.DIARIO A PARTIRE DAL
11-12-2020
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LA DELUSIONE –
Le partite Iva: “I sostegni valgono solo il 2% delle perdite 2020”
GIORGETTI –
“Aiuti tempestivi ma non equi. Ora si guardi al calo del risultato
economico”
Virus, l'allarme dei medici: "Ospedali pieni, non si allentino ora
le misure"
L'appello del comitato intersindacale dei camici bianchi: "Terapie
intensive ben oltre le soglie, la mortalità resta elevata: la
politica ascolti il nostro grido. Meno restrizioni solo con contagi
giornalieri sotto i 5mila"
"Il personale sanitario, impegnato quotidianamente - 7 giorni su 7,
di giorno e di notte - e da oltre un anno nella lotta contro la
pandemia - sottolinea il comunicato - si trova ad affrontare ancora
per tutto il 2021 criticità di ogni tipo dovute al sovraffollamento
degli ospedali, che con la terza ondata interessa in successione
tutta la nostra penisola, anche aree precedentemente risparmiate,
come dimostra il caso Sardegna. Ogni prematuro allentamento delle
restrizioni potrebbe mettere a rischio tanto la vita dei pazienti
affetti da Covid, costringendo per carenza di posti letto gli
operatori a scelte strazianti sotto il profilo etico, come il triage
inverso, quanto la salute dei pazienti con altre patologie, la cui
prevenzione e cura rischia di essere ancora una volta sacrificata a
causa della sottovalutazione del rischio di una persistente elevata
circolazione del virus, sulla quale i medici e
i dirigenti del servizio sanitario nazionale lanciano da tempo,
inascoltati, tutti gli allarmi possibili".Secondo i
sindacati dei medici,
un rallentamento delle restrizioni sarà possibile solo con contagi
giornalieri al di sotto di 5mila casi, mantenendo una larga capacità
di testing e riprendendo il contact tracing per il controllo della
diffusione dell'epidemia, i ricoveri in area Covid medica e
intensiva largamente al di sotto delle soglie critiche,
rispettivamente 40% e 30%, e la vaccinazione completata almeno per i
soggetti fragili e gli ultra 60enni, categorie a più alto rischio di
ricovero e mortalità.I camici bianchi chiedono "alla politica di
ascoltare le decine e decine di migliaia di colleghi che da 13 mesi
lavorano senza tregua nell'emergenza territoriale e negli ospedali,
e che non nascondono la loro perplessità e amarezza per il dibattito
in corso su riaperture che, sotto le pur comprensibili esigenze
economiche e sociali, celano una non corretta valutazione del
rischio di un prolungamento della pandemia e di una persistente
elevata mortalità tra i cittadini non ancora protetti con la
vaccinazione. Senza una soluzione duratura della crisi sanitaria non
vi potrà essere una ripresa economica nè un ritorno in sicurezza
alle normali relazioni sociali".
Covid, il crollo dei contagi a Piacenza finisce sotto al
microscopio: ipotesi immunità di gregge
“Piacenza, Bergamo, Lodi e Vo’ Euganeo: i territori colpiti più
violentemente all’inizio dell’epidemia sono parsi maggiormente
al riparo in autunno. È un fenomeno che si è ripetuto in maniera
sistematica, statisticamente non può essere un caso. Quel che
rimane da capire è il perché. Ecco, noi avanziamo alcune
ipotesi”. La più intrigante delle quali è che nei territori
martoriati la scorsa primavera “si sia stabilita un’immunità non
così lontana da quella cosiddetta di gregge”.
Il professor Marco Vinceti, docente di Epidemiologia e Sanità
Pubblica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia,
sintetizza così i risultati e le possibili interpretazioni che
emergono dallo studio pubblicato in questi giorni sulla rivista
internazionale Environmental
Research. Una ricerca - firmata insieme a Tommaso
Filippini, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche,
Metaboliche e Neuroscienze dell’Ateneo, e realizzata con la
collaborazione di docenti dell’Università di Stoccolma e della
Boston University – che attraverso l’incrocio dei dati di
incidenza dell’infezione da SARS-CoV-2 nelle varie province
italiane ha prodotto una “prima rigorosa analisi delle relazioni
tra prima e seconda ondata Covid-19”. E che ha permesso di
individuare una “correlazione diretta tra le due ondate” e un
“andamento chiaramente inverso” tra la scorsa primavera e
l’autunno. Ossia: nei territori martoriati nel primo lockdown
(con incidenza di almeno 500 casi per 100mila residenti) la
seconda ondata è risultata “tanto più attenuata quando più forte
era stata l’intensità della prima”.
“Con una simile costanza di risultati sia a livello nazionale
che regionale – spiega a Repubblica Vinceti
– tendiamo a escludere che possa trattarsi di un caso”. E allora
come può essere spiegato un simile fenomeno? Qui, premettono gli
autori, entriamo nel campo delle interpretazioni, che restano
tutte da dimostrare. Sono tre, in particolare, le ipotesi
avanzate dai ricercatori.
La prima è che nelle province più scottate all’inizio
dell’epidemia la popolazione abbia adottato un atteggiamento più
prudente. “Ma tendiamo a scartarla, è inverosimile: le immagini
di Bergamo le abbiamo viste in tutt’Italia”.
C’è allora l’ipotesi dei superdiffusori, cioè gli individui
asintomatici dotati di grande capacità infettante. La prima
ondata potrebbe averli colpiti selettivamente, aiutandoli a
sviluppare l’immunizzazione post-infezione e limitandone così il
ruolo in autunno. “Esaurito quel serbatoio – ragiona Vinceti –
l’epidemia potrebbe aver fatto più fatica a circolare. Ma anche
questa possibilità non è del tutto convincente”.
Infine l’ultima possibile interpretazione, che per ammissione
dello stesso docente è anche la più “intrigante”. E che immagina
un’immunità acquisita meno lontana dalla soglia “di gregge” di
quanto “ci facessero presagire i dati di sieroprevalenza”.
L’indagine nazionale Istat diffusa la scorsa estate evidenziava
infatti che a Piacenza soltanto il 10,5% della popolazione aveva
sviluppato gli anticorpi da SARS-CoV-2, una percentuale
decisamente lontana dal 60-70% richiesto per l’immunità di
gregge. “Proprio per questo motivo per la seconda ondata ci si
aspettava un impatto durissimo anche nelle aree già fortemente
provate dalla prima ondata, che invece fortunatamente non è
avvenuta”. L’ipotesi dello studio Unimore è che ci sia allora
qualcosa di diverso, “un’immunità più estesa”. Recenti studi
pubblicati su Nature hanno
infatti illustrato la possibilità che una parte dei pazienti
entrati in contatto con il virus sviluppi una risposta
immunitaria sotto forma di linfociti T: una sorta di immunità
cellulomediata, che sfuggirebbe quindi al test degli anticorpi.
“E poi potrebbero entrare in gioco anche le immunità crociate
derivanti da altri Coronavirus, come quello del raffreddore”. In
altre parole: a Piacenza la percentuale di persone in qualche
modo protette dal virus potrebbe essere ben più ampia di quel
10,5%, pur restando ancora distante dalla soglia “di gregge”.
Sia come sia, aggiunge Filippini, “una maggiore comprensione
delle dinamiche epidemiche, assieme allo studio di altri
determinanti come i fattori ambientali e meteoclimatici e le
caratteristiche della popolazione colpita, potranno permettere
in un’ottica predittiva di avere una maggiore consapevolezza su
quello che ci potremo attendere riguardo l’andamento di future
epidemie su scala globale. Ciò anche al fine di organizzare la
risposta dei servizi sanitari in modo più rapido ed efficiente
nel tentativo di minimizzare gli effetti negativi nella
popolazione, specialmente per le categorie più fragili come
anziani e portatori di patologie croniche”.
Usa, la Fda chiede la sospensione del vaccino Johnson&Johnson dopo 6
casi di trombosi. L’azienda: “Ritardiamo le consegne in Europa”La
Food and Drug Administration ha chiesto di fermare immediatamente le
somministrazioni del vaccino monodose negli Stati Uniti: segnalati 6
casi in donne di età compresa fra i 18 e i 48 anni, una di loro è
morta. Il composto di J&J è a vettore virale come quello sviluppato
da AstraZeneca. L'annuncio della multinazionale: "Abbiamo deciso di
ritardare in modo proattivo il lancio del nostro vaccino in Europa"
Vaccino Astrazeneca, la Regione Lombardia: “Adesioni 75-79enni
inferiori al previsto”. Da Potenza a Messina, la mappa delle
defezioni
Il direttore generale al Welfare di Regione Lombardia, Giovanni
Pavesi: "Apriamo ai 70enni perché, dopo un primo giorno molto
promettente, la prenotazione è inferiore al previsto". A Potenza nel
week end il 40% di rinunce, il direttore della Asl di Caserta ne
segnala "moltissime". E nell'hub di Messina: "Chi deve farlo si
presenta con documentazione medica che comprova choc anafilattici e
diverse patologie".
La Lombardia che
apre ai 70enni perché nella fascia più anziana della popolazione
l’adesione è inferiore al previsto. L’hub di Potenza nel
quale si registra una percentuale di defezioni molto alta, un
fenomeno simile a quello registrato dalla Asl di Caserta.
Messina e Palermo dove serpeggia diffidenza e in molti chiedono
informazioni o si presentano con documentazione medica
per tentare di “schivare” la somministrazione di AstraZeneca.
Il giorno seguente il pronunciamento di Ema sulla
correlazione tra il farmaco
anti-Covid anglo-svedese
e i casi rari di trombosi, seguito dall’inoculazione in via
“preferenziale” agli over
60
di cui ha parlato Franco
Locatelli,
iniziano a vedersi gli effetti del caos ingenerato
attorno al vaccino.
AstraZeneca, verso raccomandazione uso preferenziale over 60. Al via
il vertice tra governo e Regioni
L'uso del vaccino AstraZeneca potrebbe
essere raccomandato sopra i 60
anni. "Considerando i dati
sulla letalità (per
coronavirus) che confermano
che le vittime perlopiù sono
anziani, l'idea anche per
Italia è di raccomandare l'uso
preferenziale oltre i 60
anni". A chiarire la posizione
dell'Italia è Franco
Locatelli durante
l'incontro Governo-Regioni.
"Non abbiamo elementi per
scoraggiare la
somministrazione della seconda
dose", ha aggiunto. La
decisione è arrivata dopo il
responso dell'Ema e dopo un
confronto tra governo e
responsabili del Cts. Alle 20
è iniziata la riunione tra il
governo e le Regioni, Comuni e
Province, con il commissario
all'emer
genza Francesco
Figliuolo per
fare il punto sul piano
vaccinale anti-Covid, in
particolare sul caso
AstraZeneca, specificando che
"non ci sono casi di trombosi
dopo la seconda dose" e
annunciando che "da
domanipotrà essere
somministrato anche nella
fascia che va dai 60 ai 79
anni". Alla riunione
partecipano anche la ministra
agli Affari regionali Maria
Stella Gelmini e
il ministro della Salute Roberto
Speranza.
Astrazeneca, Ema: “C’è legame
vaccino-trombosi rare.
Benefici superano rischi,
nessuna restrizione all’uso”. Ma
l’agenzia britannica:
“Sconsigliato agli under 30”7
aprile 2021
I “coaguli uniti a bassi livelli di piastrine”
sono un effetto “molto raro” di Vaxzevria. Questa la conclusione
dell’Ema illustrata dalla direttrice Emer Cooke (leggi). Intanto
a Londra anche l’Mhra ha preso posizione: l’agenzia inglese ha
sconsigliato l’uso nei più giovani dopo i 19 decessi registrati su
circa 20 milioni di dosi inoculate
Coronavirus, 13.708 nuovi contagi e 627 morti.Dall'inizio
della pandemia sono 3.700.393 i casi accertati di Sars-Cov-2 in
Italia. In 3.040.182 sono guariti o sono stati dimessi (+20.927),
mentre 112.374 sono deceduti. Gli attualmente positivi sono 547.837:
in 29.316 sono ricoverati con sintomi in area medica e 3.683 vengono
assistiti in terapia intensiva
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Astrazeneca, Figliuolo: “Alcune regioni come il Lazio non hanno
avuto rinunce. In altre c’è stato il 20% o il 10%”
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L'Ema dà via libera ad AstraZeneca. Da oggi ripartono le
vaccinazioni
"Il vaccino AstraZeneca
è sicuro, efficace, i benefici sono superiori ai rischi ed
escludiamo relazioni tra casi di trombosi" e la somministrazione dei
sieri. Lo ha affermato la
direttrice di Ema, Emer Cooke, argomentando il via libera al
vaccino. E ha continuato: "Il Comitato per la valutazione dei rischi
per la farmacovigilanza dell'Ema "è giunto a una chiara conclusione
scientifica che questo è un vaccino sicuro. La protezione delle
persone dal Covid-19 e dai rischi associati e ospedalizzazioni
superano i possibili rischi".
Infatti, per Cooke, vaccinando "milioni di persone, è inevitabile"
che si verifichino "casi inattesi", precisando che la situazione
verificatasi con AstraZeneca "non è imprevista". "Sono stati riportati
25 casi" di eventi tromboembolici rari "su
20 milioni di vaccinati" con AstraZeneca.
Tuttavia non
può essere escluso un legame con i rari casi tromboembolici e
perciò occorre
avvertire di queste possibilità, ha spiegato la direttrice
dell'Ema, Emer Cooke. Quindi, il
foglietto illustrativo del vaccino AstraZeneca "deve essere
aggiornato: è importante che venga comunicato al pubblico e agli
operatori sanitari perché apprendano meglio queste informazioni,
permettendo loro di mitigare questi effetti collaterali", ha
aggiunto Sabine
Straus, a capo della commissione sulla sicurezza dell'Ema.
I casi di trombosi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca
"sono inferiori" a quelli che avvengono tra la popolazione non
vaccinata, ha detto Sabien Straus, presidente del Prac (Commissione
di farmacovigilanza) , nella conferenza stampa dell'Ema, senza però
specificare se si riferisse alla popolazione tedesca e della Unione
europea in generale.
In quanto alla possibilità che una parte della produzione di Astra
Zeneca, Sabine Straus, ha affermato che "la commissione sulla
sicurezza dell'Ema non ha trovato prova di problemi di qualità o sui
lotti".
Ema: incidenza maggiore dei casi tra giovani donne
La ricerca condotta dall'Ema sui casi sospetti collegati alla
somministrazione del vaccino AstraZeneca "ha mostrato una
predominanza in alcuni gruppi" di pazienti e "in particolare nelle
donne più giovani di età", ma
"è ancora piuttosto prematuro concludere rischio maggiore su un
gruppo molto specifico" perchè "il rischio di base di trombosi può
essere diverso anche all'interno di questo gruppo". Lo ha detto la
dottoressa Sabine Straus, presidente del Comitato per la valutazione
dei rischi per la farmacovigilanza (Prac) dell'Ema, nel corso della
conferenza stampa sul vaccino AstraZeneca. Quello che serve è
"un'ulteriore valutazione" alla luce della quale "se verranno
identificate possibilità di minimizzazione del rischio, queste
saranno ovviamente comunicate".
Comunque l'Ema
sta approfondendo casi rari di trombosi dopo la vaccinazione con
AstraZeneca di questi, "sette in Germania, tre in Italia, uno in
Spagna; due in Norvegia; due in India, tre in Gran Bretagna". Ha
aggiunto Sabine Straus che ha osservato: "C'è sempre una distinta
possibilità" di eventi tromboembolici "per le donne che assumono la pillola
anticoncezionale. Indagheremo il legame tra l'uso della pillola
e la possibilità di un aumento dei rischi di casi avversi per chi
viene vaccinato".
Italia, domani ripartono le vaccinazioni Astra Zeneca
Il primo ministro Mario
Draghi ha fatto sapere che la somministrazione di AstraZeneca in
Italia ripartirà domani. Tra gli amministratori regionali, questo
pomeriggio, non c'era infatti chiarezza se occorresse un nuovo via
libera anche dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, oppure la
possibilità di ripartire sia automatica dopo il pronunciamento
dell'Ema. Poi dal
ministero della Salute è arrivato il via libera, a partire dalle 15
di domani venerdì 19 marzo.
Intanto,
subito dopo la conclusione della conferenza stampa delle autorità
dell'Ema, questo pomeriggio, in
Francia sono riprese le vaccinazioni con AstraZeneca. Gli
ambulatori dei medici di base che avevano bloccato le liste dopo
l'annuncio di Emmanuel Macron, che martedì aveva sospeso per
precauzione le vaccinazioni, hanno richiamato i pazienti. Anche le
farmacie hanno ripreso a vaccinare i pazienti in lista con
AstraZeneca.
"Siamo pronti a ripartire riattivando le sedi vaccinali già domani
mattina con tutti coloro che sono prenotati per la somministrazione
del vaccino Astrazeneca. Siamo in attesa che Aifa si pronunci per
rimuovere il divieto di utilizzo del vaccino Astrazeneca dopo il
pronunciamento da parte di Ema. Ora non si perda altro tempo". Lo
dichiara l'assessore
alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato.
"Se l'autorizzazione dell'Ema alla ripresa delle vaccinazioni con
AstraZeneca non richiede ulteriori passaggi, questa sera stessa
faremo le riconvocazioni: dobbiamo recuperare circa 15 mila dosi".
Così il
governatore del Piemonte, Alberto Cirio, che ha sottolineato
come le dosi non somministrate nella Regione a causa dello stop
siano in realtà 20 mila. Ma circa 5 mila appartengono ai lotti
sequestrati, per cui non sono per il momento recuperabili.
Anche "la Toscana è
pronta per ripartire, ma dobbiamo attendere il via libera anche da
parte dell'Agenzia italiana del farmaco. Appena avviene darò tutte
le informazioni". Così su Facebook il governatore
toscano Eugenio Giani dopo il via libera dell'Ema. "Appena
possibile comunicherò come riprenderanno le
vaccinazioni". Se arriverà l'ok da Aifa, la Regione già stasera è
pronta a far partire gli sms di conferma del vaccino: per domani
erano 5.404 le prenotazioni per il vaccino Astrazeneca.
"Da lunedì prossimo in Liguria riprenderanno
le prenotazioni e le vaccinazioni nelle 23 sedi messe a disposizione
dei medici di medicina generale su tutto il territorio: chi ha già
la prenotazione a partire da lunedì 22 marzo può presentarsi
regolarmente all'appuntamento. Al contempo, siamo già al lavoro per
riprogrammare gli appuntamenti che sono saltati questa settimana
(dal 16 marzo a domenica 21 marzo): si tratta di circa 11mila
appuntamenti che saranno riprogrammati a partire da lunedì prossimo,
22 marzo, entro i successivi 15 giorni". Lo dichiara in una nota il presidente
della Regione Liguria Giovanni Toti
Le reazioni
"Personalmente non fossi vaccinato mi vaccinerei istantaneamente".
Così Roberto
Burioni, virologo dell'università Vita-Salute San Raffaele di
Milano, su twitter riportando le conclusioni dell'Ema, l'Agenzia
europea del farmaco, sul vaccino AstraZeneca, illustrate in
conferenza stampa: "il vaccino AstraZeneca è efficace, sicuro e ha
un ottimo rapporto rischio-beneficio, ma le rarissime trombosi
cerebrali riportate
potrebbero essere dovute al vaccino. Nessun effetto sulla
coagulazione. Le trombosi cerebrali potrebbero essere legate al
vaccino, ma sono state 18 (diciotto) su 20 milioni (ventimilioni) di
vaccinazioni". (Secondo Emer Cooke i casi tromboembolici sono stati
25, vedi sopra, ndr).
"Meno male, hanno prevalso il buon senso e l'evidenza dei dati.
Sicuramente adesso la vigilanza non deve mai venire meno", ha
dichiarato all'Adnkronos Andrea
Crisanti, direttore del dipartimento Microbiologia e Virologia
Azienda Ospedaliera Padova, dopo il via libera dell'Ema.
Prima la Germania,
poi l’Italia e
quindi anche la Francia e
la Spagna.
A pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, alcuni tra i principali
Paesi europei hanno deciso di sospendere “per precauzione” la
somministrazione del vaccino prodotto da Astrazeneca.
Lo stop, a quanto si apprende, è stato concordato
a livello europeo in attesa delle riunioni dell’Ema,
che giovedì dovrebbe
esprimere un nuovo parere alla
luce della vaccinovigilanza di queste settimane.
A Berlino, riportano i media tedeschi, il governo federale si è
basato su una raccomandazione dell’Istituto Paul Ehrlich, come
riferito da un portavoce del ministero
della Salute, che ritiene necessarie “ulteriori
indagini” dopo le segnalazioni di casi di trombosi in
relazione alla vaccinazione in diversi Stati membri, compresa la
stessa Germania. In Francia l’annuncio è stato dato direttamente dal
presidente Emmanuel
Macron. Nei giorni scorsi le iniezioni di Astrazeneca erano
state sospese in Danimarca, Norvegia, Islanda e
a seguire in Bulgaria, Romania, Irlanda,
Austria e Paesi
Bassi, proprio in vista di nuovi accertamenti dell’Ema.
Il Comitato
per la sicurezza dell’Ema
esaminerà ulteriormente le informazioni riguardo alle tromboembolie
“domani, martedì, e ha convocato una riunione
straordinaria giovedì
18 marzo per concludere su quanto raccolto e su qualsiasi ulteriore
azione che potrebbe essere necessaria”, annuncia l’Agenzia Ue in una
nota in cui spiega che “sta lavorando a stretto contatto con
l’azienda, con esperti in malattie
del sangue e
con altre autorità sanitarie”, tra cui l’ente regolatorio
britannico, Mhra,
per “la sua esperienza con circa 11 milioni di dosi somministrate
del vaccino”.
L’indagine, aggiunge l’Ema, “è proseguita nel fine settimana e nei
prossimi giorni verrà condotta un’analisi
rigorosa di
tutti i dati relativi agli eventi tromboembolici” segnalati. Gli
esperti, conclude l’Agenzia Ue, stanno esaminando nel dettaglio
“tutti i dati disponibili e le circostanze
cliniche” che
riguardano “i casi specifici per determinare se il vaccino potrebbe
aver contribuito o
se è probabile che
l’evento sia stato dovuto ad altre cause”.
Mentre è in corso l’indagine, l’Agenzia europea del farmaco “rimane
attualmente dell’opinione che i benefici del
vaccino AstraZeneca nella prevenzione di Covid-19, con il rischio di
ospedalizzazione e morte associato” alla malattia, “superano i
rischi di effetti
collaterali” eventualmente correlabili al vaccino stesso.
“La pandemia di Covid-19 è una crisi
globale con un impatto
sanitario, sociale ed economico devastante – sottolinea
l’ente regolatorio Ue – e continua a rappresentare un grave
fardello per i sistemi
sanitari dell’Unione Europea”. I vaccini anti-Covid,
prosegue l’Ema, “aiutano a proteggere le persone dal contrarre la malattia,
in particolare gli operatori
sanitari e le categorie vulnerabili come gli
anziani o i malati cronici”.
“Conosciamo la portata di questa decisione che non è stata presa a
cuor leggero. Ma è una decisione
fattuale e non politica”, ha detto il ministro della Salute
tedesco Jens
Spahn, ribadendo che la sospensione è per “pura
cautela”. Quindi ha sottolineato che “per mantenere la fiducia nel
vaccino dobbiamo dare ai nostri esperti il
tempo di verificare i nuovi casi” e “sgomberare il campo da
eventuali rischi”, ha continuato. “Al momento sono stati riportati 7
casi di trombosi venose cerebrali su 1,6 milioni di vaccini
somministrati in Germania”. Si tratta di un “rischio
molto basso. Ma se dovesse rilevarsi un collegamento con il
vaccino, sarebbe superiore
alla media“.I
timori legati a casi sospetti di trombosi sono condivisi anche in
Francia. “Sulla base della raccomandazione del nostro Ministro della
Salute”, ha spiegato Macron, “è stata presa la decisione di
sospendere in via precauzionale la vaccinazione con AstraZeneca,
sperando di riprenderla rapidamente se il parere dell’Ema lo
consentirà”. Lo stop, ha aggiunto, per ora è fissato fino a “domani
pomeriggio“.
Fonti citate dall’Ansa riferiscono però che gli esperti Ue
potrebbero anche non arrivare a un risultato domani, ma risposte
definitive sono attese
in settimana.
A chiarire che c’è stato un coordinamento a livello europeo è stata
una nota del ministero della salute italiano. “Durante la giornata Speranza ha
avuto colloqui con i ministri della Salute di Germania,
Francia e Spagna“.
E infatti anche Madrid nel tardo pomeriggio ha adottato la stessa
linea dopo la riunione
d’urgenza il
Consiglio Interterritoriale della Salute.
Germania, Francia, Spagna e Italia sono quindi i primi grandi Paesi
a imporre uno stop, dopo aver deciso in un primo momento di
proseguire con la campagna. Tra i primi a chiedere alle autorità
sanitarie di fare chiarezza è stato Markus
Soeder, leader della Csu e
presidente della Baviera. La mancanza di chiarezza potrebbe
portare ad un “problema di accettazione” del vaccino da parte dei
cittadini: “Il vaccino è buono o no? Ora serve una dichiarazione sul
fatto che questo vaccino sia efficace e
che funziona”, aveva detto Soeder. Il
farmaco sviluppato dall’università di Oxford,
ha ribadito il governo britannico, è “sicuro
ed efficace”, secondo i dati della somministrazione in
corso nel Regno
Unito, dove oltre 11
milioni di persone hanno già ricevuto il siero e non è
stato osservato “alcun incremento di trombosi”.
Una spinta per proseguire con la vaccinazione è arrivata anche
dall’Organizzazione mondiale della sanità: “Sfortunatamente, le
persone muoiono di trombosi ogni giorno, la chiave è se questo abbia
qualche legame con
il vaccino. Al momento non abbiamo riscontrato che ci sia una relazione tra
il vaccino e i casi di trombosi rilevati. Infatti, le percentuali di
trombosi tra i vaccinati sono addirittura inferiori a
quelle della popolazione nel suo complesso. Nessun farmaco
è sicuro al 100%, ma bisogna tenere conto dei vantaggi di
vaccinare la popolazione”, ha detto Soumya
Swaminathan, scienziato capo dell’Oms, nel briefing da
Ginevra.
“La variante inglese uccide di più”: lo studio voluto da Biden,
Johnson, Merkel e Macron al vaglio del Comitato tecnico
scientifico
L’hanno voluto Joe Biden,
Angela Merkel,
Boris Johnson ed
Emmanuel Macron.
E le conclusioni sono tutt’altro che rassicuranti: “La
variante inglese uccide di più”.
Ha una letalità
maggiore tra
il 20 e il 30 per cento. E anche le altre mutazioni di Sars-Cov-2 comportano
problemi nella lotta alla pandemia: quella brasiliana non
crea immunità aprendo al rischio di re-infezione, mentre quella sudafricana depotenzia
l’efficacia del vaccino di Astrazeneca.
L’inchiesta scientifica che terrorizza i governi potrebbe arrivare
oggi sul tavolo del Comitato
tecnico scientifico,
che ha in programma un tavolo con il ministro Roberto
Speranza,
ed è destinata ad aprire il dibattito sulla necessità di
raccomandare nuove
chiusure.Si
spiega così l’allarme lanciato domenica da Walter
Ricciardi,
consulente scientifico del ministro Roberto
Speranza. Il
professore di Igiene aveva avanzato di nuovo la proposta di un “lockdown
totale e immediato“ finendo sotto
attacco da parte di Lega e Italia
Viva.
E aveva quindi aggiunto: “Tutte le varianti del virus Sars-Cov-2
sono temibili e
ci preoccupano ma, in particolare, quella inglese risulterebbe
essere anche lievemente
più letale e
sta facendo oltre mille morti al giorno in Gran Bretagna”. A
fronte di questa situazione di “pericolo – aveva detto ancora –
alcuni Paesi hanno già optato per la chiusura
drastica.
L’Italia
è in ritardo,
penso avremmo dovuto prendere misure di chiusura già 2 o 3
settimane fa”.
La sua riflessione, ha svelato La
Stampa, è dettata dalla lettura di questo report voluto dai
maggiori leader
mondiali e prodotto da una task
force internazionale sulla base dei dati disponibili nel Regno
Unito. E secondo il quotidiano torinese arriverà oggi sul
tavolo del Comitato tecnico scientifico, finendo con ogni
probabilità per costringere a una revisione della situazione
epidemiologica. Un nuovo tassello che si aggiungerebbe
alla già precaria situazione descritta dall’Istituto
Superiore di Sanità nell’ultimo monitoraggio settimanale
e nello studio sulla sorveglianza delle
varianti.
Quella inglese rappresenta ad oggi il 17,8% dei
nuovi contagi e, come spiegato dal presidente Silvio
Brusaferro, è destinata a diventare il ceppo dominante in “5-6
settimane“. Una diffusione che, visto il 50% in più di
capacità di infettare, provocherebbe una risalita vertiginosa
della curva dei positivi. In
generale, tra l’altro, alcune regioni già ora mostrano “segnali” di
“controtendenza” del contagio. E un eventuale dilagare della
variante inglese, sottolineava venerdì l’Iss, si innesterebbe su
una pressione dei servizi
sanitari che, nonostante il miglioramento dell’ultimo
mese, resta comunque precaria. Insomma, il rischio è che in alcune
zone l’area
critica (le terapie intensive) vadano in tilt in
breve tempo.
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Coronavirus, il bollettino di oggi 24 febbraio: 16.424 nuovi casi e 318
vittime
Coronavirus, i dati: 24.009 nuovi casi con 206mila tamponi. I morti oggi
sono 814,4 dicembre 2020
Sono 24099 i
nuovi casi di coronavirus accertati
oggi in Italia su 206059
tamponi effettuati. I morti registrati
oggi sono 814,
leggermente in calo rispetto ai 993 decessi
accertati ieri: il record da inizio pandemia.
Dopo che negli ultimi due giorni l’incidenza delle
nuove persone risultate positive rispetto al numero di test effettuati
era rimasta stabile al 10
per cento, oggi torna leggermente a salire all’11,7%.
Il confronto del trend settimanale però resta incoraggiante: tra lunedì e venerdì i
casi accertati sono 103.760,
i primi 5 giorni della scorsa settimana erano stati 129mila. Il calo di
positivi accertati rispetto alla media dell’ultimo mese è del 33%.
Il confronto con 7 giorni fa dice il
tasso di positività è calato di un punto percentuale (era al 12,7%),
mentre il numero dei decessi è
rimasto costante.
Covid, Crisanti a La7: “Polemiche su Festival di Sanremo? C’è un
inaridimento dei sentimenti, la gente ormai si è abituata a 500 morti al
giorno”
“Le
polemiche sul Festival di Sanremo e sul pubblico all’Ariston? Penso
che ci sia una specie di inaridimento
dei sentimenti. La gente alla fine si è abituata e
dice: ‘Muoiono
500 persone al giorno? Va bene, pazienza’.
Oppure dice: ‘Tanto a me non tocca, perché ho 30 o 40 anni'”. Sono le
amare parole di Andrea
Crisanti,
direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Azienda
ospedaliera di Padova e docente di Microbiologia, nel corso della
trasmissione “Piazzapulita”,
su La7.“Lo ha detto anche il presidente
della Regione Abruzzo –
continua – e cioè che per lui la cosa più importante è mandare avanti
l’economia. Però ci dimentichiamo il passato della nostra Italia:
dall’Unità fino al 1956, la priorità di tutti i governi italiani,
indipendentemente dal colore politico, è stata sempre quella del
controllo delle malattie trasmissibili: la malaria e il tifo. È
pura follia pensare
che con
questi livelli di trasmissione e con queste sofferenze si
possa tornare immediatamente con un colpo di bacchetta magica a come era
prima. Evitare
la terza ondata? Dipende
da due fattori: quanta gente riusciamo a vaccinare e creare un sistema
in grado di tracciare e di bloccare la trasmissione del virus sul
territorio. Se riusciamo a fare queste cose, la terza ondata non ci
sarà, altrimenti sarà inevitabile quando riapriremo le scuole e altre
attività”.
Infine, il virologo puntualizza: “Secondo
me, l’anno peggiore psicologicamente sarà questo,
perché abbiamo la
speranza dei vaccini,
ma sarà difficile vaccinare tutti. Inoltre, non
sappiamo nemmeno quanto dura questa immunità. Se
dura un anno e ci mettiamo più di un anno a vaccinare, non raggiungeremo
mai l’immunità di gregge. Quando
ci toglieremo la mascherina? Penso che ci vorranno due anni,
perché non sappiamo se chi è vaccinato è in grado di trasmettere il
virus. Voglio essere un po’ più ottimista: ci vorrà un anno e mezzo
prima che ci leviamo la mascherina. Oddio,
chissà Crozza ora cosa dirà“.
. 24 novembre 2020
Coronavirus, 853 morti nelle ultime 24 ore. I nuovi casi sono 23232
con 188mila tamponi.
Aumentano ancora le persone con il coronavirus che
ogni giorno muoiono. Oggi
i decessi sono 853.
Per trovare numeri così alti bisogna tornare al picco della prima
ondata,
tra fine marzo e inizio aprile, quando si arrivò ai 919
morti del
27 marzo. Una cifra che è destinata a essere superata nei
prossimi giorni, se il trend resterà invariato. I nuovi
casi di
martedì sono invece 23232,
frutto di 188659
tamponi processati. I
contagi aumentano di appena 300
unità rispetto a ieri, nonostante i 40mila test in più
effettuati oggi.
Rispetto a lunedì, cala per la prima volta da mesi il numero dei
ricoverati: oggi sono 34.577, 120
in meno.
Aumenta ancora, seppur leggermente, il saldo tra ingressi e uscite
in terapia intensiva: oggi ci sono 6
posti letto occupati
in più, in totale sono 3816 i
pazienti in terapia intensiva. Le persone che attualmente hanno il
virus in Italia sono 798.386.Questa
settimana i nuovi casi tra lunedì è martedì sono 46162, inferiori ai
primi due giorni della settimana precedente e anche ai contagi del
9-10 novembre. Per il secondo
martedì consecutivo si
registra un
calo del
numero di positivi rispetto alla settimana precedente. Martedì
scorsi i casi furono 32191, ma con 208mila
tamponi effettuati (20mila in più rispetto ad oggi).
Come sempre quindi bisogna guardare all’incidenza dei
casi sul numero di test processati: una settimana fa era al 15,4%,
oggi scende al 12,3
per cento.
Anche il rapporto tra positivi e casi testati cala drasticamente al
24,4%, mentre 7 giorni fa era al 28. La curva dei contagi quindi continua
a rallentare.
“Il rapporto casi-tamponi è al 12,3%, il numero degli accessi alle
terapie intensive è 6 a fronte di 120 di una
settimana fa,
quello dei ricoveri è -120 in area medica contro 528 di una
settimana fa. Quindi gli indicatori vanno
nella direzione sperata“,
ha detto anche il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco
Locatelli,
alla conferenza stampa del ministero sull’analisi della situazione
epidemiologica. “Oggi la percentuale di positivi è scesa di più di tre
punti percentuali rispetto
alla settimana precedente, questo è un dato importante”. ha aggiunto.Potrebbe
aver raggiunto il picco la
curva dei ricoveri: oggi infatti per la prima
volta sono
più le uscite che
le entrate di malati
Covid in
ospedale. Con un ritardo di qualche giorno, anche il tasso di
occupazione delle terapie intensive sembra aver rallentato: negli
ultimi due giorni in totale ci sono stati 15
letti in più occupati
da pazienti con il virus. I modelli matematici del Politecnico di
Milano, come ha spiegato oggi Davide
Manca ad Askanews,
avevano previsto proprio tra domenica e oggi il picco dei ricoveri.
Allo stesso tempo però, la curva dei morti è destinata a salire:
dopo che ieri è stata superata quota 50mila
decessi da
inizio pandemia, oggi ci sono state altre 853 vittime. E per
arrivare al picco, secondo le previsioni del Politecnico, bisognerà
aspettare il 7
dicembre.
“Credo che ci sarà ancora un numero di morti di questa grandezza
ancora per 10-14
giorni,
poi dovremmo vedere un calo”, ha confermato anche Locatelli.
Diario della Prima ondata
Pandemica, dal Novembre 2019 al Luglio 2020:
a Wuhan, nel cuore della Cina,nel
novembre 2019 scoppia una epidemia simile alla polmonite con sintomi
simili all'influeza che rapidamente si espande per tutta la Cina
travalicando repentinamente i confini dello stato asiatico invadendo
dapprima l'Iran e l'area Mesopotamica, eppoi l'Europa, colpendo
particolarmente l'Italia del Nord a partire dal febbraio 2020. Da lì
l'epidemia si espande altrettando velocemente in tutta l'Europa varcando
l'Atlantico ed entrando nelle Americhe. A quel punto l'OMS dichiara la
Pandemia Mondiale da Corona Virus Sars-Covid-19. Fin da subito il
contagio è risultato incontrollato costringendo soprattutto i paesi ad
economia avanzata ad imporre Quarantene Totali, Lock Down,atte ad
impedire gli spostamenti delle persone unite al blocco delle attività
economico-industriali. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, per la
prima volta l'intero pianeta viene coinvolto in una sorta di guerra
planetaria che colpisce l'umanità in tutti i suoi ambiti. Le Quarantene
Totali imposte dai vari stati vengono allentate soprattutto
nell'emisfero boreale nei mesi estivi di maggio-giugno, scatenando con
ciò l'avvio della Seconda Ondata a partire dal mese di ottobre 2020.
ECONOMIA E SOCIETA'
Perché è caduto Conte?
Dopo due giorni di travolgente emozione, commozione, brividi e pelle
d’oca per i Grandi Discorsi di Draghi tra Senato e Camera,
sobriamente celebrati dalla maggioranza politico-mediatica modello
Pyongyang come il ritorno di Demostene e Cicerone fusi insieme, è
finalmente chiaro ciò che il governo farà di buono e giusto (tutto)
e di cattivo e sbagliato (niente). Un solo interrogativo resta
inevaso: perché
è caduto il governo Conte-2? Breve catalogo di opzioni.
Incapace. Conte era un premier incapace con ministri
scappati di casa provenienti da partiti incompetenti ed è stato
travolto dal “fallimento della politica” e dalla “crisi di sistema”?
Draghi governa coi partiti incompetenti che
appoggiavano Conte (più Lega, Fi ecc.) e con 9 dei suoi ministri più
due tecnici (Bianchi e Colao) che operavano con lui. Poi ci sono
Brunetta, Gelmini, Giorgetti&C.
Recovery Plan. Conte aveva fallito sul piano, scritto coi
piedi, in perenne ritardo e con una governance accentrata fra Mef,
Mise e Affari Ue tipica dei dittatori, roba da cestinare e rifare da
capo? Draghi dichiara al Senato che “il precedente governo ha già
svolto una
grande mole di lavoro sul Programma”, “finora costruito in
base a obiettivi di alto livello” che ora “dobbiamo approfondire e
completare, ma “le missioni del Programma resteranno quelle
enunciate nei documenti del governo uscente”. Resta da fare ciò che
due mesi di crisi impedirono a Conte di fare: “rafforzarlo per gli obiettivi
strategici e le riforme che li accompagnano”. E la
governance? Draghi l’accentra al Mef, molto più dell’accentratore
Conte.
Pandemia. Conte ha fallito sulla gestione della pandemia,
con le arlecchinesche Regioni a colori, le troppe chiusure, i
ritardi sui vaccini, i disastri di Speranza, Arcuri e Cts? Draghi
dichiara al Senato: “Ringrazio il mio predecessore Giuseppe
Conte che ha affrontato una situazione di emergenza
sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia”.
Conferma Speranza, il Cts e probabilmente Arcuri. E sui vaccini –
salvo che riesca a fabbricarli in proprio – attende anche lui
notizie dalla Commissione europea, quella dei competenti che si son
fatti fregare dalle case farmaceutiche con contratti suicidi.
Prescrizione. Conte ha fallito perché non voleva cancellare
la blocca-prescrizione di Bonafede?
Draghi non la nomina, la Cartabia la rinvia a data da destinarsi e
gli emendamenti contrari vengono ritirati da Fi, Iv, Azione e
+Europa che fino all’altroieri li ritenevano urgentissimi e
decisivi.
Giustizia. Conte, presentando al Senato il suo secondo
governo, annunciò “una riforma della giustizia civile, penale e
tributaria, anche attraverso una drastica riduzione dei tempi”.
E si dilungò sulla lotta alla mafia. Draghi promette di
“aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile”; di penale e
di mafia non parla, se non in replica; e aggiunge che la giustizia
deve rispettare “garanzie e principi costituzionali che richiedono a
un tempo un processo
giusto e di durata ragionevole”. Ovvietà copiate dall’art.
111 della Costituzione e dai discorsi degli ultimi 30-40
predecessori. Per sua fortuna la relazione Bonafede, su cui è caduto
il Conte-2, già prevede 16 mila nuovi assunti nei tribunali con 2,8
miliardi del Recovery.
Carceri. Conte non fece nulla contro il sovraffollamento
delle carceri, Draghi sermoneggia fra le standing ovation sulle
“carceri, spesso sovraffollate” e su chi ci vive “esposto al rischio
della paura del contagio e particolarmente colpito dalle misure
contro la diffusione del virus”. Ma il rischio Covid è
molto più alto fuori che dentro (in un anno 12 morti in
carcere su 100mila detenuti passati per le celle, contro i 95.223
morti fuori su 60 milioni: 0,00012% contro 0,00015); e Bonafede
nell’anno del Covid ha ridotto l’affollamento dai 61mila presenti a
marzo ai 52.515 di oggi.
Mes. Gli incompetenti Conte e Gualtieri, per compiacere la
follia dei 5S, rifiutavano i 36 miliardi del Mes? Il competentissimo
Draghi manco lo cita e chi lo invocava un giorno sì e l’altro pure –
FI, Iv&giornaloni – ha improvvisamente deciso che non serve più.
Ponte sullo Stretto. Vedi Mes, una prece.
Scuola. Conte ha fallito sulla scuola per colpa
dell’incompetente Azzolina? Draghi nomina ministro Bianchi (già capo
della task force dell’Azzolina); promette di “tornare rapidamente a
un orario scolastico normale” (difficile, con l’aumento dei contagi
con varianti Covid) e di “recuperare le ore di didattica in presenza perse”
con le scuole aperte fino a giugno. Ma questo l’aveva già detto la
Azzolina che, dopo aver garantito in piena pandemia un numero di ore
in presenza superiore alla media Ue (dati Unesco), vede elogiare la Dad da
lei inventata un anno fa come “notevole e rapida” nella kermesse
mondiale Google Education, in corso negli Usa.
Ambiente. Conte non era abbastanza ambientalista? Draghi ha
dato fondo a tutti gli slogan sul tema. Conte già nel settembre 2019
parlò di “transizione
ecologica”, “riconversione energetica, fonti rinnovabili,
biodiversità dei mari, dissesto idrogeologico, economia circolare” e
stop alle trivelle. E disse le stesse cose che avrebbe detto Draghi
17 mesi dopo anche su fisco, pagamenti elettronici, Sud, atlantismo,
europeismo, ricerca, Pa, digitalizzazione e
migranti.
Quindi il giallo del premiericidio senza movente rimane irrisolto:
perché è caduto il governo Conte?
L’ingresso di Florentino
Pérez Rodriguez nella
partita Autostrade è un vero colpo
di scena.
Finora, infatti, gli industriali veneti hanno sostenuto che in
circolazione non c’era proprio nessuno interessato ad acquistare
Aspi. Così la notizia che Pérez sia disposto a mettere mano al
portafoglio per creare un
gruppo paneuropeo ha
destato non pochi interrogativi fra gli investitori. Nella comunità
finanziaria internazionale c’è infatti chi sostiene che Pérez
voglia sfilare Aspi ai Benetton. E
chi, invece, ritiene che il miliardario sia una sorta di asso nella
manica degli industriali veneti per convincere
Cdp a ritoccare al rialzo l’offerta
per l’88% di Aspi. Pérez del resto non è un industriale qualsiasi.
La sua fama internazionale è sostanzialmente legata al ruolo di
presidente della squadra di calcio del Real
Madrid. Ma
in realtà il magnate spagnolo è uno degli uomini più
ricchi ed influenti del Paese.
Ricco perché ha una fortuna che la rivista statunitense Forbes stima
pari a 2,2
miliardi di dollari.
Una ricchezza costruita attorno al gruppo di costruzioni ACS,
Actividades de Construcción y Servicios.
Influenti perché nel suo passato c’è una carriera
politica di
tutto rispetto: alla fine degli anni ’70 militava nell’Unione di
centro democratico (Udc) prima di passare al Partito
riformista democratico di
cui è stato segretario
generale.
La formazione non ottenne però alcun seggio alle elezioni del 1986.
Così si dissolse poco dopo assieme alle ambizioni politiche di Pérez
che decise di dedicarsi agli affari. Con un certo successo come
testimonia il fatto che oggi, nella classifica mondiale dei paperoni,
l’industriale si piazza in posizione 1517. In Spagna si narra però
che i
soldi non gli interessino quanto il potere.
“Non ho mai lavorato per fare soldi, perché non
so come godermeli.
Il denaro che c’è nella borsa un giorno sale e un altro va giù, è
difficile sapere quanto ho” ammise in un’intervista all’edizione
spagnola di Business
insider di
qualche anno fa.Terzo
di cinque figli di
un’ordinaria famiglia
borghese, Perez,
classe 1947, è l’esempio del self-made
man in
versione spagnola. Ha studiato ingegneria civile al Politecnico di
Madrid. Poi ha tentato l’avventura politica ed infine si è dedicato
agli affari. Il salto di qualità è arrivato alla fine degli anni ’90
quando è diventato vicepresidente
di OCP Construcciones che
si è poi fusa con la rivale Ocisa per trasformarsi in ACS,
un’azienda da quasi 35
miliardi di fatturato,
1,4 miliardi di profitti e oltre 179mila
dipendenti. Un
gruppo che Pérez controlla attraverso la cassaforte Inversiones
Vesan, il maggior socio di Acs con il 12, 68% del capitale.Nel suo
percorso da capitano d’impresa c’è però una macchia
non di poco conto: il fallimentare progetto Castor,
il mega deposito di gas che la Commissione europea e il governo
Zapatero volevano realizzare al largo del golfo
di Valencia.
ACS, di cui Pérez è presidente, era in prima linea nel progetto che
venne immediatamente abbandonato quando le manovre di
immagazzinamento offshore generarono oltre 400
scosse sismiche.
Scosse che però non intaccarono l’impero del magnate cui corse
subito in aiuto lo Stato spagnolo risarcendo per circa 1,35 miliardi
le banche finanziatrici del progetto. “Pérez
non perde mai” sintetizzò
all’epoca dei fatti il sito elcierredigital.com. Ma
lui si difese in parlamento, raccontando di aver perso un sacco di
soldi. “Sembra che io sia un demonio. Dicono che hanno dato a
Florentino 3,2 miliardi? Non mi hanno dato un centesimo. Tutto il
denaro (pubblico, ndr) è andato ai finanziatori, agli
obbligazionisti e alla Banca europea per gli investimenti. Qui
abbiamo perso soldi” riferì il miliardario al El
periodico.com nel
giugno del 2019. Gli
ambientalisti spagnoli però
ancora oggi non la pensano così. Lo accusano di fare l’imprenditore
scaricando parte dei rischi sullo Stato. Una storia che non è certo
un bel biglietto da visita per un potenziale acquirente di Autostrade
per l’Italia.
Decreto
Sostegni, Draghi: “11 miliardi alle imprese, pagamenti dall’8
aprile”. Altri 8 per lavoro e lotta alla povertà, 5 per i vaccini
.QUINTO
SCOSTAMENTO DA 32 MILIARDI, AD APRILE CI SARA' IL SESTO.SITUAZIONE
GRAVISSIMA.
Tre capisaldi: sostegno alle imprese, al lavoro e lotta alla
povertà. Temi per i quali il decreto Sostegni “è una risposta
significativa”
anche se “parziale,
ma era il massimo che abbiamo potuto fare all’interno di questo
stanziamento da 32
miliardi chiesto
dal governo precedente”. Lo ha detto il premier Mario
Draghi in
conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri sul decreto
Sostegni, iniziato
con tre ore di ritardo a causa dello scontro all’interno di
maggioranza sul condono
fiscale. Condono che il premier ha rivendicato definendolo
“limitato” e sostenendo che “permetterà all’amministrazione di
perseguire la lotta all’evasione” anche
in modo più efficiente. Alle imprese “vanno tre quarti dello
stanziamento, 11
miliardi“.
La risposta “parziale” data con questo provvedimento sarà seguita da
un intervento successivo che arriverà dopo un nuovo scostamento, da
chiedere in contemporanea con il Def in
arrivo ad aprile.Il terzo pilastro del Decreto, ha concluso Franco,
prevede “quasi
5 miliardi su salute e sicurezza.
La posta principale è per l’acquisto di vaccini
e farmaci (2,8 miliardi),
poi ci sono i fondi
utilizzati per la logistica. C’è
un intervento per creare un fondo per la produzione di vaccini in
Italia una linea di azione dello sviluppo economico”. Prevista anche
una proroga degli stanziamenti per i Covid hospital.
Draghi: “Sì è condono ma necessario perché Stato non ha funzionato”.
Così il premier su stralcio cartelle dopo le tensioni in Cdm
Il Consiglio
dei ministri ha
approvato il decreto
Sostegni da
32 miliardi di euro. L’incontro è slittato dalle 15.30 alle 18.30 a
causa delle tensioni sul condono
fiscale:
a dividere le forze della maggioranza è stato lo
stralcio delle cartelle e,
dopo un braccio di ferro durato ben due ore e mezzo, è passata la
proposta di mediazione sul nodo cartelle avanzata dal ministro Daniele
Franco e
del premier Mario
Draghi.
Dunque sì
alla cancellazione di vecchie cartelle,
ma solo con un
reddito Irpef che
non superi i 30mila
euro.
Il colpo di bianchetto sulle cartelle varrà fino al 2010,
mentre inizialmente avrebbe dovuto coprire il
periodo 2000-2015.
“Sì è un condono”, ha
detto poi Draghi in conferenza
stampa.
Lo stralcio delle cartelle prevede un importo contenuto di 5.000
euro, “corrisponde ad un netto di circa 2.500 euro
tra interessi e sanzioni varie”. E questo “permette
all’amministrazione di perseguire la lotta all’evasione anche in
modo più efficiente”. La norma sarà limitata ad una piccola platea, sotto
un certo reddito “e
forse con minore disponibilità economica. Avrà impatti molto molto
limitati”. Dato l’accumulo delle cartelle, ha continuato il
presidente del Consiglio “è chiaro che lo
Stato non ha funzionato ed
è importante che sia prevista una piccola
riforma dei meccanismi di riscossione e
discarico delle cartelle, il fatto di accedere a un condono oggi non
avrebbe risolto il problema”.
“Sulla cancellazione delle vecchie cartelle esattoriali avevamo
avanzato una proposta di assoluto buon senso e siamo molto
soddisfatti che il governo le abbia dato seguito. Lo stralcio delle
vecchie cartelle e la cancellazione di crediti ormai inesigibili è
un’azione profittevole e giusta ma non deve essere l’ennesima
occasione per far trionfare i furbi che non pagano in attesa di un
nuovo condono”, così i dem Ubaldo
Pagano e Gian Mario Fragomeli, capigruppo PD rispettivamente
delle commissioni Bilancio e Finanze a Montecitorio. “Accelerazione
targata Lega. 16 milioni di vecchie cartelle esattoriali finalmente
cancellate, con l’impegno di proseguire con una più ampia pace
fiscale entro aprile”, commenta invece il leader della Lega Matteo
Salvini.
La scelta fatta dal Cdm di cancellare solo le cartelle più vecchie “fino
al 2010”, in cui è più forte la concentrazione di debiti
ormai inesigibili, e comunque non superiori ai 5000 euro, e di
rendere la misura selettiva ‘solo per chi ha un reddito inferiore ai
30 mila euro, è una scelta importante che va incontro alla forte
opposizione che come LeU abbiamo manifestato nei confronti di
condoni generalizzati”, afferma la sottosegretaria di LeU Cecilia
Guerra.
L’EUROPA –
Recovery plan, ampliare il reddito di cittadinanza “per raggiungere
i vulnerabili” è tra le raccomandazioni della Commissione
L’INTERVISTA –
La sociologa Saraceno: “Ridurre i paletti al reddito di
cittadinanza. Temiamo più i poveri che imbrogliano che i ricchi che
evadono”
crisi sanitaria ed economica provocata
dalla pandemia non
si è trasformata in crisi
sociale solo
grazie a reddito
di cittadinanza, reddito
d’emergenza e
gli altri strumenti in campo durante l’emergenza. A dirlo è il
ministro del Lavoro Andrea
Orlando durante
un’audizione alla Camera. Orlando ha anche annunciato un rafforzamento del Reddito
di emergenza con
“l’innalzamento della soglia massima dell’ammontare del beneficio
per coloro che vivono in affitto e la garanzia dell’accesso al
beneficio anche ai disoccupati che hanno terminato, tra il 1° luglio
2020 e il 28 febbraio 2021, la Naspi o
la Dis-coll (l’indennità
di disoccupazione per i cococo, ndr)
e non godono di altri strumenti”.La platea dei beneficiari del reddito
di cittadinanza –
ha affermato Orlando – è cresciuta costantemente nei mesi
dell’emergenza sanitaria, fino a coinvolgere un
milione e mezzo di nuclei familiari.
Ad essa si sono aggiunti i beneficiari del Reddito di emergenza, oltre
trecentomila nuclei.
Grazie a questi strumenti, oltre a quelli che hanno tutelato i posti
di lavoro, che la crisi sanitaria e la conseguente crisi economica
non si sono trasformate in modo ancora più drammatico in crisi
sociale”. Orlando ha detto che bisogna “pensare alla manutenzione e
all’adattamento di
questi strumenti, accanto ai quali altri andranno individuati, già a
partire dal decreto Sostegno, soprattutto per fare fronte
rapidamente ed in
via emergenziale al
fenomeno del repentino
impoverimento di
parti del cosiddetto ceto
medio“.Nel
decreto sostegni si lavora “ad un robusto pacchetto
di misure a
favore di imprese, lavoratori e famiglie.
Tale provvedimento conterrà anche un considerevole rafforzamento
del reddito
di emergenza mediante
l’innalzamento della soglia massima dell’ammontare del beneficio per
coloro che vivono in affitto e la garanzia dell’accesso al beneficio
anche ai disoccupati che
hanno terminato, tra il 1° luglio 2020 e il 28 febbraio 2021, la
Naspi o la Dis-coll e non godono di altri strumenti di sostegno al
reddito. E’ inoltre allo studio una disposizione per permettere ai
percettori di Reddito
di Cittadinanza di lavorare
temporaneamente sospendendo
il beneficio del RdC senza subire la perdita o la riduzione
dell’assegno. In tali casi l’assegno riprenderà a decorrere in via
automatica al termine dell’attività lavorativa”.Per il ministro
Orlando si devono “fare ulteriori sforzi per integrare gli strumenti
già disponibili per affrontare i temi del disagio e della povertà
repentina che si è venuta a determinare in questi mesi a causa di
crisi non prevedibili e non previste, generate dalla pandemia, e
rispetto alle quali gli strumenti in essere non sono in grado di
dare risposta compiuta”. Sul Reddito di cittadinanza Orlando si è
detto convinto dell’esigenza di rivedere i meccanismi
burocratici e
ha annunciato la proposta di inserimento nel comitato sulla misura
anche di un rappresentante
dei Comuni.Orlando
ha annunciato che entro la fine del mese ci sarà un
confronto con le parti sociali per
avviare l’intervento sugli ammortizzatori
sociali nella
direzione dell’universalismo e della semplificazione. Il ministro ha
aggiunto che resta la necessità di rafforzare le politiche
attive del lavoro attraverso
il rafforzamento dei centri
per l’impiego.
“La riforma
degli ammortizzatori sociali
– ha spiegato Orlando – deve essere strettamente connessa ad una riforma
organica degli strumenti di politica
attiva del lavoro.
Per questo ancora con le parti sociali e coinvolgendo le regioni
intendo avviare un confronto entro la fine di questo mese”. La linea
è questa, aggiunge: politiche attive del lavoro, incentivi alle
assunzioni, rafforzamento dell’assegno di ricollocamento, ulteriore riduzione
del cuneo fiscale.
“Tra le questioni prioritarie – precisa – anche il tema della
povertà fra chi lavora per cui ho manifestato sostegno
all’iniziativa comunitaria per l’adozione di una direttiva su salari
minimi in Europa“.Infine
la questione dei rider. Orlando convocherà la prossima settimana
l’osservatorio permanente “previsto dalla legge del 2015 e non
ancora attivato”. “Ho chiesto alle associazioni che è previsto ne
facciano parte – ha detto – la designazione dei loro
rappresentanti”. “In materia della tutela del Lavoro sulle piattaforme
digitali –
ha aggiunto il ministro – è importante guardare alle esperienze che
si stanno formando in altri
Paesi europei.
Il 25 marzo incontrerò la collega spagnola per confrontarmi su
alcune iniziative che quel Paese ha già assunto su quel fronte”. Nei
giorni scorsi infatti la ministra del Lavoro spagnola Yolanda
Dìaz Pèrez aveva
annunciato un provvedimento legislativo in forza del quale i
ciclofattorini di Deliveroo e UberEats diventeranno
dipendenti.
La tagliola sui conti in rosso e l’ipotesi di costi più alti per i
prelievi bancomat: così le banche cercano di aumentare i margini
Non bastavano le tante eccezioni alla sospensione
dei mutui per
chi è stato danneggiato dal coronavirus e
le grasse
commissioni sui Piani
individuali di risparmio.
Per mettere una toppa al sistema
bancario italiano,
con il 2021 sono arrivate altre due novità che torneranno utili agli
istituti di credito per tamponare la flessione dei margini legata
ai tassi
vicini allo zero.
Da un lato infatti, le nuove
regole europee hanno
imposto una nuova classificazione
dei crediti deteriorati per
migliorare la patrimonializzazione delle banche. Norme
che però rischiano di scaricare
i costi sui clienti. Dall’altro
il Consorzio
Bancomat sta
rivedendo il meccanismo di commissioni
sui prelievi in Atm,
mettendo i presupposti per una minore trasparenza sui
prelievi. Con la possibilità a breve di aumenti indiscriminati
sulle commissioni al bancomat. In entrambi i casi il banco vince
sempre come fanno notare le associazioni
dei consumatori.
Meglio quindi sempre leggere con attenzione le comunicazioni su
cambiamenti delle condizioni
di contratto.Il
servizio aggiuntivo (con commissioni di scoperto) –
Le nuove norme europee prevedono la svalutazione automatica nei
bilanci bancari dei crediti in default, definiti tali dopo 90
giorni di ritardo di pagamento per
un ammontare pari a 100
euro per
le persone
fisiche e 500
euro per le imprese. Di
conseguenza se non si ha uno scoperto di
conto corrente si può diventare cattivi
pagatori anche
solo per una bolletta da
100 euro che porta il conto
in rosso per tre mesi. E
magari essere anche segnalati
alla centrale rischi.
Il risultato è che per evitare un disastro alcune banche hanno
pensato bene di rivedere le condizioni di conto corrente dei clienti
prevedendo esplicitamente la possibilità
di un fido.
Con tutti gli annessi e connessi del caso. Incluse le eventuali commissioni di
scoperto. In pratica, grazie alle nuove norme, finalizzate a rendere
più solidi i bilanci bancari, i clienti si ritrovano un “servizio”
in più,
finora non necessario.“In buona sostanza, è scomparso l’affidamento
di fatto –
ha spiegato al fattoquotidiano.it il
presidente dell’Adusbef, Antonio
Tanza –
Proprio per discutere di questo cambiamento il Consiglio Nazionale
dei Consumatori e degli Utenti, presso il ministero dello Sviluppo
economico, ha organizzato un incontro con la Banca d’Italia.
L’obiettivo è verificare quali sono le conseguenze della modifica. E
soprattutto evitare che le banche ne approfittino”. Come ha riferito
il Sole
24 Ore del
5 dicembre scorso, c’è chi ha pensato da tempo di mettersi al riparo
da eventuali rischi: già prima della fine dell’anno la Banca
Nazionale del Lavoro (gruppo
BNP Paribas), aveva inviato lettere alla clientela avvertendo che
gli addebiti automatici di lì a due giorni sarebbero stati bloccati –
rendendo il cliente moroso – in caso di insufficiente liquidità sul
conto. Ma non si tratta di certo dell’unico caso. Anzi. “Basta che
il cliente non paghi una bolletta – per 90 giorni – e
automaticamente tutti i finanziamenti vengono contagiati e segnalati
sulle centrali di allarme”, dice Luigi
Gabriele,
presidente di Consumerismo No profit.L’ipotesi
di aumento dei costi di prelievo –
Intanto, mentre le banche facevano i conti con le nuove norme
comunitarie, il Consorzio Bancomat, di cui sono socie le più
importanti banche italiane, ha ipotizzato una modifica al meccanismo
di remunerazione dei prelievi con
un progetto che è al vaglio dell’Antitrust. Attualmente,
come ricorda Assoutenti,
alcune banche offrono ai propri clienti il prelievo gratuito,
mentre per altre chiedono fino a 2 euro ad operazione,
indipendentemente dall’importo prelevato. “Non solo: negli ultimi
due anni i costi medi annui per la gestione di bancomat e carte di
credito hanno subito un rincaro
del +8,5%”,
spiega l’associazione. Ad ogni modo, indipendentemente dalla scelta
commerciale di ogni istituto, ogni prelievo è remunerato
(50 centesimi) attraverso una commissione interbancaria.
Il Consorzio vorrebbe però introdurre un modello alternativo che
punta ad eliminare la commissione fra banche scaricando
il costo sul cliente che
usa l’Atm per prelevare contanti.Ogni banca, proprietaria di una rete di
Atm, potrà quindi fissare il suo prezzo per il prelievo. Il costo
del servizio sarà noto prima dell’autorizzazione all’operazione di
prelievo: a quel punto, dunque, si dovrà scegliere se procedere
oppure annullare a tutto e andare a cercare un altro sportello. Chi
vede il bicchiere mezzo pieno sostiene che la nuova modalità che
vorrebbe introdurre il Consorzio consentirà maggiori investimenti sulla
rete di Atm. Chi lo vede invece mezzo vuoto, intravede invece
l’ennesimo regalo alle
banche. “Se si vuole incentivare l’uso di moneta elettronica, basta
semplicemente accollarne
il costo allo Stato –
commenta Tanza – Così si rischia solo il caos con le banche che si
mettono in tasca un sacco di soldi e le famiglie che saranno le
uniche a rimetterci”. Soprattutto se ci sarà opacità nelle
tariffe per ogni prelievo effettuato in una banca diversa. Toccherà
così studiare come fare a spendere meno per prelevare contanti dal
proprio conto corrente.“Se passerà la proposta di Bancomat,
attualmente al vaglio dell’Antitrust, si determinerà una vera e
propria stangata a danno dei consumatori e una lesione dei loro
diritti – ha chiarito il presidente di Assoutenti, Furio
Truzzi –
Le banche potranno scegliere in totale autonomia le commissioni da
far pagare sui prelievi agli sportelli, e solo al momento di
eseguire l’operazione il consumatore verrebbe a conoscenza di tali
costi, con una violazione della trasparenza”. Inoltre, secondo
Assoutenti, la modifica “creerà evidenti disparirà di
trattamento tra cittadini: chi infatti risiede in piccoli comuni,
aree montane o zone isolate dove ci sono pochi
Atm sarà
costretto a sottostare a nuovi costi non avendo possibilità di
scelta tra vari istituti”. Per non parlare del fatto che
l’operazione rischia di essere un boomerang per gli istituti di
credito che non hanno reti come Che
banca! oppure Fineco.
Le nuove regole sono un’opportunità per i debitori. E che le banche
si lecchino le ferite.
Non vi fate ingannare. Le banche già lo sapevano da quasi tre anni e
stanno utilizzando strumentalmente una opportunistica apologia
della crisi per
non far emergere i loro già gravosi problemi inerenti la gestione
dei crediti difficili, i cosiddetti Npl (non
performing loans),
e indurre il governo a intervenire nei confronti di Bruxelles per
sospendere o comunque arginare gli effetti della disposizione che,
varata in sede europea nel luglio 2018 (!!), entrerà in vigore dal
1° gennaio del 2021. Cosa dice questa legge?La Banca
centrale europea chiede
alle banche di svalutare completamente in tre anni i crediti
deteriorati non
assistiti da garanzia ipotecaria e in 7-9 anni se coperti da
garanzie reali al fine di non consentire alle banche magheggi sui
loro bilanci. Cosa significa “svalutare completamente”? Iscrivere in
bilancio l’intera perdita.La Bce non ha più potuto fare finta di non
vedere! Cosa hanno combinato di preciso le banche in merito alla
valutazione nei loro bilanci degli Npl? Semplice, non li hanno
valutati come tali. Continuavano a tenere iscritti in bilancio
crediti putrefatti come poste sane, nel gergo “in
bonis”.
In diritto si chiama falso
in bilancio.Un
esempio? In Monte
dei Paschi di Siena,
secondo quanto riportato da Il
Fatto,
nel febbraio 2019 sono scattati controlli della Vigilanza di
Francoforte mirati a verificare, tra l’altro, la veridicità della
posta di bilancio degli accantonamenti per le perdite su sofferenze
(Npl) derivanti da crediti incagliati (Utp) con anzianità superiore
ai sette anni.Ben venga quindi questa legge. Le banche si lecchino
le loro ferite e se proprio vogliono evitare il fallimento di
una consorella aumentino le loro quote di partecipazione al Fitd
(Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi). Ma, ecco il punto,
cosa stanno facendo i rappresentanti del sistema bancario in questi
giorni, a poche ore dalla entrata in vigore della legge, dimostrando
la consolidata attitudine a gestire l’immediato senza alcuna visione
strategica?
Si stanno preoccupando, bontà loro (!!!), delle sorti di milioni
di imprenditori e cittadini che dal 2021, complice un’altra
assurda legge, potranno finire molto più facilmente nella lista dei
“cattivi pagatori” e precludersi, in tal modo, l’accesso al credito.
E quindi paventano la minaccia della chiusura dei rubinetti del credito sperando
che il governo faccia un intervento di doppia pressione sulle istituzioni
europee per arginare gli effetti di entrambe le leggi.
Quanta ipocrisia!
Il credito bancario è già fermo da oltre un decennio (meno 200
miliardi di euro dal 2008 al 2019), 16 milioni di italiani già sono
segnalati come lebbrosi nelle banche dati creditizie da anni e per
pochi spiccioli, per cui utilizzare strumentalmente questa
“evangelica preoccupazione per il prossimo” per portare subdolamente
a casa invece il risultato di una sospensione della legge sul calendar
provisioning fornisce una idea precisa del livello del nostro top
management bancario.
Stiano zitti e facciano invece parlare i veri danneggiati. Quelli
che, finora (e da ora) non hanno potuto restituire i
soldi ricevuti in prestito dalle banche. Le quali, però, hanno
perpetrato abusi (usura, anatocismo, e tante altre irregolarità) nei
loro confronti. Quelli che, questa volta, hanno, invece, un’arma a
loro disposizione.
Possiamo per una volta, appunto, fregarcene delle banche e sostenere
che tale misura, se tecnicamente seguita da professionisti esperti
del settore, può risultare determinante per risolvere (forse
inconsapevolmente) il problema degli imprenditori e dei cittadini –
che, sebbene vessati dalla banche, vogliono comunque arrivare a una
transazione per il rimborso,
ripulirsi delle macchie bloccanti presenti nelle banche dati
(Centrale Rischi, Crif, Experian, ecc) e ripartire con la
possibilità di accedere al mercato del credito?
E inoltre, diciamolo con estrema trasparenza senza aver paura di vederci
scomunicare dalla comunità dei buonisti formali, mai come in questo caso
la tanto vituperata lentezza della nostra giustizia
civile per
arrivare a una sentenza definitiva (mediamente sette anni) è manna
caduta dal cielo per chi avvia un’azione giudiziaria contro la banca per
vedersi riconosciuto l’indebito percepito e fare una transazione.
Non è istigazione a delinquere. E’ solo un consiglio per difendersi
in maniera più efficiente dagli abusi bancari. Questo combinato
disposto (magistratura lenta
e disposizioni della Bce) ci permette di fornire ai tanti debitori
qualche consiglio utile e di carattere generale su come affrontare
una situazione
di criticità, soprattutto in relazione a quelle condizioni
limite in cui, ignari delle vessazioni subite, ci si sente come
stritolati dalle spire di un sistema che non lascia respiro e si
teme di “perdere tutto”.
Alla banca si possono (e si devono) contestare tutte le probabili
irregolarità formali. Che significa “contestare”? Leggete quanto
già detto su queste colonne e avrete la soluzione.
Berlusconi alle consultazioni con Draghi ma mai in udienza. Negli
ultimi 5 mesi chiesti 8 rinvii per motivi di salute in 4 processi
In aula mai negli ultimi cinque mesi, ma
alle consultazioni presente con annuncio last minute.
I legali di Silvio
Berlusconi, che
oggi a Roma è
apparso molto stanco e affaticato,
da settembre e fino al mese scorso hanno chiesto e ottenuto, in
diverse occasioni (otto per la precisione) il
rinvio delle udienze dei processi in
cui è imputato l’ex premier – a Bari
per il caso escort e a Milano, Roma e Siena per
corruzione in atti giudiziari per l’affaire
Ruby –
per motivi di salute. Il leader di Forza
Italia,
84 anni, era impossibilitato a essere presente, secondo gli
avvocati, e come suo diritto ha chiesto e ottenuto slittamenti anche
molto lunghi. Finiti i tempi dei lodi (più o meno costituzionali) e
i problemi causati dall’uveite l’ex Cavaliere – che nel corso degli
anni è riuscito a incassare otto prescrizioni – negli ultimi tempi
dopo essere stato colpito dal Covid, da cui è guarito, ha accusato
problemi cardiaci. A Milano per esempio negli ultimi mesi sono state
celebrate solo due udienze.La prima istanza per legittimo
impedimento, con data 23 settembre, riguardava l’udienza del 28.
Istanza accolta proprio perché Berlusconi risultava ancora positivo
a coronavirus. L’ex premier era stato dimesso il 14 settembre dopo
undici notti di ricovero. Il collegio, presieduto da Marco Tremolada,
aveva rinviato al 19 ottobre. Il processo vede imputati Berlusconi e
altre 28 persone, tra cui molte olgettine che avrebbero testimoniato
il falso nei
due processi sul caso Ruby in cambio di soldi e altre utilità,
secondo l’accusa, da parte dell’ex premier. Il processo è nella fase
dell’istruttoria testimoniale e sono stati già sentiti in questi
mesi numerosi testi chiamati a deporre dal procuratore aggiunto Tiziana
Siciliano e
dal pm Luca Gaglio. E lì è rimasto perché da allora ci sono stati
diversi rinvii. Il 19 ottobre il tribunale ha accolto la richiesta e
ha aggiornato l’udienza al prossimo 16 novembre nell’aula della
Fiera al Portello.L’avvocato dell’ex premier, Federico
Cecconi,
in quell’occasione ha presentato documentazione medica per attestare
che le condizioni di salute del Cavaliere, oramai 84enne, non
consentivano ancora la ripresa della vita ordinaria e quindi anche
di recarsi al Palazzo di Giustizia. In quell’occasione il
procuratore aggiunto Tiziana Siciliano aveva chiesto di fare un
punto della situazione per concludere
la fase dei testimoni e
ricordando che Berlusconi “non si è mai presentato”. Anche l’udienza
del 16 novembre è saltata – per motivi di salute di un giudice – e
riprogrammata al 30 novembre. In quella data la difesa ha presentato
una documentazione con l’aggravamento delle condizioni ma non ha
chiesto un rinvio. Rinvio deciso per far notificare all’ex premier e
a Barbara Guerra e Alessandra Sorcinelli una modifica di alcuni capi
di imputazione. L’udienza del 21 dicembre invece era stata rinviata
al 27
gennaio,
su richiesta della difesa, perché non erano trascorsi i 2o giorni
previsti per legge per la notifica. Il 27 gennaio la difesa ha
presentato documentazione medica perché Berlusconi necessitava di un
“periodo
di riposo domiciliare assoluto per 15 giorni dal 19 gennaio”
senza chiedere rinvio. Prossima udienza fissata per il 24 marzo.Rinviato
sul liminare
della camera di consiglio anche
il processo che vede l’ex premier imputato a Siena sempre per
corruzione in atti giudiziari. Il primo rinvio era stato il 1
ottobre deciso per il 25 novembre. Il giudice Ottavio
Mosti aveva
accolto l’istanza. Per avere un’idea della dilatazione dei tempi
basti pensare che il pm Valentina Magnini aveva
chiesto una condanna a 4 anni e 2 mesi il 20 febbraio 2020.
All’imputato a cui viene contestato di aver pagato il pianista
senese di Arcore, Danilo Mariani, a sua volta imputato, per indurlo
a falsa testimonianza. Il processo è stato rinviato ancora il 15
gennaio sempre per problemi di salute. Berlusconi, che avrebbe
dovuto fare dichiarazioni spontanee, ha fatto depositare una memoria
scritta ai suoi difensori in cui si dichiara innocente. L’ex premier
era stato ricoverato su consiglio del medico personale, il professor
Alberto Zangrillo, centro Cardiotoracico di Monaco. La data che
dovrebbe portare a sentenza il dibattimento è stata fissata all’8
aprile.È slittato da dicembre 2020 a maggio 2021 invece il
dibattimento in cui Berlusconi è imputato con il cantate Mariano
Apicella per
la presunta corruzione per indurlo alla falsa testimonianza sulle
feste avvenute ad Arcore. A determinare anche in questo caso il
rinvio dell’udienza le precarie condizioni di salute. I giudici
della seconda sezione penale hanno accolto la richiesta di legittimo
impedimento avanzata dal difensore di Berlusconi, l‘avvocato
Franco Coppi.
“Dalle cartelle cliniche presentate emergano seri problemi
cardiologici”. Cuore del processo il presunto versamento di circa
157mila euro.Anche questo processo è stato rinviato per motivi di
salute di Silvio Berlusconi. In questo caso al 30 aprile. L’ex
presidente del Consiglio dei ministri è imputato per induzione a
mentire, con l’accusa cioè di aver pagato le bugie dette
dall’imprenditore barese Gianpaolo
Tarantini nelle
indagini sulle escort. La difesa di Berlusconi, con gli avvocati
Francesco Paolo Sisto e Niccolò Ghedini, ha sempre sostenuto che
l’ex premier aiutò Tarantini in un momento di difficoltà ma mai lo
pagò perché mentisse ai magistrati. In questo giudizio si è
costituita parte civile la Presidenza del Consiglio dei Ministri per
il danno d’immagine causato al Governo italiano.
Sequestrato il porto di Bagnara Calabra: “Inquinamento e disastro
ambientale”. Le immagini dei fondali sono impressionanti (video)
Da domenica 14 febbraio i Carabinieri sono impegnati nell’area
costiera di Bagnara
Calabra per verificare le condizioni ambientali e
lavorative del porto. In azione una vera e propria task-force
composta dagli uomini della locale stazione, i carabinieri del
Nucleo Operativo Ecologico di Reggio Calabria, quelli del Nucleo
Subacqueo di Messina e i militari del Nucleo Ispettorato del Lavoro
reggino, i quali hanno effettuato delle approfondite verifiche sulla
liceità degli impieghi e delle condizioni lavorative nell’attracco
di Bagnara.
Al termine di questa prima fase dell’attività di controllo, è stata
posta in sequestro l’area portuale. Contesto analogo si era
presentato già nel 2018, quando il porto di Bagnara Calabra, era
stato sottoposto a sequestro penale dai Carabinieri sempre a seguito
del riscontro di reati in materia di inquinamento ambientale.
Dalla disamina della documentazione video-fotografica prodotta dai
carabinieri subacquei, è stata avanzata l’ipotesi di reato di disastro
ambientale, in relazione al riscontro di rifiuti inabissati
nei fondali antistanti le banchine del porto stesso. E le immagini
dei fondali parlano da sole: ci sono rifiuti di ogni tipo.
“Controllare il territorio con l’obiettivo di prevenire e reprimere
gli illeciti ma soprattutto tutelare il patrimonio ambientale di cui
la Calabria è un esempio di ricchezza – commentano i militari -, è
questo uno dei principali temi, verso cui l’Arma dei Carabinieri
ripone particolare attenzione, con l’obiettivo di far emergere le
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SPORT
Le big di Serie A sfiduciano il presidente della Lega Calcio Dal
Pino: tutto nasce dalla partita sui diritti tv
L’assegnazione a Dazn del triennio 2021-2024, arrivata al
termine di settimane di tensioni e trattative, non è servita a
metter fine alla guerra del pallone: Juventus, Inter, Napoli,
Lazio, con altre tre squadre, chiedono "una diversa guida e
nuove visioni". L'accusa al n.1 di Lega è di aver favorito fino
all'ultimo il progetto di cessione del 10% della media company
ai fondi d’investimento.
Non c’è pace in Serie
A.
L’assegnazione dei diritti
tv per
il triennio 2021-2024,
arrivata al termine di settimane di tensioni e
trattative, non è servita a metter fine alla guerra tra
bande in Lega
Calcio.
Ha solo fatto da detonatore: le big del
torneo (Juventus, Inter, Napoli, Lazio, a cui si aggiungono
Atalanta, Fiorentina e Hellas Verona) hanno ufficialmente sfiduciato il
presidente Paolo
Dal Pino.
Ormai siamo alle lettere degli avvocati. In calce, ci sono le
firme dei presidenti e dirigenti più rappresentativi del
torneo: Andrea
Agnelli e Beppe
Marotta,
insieme al solito Claudio
Lotito e Aurelio
De Laurentiis.
L’attacco è pesante da parte delle “sette sorelle”, che poi
“sette sorelle” non sono (tra le big mancano la Roma,
favorevole ai fondi, e il Milan,
Scaroni è sempre stato vicino a Dal Pino). Tutto nasce dai
diritti tv. E dalla vendita un pezzo di Serie A alla cordata di
fondi d’investimento capitanata da Cvc.
Le due grandi partite economiche che si sono giocate ad inizio
2021 nel calcio italiano. La cessione
del 10% della
media company ai private equity per un totale di 1,7
miliardi di euro,
progetto a cui proprio il presidente Dal Pino ha lavorato a
lungo, sembrava fatta ad un certo punto. Poi però c’è stata l’asta
dei diritti tv,
andata oltre le più rosee aspettative con la maxi
offerta di Dazn-Tim,
in seguito a cui tanti presidenti hanno cambiato
idea (visti
i soldi freschi in arrivo dai diritti). A un certo punto la Lega
si è spaccata: mezza Serie A era pronta ad assegnare il
campionato a Dazn, l’altra metà insisteva per vendere prima o
comunque ai fondi il 10% della media company. Ne è nato uno
stucchevole braccio
di ferro, per
cui sembrava non si potessero assegnare i diritti tv senza
vendere ai fondi, o viceversa.
Fino all’epilogo, in cui l’offerta di Dazn si è dimostrata troppo
vantaggiosa per
essere rifiutata.Ed è qui che arrivano le accuse a
Dal Pino. Secondo i club sul piede di guerra, il presidente
avrebbe giocato una sua partita
nella partita,
gestendo le convocazioni e le votazioni in assemblea in modo da favorire il
progetto dei fondi (di cui lui è sempre stato il principale
promotore). “Tutto ciò ha comportato la nostra ferma ed
improrogabile necessità di manifestarle la nostra irrevocabile
sfiducia”, si legge nella lettera. “Auspichiamo che la Lega
possa proseguire con diversa
guida e nuove
visioni condivise”.Al
momento il n.1 di Lega non pare intenzionato a dimettersi ma
è chiaro che diventa difficile rappresentare la Lega avendo
contro cui una fetta così
significativa di
club (non tanto sul piano numerico quanto del peso
specifico delle
squadre). Ed evidenti saranno anche le ripercussioni sulla FederCalcio,
di cui Dal Pino è vicepresidente, dopo essersi avvicinato sempre
di più negli ultimi tempi al presidente Gabriele
Gravina,
di cui è stato uno grandi elettori alle ultime elezioni. Non è
un caso, tra l’altro, che l’attacco sia arrivato subito dopo
l’ultimo consiglio federale, in cui il n.1 Figc aveva parlato
della necessità di cambiare i quorum
decisionali in
Serie A. Una mossa interpretata da molti come un tentativo di
riportare in vita il progetto fondi e disinnescare il
potere ostruzionistico di certi presidenti, a partire da Claudio
Lotito (ormai
principale avversario di Gravina), a cui però si sono aggiunti
di recente pure Agnelli e De Laurentiis. Non sono passati neanche due
mesi dalle elezioni Figc e
il pallone ha già ripreso
a litigare.
È la cosa che sa fare meglio.

L'Italia ha detto sì agli Europei con il pubblico allo stadio.
La presenza di almeno il 25% dei tifosi rispetto alla capienza
dello stadio Olimpico era una condizione sine qua non perché
l'UEFA permettesse il disputarsi delle gare nel Paese. Il
presidente della FIGCGravina aveva
scritto una lettera a Draghi perché si interessasse alla
questione.Gli ha risposto Valentina
Vezzali,
sottosegretario con Delega allo Sport, che ha dato l'ok ai
tifosi allo stadio. E ai microfoni di Skysport ha commentato
così: «Una luce in fondo al tunnel. Abbiamo lavorato tantissimo
perché potesse accadere. Non è solo una vittoria del calcio ma
di tutto lo sport. Vuole essere un segnale di ripartenza, si
riapertura verso tutto il movimento sportivo. C'è bisogno di
entusiasmo, energia e tutti insieme possiamo ripartire», ha
detto.
Inter-Cagliari 1-0: decide Darmian, scudetto sempre più vicino
Undicesima vittoria consecutiva per la squadra di Conte, nel
finale il difensore piega la resistenza dei sardi e firma il
nuovo +11 sul Milan
MILANO - La
svolta è arrivata dopo 23 minuti del secondo tempo: fuori Young,
dentro Hakimi. Il marocchino ha dato il buongiorno alla partita
servendo un assist perfetto per Darmian, nel frattempo
spostatosi a sinistra, che da due passi ha segnato, condannando
il Cagliari alla quarta sconfitta di fila e blindando il ricco
vantaggio dell'Inter sul Milan. A otto partite dalla fine 11
punti - 12 se si considerano i risultati negli scontri diretti -
sono un'enormità. E undici sono anche le vittorie consecutive
dall'inizio del girone di ritorno, record storico nell'era dei 3
punti. Un bottino conquistato anche grazie a gare come questa:
1-0 ruvido contro un avversario tignoso, tecnicamente valido, ma
sempre più invischiato in zona retrocessione. Il conto alla
rovescia per lo scudetto continua: per la certezza -
indipendentemente dai risultati delle avversarie - mancano altri
13 punti.

Europa League, Ajax-Roma 1-2; Lopez salva, Pellegrini e Ibanez
segnano: giallorossi a un passo dalla semifinale
Colpo in rimonta degli uomini di Fonseca ad Amsterdam. Gelati da
Klaassen, i capitolini si rialzano dopo un rigore parato dallo
spagnolo a Tadic. Pareggia il capitano su punizione poi il
difensore nel finale regala un successo pesantissimo
AMSTERDAM - Brutto anatroccolo in Italia, la Roma si
riscopre magnifico cigno in Europa. Veste l'abito di gala per le
grandi occasioni e coglie un risultato di prestigio (1-2) ad
Amsterdam che le schiude le porte verso la semifinale di Europa
League. Per evidenziare l'impresa dei giallorossi basti pensare
che era da 4 mesi (24 partite di fila) che l'Ajax non perdeva. E
probabilmente non è un caso che l'ultima volta era accaduto
proprio in casa, con un'altra italiana, l'Atalanta. Un successo
ottenuto con un pizzico di fortuna, fondamentale in queste
partite, ma anche con grande umiltà e determinazione.

Inter-Sassuolo 2-1: Lukaku-Lautaro, nerazzurri in fuga scudetto
Decima vittoria consecutiva per la squadra di Conte che con un
gol per tempo supera gli emiliani e allunga in vetta portandosi
a +11 sul Milan. Di Traore nel finale la rete dei neroverdi.
MILANO - La
'locomotiva' Inter non si ferma e fa un altro passo importante
verso lo scudetto superando nel recupero della 28esima giornata
2-1 il Sassuolo collezionando la decima vittoria consecutiva. A
decidere la sfida di San Siro il gol al 10' di Lukaku e al 67'
di Lautaro. Nel finale per i neroverdi in rete Traorè. In
classifica i nerazzurri allungano salendo a 71 punti, 11 in più
del Milan, gli emiliani restano fermi a quota 40.7 aprile 2021

Beata gioventù, la Champions ad alta velocità. Ormai l'Italia
viaggia in seconda classe
Nello stesso giorno Juve-Napoli e Bayern-Psg, due sfide a ritmi
completamente diversi. Per vincere in Europa serve sì
l'esperienza dei cosiddetti senatori, ma anche la freschezza
delle nuove leve. Un fattore in cui le squadre nostrane sono
drammaticamente carenti
Più di un commentatore, durante e dopo il recupero
di Serie A Juve-Napoli, aveva deciso di osare: sì,
finalmente anche in campionato si è vista una partita con
ritmi da Champions. Peccato però che il sempre ricco
palinsesto televisivo offrisse, a nemmeno mezz'ora dal
fischio finale a Torino, Bayern-Psg:
una sfida in cui, dopo nemmeno tre minuti di gioco, si era
già visto il primo dei due gol di Mbappe. Dall'Allianz
Stadium all'Allianz Arena è cambiato tutto: l'azzardo di chi
si era esaltato per Juve-Napoli non ha pagato, la vicinanza
temporale tra le due partite ha ricordato ancora una volta,
e in maniera che più brutale non si potrebbe, che il calcio
italiano viaggia in seconda classe quando in Europa si punta
sull'alta velocità. E che per vincere la Champions serve sì
l'esperienza dei cosiddetti senatori, ma anche la freschezza
delle nuove leve. Un fattore in cui le squadre nostrane sono
drammaticamente carenti.
Un
diverso concetto di gioventù
Il migliore in campo nel recupero della terza giornata di
Serie A, Federico
Chiesa, è quanto di più vicino al concetto di
"giovane sì, ma già pronto" si riesca a concepire nel
Belpaese dei mammoni. Eppure lo juventino va per i 24 anni e
in Europa a quell'età sei già considerato adulto. Prendere
nota: nei quarti di Champions, sono stati decisivi Mbappe e
Mount (22 anni), Vinicius
jr. e Foden (20). Nella
sfida al Manchester City di Guardiola, il tecnico del
Borussia Dortmund Terzic non si è fatto problemi a lanciare
dal primo minuto il 17enne Bellingham e il 19enne Knauff,
quest'ultimo alla sua prima da titolare con la maglia
giallonera. E il capocannoniere della coppa dalle grandi
orecchie è Haaland,
che quando il miglior marcatore in Italia CR7 faceva il
debutto nella Serie A portoghese (29 settembre 2002) sapeva
a malapena reggersi in piedi (è nato il 21 luglio 2000).
Italiane da record per età media
Ma c'è un dato che più di tutti restituisce la vastità del
problema: nella classifica delle 50 formazioni con l'età
media più bassa schierate in questa edizione della
Champions, troviamo tre volte il City e il Dortmund, due il
Liverpool e il Chelsea. Dell'Italia nessuna traccia, ma
basta capovolgere il punto di vista ed ecco il trionfo del
tricolore: Juve tre volte presente nei 50 schieramenti più
vecchi, Inter due, Atalanta una, Lazio addirittura sette. Il
poco invidiabile record di squadra più anziana della
Champions 2020/21 lo detiene l'undici titolare scelto
da Conte in casa contro il Borussia Monchengladbach: età
media 30,9, con il 23enne Barella unico under 25 in campo
dal primo minuto.
Le
big non credono nei Duemila
Le apparizioni dei classe 2000 nelle grandi della Serie A
sono poco più che episodiche: chi fa meglio, perché è il
club che più di tutti ha puntato sul ringiovanimento della
propria rosa, è il Milan,
con Tonali (2000), Kalulu (2000) e Maldini jr (2001). Nella
Juve, se si eccettua Kulusevski (2000), Pirlo ha concesso le
briciole a Fagioli (2001) e Dragusin (2002). Nell'Atalanta
di Gasperini c'è stato spazio solo per Sutalo (2000) e
Ruggeri (2002), nella Roma per Kumbulla (2000), Reynolds
(2001) e Calafiori (2002). Male il Napoli - l'unico è il
18enne Cioffi, in campo per soli undici minuti - , malissimo
l'Inter - i più giovani utilizzati da Conte sono Bastoni e
Pinamonti (1999) - e la Lazio, in cui il più "verde"
schierato in stagione da Inzaghi è stato il 24enne Luiz
Felipe. E così, mentre altrove i Foden e i Vinicius jr. - ma
anche gli Ansu Fati e i Pedri, i Rodrygo e i Musiala -
giocano e segnano e si preparano a diventare i senatori del
domani che insieme ai nuovi giovani continueranno a dare la
caccia ai trofei, l'Italia che non è un Paese per giovani
resta a guardare. E si illude che Juve-Napoli assomigli a un
quarto di finale di Champions.
Champions, Bayern Monaco-PSG 2-3: Mbappé dà spettacolo
sotto la neve
I bavaresi giocano meglio ma incassano una sconfitta che
rischia di essere pesantissima in vista del ritorno. La
stella dei campioni di Francia apre e chiude il match,
sfruttando prima un errore di Neuer e poi realizzando un
gol bellissimo. In mezzo, le reti di Marquinhos,
Choupo-Moting e Müller
Novanta minuti a darsele, calcisticamente parlando, di
santa ragione, sotto la neve, senza un attimo di sosta.
Bayern Monaco e Paris Saint-Germain hanno dato vita a una
partita giocata all'insegna della voglia di vincere, con i
francesi che ripartiranno da una vittoria di misura ma
pesantissima nel match di ritorno. Sono stati i bavaresi a
convincere per larghissimi brani di gara, ma hanno pagato
a prezzo carissimo le amnesie difensive e l'assenza di
Lewandowski, che forse avrebbe punito una difesa parigina
accorta ma non per questo ermetica. Dall'altra parte,
invece, Kylian Mbappé ha mostrato per l'ennesima volta un
talento a tratti insensato: il numero 7 dei campioni di
Francia è inarrestabile quando ha metri da attaccare,
basta la sua presenza nella metà campo avversaria a dar
vita a un potenziale contropiede. Il PSG ne ha
approfittato proprio quando sembrava aver perso totalmente
la fiducia nei propri mezzi, schiacciato da una ventina di
minuti da un Bayern Monaco entrato in campo in maniera
arrembante nella ripresa.
Disastro in salsa bavarese
Quasi non c'è tempo per accorgersi delle tante assenze da
una parte e dall'altra - a Pochettino mancano, tra gli
altri, i due italiani Florenzi e Verratti, con Kean
recuperato solo per la panchina, nonché Icardi, Paredes e
Kurzawa, mentre Flick è senza Douglas Costa, Gnabry e
Tolisso - perché il Bayern colpisce la traversa con il
sostituto di Lewandowski (Choupo-Moting) e il Paris passa
al primo affondo, con Neymar che percorre un'autostrada
centrale senza dover pagare alcun pedaggio e serve il
taglio di Mbappé. Il destro dell'attaccante è potente ma
diretto sulla figura di Neuer, il portiere combina un
disastro e si lascia bucare. Il gol consentirebbe al PSG
di rallentare e speculare ma i campioni di Francia provano
comunque a far male ai rivali, sfruttando le folate di uno
scatenato Mbappé. Il Bayern non si spaventa, anzi,
reagisce. Müller calcia debolmente su Navas, il portiere
ospite viene sollecitato anche da Goretzka - colpo di
testa a botta sicura su invito di Kimmich da palla
inattiva - e dal destro secco di Pavard. Il miglior
momento del primo tempo del Bayern Monaco, vicino al
pareggio anche con Choupo-Moting, finisce come spesso
accade nel calcio: con il gol di chi soffre.
Partita aperta
La difesa bavarese esce malissimo da un calcio piazzato,
sale scomposta mentre Neymar sta calibrando un cross dalla
trequarti a palla scoperta. Marquinhos fa il movimento con
i tempi giusti e davanti a Neuer non sbaglia, alzando poi
bandiera bianca per infortunio: dentro Herrera con
l'arretramento di Danilo Pereira. Flick, che per motivi di
natura presumibilmente non tecnica deve sostituire prima
dell'intervallo Goretzka (dentro Davies con Alaba che sale
a centrocampo ed Hernandez che scala centrale di difesa) e
Süle (per Boateng), vede i suoi andare finalmente a segno
con Choupo-Moting, bravo a mettere in porta di testa un
cross ispiratissimo di Pavard. Il gol consente ai campioni
d'Europa di rimettere a posto qualche idea in vista della
ripresa, anche se Neymar e Mbappé vanno subito vicini al
tris: salvano Neuer prima e Davies poi. Il Bayern aumenta
la pressione minuto dopo minuto. Navas dice no ad Alaba e
Pavard, le manovre palla a terra orchestrate da Kimmich
trovano sempre più spesso uomini soli in condizione di
creare pericoli per la porta del PSG. Il 2-2 è la
conseguenza più logica.
Mbappé gela Müller
Quando Thomas Müller devia di testa l'ennesimo piazzato
chirurgico calciato da Kimmich per il pareggio, per il PSG
sembra davvero finita. La marea rossa del Bayern è
apparentemente incontrollabile, il trequartista ci prova
anche con una complicatissima rovesciata ma non trova la
porta. Ma i padroni di casa concedono troppo spazio agli
avversari ancora una volta, e bastano due passaggi per
scatenare Mbappé. Draxler pesca Di Maria che alza la testa
e regala la sgroppata all'attaccante. Mbappé vola via
sulla sinistra con una frequenza che per qualche secondo è
irreale, poi deve rallentare, riflettere, pensare. C'è il
ritorno di Boateng a ostruirgli la strada e la visuale per
la soluzione teoricamente più naturale, il destro sul palo
più lontano. Ma il marchio distintivo dei campioni è saper
scegliere sempre la giocata giusta nei momenti più
complicati, e l'esitazione di Mbappé che porta Boateng a
una leggera tensione verso l'angolo lontano, è in realtà
un diversivo. Con la lucidità dei fuoriclasse, Kylian si
costruisce il pertugio per fulminare il difensore, e di
conseguenza Neuer, sul primo palo. Il Bayern stavolta
accusa il colpo, pur sfiorando almeno due volte il 3-3,
soprattutto con un mancino di Alaba che esce per questione
di millimetri. In condizioni normali, con tutte le stelle
arruolabili, i bavaresi avrebbero le carte in regola per
ribaltare il discorso in casa del PSG. Ma quel gol di
differenza, quel proiettile di Mbappé sparato nel cielo di
Monaco di Baviera, rischia di essere il colpo mortale
inferto ai campioni d'Europa.
BAYERN MONACO-PARIS SAINT-GERMAIN 2-3 (1-2)
Bayern Monaco (4-2-3-1): Neuer; Pavard, Süle (42′
pt Boateng), Alaba, Hernandez; Goretzka (33′ st Davies),
Kimmich; Sané, Müller, Coman; Choupo-Moting. All.: Flick
Paris Saint-Germain (4-2-3-1): Navas; Dagba,
Marquinhos (30′ pt Herrera), Kimpembe, Diallo (1′ st
Bakker); Danilo, Gueye; Di Maria (26′ st Kean), Neymar
(45′ st Rafinha), Draxler; Mbappé. All.: Pochettino
Bologna-Inter 0-1, il gigantesco Lukaku lancia la fuga
finale
Con un gol del belga sulla linea di porta la squadra di
Conte allunga in vetta. Clamoroso palo per Lautaro
La nona
sinfonia,
dopo tre settimane di sosta, vale un pezzo di scudetto. L’Inter
riparte come aveva finito:
vincendo. Lo fa con un
filo di gas e grazie al solito Lukaku che
trasforma in oro, cioè in gol, la prima occasione di una
partita in cui si accontenta del minimo sindacale. La
capolista prima controlla il palleggio tiepido e
scolastico del Bologna e alla mezzora colpisce senza pietà con
l’uomo migliore. Poi si limita a controllare e a portare
in fondo un risultato fondamentale.

Juventus-Benevento 0-1: Gaich affonda i bianconeri
La squadra di Pirlo cade in casa e dice probabilmente addio alle
speranze di rimonta scudetto. Un gol dell'argentino nella
ripresa regala tre punti pesantissimi in chiave salvezza ai
sanniti
La Juve non mette pressione a nessuno se non forse a Pirlo,
le cui granitiche convinzioni (e molta della fiducia cieca che
il mondo bianconero ha sempre avuto in lui) si stanno
sbriciolando settimana dopo settimana, anche se a fine partita
un Paratici in grande imbarazzo lo ha confermato. Dodici giorni dopo
essere uscito dalla Champions,
la sua esperienza di allenatore inesperto ha toccato il punto
più basso, infliggendo alla Juve un'umiliazione storica: la
sconfitta interna con il Benevento è uno di quegli episodi che
verrà ricordato negli anni. Ha deciso un gol a metà ripresa di
Gaich, generosamente servito da un assurdo passaggio orizzontale
di Arthur, ma anche della leggerezza di Bonucci e Danilo. La
Juve ha attaccato alla cieca prima e dopo quella rete, ha
reclamato sullo 0-1 un rigore che ci poteva stare (Foulon su
Chiesa) ma nulla può giustificare una prova ai limiti
dell'indecenza. Più passa il tempo e più la Juve peggiora,
questo è il dato di fatto.
Poche
idee e confuse
Una settimana di lavoro pieno con Pirlo, la prima da ottobre,
non ha fatto bene alla Juventus, che non ha dato un segno di sé
che non fosse quello di una squadra di poche idee ma confuse. La
giornata bigia dei due che stanno tenendo in piedi i bianconeri,
Ronaldo e Chiesa, ha impedito che si notassero differenze di
valore tra la formazione dei nove scudetti e quella più malmessa
della serie A, visto che il Benevento non
vinceva dal 6 gennaio, che aveva racimolato appena 6 punti
in 11 partite e che era priva dei suoi elementi più importanti,
per lo meno a livello di personalità (Schiattarella, Glik,
Letizia). Inzaghi si è affidato al 3-5-2, adottato solo
sporadicamente in questa stagione, e con un minimo di
applicazione, un po' di pressing e qualche rapida
verticalizzazione ha subito messo in difficoltà la Juve, ormai
abituata alla confusione.
Errore
di Arthur, Gaich non perdona
Il Benevento ha aspettato il momento buono e ha colpito: Arthur
ha spedito un assurdo passaggio orizzontale ai limiti della
propria area, Bonucci e Danilo hanno dormito e Gaich invece no
ma ha agganciato la palla, l'ha difesa, se l'è portata sul
destro e ha fatto secco Szczesny. L'assalto finale è stato di
nervi e poco altro, inclusa la protesta per un rigore mancato:
Foulon, colpito dai crampi, è caduto a terra in area e su di lui
è inciampato Chiesa, che un po' si è lasciato andare. Ma il
penalty ci poteva stare anche se casomai avrebbe cambiato le
cose in zona retrocessione, non certo per le ambizioni
bianconere.
TORINO - La Juve non mette pressione a nessuno se non
forse a Pirlo,
le cui granitiche convinzioni (e molta della fiducia cieca che
il mondo bianconero ha sempre avuto in lui) si stanno
sbriciolando settimana dopo settimana, anche se a fine partita
un Paratici in grande imbarazzo lo ha confermato. Dodici giorni dopo
essere uscito dalla Champions, la sua esperienza di
allenatore inesperto ha toccato il punto più basso, infliggendo
alla Juve un'umiliazione storica: la sconfitta interna con il
Benevento è uno di quegli episodi che verrà ricordato negli
anni. Ha deciso un gol a metà ripresa di Gaich, generosamente
servito da un assurdo passaggio orizzontale di Arthur, ma anche
della leggerezza di Bonucci e Danilo. La Juve ha attaccato alla
cieca prima e dopo quella rete, ha reclamato sullo 0-1 un rigore
che ci poteva stare (Foulon su Chiesa) ma nulla può giustificare
una prova ai limiti dell'indecenza. Più passa il tempo e più la
Juve peggiora, questo è il dato di fatto.Poche
idee e confuse
Una settimana di lavoro pieno con Pirlo, la prima da ottobre,
non ha fatto bene alla Juventus, che non ha dato un segno di sé
che non fosse quello di una squadra di poche idee ma confuse. La
giornata bigia dei due che stanno tenendo in piedi i bianconeri,
Ronaldo e Chiesa, ha impedito che si notassero differenze di
valore tra la formazione dei nove scudetti e quella più malmessa
della serie A, visto che il Benevento non
vinceva dal 6 gennaio, che aveva racimolato appena 6 punti
in 11 partite e che era priva dei suoi elementi più importanti,
per lo meno a livello di personalità (Schiattarella, Glik,
Letizia). Inzaghi si è affidato al 3-5-2, adottato solo
sporadicamente in questa stagione, e con un minimo di
applicazione, un po' di pressing e qualche rapida
verticalizzazione ha subito messo in difficoltà la Juve, ormai
abituata alla confusione.
Le
occasioni di Morata
Il Benevento ha punto spesso, Lapadula e Gaich hanno messo
pressione a Bonucci e De Ligt ma non sono mai arrivati al tiro,
anche se a volte soltanto per una questione di centimetri:
nonostante questo, però, la squadra di Inzaghi ha dato l'idea di
sapere come occupare il campo e quali mansioni smazzarsi. Quella
di Pirlo no. Le occasioni per i bianconeri non sono mancate, ma
sono state brevi lampi del buio: ci ha provato subito Ronaldo e
dopo la mezzora c'è stato un doppio spreco di Morata, che al 33'
ha calciato addosso a Montipò e al 37' ha sparato alto due
passi. Se ci fosse stato il pubblico, avrebbe fischiato
sonoramente.
Nessuna scossa
Neanche l'intervallo ha scosso la Juve. Pirlo ha mantenuto
Ronaldo a destra, dove lo aveva schierato all'inizio, e si sa
che in quella posizione il portoghese non è a suo agio e rende
meno, anche se a gioco lungo sarà l'unico a rendersi pericoloso,
in particolare con due conclusioni negli ultimi 10' su cui
Montipò, che in precedenza aveva dovuto sventare un tentativo di
autorete di Barba, si è superato: occasioni sporadiche di una
squadra nervosa e senza un disegno chiaro in testa, chiaramente
sfiduciata e probabilmente frastornata dalla ricerca di un gioco
complicato che in sette mesi non ha portato nessun risultato.
Errore
di Arthur, Gaich non perdona
Il Benevento ha aspettato il momento buono e ha colpito: Arthur
ha spedito un assurdo passaggio orizzontale ai limiti della
propria area, Bonucci e Danilo hanno dormito e Gaich invece no
ma ha agganciato la palla, l'ha difesa, se l'è portata sul
destro e ha fatto secco Szczesny. L'assalto finale è stato di
nervi e poco altro, inclusa la protesta per un rigore mancato:
Foulon, colpito dai crampi, è caduto a terra in area e su di lui
è inciampato Chiesa, che un po' si è lasciato andare. Ma il
penalty ci poteva stare anche se casomai avrebbe cambiato le
cose in zona retrocessione, non certo per le ambizioni
bianconere. Ora l'obiettivo di Pirlo è difendere un posto in
Champions: all'apparenza non ne restano altri.
Juventus-Benevento 0-1 (0-0)
Juventus (4-4-2): Szczesny; Danilo, Bonucci, De Ligt,
Bernardeschi; Kulusevski, Arthur (28' st Bentancur), Rabiot (28'
st McKennie), Chiesa; Morata, Ronaldo (31 Pinsoglio, 77 Buffon,
3 Chiellini, 36 Di Pardo, 37 Dragusin, 38 Frabotta, 41 Fagioli).
All.: Pirlo.
Benevento (3-5-2): Montipò; Tuia, Caldirola, Barba;
Improta, Hetemaj (38' st Dabo), Viola, Ionita, Foulon (28' st
Tello); Gaich (38' st Di Serio), Lapadula (28' st Caprari) (12
Manfredini, 22 Lucatelli, 19 Insigne, 21 Moncini, 25 Sau, 58
Pastina). All.: Inzaghi.
Arbitro: Abisso di Palermo.
Reti:
nel st 24' Gaich.
Note - Angoli:
9 a 1 per la Juventus. Recupero: 2' e 4'. Ammoniti: Tuia,
Bernardeschi, Caldirola, Tello, Bentancur per gioco falloso
Champions League, sorteggi: Bayern Monaco-Psg con Guardiola
all'orizzonte. E c'è Real Madrid-Liverpool
Nei quarti la finale dello scorso anno: chi vince se la vedrà
con i passa tra City e Dortmund. Nell'altra parte del tabellone,
sfida di grande fascino tra spagnoli e inglesi. Chi passa con
Porto o Chelsea
Istanbul, il prossimo 29 maggio, non potrà ospitare il replay
della finale di Champions dello scorso anno. Le due protagoniste
dell'ultimo atto della scorsa estate a Lisbona, Bayern Monaco e
Paris Saint Germain, si affronteranno infatti nei quarti di
finale. Questo l'esito del sorteggio di Nyon, che tutto sommato
ha sorriso al Manchester City: la squadra di Guardiola se la
vedrà con i tedeschi del fenomeno Haaland. Semmai i problemi per
i Citizens arriveranno eventualmente in semifinale, visto che in
caso di qualificazione se la vedranno proprio con la vincente di
Bayern-Psg.
Veniamo all'altra parte del tabellone. Il Porto, la squadra che
ha eliminato la Juve, incontrerà il Chelsea, che da quando è in
panchina Tuchel -che ha rilevato Lampard - non ha sbagliato più
un colpo. Per la vincente in semifinale si prospetta la sfida
con la qualificata dell'altro grande quarto di grande fascino,
quello tra il Real Madrid di Zidane e il Liverpool di Klopp. A
proposito del Porto, da rilevare una provocazione fatta dal club
alla Juventus in attesa del sorteggio: "Noi aspettiamo il
sorteggio, e voi?", con un giocatore che, simulando un
infortunio nella gara dello Stadium, resta a terra e fa
l'occhiolino.Le
gare di andata dei quarti si disputeranno il 6-7 aprile, quelle
di ritorno il 13-14 aprile, mentre le semifinali sono in
programma il 27-28 aprile (gare d'andata) e il 4-5 maggio
(ritorno). La finale si disputerà sabato 29 maggio presso l'Ataturk
Olympic Stadium di Istanbul, in Turchia.Il
quadro dei quarti
Manchester City-Borussia Dortmund
Bayern Monaco-Psg
Porto-Chelsea
Real Madrid-Liverpool
Bayern-Lazio 2-1, i biancocelesti salutano l'Europa con
dignità:Italia totalmente distrutta

Gara resa proibitiva dall'1-4 dell'andata. Apre Lewandowski su
rigore, nella ripresa raddoppia Choupo-Moting. Nel finale Parolo
rende meno pesante il ko. Infortuni a Fares e a Lazzari
Mourinho, un fallimento dopo l'altro. Ai piedi di Orsic, il
giramondo col vizio della tripletta.
La sintesi migliore l’ha data il capitano Lloris: “E’ una
disgrazia”. Ed effettivamente l’inopinata eliminazione agli
ottavi di Europa League del Tottenham, che ha dilapidato il
2-0 dell’andata a Londra perdendo
3-0 in casa della Dinamo Zagabria,
ha scosso in profondità gli Spurs. Sul banco degli imputati,
neanche a dirlo, è finito innanzitutto Jose Mourinho. I tifosi
chiedono la sua testa e rimpiangono Mauricio Pochettino, che
nel 2019 aveva portato il club del nord di Londra al punto più
alto della sua storia lunga 139 anni: quella finale di
Champions persa contro il Liverpool da cui è iniziata la
rovinosa discesa degli Spurs.
Cercasi Special One
Nella scorsa stagione, il pessimo avvio – appena 14 punti
nelle prime dodici giornate – aveva portato il presidente del
Tottenham Levy alla difficile decisione di esonerare dopo
cinque anni e mezzo il tecnico argentino. La scelta era allora
caduta su Mourinho, fermo da quasi dodici mesi dopo
l’esperienza in chiaroscuro con il Manchester United. Ma da
quando si è seduto sulla fulgida panchina del nuovissimo
stadio degli Spurs, l’allenatore portoghese non ha mai dato
l’idea di poter essere l’uomo giusto per aprire un nuovo ciclo
e tornare ai fasti del suo predecessore: al primo anno ha
fallito la qualificazione in Champions chiudendo sesto e
venendo eliminato agli ottavi sia in FA Cup che in Champions
(contro il Lipsia). E in questa stagione non è che le cose
vadano molto meglio: in una Premier in cui la lotta al quarto
e ultimo posto Champions è più accesa che mai, il Tottenham è
attardato all’ottavo posto a 45 punti, sei in meno del Chelsea
(ma con una partita da recuperare). Insomma, il rischio di
restare fuori dall’Europa che conta per due anni di fila è
concreto: un bel problema per le ambizioni e i conti del club.
E la finale di Coppa di Lega del prossimo 25 aprile contro il
Manchester City dell’eterno nemico Guardiola non può certo
salvare una stagione negativa.
Juve-Napoli, ennesimo ‘rinvio-farsa’: la Serie A trattata come
un torneo parrocchiale. La Lega non in grado di fare gli
interessi del campionato
“Ciao Andrea”.
“Ciao Aurelio”.
“Senti, che ne dici se invece di giocare la settimana prossima
ci rivediamo dopo Pasqua?”.
“Sì, ottima idea, allora avviso Paolo,
grazie”. Dev’essere andata più o meno così la conversazione con
cui Agnelli e De Laurentiis si
sono accordati per rinviare l’ennesima volta Juventus-Napoli.
Come al torneo della parrocchia.
Solo siamo in Serie A, e la Lega è
quella del presidente Dal Pino. Juve-Napoli
prima era una vergogna,
ormai è quasi una barzelletta:
una partita in cui si disputa prima il ritorno dell’andata. E
che a distanza di cinque mesi i dirigenti pensano ancora a rinviare invece
che giocare. Dopo la figuraccia in mondovisione di
ottobre (Juventus in
campo che annuncia la formazione, Napoli in
hotel in quarantena per Covid),
dopo le sentenze dei tribunali
Figc e
il ribaltone del Collegio di
garanzia del
Coni, dopo il rebus del calendario intasato e
i dirigenti disperati per trovare una data, il problema pareva
risolto: con l’uscita degli azzurri in Europa League,
a fine febbraio il recupero era stato fissato per il 17 marzo.
Finalmente si gioca. Anzi no.Dopo l’eliminazione della Juve in Champions che
ha liberato ulteriore spazio in calendario, i due presidenti si
sono sentiti privatamente e hanno concordato di rinviare
ulteriormente la gara al 7 aprile. Tutti felici e contenti: il Napoli,
che evita il trittico terribile Milan–Juve–Roma in
sette giorni; la Juventus,
che preferiva avere un po’ più di tempo per metabolizzare la
figuraccia con il Porto,
ed arrivare alla sfida che deciderà la sua stagione con più
serenità. Un gentlemen agreement,
si dice in questi casi, avallato dalla Lega Calcio.
Solo che di gentile in questo caso c’è ben poco, e l’accordo
(privato) è in realtà un danno per
il campionato. Qualcuno infatti ha protestato. La Roma,
che ha scritto una lettera di fuoco contro la Lega,
lamentandosi del fatto che così il Napoli arriverà
più riposato alla sfida di domenica prossima (i giallorossi
giovedì hanno l’Europa
League),
chiedendo indirettamente il rinvio pure di quella gara. Una
richiesta ridicola, subito scartata dalla Lega.
Però il principio era lo stesso e fa capire perché assecondare Juve e Napoli è
stato un grave errore: si continua a ragionare in base all’interesse
dei singoli e
non della collettività.
Partendo dal presupposto che la Lega può
disporre la variazione di una gara in seguito alla richiesta di
una o entrambe le squadre, e che piccoli aggiustamenti avvengono
di frequente,
non è questo il caso. Qui parliamo di una partita che già
rappresenta una vergogna per
la Serie A, per il teatrino indegno
andato in scena tra Asl, Lega e tribunali vari. I protagonisti
più o meno involontari di quella vicenda dovrebbero fare a gara
oggi per recuperare prima possibile il match, se non per
cancellare la macchia (è indelebile), almeno per provare a
metterci una toppa. Invece Agnelli e De Laurentiis pensano al
loro orticello.
Non ci fanno una gran figura, ma la vera colpa è della Lega. I
presidenti si saranno pure messi d’accordo, ma Juve-Napoli non è
un affare privato fra di loro. C’è di mezzo un intero campionato,
che da mesi è ostaggio di questa gara. Lo scudetto, praticamente
dipende da quel risultato, perché se la Juve non vince i 9 punti
di svantaggio dall’Inter di Conte diventano
davvero tanti. Per la Champions,
ci sono in corsa sei squadre per tre posti, e tutti aspettano
con trepidazione per
capire la loro reale posizione in classifica.
Il rinvio è un’enorme mancanza
di rispetto. Nei confronti del campionato e di tutti i
suoi tifosi.
La Lega ha fatto l’interesse dei presidenti invece
che fare quello della Serie
A, per cui è nata. E nel caso specifico è che Juve-Napoli si
giochi subito: alla prima data utile, non quando vogliono loro.
È una regola che probabilmente dovrebbe valere sempre, per
evitare discussioni e favoritismi.
Invece per Juve-Napoli, la gara che decide la stagione, dopo
aver aspettato 5 mesi, dovremo aspettare altre tre settimane.
Tanto che fretta c’è. La Serie A non
è mica una cosa seria.
Fortress-Suning, avanti tutta: “Dopo l’accordo ecco cosa
succederà all’Inter”

I prossimi potrebbero essere giorni decisivi per il futuro
societario dell'Inter.
Secondo quanto riportato da Mediaset durante la trasmissione
Pressing, infatti, entro le prossime due settimane potrebbe
arrivare il sì definitivo di Suning a Fortress per il
finanziamento da 200 milioni di euro. Ma la vendita della
società di Viale della Liberazione potrebbe essere solo
rimandata.Mediaset, infatti, sottolinea che il discorso potrebbe
essere posticipato al termine di questa stagione quando, con la
possibile conquista dello scudetto da parte dei nerazzurri, il
valore del club aumenterebbe a dismisura. E, a quel punto, Zhang
potrebbe cercare nuovi fondi disposti a entrare in società, sia
con una quota di minoranza che di maggioranza.

LA CAPOLISTA
Dopo il botta e risposta firmato Lukaku (su rigore) e Sanabria,
è decisiva all'85' un'incornata di testa dell'attaccante
argentino, che vale l'ottava vittoria consecutiva per la
Beneamata, momentaneamente a +9 sul Milan. Nel primo tempo
clamoroso palo di Lyanco.
Il "Toro" doma il Toro. L'Inter espugna per 2-1 l'Olimpico
Grande Torino ottenendo l'ottavo successo consecutivo in
campionato e facendo un ulteriore passo importante verso lo
scudetto. Decisiva all'85' l'incornata di testa di Lautaro
Martinez dopo che Sanabria aveva risposto per i granata al
vantaggio di Lukaku su rigore.
Lyanco fermato dal palo
Nicola lascia in panchina Belotti,
appena guarito dal Covid ma fuori condizione, mentre Stellini
(in panchina al posto dello squalificato Conte) non rischia
Eriksen, non al meglio. Nel primo tempo non succede nulla, o
quasi. Il Toro è grintoso ed ordinato, consapevole che non si
può più sbagliare nulla nella lotta salvezza. Sono proprio i
granata a sfiorare il vantaggio al 28′ quando, da una
punizione di Verdi, Lyanco approfitta dello scivolone di
Bastoni, ma di testa colpisce in pieno il palo da ottima
posizione. Sfortuna, anche se il difensore brasiliano poteva e
doveva fare di più.
Sanabria risponde a Lukaku
Nella ripresa si alzano i ritmi,
d'altronde la Beneamata vuole approfittare del posticipo tra
Milan e Napoli per allungare sui cugini rossoneri, mentre il
Toro non può accontentarsi di un punticino. Il migliore in
campo è di gran lunga Bremer, che cancella Lukaku in ogni
pallone. Al 62′ però Izzo ferma fallosamente in aera Lautaro
per un rigore ineccepibile, che proprio il gigante belga
trasforma spizzando Sirigu. Il "Cuore Toro" non si fa
attendere e così al 70′ Sanabria sbroglia in maniera vincente
una lunga mischia nell'area nerazzurra, è il secondo gol
consecutivo per l'attaccante paraguaiano.
Lautaro gela i granata
Quando il pareggio sembra fatto (e non
ci sarebbe nulla da ridire), all'85' Sanchez pennella un
grande pallone in aera trovando la splendida incornata di
testa di Lautaro Martinez su cui Sirigu nulla può. Per uno
scherzo del destino l'attaccante argentino, soprannominato il
"Toro", beffa proprio il Toro. Nel finale inutile ingresso di
Belotti, mentre da segnalare nell'Inter l'esordio stagionale
di Vecino. E' un successo pesantissimo, l'ottavo di fila, per
i nerazzurri che, pur senza brillare, allungano
momentaneamente a +9 sul Milan. Le statistiche dicono che
quando Conte ha ottenuto 8 vittorie consecutive, poi ha sempre
festeggiato lo scudetto (sia con la Juventus che con il
Chelsea): due indizi fanno una prova.
TORINO-INTER 1-2 (0-0)
Torino (3-5-2): Sirigu; Izzo, Lyanco, Bremer; Vojvoda
(44′ st Gojak), Lukic, Mandragora, Baselli (4′ st Linetty),
Murru (22′ st Ansaldi); Verdi (22′ st Zaza), Sanabria (44′ st
Belotti). (18 Ujkani, 32 Milinkovic-Savic, 13 Rodriguez, 26
Bonazzoli, 45 Ferigra, 99 Buongiorno). All.: Nicola.
Inter (3-5-2): Handanovic; Skriniar, De Vrij,
Bastoni; Hakimi (43′ st Darmian), Barella, Brozovic (36′ st
A.Sanchez), Gagliardini (11′ st Eriksen), Perisic (11′ st
A.Young); R.Lukaku, Lautaro (43′ st Vecino). (27 Padelli, 97
Radu, 11 Kolarov, 12 Sensi, 13 Ranocchia, 33 D'Ambrosio, 99
Pinamonti).
Arbitro: Valeri di Roma.
Reti: Lukaku (rig.) al 62′, Sanabria al 70′ e Lautaro
Martinez all'85'.
Ammonito: Gagliardini.
Angoli: 8-1 per l'Inter.
Recupero: 1′ e 3′.

Come lo scorso anno con il Lione ed ancor prima con l'Ajax, Ronaldo e compagni si fanno
eliminare dal Porto dopo aver giocato oltre 70' in 11 contro 10
per l'espulsione di Taremi. Chiesa con una doppietta replica al
rigore iniziale di Sergio Oliveira che, però al 115' realizza il
gol-qualificazione su punizione. Inutile rete nel finale di
Rabiot. Palo di Chiesa, traversa di Cuadrado sul 2-1
La Champions resta stregata per la Juventus.
I bianconeri non riescono a completare la rimonta contro il
Porto e, come lo scorso anno, escono agli ottavi: dopo aver
chiuso sul 2-1 (risultato
con cui il Porto aveva vinto la gara di andata)
i 90' regolamentari, si fanno beffare, in 11 contro 10, su
punizione nel secondo tempo supplementare e, così, per il 25°
anno di fila, devono rimettere nel cassetto il sogno di alzare
la coppa dalle grandi orecchie. La Juve deve davvero mangiarsi
le mani per non essere riuscita a completare l'opera dopo aver
giocato per oltre 70' con un uomo in più per l'espulsione al 53'
di Taremi. I bianconeri non hanno avuto fortuna (basti pensare
al palo di Chiesa a porta vuota, al gol annullato a Morata per
millimetrico fuorigioco al 91' e alla traversa al 93' di
Cuadrado) ma è anche vero che avrebbero dovuto far meglio nelle
scelte di gioco dopo il 2-1 segnato da Chiesa al 63'.
Pirlo
rilancia Bonucci e Arthur
Perso per squalifica Danilo, Pirlo si è consolato con i recuperi
di Bonucci e Arthur, messi a formare la spina dorsale della
squadra assieme al rientrante Ronaldo. Poi ha confermato Chiesa
a sinistra preferendo Ramsey a Kulusevski sulla destra. Sul
fronte opposto Conceiçao ha risposto andando sul sicuro
riproponendo modulo (4-4-2) e uomini dell'andata con Pepe,
recuperato in extremis, al centro della difesa.
Traversa di Taremi
La Juve in avvio si è divorata subito una ghiotta occasione con
Morata (colpo di testa ravvicinato addosso a Marchesin su cross
di Cuadrado) ma ha anche sofferto gli alti ritmi imposti dal
Porto. I lusitani hanno risposto colpo su colpo rendendosi
pericolosissimi con Taremi che prima ha graziato Szczesny da
pochi passi e poi, sulla respinta, ha colpito di testa
l'incrocio dei pali.
Ingenuità di Demiral, Oliveira gela la Juve su rigore
Il Porto ha insistito e al 19' si è procurato il rigore per
passare: Demiral è ingenuamente intervenuto da dietro su Taremi,
spalle alla porta, e ha indotto Kuipers a indicare il dischetto.
Sergio Oliveira ha ringraziato e ha spiazzato Szczesny. Sulle
ali dell'entusiasmo i 'dragoes' hanno insistito calciando altre
quattro volte dalle parti del portiere bianconero con Corona,
Otavio, Zaidu e lo stesso Oliveira. Solo dopo il 26', la Juve ha
preso possesso del centrocampo ma la sua manovra non è riuscita
a creare grossi pericoli per l'attenta retroguardia biancoblu.
Solo in una circostanza Mbenba e Pepe si sono fatti sorprendere:
su un cross di Cuadrado per Morata che lo spagnolo ha messo a
terra calciando, però, addosso a Marchesin in uscita.
Chiesa
con una doppietta rialza la Juve, espulso Taremi
La Juve nella ripresa è rientrata in campo determinata e ha
sfruttato il primo lampo di Ronaldo per pareggiare (49′): il
portoghese è scattato sul filo del fuorigioco su un lancio lungo
e ha addomesticato un pallone per Chiesa che con bel tiro di
destro in diagonale ha infilato l'incrocio. Il Porto si è
innervosito e a farne le spese è stato Taremi che ha rimedito
ingenuamente due gialli nel giro di 1', il secondo buttando via
una palla dopo un fallo commesso da Marega. La Juve ha
ringraziato e, dopo un clamoroso palo colpito a porta vuota da
Chiesa, pressato in scivolata da Pepe, ha trovato il
fondamentale 2-1 (63′): Cuadrado dalla trequarti destra ha
crossato per Chiesa che di testa ha insaccato.
Traversa di Cuadrado al 93′
La Juve ha rifiatato, e con de Ligt e McKennie al posto di
Bonucci e Ramsey, ha tenuto le energie per imbastire un assalto
finale, senza fortuna: prima Ronaldo di testa non ha trovato lo
specchio da buona posizione poi Chiesa, andato via in area a
Corona, ha calciato addosso a Marchesin, quindi Morata ha
segnato ma in millimetrico fuorigioco infine Cuadrado con un
gran sinistro al 93′ ha centrato in pieno la traversa.
Sergio
Oliveira beffa Szczesny, inutile 3-2 di Rabiot
Ai supplementari la Juve ha accusato la stanchezza e per poco
Marega, con un colpo di testa da pochi passi non l'ha beffata.
Pirlo è corso ai ripari rivedendo il centrocampo con l'ingresso
di due esterni (Bernardeschi e Kulusevski) e lo spostamento in
mezzo di McKennie per Arthur ma la Juve, oltre tanta buona
volontà, non è andata. E al 115'è stata beffata: su una
punizione da 25 mt, Sergio Oliveira ha provato la botta
rasoterra e gli è andata bene: la palla, passata sotto le gambe
di Ronaldo, ha battuto sulla destra Szczesny che l'ha deviata
sul palo ma poi l'ha vista beffardamente entrare in porta. La
Juve ha tentato il tutto per tutto e subito dopo ha segnato il
3-2 con Rabiot di testa su angolo di Bernardeschi. Troppo tardi.
Per risalire sul treno dei sogni bisognerà aspettare un altro
anno.
JUVENTUS-PORTO 3-2 dts (0-1, 2-1, 2-1)
Juventus (4-4-2): Szczesny, Cuadrado, Bonucci (30′ st
De Ligt), Demiral, Alex Sandro, Ramsey (30′ st McKennie), Arthur
(12′ pts Kulusevski), Rabiot, Chiesa (12′ pts Bernardeschi),
Morata, Ronaldo (31 Pinsoglio, 77 Buffon, 3 Chiellini, 36 Di
Pardo, 37 Dragusin, 38 Frabotta, 41 Fagioli). All. Pirlo.
Porto (4-4-2):
Marchesin, Manafà, Pepe, Mbemba, Zaidu (26′ st Diaz), Corona
(13′ sts Leite), Uribe (45′ st Grujic), Sergio Oliveira (13′ sts
Loum), Otavio (17′ st Sarr), Marega (1′ sts Martinez), Taremi
(99 Costa, 28 Felipe Anderson, 30 Evanilson, 31 Nanu, 50 Vieira,
85 F. Conceiçao). All. S. Conceiçao.
Arbitro: Kuipers (Olanda).
Reti:
nel pt 19′ rig. Sergio Oliveira, nel st 4′ e 18′ Chiesa, nel sts
10′ Sergio Oliveira, 12′ Rabiot.
Angoli:
19-2 per la Juventus.
Recupero: 4′, 5′, 2′, 3′.
Ammoniti: Otavio, Taremi, Chiesa, Cuadrado,
Bernardeschi, Rabiot per gioco scorretto, Sergio Oliveira e
Mbemba per proteste.
Espulso: nel st 9′ Taremi per doppia ammonizione.
Diretta Champions, Barcellona-Psg 1-4: Mbappé travolge i
blaugrana
La squadra di Pochettino passa al Camp Nou in rimonta e ipoteca
i quarti. Segna Messi su rigore, poi si scatena l'attaccante
francese, che pareggia e mette la freccia prima di firmare la
personale tripletta dopo il gol di Kean

Inter-Juventus 2-0, Vidal e Barella: lezione ai campioni
d'Italia
MILANO -
Dopo 4 anni e 4 mesi d'attesa, l'Inter torna a vincere (2-0) il
derby d'Italia. Ricaccia indietro la Juve nella corsa scudetto e
aggancia momentaneamente in vetta alla classifica il Milan. Un
successo limpido e più netto di quanto non dica il punteggio
finale. La Juve, un po' come successo alla Roma contro la Lazio,
non è mai entrata veramente in partita. Gelata dal gol subita a
freddo dall'ex Vidal non si è più ripresa e, di fatto, si è
consegnata ad un avversario rivelatosi più lucido e determinato.
L'Inter è stata perfetta: ha vinto tutti i duelli individuali ed
è ripartita con precisione in contropiede. Se solo gli avanti,
in particolare Lautaro, avessero avuto maggiore freddezza sotto
porta avrebbe ottenuto un successo molto più largo.
<<La
cronaca della gara>>
Juventus, un ko psicologicamente pesante
Il ko rappresenta un duro colpo alle ambizioni tricolori dei
bianconeri. E' vero che nulla è compromesso, malgrado da lunedì
sera si potrebbero ritrovare di nuovo a -10 dalla vetta (anche
se con una gara ancora da recuperare), ma la sensazione è che la
sconfitta, soprattutto per come è maturata, potrebbe minare le
certezze di un gruppo che fatica a trovare il cambio di passo
necessario per ricucire lo strappo dalle due milanesi.
Vidal,
un gol che non spegne le polemiche
A rompere l'equilibrio, dopo una conclusione per parte (Brozovic
e Rabiot), ha pensato Vidal (12'): si è inserito in area alla
perfezione su un cross dalla destra di Barella, ha bruciato sul
tempo Danilo e di testa ha sorpreso Szczesny. Il cileno, da ex,
non ha esultato alimentando, sui social, la polemica dei tifosi
nerazzurri che lo hanno contestato per un bacio dato al petto a
Chiellini nel prepartita (giudicato un bacio allo stemma
bianconero).
Lautaro fallisce il raddoppio
La Juve, con Chiellini titolare e Rabiot e Ramsey preferiti ad
Arthur e McKennie, ha faticato a reagire. Pirlo ha chiesto
veloci cambi di direzione ma la squadra non è riuscita ad
assecondarlo, complici anche le attente marcature dei
nerazzurri. L'Inter si è chiusa benissimo e, di rimessa, ha
ripetutamente sfiorato il raddoppio. Le migliori occasioni sono
capitate a Lautaro che prima ha spedito alta, a porta vuota una
corta respinta di Szczesny dopo un tiro di Lukaku e poi non ha
trovato il bersaglio con un comodo destro dal limite dopo un
provvidenziale recupero in scivolata di Chiellini su Lukaku.
Barella chiude i conti
Nella ripresa lo spartito non è cambiato e allora l'Inter alla
fine (52′) ha sfruttato l'ennesimo contropiede. Su un un lungo
lancio dalle retrovie di Bastoni, Frabotta si è fatto sfuggire
Barella che si è presentato solo in area e con un preciso destro
sotto l'incrocio ha battuto Szczesny in uscita.
I
cambi di Pirlo non svegliano la Juve
Pirlo ha tentato il tutto per tutto cambiando tre interpreti nel
suo 4-4-2. La mossa di mettere Bernardeschi a fare il terzino
sinistro al posto di Frabotta, McKennie al centro al posto di
Rabiot e Kulusevski a destra con Chiesa spostato a sinistra in
sostituzione di Ramsey, però, non ha prodotto risultati. L'Inter
si è chiusa a cerniera, sorretta dalla gigantesca prova di
Skriniar, de Vrij, Bastoni e, in ripiegamento, di un attento
Brozovic e non ha mai sofferto. Anzi, di rimessa ha sfiorato
anche il tris con lo stesso Brozovic, Lautaro e Hakimi.
Handanovic l'unica vera parata l'ha dovuta compiere all'87' su
un destro rabbioso di Chiesa. E' l'emblema di una serata da
cancellare in fretta per la Juve. Tanto più che mercoledì si
giocherà il primo trofeo della stagione, la Supercoppa, con il
Napoli. L'Inter invece sorride. Da questo successo trae nuova
forza e certezze. Il Milan è avvisato.
INTER-JUVENTUS 2-0 (1-0)
Inter (3-5-2):
Handanovic, Skriniar, De Vrij, Bastoni; Hakimi, Barella,
Brozovic, Vidal (31′ st Gagliardini), Young (27′ st Darmian),
Lukaku, Lautaro Martinez. (41′ st Sanchez). (27 Padelli, 97 Radu,
11 Kolarov, 12 Sensi, 13 A. Ranocchia, 14 Perisic, 24 Eriksen,
99 Pinamonti). All.: Conte.
Juventus (4-4-2): Szczesny, Danilo, Bonucci, Chiellini,
Frabotta (13′ st Bernardeschi), Chiesa, Rabiot (13′ st McKennie),
Bentancur, Ramsey (13′ st Kulusevski), Morata, Cristiano Ronaldo.
(31 Pinsoglio, 77 Buffon, 42 Garofani, 5 Arthur, 28 Demiral, 36
Di Pardo, 37 Dragusin, 41 Fagioli, 56 F. Ranocchia). All.: Pirlo.
Arbitro: Doveri di Roma.
Reti:
nel pt 13′ Vidal; nel st 7′ Barella.
Angoli:
4-3 per la Juventus.
Recupero:
2′ e 5′.
Ammoniti:
Bonucci, Morata, Barella per gioco scorretto, Young per
comportamento non regolamentare.
Inter, la trattativa con Bc Partners accelera e arriva la prima
conferma. Marotta: “Suning sta valutando le opportunità”13
gennaio 2021
Suning “sta valutando le
opportunità“: l’amministratore delegato dell’Inter, Beppe
Marotta, esce allo scoperto e dopo giorni di
indiscrezioni conferma che è in corso una trattativa che
riguarda la società nerazzurra. Le voci dei contatti tra Suning
e il fondo Bc
Partners non era mai state smentite, ma ancora nel fine
settimana lo stesso Marotta aveva glissato la domanda. Ora
invece l’ad dell’Inter è stato chiaro: “La proprietà Suning sta
valutando le opportunità nell’interesse dell’Inter e nel
rispetto del valore
storico del club, del presente e del futuro. Il
management sa di agire in un contesto
solido, con un’area tecnica ben compattata”, le sue
parole ai microfoni della Rai prima
di Fiorentina-Inter di Coppa
Italia.
Sarà partnership –
con cessione di una quota di minoranza – oppure vendita
definitiva? Questo Marotta non lo chiarisce e
probabilmente è ancora prematuro per
dirlo. Il fondo Bc Partners è un colosso nel mondo
tecnologia-media-telecomunicazioni, ma non si è mai occupato di
sport. Per la famiglia Zhang – che con Suning detiene circa il
70% dell’Inter – sarebbe il partner ideale per la gestione del merchandising e
dei diritti
televisivi (senza dimenticare lo stadio).
Questa era l’ideale iniziale.
Secondo quanto filtra, però, sul tavolo non ci sarebbe solo un
ingresso con una quota di minoranza ma addirittura una
acquisizione del controllo
di maggioranza del club. Il motivo principale è il cambio
di politica di Pechino sugli investimenti
nel calcio: il blocco è ormai una realtà ed esportare capitali
dalla Cina è sempre più un problema. Inoltre, c’è l’impatto
devastante della pandemia di Covid-19.
Suning da quando ha preso in mano l’Inter ha investito la
bellezza di oltre
700 milioni di euro ma vista la crisi ha imposto una
‘austerity’ per limitare le perdite. Per questo l’opportunità di
una partnership con uno dei principali fondi di private equity a
livello mondiale potrebbe rappresentare una boccata
di ossigeno importante in termini di liquidità.
La conferma della trattativa da parte di Marotta arriva nel
giorno in cui Il
Sole 24 Ore racconta di un’accelerazione: Bc Partners
infatti avrebbe avviato la due
diligence, quindi l’analisi dei conti in casa nerazzurra.
Il fondo ha incaricato il manager Nikos
Stathopoulos di gestire l’affare e, spiega il Corriere
della Sera, si discute di una valutazione complessiva della
società nerazzurra intorno ai 750
milioni di euro.
Inter, sorpasso con vista fuga: batte la Lazio, si prende la
vetta e prepara il derby per cercare il primo allungo della
stagione

Il sorpasso,
con occhi e testa al calendario per provare a organizzare la
prima, vera fuga del campionato. La vittoria casalinga dell’Inter
sulla Lazio vale
molto più dei tre punti conquistati sul campo a San
Siro.
E non solo perché permette ai nerazzurri di prendere la vetta
della classifica, strappandola ai cugini milanisti (nel girone
di ritorno non succedeva dai tempi del Triplete). È la
prospettiva, infatti, ad aggiungere peso specifico al trionfo –
neanche troppo complicato – contro i biancocelesti: domenica 21
febbraio alle 15 c’è il derby di Milano e in caso di vittoria
gli uomini di Conte potrebbero
segnare un più 4 sulla seconda. Si tratterebbe della prima, vera
fuga del campionato e considerando che l’Inter non ha altri
impegni oltre alla Serie
A,
beh, potrebbe essere anche quella decisiva. Di certo
l’autorevolezza con cui è maturata la vittoria contro la Lazio
non fa dormire sonni tranquilli agli avversari, pur ricordando
che fino ad ora sia l’Inter che il campionato nel suo complesso
hanno regalato poca costanza e tanti colpi di scena. E un derby,
si sa, vive di imprevedibilità.
Quella che non c’è stata ieri, per intenderci.Protagonista
assoluto è stato Romelu Lukaku,
con una doppietta e l’assist per il terzo gol firmato da Lautaro
Martinez, con il gol del momentaneo 2-1 laziale messo a segno
da Escalante.
L’Inter si conferma un rullo compressore a San Siro, contro i
biancocelesti di Simone Inzaghi arriva infatti l’ottava vittoria
di fila in casa. Reti numero 16 di Lukaku, che aggancia Ronaldo in
vetta alla classifica marcatori. Sono 300 i gol tra club e
nazionale per il belga, di cui 56 con la maglia nerazzurra.
Lautaro, invece, sale a quota 11 in campionato. Da segnalare la
buona prova di Eriksen,
schierato da mezzala. Mastica amaro la Lazio, che vede
interrotta la sua serie di sei vittorie consecutive e fallisce
l’aggancio alla Roma al terzo posto. Non basta un gol di
Escalante nella ripresa. Biancocelesti autori di una buona
partita nel primo tempo, ma pagano caro due infortuni in difesa
e lo strapotere fisico di Lukaku. Al di là dell’opaca prova di Immobile e
Luis Alberto, Inzaghi può comunque guardare con fiducia al
percorso di avvicinamento alla super sfida in Champions League
contro il Bayern Monaco.Conte
con tre diffidati (Barella, Bastoni, Brozovic)
in vista del Derby, schiera a sorpresa Eriksen a centrocampo al
posto dell’infortunato Vidal. A sinistra c’è Perisic, con Young
in panchina. In attacco la coppia Lukaku-Lautaro. In porta
Handanovic festeggia le 500 presenze in Serie A. Nella Lazio, Simone Inzaghi non
riesce a recuperare in extremis Radu e al suo posto schiera Hoedt.
In attacco la coppia Correa-Immobile. In occasione delle
celebrazioni per il Chinese
New Year dedicate
all’inizio dell’anno del Toro (o bue, o bufalo), l’Inter scende
in campo con una maglia speciale. Sul retro i nomi dei
calciatori sono scritti in caratteri cinesi. Inizio di grande
personalità della Lazio, che si riversa in massa nella metà
campo avversaria. L’Inter si schiaccia e rischia in un paio di
mischie pericolose davanti ad Handanovic. La squadra di Conte,
come sempre, si appoggia alle spalle larghe di Lukaku e
alla velocità di Barella e
Hakimi per ripartire.Dopo dieci minuti i primi due brividi:
prima Lautaro sfiora
il gol con un destro dal limite, poi Lazzari sorprende alle
spalle la difesa interista ma viene fermato da Handanovic in
uscita. Dopo venti minuti l’Inter passa in vantaggio con Lukaku
che trasforma un rigore concesso per fallo di Hoedt su Lautaro.
Sbloccato il risultato, la squadra di Conte prende fiducia e in
particolare Eriksen si fa vedere per una serie di pregevoli
giocate sulla trequarti. La Lazio però prova a reagire,
proponendosi con una serie di combinazioni veloci tra Immobile,
Correa e Luis Alberto che non riescono a sfondare la rocciosa difesa
nerazzurra.
Proprio le due stelle Immobile e Luis Alberto ci provano dalla
distanza nel giro di qualche minuto, Handanovic non si fa
sorprendere. In contropiede, poi, l’Inter è micidiale e prima
dell’intervallo sfiora il raddoppio con Lautaro su
cross basso di Eriksen,
salva Reina. Il portiere spagnolo si ripete poco dopo su Lukaku,
che da ottima posizione calcia debolmente di sinistro. Il bomber
belga non sbaglia, invece, al 46′ quando
batte questa volta di destro Reina su carambola al limite dopo
un tocco di Brozovic.Nell’intervallo
Inzaghi toglie Lucas Leiva e l’ammonito Hoedt, dentro Escalante
e Parolo. Biancocelesti subito
in avanti per tentare di riaprire la partita, ma le polveri
continuano ad essere bagnate. Dopo dieci minuti è Acerbi ad
avere un’occasione in area, ma la sua girata di destro in area è
alta. Lo stesso difensore, poi, poco dopo favorisce un
contropiede di Lautaro che serve Hakimi tutto
solo davanti a Reina. Parolo salva alla disperata. Al 60′ la
Lazio riapre momentaneamente la partita con un gol fortunoso di
Escalante, che spiazza Handanovic deviando una punizione dal
limite di Milinkovic.
La squadra di Inzaghi ci crede, i nerazzurri però colpiscono
ancora: al 64′ è devastante la progressione di Lukaku che
travolge Parolo e
serve a Lautaro l’assist più facile da depositare nella porta
lasciata vuota da Reina proteso in uscita. La partita di fatto
si chiude qui. Quasi in segno di resa, Inzaghi toglie Immobile e
Correa inserendo Muriqi e Caicedo a venti minuti dalla fine.
Fuori anche Luis Alberto per Pereira. Replica Conte, schierando Gagliardini per
un positivo Eriksen e Sanchez per Lautaro. Nel finale Inter in
controllo e vicina anche al quarto gol, solo un grande Reina
ferma ancora un Lukaku in serata di grazia. Il bomber belga si
conferma per Conte l’uomo
chiave per puntare alla vittoria dello scudetto. E quando nel
recupero lascia il campo a Pinamonti, Lukaku si merita una
virtuale standing ovation.
Sì all'ingresso dei fondi in Lega.
E' stata approvata all'unanimità nell'assemblea svoltasi a Roma
l'offerta del fondo Cvc-Advent-Fsi per il 10% della media company, creata per
gestire e commercializzare i diritti televisivi della Serie A.
''Ringrazio tutti i presidenti e i fondi di private equity che
credono nella nostra industria e sono disposti a investire un
miliardo e 700 milioni in questo periodo storico per avere il
10% della società che gestirà i diritti commerciali del
campionato di calcio di Serie A. Però non è ancora nulla di
definitivo'' ha detto il presidente Paolo Dal Pino. ''Oggi
abbiamo votato un accordo all'unanimità, abbiamo accettato
l'offerta finanziaria ma non abbiamo ancora chiuso, non c'è
ancora nessun impegno vincolante. E' tutto il normale processo
che riguarda un'operazione complessa come questa'', ha aggiunto.
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