrò aGavardo,
“il qual dì 18 era lo giorno de lunedì de sera, circa hori 21”, scrive
il nobile Pandolfo Nassino, vicario della Quadra, fornendoci
un'interessante visione:“…
L'Orsini inviò truppe a Gavardo a
sostegno del centinaio di cavalieri leggeri di Giovanni Naldi che
furono battute lasciando sul terreno due morti e due feriti, ed
esitò ad inseguire gli avversari per timore di lasciare sguarnitaSalò.
Restò pertanto inattivo fra Salò e Lonato,
mentre i lanzichenecchi si
allontanavano dal veneziano e pervenivano aCastiglione
delle Stiviere.
I vari combattimenti che si susseguirono da Gavardo aCalvagese
della Riviera ce
li racconta il capitano veneto Tommaso di Costanzo che con
Bernardino da Roma, al comando di un centinaio di cavalieri, cercò
invano di contrastare l'avanzata a 35 bandiere di “lanzi”: li
tallonò sulla strada che porta aCastiglione
delle Stiviere,
li costrinse più volte a scontri rapidi e violenti privandoli per
tutto il giorno del riposo, ma alla fine fu forzato a fermarsi a Calcinato ed
aLonato per
la stanchezza dei suoi balestrieri a cavallo:
I lanzichenecchi dilagano nella pianura Padana diretti nel mantovano
e a Roma[modifica |modifica
wikitesto]
I lanzichenecchi scesero
nel mantovano con l'intenzione di varcare ilPo.
L'esercito della Lega
Santa era impegnato in complicate manovre sul fiumeAdda mentre
nei pressi di Mantova era accampato, con un manipolo di cavalleggeri
e archibugieri,Giovanni
dalle Bande Nere” (Forlì, 1498-Mantova, 1526),
che combatteva al soldo di Papa
Clemente VII (Giulio de' Medici), suo parente, mandato in
avanscoperta dalDella
Rovere, che lo seguiva a distanza con il grosso delle truppe.
Non potendo affrontare gli imperiali in campo aperto, per
l'inferiorità numerica delle forze di cui disponeva, Giovanni
dalle Bande Nere tentò di ritardarne la marcia facendo tagliare
il ponte di barche sulPo aBorgoforte e
molestandoli con rapide azioni di guerriglia, che prendevano di mira
i carri delle vettovaglie.Francesco
Maria I della Rovere, comandante supremo dell'esercito confidava
nelle capacità belliche di Giovanni, tanto è vero che, dopo la sua
morte, disse sarcasticamente: “Da questo momento il Papa deve
cominciare a preoccuparsi”.
Federico Gonzaga, marchese diMantova,
era capitano generale dell'esercito dello Stato
Pontificio, ma, come si diceva allora, non aveva mai comandato
un'unità di fanteria. Costui era preoccupato delle sorti della
guerra, perché, prevedendo la vittoria degli imperiali, non voleva
inimicarsi Carlo
V. Non ostacolò in nessuna maniera il passaggio dei lanzichenecchi sul
suo territorio anzi, il 22 novembre, aprì al Frundsberg le porte del
recinto fortificato, detto il "serraglio deiGonzaga",
e le chiuse in faccia ai mercenari di Giovanni delle Bande Nere.
Deciso a stanare il Frundsberg ad ogni costo, Giovanni riuscì ad
avvistarlo il 24 novembre verso sera, dopo una notte e un giorno di
inseguimenti, appostamenti e improvvisi cambiamenti di strategia. Il
Frundsberg, che intendeva attraversare il Mincio aGovernolo e
puntare suOstiglia,
dove era possibile passare, su un ponte di barche, dall'altra parte
del Po,
aveva fatto disporre tra i ruderi di una vecchia fornace i falconetti (cannoncini)
appena giunti daFerrara.
Il 25 a Governolo i
due capitani, i migliori per capacità del loro tempo, dicono le
cronache, si guardarono finalmente negli occhi. Quando il Frundsberg,
secondo le regole della guerra allora vigenti, ricevette il saluto
diGiovanni
dalle Bande Nere, rispose al saluto, ma poi si accasciò come per
un mancamento. Il capo dei lanzichenecchi era
anziano e malato, tanto è vero che, di lì a poco, abbandonerà il
campo di battaglia. I combattimenti iniziarono subito, e
proseguirono violentemente.
I tedeschi resistettero a ben otto assalti delle Bande del Medici,
ma il peso che squilibrerà la bilancia saranno i tre citati
falconetti inviati loro dal duca di Ferrara Alfonso
I d'Este, che aveva definitivamente tradito la causa francese:
sarà il colpo sparato da uno di questi che ferirà gravemente a una
coscia Giovanni dalle Bande Nere all'imbrunire del 25 novembre 1526.
Giovanni fu portato a Mantova nelpalazzo diLuigi
Gonzaga, suo amico e compagno d'armi. Amputato l'arto per un
pericolo di gangrena,
morirà, tra atroci sofferenze, nella notte tra il 29 e il 30
novembre. Il giorno 27 novembre i lanzichenecchi passarono
ilPo ricongiungendosi
aFiorenzuola
d'Arda con gli spagnoli provenienti dalducato
di Milano puntando decisi versoRoma:
30000 uomini fra fanti e cavalli.
Mentre il Frundsberg rimaneva a Ferrara colpito
da infarto e il conte AntonioLodron decedeva
a causa di un'ulcera al collo aCotignola inRomagna,
strada facendo le schiere dei lanzichenecchi si ingrossarono di
vagabondi, di briganti e di disertori arrivando a 50.000 uomini, un
Corpo d' Armata!! Da questo momento il Frundsberg non fu più in grado di seguire le operazioni e i medici
estensi, per guarirlo, ricorsero ad un metodo per lo meno strano:
gli fecero fare un bagno d'olio nel quale era stata messa a bollire
una volpe!
Nessuno si preoccupò di fermare la soldatesca in arrivo e Clemente
VII, con duemila prelati, si rifugiò in Castel
Sant'Angelo allorché ai primi di maggio dell'anno 1527 i
lanzichenecchi arrivarono sotto la città di Roma guidati da Carlo III di Borbone-Montpensier.
La Città Eterna fu cinta d'assedio per un mese e le Mura Aureliane
subirono un pesantissimo bombardamento d'artiglieria,
Roma capitolò il 5 giugno e la resa
suggellata tra Filiberto di Chalon eClemente
VII fu controfirmata da 13 cardinali e da molti capitani
imperiali, tra i quali il conteLudovico
Lodron, “signore della Val Vestino”.
Per tre giorni Roma subì un tremendo saccheggio, che suscitò lo
sdegno di tutti i monarchi europei. La violenza gratuita dei
lanzichenecchi fece considerare una nullità i Goti del
410 e iVandali del
455 d.C.: S. Pietro trasformata in stalla, preti venduti all'asta o
mutilati del naso, suore trascinate nei lupanari, un prete ucciso
per essersi rifiutato di fare la comunione a un asino bardato con
paramenti vescovili. Si racconta di padri che arrivarono ad uccidere
le proprie figlie per sottrarle allo stupro. Roma capitolò il 5
giugno e la resa suggellata tra Filiberto di Chalon eClemente
VII fu controfirmata da 13 cardinali e da molti capitani
imperiali, tra i quali il conteLudovico
Lodron, “signore della Val Vestino”.
Il Frundsberg condotto in lettiga a Lecco,
rientrò in Germania dall'Italia
nell'agosto del 1528, con al seguito molti fanti e cavalieri. Morirà
nel suo castello diMindelheim il
20 agosto, otto giorni dopo il suo arrivo. Fu sepolto nel suo
castello e nella stessa tomba del figlioGaspare,
mentre il figlio Melchiorre, morto anch'egli nello stesso anno, fu
sepolto a Roma nellachiesa
di Santa Maria dell'Anima.
VARIAGHI-SCITI-CUMANI(POLOVICIANI)dal
III al IX secolo d.C.
Rotte commerciali medioevali. In viola
è indicata la via variago-greca, in rosso quella del Volga, in
arancione altre vie di comunicazione importanti.
La confederazione cumano-kipchaki in Eurasia nel 1200.
Rappresentazione dei territori
occupati dagli Sciti; sono esclusi quelli che, secondo Erodoto,
si trovavano oltre il regno dei Tissageti.
Secondo Tamara Rice, gli Sciti appartenevano al gruppo indoeuropeo
di probabile ceppo iranico, oppure ugro-altaico.[29] IlDragan ritiene
che gli Sciti fossero un popolo indo-iraniano.[30]
Recenti analisi fisiche hanno unanimemente confermato che gli
Sciti, anche quelli che vivevano nella zona di Pazyryk, avevano
caratteristiche fisiche spiccatamente europee. Ulteriori conferme
sono giunte dallo studio di antichi resti di DNA.
Uno studio del 2002 ha
analizzato la genetica materna di resti umani di un uomo e una
donna risalenti al periodo Saka provenienti dalKazakistan,
presumibilmente marito e moglie. La sequenza mitocondriale HV1
del maschio era simile allasequenza
Anderson, che è la più diffusa tra le popolazioni europee.
Viceversa, quello femminile suggeriva origini asiatiche.[31]
Nel 2004,
è stata analizzata la sequenza HV1 ottenuta dai resti di un
maschio scita-siberiano proveniente dall'Altaj,
rivelando che l'individuo apparteneva alla linea
materna N1a.[32] IlDNA
mitocondriale estratto da altri due scheletri della medesima
zona ha mostrato come entrambi i soggetti presentassero
caratteristiche di origine euro-mongolide. Uno dei due scheletri
apparteneva alla linea materna F2a e l'altro alla linea D,
entrambe caratteristiche delle popolazionieurasiatiche.[33]
La fine del dominio scita nelle steppe della Russia meridionale va
imputato in gran parte alle migliori tecnologie militari dei
Sarmati, in particolare la staffa di ferro, che consentirono loro di
organizzare reparti di cavalleria pesante in grado di sopraffare
facilmente la cavalleria degli Sciti, indubbiamente meno corazzata.
Sfilacciati e ridotti a piccoli gruppi sparsi per l'Europa
orientale
Si
tratta di una corazzata della marina Usa lunga 178 metri varata
nel 1914. Allora rappresentava il massimo del progresso
tecnologico navale. Prestò servizio in entrambe le Guerre
Mondiali: fu una delle navi coinvolte nell'attacco di Pearl
Harbor. Venne dismessa nell'agosto 1946 dopo essere stata
utilizzata come nave bersaglio durante un esperimento nucleare
nell'atollo di Bikini. La USS Nevada diede prova della sua
robustezza rimanendo a galla, seppur seriamente danneggiata. Da
qui l'appellativo di "corazzata inaffondabile". Ma nel luglio del
'48 dovette capitolare: durante un'esercitazione di artiglieria
venne colpita da un siluro aereo e si inabissò. È stata ritrovata
120 km a sud-ovest di Pearl Harbor, nell'oceano Pacifico, a circa
4700 metri di profondità.
L'annuncio del ritrovamento è stato dato dalle aziende Search
Inc., esperta in esplorazione di fondali marini, e Ocean Infinity,
che lavora nella robotica marina