MILANO —
Tifoserie organizzate sempre più politicizzate. Ultras che grazie
«ad una fitta rete di rapporti economici e non con le società»,
approfittando di crisi e debolezze di molte, entrano nel business
del calcio gestendo gadgets, biglietti e trasferte arrivando a
«condizionare» assetti e comportamenti dei club che pure li hanno
finanziati. Fino a diventare, con i loro comportamenti violenti
sugli spalti e fuori dagli stadi, «massa di manovra da utilizzare
nelle scalate alle stesse società», ma anche soggetti attivi con
proprie finalità. Un rapporto della direzione centrale della polizia
di prevenzione, basato sull’osservazioni delle «Sezioni tifoserie»
durante i campionati 2003-2004 di serie A, B, C1 e C2, traccia la
prima fotografia del fenomeno delle tifoserie italiane. Un
territorio inesplorato.
DESTRA E SINISTRA— Dei
74.000 tifosi raccolti in 445 gruppi ufficiali, 43.000 (il 59%),
secondo la polizia, sono orientati politicamente e fanno parte di
192 organizzazioni. Di questi ultimi, 39 sono su posizioni di
estrema destra, 74 genericamente di destra, 22 di estrema sinistra e
57 genericamente di sinistra. I restanti 253 sodalizi non hanno
connotazione. In base a questi dati, la polizia ha stilato anche un
elenco di 23 squadre le cui tifoserie «hanno evidenziato un profilo
politico particolarmente aggressivo» e si «sono distinte per una
particolare propensione verso comportamenti violenti »: Ancona,
Ascoli, Bari, Cagliari, Cavese, Nocerina, Catania, Cosenza, Genoa,
Inter, Lazio, Livorno, Napoli, Parma, Perugia, Pisa, Roma, Savona,
Ternana, Torino, Triestina, Venezia e Verona.
LA MAPPA —
I club di destra e di estrema destra raccolgono la maggioranza dei
tifosi e sono concentrati in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto,
Lazio, Marche e Sicilia; l’orientamento verso sinistra ed estrema
sinistra è egemone solo in Toscana. Al Sud generalmente gli ultras
non hanno connotazione. I gruppi di destra sono caratterizzati da un
«ideale utopico e romantico» di «fede del tifo», da un «marcata
tendenza ad iniziative aggressive» e, talvolta, «da suggestioni
razziste e xenofobe». A sinistra, invece, c’è una «vocazione sociale
e terzomondista », gli spalti diventano «terreno di lotta», anche
sociale, e «strumento per contrastare la fascistizzazione delle
curve».
Qui si registra «l’interesse di realtà antagoniste dei centri
sociali» e si segnala (Cagliari e Viterbo) «la presenza degli
anarco-insurrezionalisti». Ma le divisioni politiche o di campanile
possono essere agevolmente superate in nomedel «credo utras» e di un
interesse unico (vedi derby Lazio- Roma del 21 marzo 2004 interrotto
su richiesta dei tifosi per un presunto, falso, incidente mortale)
che, spesso, si materializza nella lotta al calcio moderno, visto
come un sistema corrotto che ha sacrificato gli ideali, e i comuni
nemici delle forze dell’ordine. ULTRAS — Lo stadio, riflettono gli
esperti, a partire dagli anni ’70 è diventato «luogo di aggregazione
» per giovani che, in cerca di identità, si richiamavano al modello
dei violenti hooligans inglesi. Uno stile teorico presto abbandonato
permettendo ad esempio che le donne accedessero alla curva,
rinunciando alla violenza gratuita (ma non a quella contro Polizia e
avversari) e dotandosi di strutture verticistiche e codici
comportamentali.
Il «senso di appartenenza » diventa un dogma. Essere ultras è uno
«stile di vita ».
INFILTRAZIONI E AFFARI —
Sono di regola le infiltrazioni di soggetti che cercano di fare
proselitismo politico sugli spalti.
Ma a mimetizzarsi tra gli striscioni ci sono anche elementi della
criminalità, comune e organizzata, specialmente a destra. Tra i
supporter di destra albergano anche aderenti a Forza nuova e
skin-heads. Tra quelli di sinistra non mancano gli
anarco-insurrezionalisti.
In tanti criticano violentemente l’attività affaristica- lobbistica
interna. Accusati di questo sono gli Irriducibili della Lazio
«avversati dalla maggior parte dei sodalizi». «Negli ultimi anni
molte tifoserie hanno accresciuto» la tendenza affaristica» e, in
passato, sono state finanziate dalle società calcistiche.
CONTATTI—I gruppi
comunicano con internet, radio private e 95 pubblicazioni (fanzine).
Anche quelli storicamente nemici. Nel ’95, dopo l’omicidio a Genova
di un rossoblu, molti si sono uniti nel «Movimento ultras nazionale»
per opporsi alla violenza (pure teorizzata) e a ciò che, trattando
il tifoso come consumatore, gli nega un ruolo da protagonista:
industria calcistica, pay-tv e commercializzazione del calcio.
UN ESERCITO IN CAMPO —
Contro questo stato di cose a ogni partita vengono schierati
migliaia di uomini delle forze dell’ordine che, nella stagione
2003-2004, hanno arrestato 281 persone, ne hanno denunciate 1.105, a
733 delle quali è stato vietato di rimettere piede negli stadi.
Mentre a Milano va verso l’archiviazione una delle poche inchieste
sul tifo: quella del pm Fabio Roia sugli scontri nel derby Milan-
Inter di Champions league, interrotto il 12 aprile per un lancio di
oggetti.