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G L'INTERNAZIONALE DEGLI ULTRAS
L’INTERNAZIONALE DEGLI ULTRA'
Le polizie di tutta Europa sono in allarme e guardano con apprensione
all’Italia. Perché il nostro paese è il crocevia della guerriglia che si agita
attorno al calcio. Negli ultimi due anni, la tifoseria delle curve si è
organizzata e ha compiuto un salto di qualità. Tanto che oggi sono ben 88 i
gruppi della penisola che hanno stretto legami con quelli di tutto il Vecchio
Continente. 33 sono politici: di esterma destra e di estrema sinistra. Una vera
emergenza segnalata nel primo rapporto completo dell’Ucigos sul fenomeno. Ne
siamo entrati in possesso: ecco il quadro che ne esce
di PAOLA
CIPRIANI, MARCO MENSURATI e FABIO TONACCI
Lo stagno avvelenato di
CARLO BONINI
Cresce
la violenza negli stadi MAPPE: Fascisti
e comunisti
Proselitismo in curva - Lotta
dura, anche senza partite - Il
salto di qualità
ROMA –
L’internazionale ultras fa paura. Neri con i neri, rossi con i
rossi, tutti contro gli sbirri, seguendo vecchi patti non scritti.
Le polizie di tutta Europa sono in allarme e guardano verso
l’Italia con apprensione. Perché il crocevia di questo traffico di
guerriglia che si muove attorno al calcio è qui. A Roma, a Milano,
a Bergamo, a Catania, sugli spalti e nelle strade, negli autogrill
e nei parcheggi, nei centri urbani e nelle piccole periferie.
Persino nei cortei di protesta. È qui che da tutto il continente
convergono, all’occasione, come rispondendo a un richiamo preciso,
centianaia di professionisti dello scontro, armati di mazze e
tirapugni, carichi della ben nota retorica della curva, stavolta
venata di un tocco di internazionalismo. Accade dunque che il
gruppo “Grobarj” del Partizan Belgrado mandi i suoi picchiatori
alle trasferte del Milan, pronti a combattere con i “fratelli”
della “Curva Sud” contro gli juventini, o a devastare un’area di
servizio. Che al Bentegodi di Verona vengano issate bandiere
naziste, portate in omaggio dagli spagnoli “Ultras Sur” del Real
Madrid. E che al Dall'Ara a Bologna si affaccino invece quelli del
“Bochum”, di sinistra estrema come i “Freak Boys” rossoblù che li
ospitano. Ognuno schierato sotto la bandiera della propria
squadra, tutti pronti, lame in tasca, ad accendere la miccia del
disordine. La violenza da stadio è tornata a essere un’emergenza,
stando agli ultimi rapporti dell’Ucigos (Ufficio centrale per le
investigazioni generali e per le operazioni speciali). Anche, o
forse soprattutto, a causa degli stranieri infiltrati.
Ogni settimana le informative delle “Squadre tifoserie” delle Digos locali
raccontano pezzi di questo risiko: 6 ottobre 2012, in Modena-Cesena “tra quelli
della 'Curva Sud' modenese alcuni tifosi del sodalizio di sinistra 'Biris Norte'
del Siviglia”; 20 ottobre 2012, durante Sporting Gijon-Almerìa “identificati
supporter italiani del gruppo di estrema destra 'Sempre al Bar' del Monza”; 12
gennaio 2013, durante Nottingham Forest-Peterborough United “presenza di 12
ultras del Cesena tra gli ospiti”; 13 gennaio 2013, durante Bologna-Chievo
“venti supporter del Bochum nel settore occupato dal gruppo di sinistra 'Forever
Ultras'”; 2 febbraio 2013, Torino-Sampdoria, “identificati 43 tifosi delle 'Brigade
Sud Nice'”; 24 marzo 2013, Verona-Crotone, “presenza consistente di supporter
greco-ciprioti dell'Apoel Nicosia, nonché tifosi inglesi, tedeschi, austriaci”;
6 aprile 2013, Livorno-Ascoli, “venti sostenitori dell'Aek di Atene notati in
curva nord”; 7 aprile 2013, derby Roma-Lazio, “nove ungheresi, tra cui alcuni
aderenti al gruppo radicale 'Hatvannegy Varmegye Ifjusagi Mozgalom', mescolati
con i laziali”; 22 aprile 2013, rissa
tra juventini e milanisti in un
autogrill di Novara, “tra i rossoneri c'erano tifosi del Partizan Belgrado”.
Fascisti e comunisti
Quella tra i gruppi milanisti “Curva Sud” ed “Estremi rimedi e Vecchie Maniere”
e i nazionalisti serbi è un'allenza strutturata, che va ben oltre il
tradizionale gemellaggio. Il loro modello di solidarietà è condiviso da
moltissime altre tifoserie in giro per l’Italia. A fare da volano per le
“unioni” è, spesso, la comune inclinazione politica dei raggruppamenti.
A Roma, sponda laziale, il gruppo “In basso a destra” si è segnalato come
“particolarmente attivo” nella costruzione della propria rete internazionale,
con alleanze ritenute pericolose con gruppi di estrema destra del West Ham,
Werder Brema, Lipsia, Chelsea, Espanol e Real Madrid. A Torino i “Drughi”
juventini (protagonisti
di una polemica con la vedova Scirea) per
il nome della curva dello Stadium) sono legati al Legia Varsavia e, come detto,
al Den Haag. Dello stesso colore, il nero, il sodalizio tra la “Curva Sud” del
Verona e i tifosi di Paris Saint Germain, West Ham, Mill Wall di Budapest,
Chelsea. Non meno attiva l'“internazionale di sinistra”: la curva nord “Livorno
1915”, sulle ceneri delle ex “Brigate autonome livornesi” ha messo in piedi una
rete di soccorso rosso con gli ultras di Glasgow, Olympique Marsiglia, Herta
Berlino, Aek di Atene. A Terni i “Primidellastrada” hanno contatti con i
“fratelli” del Saint Pauli di Amburgo e dell’Innsbruck.
Il fenomeno riguarda anche realtà meno presitgiose sul piano calcistico, come
Catania dove gli “Irriducibili” sono collegati ai tifosi del Borussia Dortmund,
e spesso vanno in trasferta in Germania nelle gare di Coppa. O come Monza, dove
il gruppo “Sab, Sempre al Bar” va frequentemente alle partite a Gijon in Spagna.
Cresce la violenza negli stadi
La novità è uno degli argomenti più discussi in questi giorni negli uffici della
Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, a Roma, dove è operativa la
Sezione Tifoserie dell’Ucigos incaricata di sorvegliare e studiare le spesso
impercettibili dinamiche dei gruppi più pericolosi. “Il fenomeno è in crescita”,
spiega Francesco Iannielli, direttore del Servizio informazioni generali, “e sta
assumendo una dimensione preoccupante.
I dati che abbiamo dimostrano che gli episodi di violenza stanno aumentando,
anche a causa della presenza sempre più frequente di tifosi stranieri
estremisti”. Nel girone di andata di questo campionato, infatti, ci sono stati
già 102 arresti contro i 65 dello scorso anno. Lo stesso dicasi per le denunce:
782 da settembre a febbraio (tra cui 409 casi di violenza sulle persone), contro
le 687 dello stesso periodo del 2013. E i sequestri di bombe carta da 140 sono
diventati 213.
687 dello stesso periodo del 2013. E i sequestri di bombe carta da 140 sono
diventati 213.
Proselitismo in curva
Il censimento più aggiornato della Polizia conta 398 gruppi ultras, tra Serie A,
B e Lega Pro: di questi 74 sono politicizzati, cioè hanno i capi che aderiscono
o hanno legami con movimenti politici estremisti, da quelli più conosciuti come
Forza Nuova, CasaPound, gli Skinheads, i Carc comunisti, ai filoni minoritari e
locali. Quelli di estrema destra sono 45, il restante è di sinistra radicale. Un
totale di 8.000 tifosi coinvolti sui 41.000 del popolo degli ultras.
C’è anche chi, tra questi, usa le curve per fare proselitismo: distribuendo
fanzine di stampo politico, invitando chi sta guardando la partita a partecipare
a riunioni dei collettivi, diffondendo ideologie. Lo fanno ad esempio gli “Uber
Alles” di Frosinone, la “Curva Furlan” della Triestina, i “Cani sciolti” del
Lecco, la “Banda Thèvenot” di Lucca, tutti di matrice filo fascista. Così come,
sul versante sinistra, gli “Ingrifati” del Perugia, gli “Sconvolts84” del Pisa,
i “Rebel fans” del Cosenza e “Primidellastrada” della Ternana.
Lotta dura, anche senza partite
Ed è forse per questo che in pochi, nelle questure di tutta Italia si sono
stupiti nel registrare la presenza di numerosi ultras alle manifestazioni di
piazza, quelle politiche. Succede un po’ ovunque. Nelle grandi come nelle
piccole città. Ciò che ancora risulta misterioso, però, è il perché. Su questo
ci sono solamente ipotesi e ragionamenti deduttivi.
Quasi scontato quello sulla partecipazione degli ultras alle manifestazioni
contro il progetto del governo di soppressione delle province, tra l’aprile e il
novembre del 2012. A Chieti, ad Avellino, a Pisa, a Frosinone e a Crotone.
Motivi di campanile, evidentemente, più o meno gli stessi che animano le
espressioni più ingenue, e forse meno pericolose, ogni domenica. Meno, molto
meno comprensibile è la partecipazione ad altri movimenti di piazza, come quello
dei forconi, appoggiato in 15 città anche dagli ultras locali. A Torino, quelli
della Juve e del Toro si sono resi protagonisti degli scontri che
hanno portato a 39 denunce durante un corteo. Non si sa se sono stati chiamati
dai forconi o se hanno partecipato autonomamente.
“Sono come compagnie di ventura”, sintetizza Francesco Iannielli, “gli ultras,
quando decidono di agire in gruppo, portano la loro carica di violenza e
ribellismo. Sanno come ci si scontra con la polizia, hanno affinato le
tecniche”. Insomma, utili a tutti quelli che vogliono scatenare tafferugli. E
ora, ci sono anche gli ultras stranieri da affrontare.
Lo stagno avvelenato di CARLO BONINI
Gli stadi, le loro curve e quel fenomeno che per convenzione linguistica
definiamo “ultras” sono per esperienza un microcosmo tra i più fedeli ed esatti
nel testimoniare un tempo, un luogo, una cultura popolare che si è fatta
maggioritaria. E il rapporto di cui Repubblica dà
conto in questa inchiesta ne è una conferma. L’Internazionale del tifo
organizzato e violento ha un colore sempre più nero. La sua dimensione si è
liberata di uno specifico domestico. Lo “spettacolo” si è fatto globale negli
interpreti che danno calci ad un pallone e “globale” è diventata la dimensione
dei mazzieri che, insieme, lo tengono in ostaggio e lo utilizzano come
palcoscenico.
Gli 88 gruppi e i loro legami censiti dalla Polizia di prevenzione definiscono
uno stagno velenoso che appare impossibile da prosciugare, quasi fosse un dazio
necessario da pagare al rito collettivo più amato al mondo. Né più e né meno che
una iattura confinata a problema di ordine pubblico e su cui esercitare
periodicamente una revisione degli strumenti di legge nel Paese con più leggi al
mondo (Daspo, tessere del tifoso, discriminazione territoriale). La verità,
quella che si fa fatica a pronunciare e dunque regolarmente si elide nel
discorso pubblico, è che lo stadio e dunque l’appendice violenta del suo
spettacolo è da sempre, e continua ad essere, il luogo dell’irresponsabilità e
del consenso facile.
La Politica e con lei la Lega Calcio (la Confindustria del pallone) e la
giustizia sportiva sono oggi lo specchio di una fragilità arcaica incapace di
misurarsi con la modernità e complessità del business. Di fronte alla
constatazione elementare che nessuna attività di impresa tollererebbe di essere
ostaggio di qualche migliaio di individui, dei loro burattinai (per altro per lo
più noti da anni agli archivi di polizia), si obietta che nessuna altra attività
di impresa è mossa da passione irrazionale come il calcio. Un riflesso
pavloviano utile a non assumere di fatto nessun rischio nell’aggredire la
questione, a ridurla a faccenda di “poche mele marce” (e dunque residuale), fino
al punto di sostenere che l’unico rimedio ragionevole sia non parlarne. Secondo
il principio che esiste solo ciò che si vuol vedere.
Il punto è che l’Internazionale del tifo ultras ha compreso e conosce
perfettamente la fragilità del Sistema. E’ consapevole della propria forza di
ricatto. Cinquanta, cento mazzieri possono in ogni momento sfigurare uno
spettacolo in diretta e porre le condizioni perché lo stadio si svuoti nei suoi
settori per qualche settimana. E non per disaffezione, ma per le sanzioni della
giustizia sportiva. Un tempo, l’ultras estorceva biglietti gratis per le
trasferte o il monopolio di fatto sul merchandising. Oggi, più semplicemente,
chiede la propria impunità, per avere la sua parte nello spettacolo in diretta.
Una parte fatta non necessariamente di coreografie. Ma di minacce, parole
d’ordine che diventino senso comune, cultura politica.
Con un’ulteriore garanzia. Che se le cose si dovessero mettere male, politica e
opinione pubblica verranno eventualmente in soccorso (è successo con la
trasferta dei tifosi della Lazio a Varsavia, diventata questione diplomatica
capace di occupare per settimane l’agenda del nostro governo). Né la modernità
degli impianti (pure necessaria e in qualche modo non rinviabile) può diventare
la soluzione. Prova ne sia quanto accaduto allo “Juventus stadium” dopo i cori
antisemiti durante la recente partita con la Fiorentina. La vedova di Gaetano
Scirea cui è intitolata la curva da cui si era levata quella vergogna aveva con
coraggio sfidato quell’oltraggio chiedendo di togliere il nome del marito da
quel settore dello stadio. La risposta dei “Drughi”,
il più importante gruppo ultras della Juventus, è stata lapidaria e sprezzante:
«Mariella Cavanna (il cognome da nubile della signora), la Juventus siamo noi».
Già, di chi è la Juventus? E come lei, di chi sono le altre 19 squadre di serie
A?
0'; 5'.