DEBITI TROPPO ELEVATI,
QUALSIASI MODELLO ALTERNATIVO
COMPORTERA' UGUALMENTE DEI COSTI
ELEVATI, ANCHE PER UNA RICONVERSIONE
POSITIVA
"Cosa accadrà in caso di default
ed abbandono dell’euro?
Come uscire dalla crisi sfruttando
l’opportunità del cambiamento? Non
proponiamo nuove strategie di
crescita, ma un diverso modo di vivere
e produrre. A tal fine, individuiamo
una strategia dal basso (da noi tutti
abitanti questo Pianeta) ed una
dall’alto.
La diminuzione del tasso di profitto
del settore reale nei Paesi avanzati
ha generato un'espansione del settore
finanziario che ha garantito la tenuta
del sistema fino allo scoppio della bolla
immobiliare nel 2007.
La crescita del profitto ha portato
alla necessità di reinvestire i
risparmi accumulati. Il rallentamento
dell’economia realenei
Paesi avanzati ha implicato una
fuoriuscita di risorse da questo
settore non più remunerativo,
incentivando la delocalizzazione
produttiva e
l’investimento finanziario in attività
sempre più rischiose e complesse.
L’iniezione di liquidità effettuata a
più riprese dalle banche centrali
americana ed europea non ha sortito
rilevanti effetti positivi
sull’economia reale dei Paesi
occidentali, mentre le
banche hanno ripreso a speculare grazie
alla maggiore liquidità a
disposizione, accrescendo i propri
profitti. Il salvataggio delle banche,
con la conseguente socializzazione
di perdite private,
è importante per la salvaguardia del
risparmio del ceto medio. Però non è
da escludere un’azione di indirizzo
pubblico da parte dello Stato che ha
investito risorse per salvare il
sistema. Inoltre, il salvataggio
bancario non è in grado di risolvere
da solo l’attuale crisi. Infatti, non
influisce sul problema di fondo, cioè
una divergenza
tra una produttività crescente e una
capacità di acquisto stagnante o
calante.
In aggiunta, il salvataggio delle
banche da parte degli Stati ha fatto lievitare
il debito pubblico,
già elevato in alcuni Paesi come
l’Italia. Quindi un problema è
diventato ridurre il peso del debito
pubblico rispetto al prodotto interno.
La strada che i governanti europei
stanno seguendo è quella
dell’austerità, alcuni hanno proposto il
ripudio del debito e l’uscita
dall’Euro.
Il ritorno alle monete nazionali
renderebbe nuovamente disponibile ai
singoli Paesi lo strumento della politica
monetaria per
garantire il debito pubblico mediante
l’intervento della propria banca
centrale. Questa strategia può
presentare una serie di criticità. La
principale è checolpirebbe
pesantemente il ceto medio,
lo stesso che ora sta pagando i
sacrifici richiesti dalla strategia di
austerità.Questo gruppo di persone
verrebbe colpito sia direttamente che
indirettamente. Direttamente, dato che
i titoli di Stato sono la forma
di risparmio principale dei
piccoli risparmiatori (l’incidenza dei
titoli di Stato italiani nel
portafoglio di un grande imprenditore
che può permettersi di investire
all’estero o portare le proprie
attività in Lussemburgo o alle Isole
Cayman è minima rispetto all’incidenza
sul portafoglio di un piccolo
risparmiatore). Il default dovrebbe
quindi essere “selettivo”,
per colpire solo i titoli posseduti da
alcuni soggetti (ad esempio, le
istituzioni finanziarie estere) e
ripagarli invece se posseduti da altri
(ad esempio, lavoratori e pensionati).
Al danno diretto si aggiungerebbero
una serie di danni indiretti. L’uscita
dall’Euro propedeutica ad una svalutazione
della moneta (una
nuova lira o un euro dei PIGS?), che
faccia recuperare competitività al
Paese, porterebbe nell’immediato ad
una probabileimpennata
dell’inflazione (le
materie prime quali petrolio e gas,
sarebbero molto più care) e ad un
peggioramento del potere d’acquisto e
degli standard di vita. Inoltre, anche
l’effetto benefico sulle esportazioni
nel medio periodo potrebbe non avere
la stessa ampiezza ottenuta dalla
svalutazione del 1992, quando la
competizione di prezzo dei Paesi
emergenti non aveva raggiunto i
livelli degli anni 2000, dopo
l’ingresso della Cina nel WTO. Un
default implicherebbe una perdita
di credibilità sui
mercati internazionali che, per un
certo periodo, eviterebbero di
finanziarci (se non a tassi
elevatissimi). La mancanza di credito
e di investimenti potrebbe acuire la
recessione. Infine, l’uscita dall’Euro
dell’Italia sarebbe probabilmente
causa dell’archiviazione
dell’esperienza della moneta unica,
il che potrebbe implicare la fine del
processo di integrazione europea,
poggiato principalmente su basi
economiche.
L’attuale modello di sviluppo, basato
sull'utopica credenza di una crescita
senza fine,
che non distingue beni da merci,
genera insostenibili disuguaglianze e
provoca sempre più forti criticità
ambientali.