Quei 10 padroni delle curve d'Italia tra camorra, affari e
politica
Da Napoli a Torino, da Roma a Milano e poi Catania, Brescia,
Verona. Ogni curva il suo capo. Ogni capo il suo territorio.
Ogni territorio le sue regole scritte a suon di botte e minacce.
Un uomo solo (o quasi) al comando. Uno che decide, fa e disfa
per tutti. Nelle curve metropolitane "tutti" vuol dire anche 10
o 15mila persone. Che ti obbediscono e ti seguono. Pure
all'inferno, se occorre.
'A CAROGNA E IL CLAN
Gennaro De Tommaso non è un tifoso come gli altri. Non solo per
quel nomignolo "a carogna" che da solo vale più di qualsiasi
biografia. Ma per la sua famiglia, la cui storia di criminalità
di strada si intreccia con due clan di camorra: i Misso del
Rione Sanità e i Giugliano di Forcella. C'è lo zio, Giuseppe de
Tommaso, detto "l'assassino". E c'è il padre di Gennaro, Ciro,
detto "Ciccione a Carogna", condannato per associazione
camorristica e per fatti di droga, per i quali si è beccato in
primo grado 24 anni. "È stabile fornitore di stupefacenti dei
Giugliano", si legge nella sentenza. Genny cresce in quell'ambiente
lì. Ha un bar nel cuore di Forcella ed ha scalato i Mastiffs,
diventandone il capo. Per chi non conosce i mastini del Napoli,
basti sapere che sono considerati i tifosi più violenti, teste
calde, dalla coltellata facile.
IL PIANO DEL GOVERNO Un
'ergastolo' fuori dagli stadi
Si fa conoscere subito, Genny. Si guadagna "sul campo" due Daspo,
uno nel 2001, un altro nel 2011, poi revocato. Nel suo passato
accuse di rapina e spaccio, ma sulla fedina nessun precedente
che lo leghi direttamente alla camorra. "È lui il capo di tutta
la curva del Napoli", indicò nel 2008 il pentito Emilio Zapata
Misso, disegnando ai magistrati la geografia ultrà del San
Paolo, con i nomi degli infiltrati mafiosi in curva.
L'ASSE MILANO-TORINO
Milan, Inter e Juventus rivali giurate? Sul campo, forse. In
curva, un tempo. Poi sono arrivati i nuovi capibastone e con
loro l'amore per gli affari, lo spaccio di coca, il business
delle trasferte e del merchandising, la politica "nera". Si
chiamano Giancarlo Lombardi detto "Sandokan", Loris Grancini, e
Franco Caravita, per tutti "Franchino". Dietro di loro pesa da
tempo l'ombra della criminalità organizzata. Grancini è a capo
dei Viking della Juventus. Campione di poker, è considerato uomo
vicino a Cosa nostra e alla cosca calabrese dei Rappocciolo. Gli
investigatori della Squadra Mobile milanese lo ritengono
"abilissimo a far perdere le proprie tracce soprattutto per il
suo inserimento in circuiti criminali di elevato spessore".
Grancini e i suoi Viking hanno sede a Milano, dove, nel 2011,
sostiene la candidatura in consiglio comunale del pidiellino
Marco Clemente.
Sandokan gira in Ferrari e va poco in curva sud a San Siro. Però
la controlla. Il secondo anello milanista è roba sua. Nel 2007
finisce dentro dopo l'agguato a colpi di arma da fuoco ai danni
di un ultrà del gruppo Commandos Tigre capeggiato da Ricky
Cardona: è l'atto più eclatante di una violenta faida interna
alla curva sud. Oggi sono tutti lì e comandano più di prima.
Pestaggi. Lotte per il potere. Quella che ha visto protagonisti
in questi anni, sponda Inter, il "teppista" Nino Ciccarelli,
fondatore dei Viking neroazzurri, e "Franchino" Caravita,
storico capo dei Boys. Una scia di precedenti Ciccarelli e
Caravita. Violenze. Agguati. Sprangate.
LA PIAZZA DI ROMA
Come "'a carogna", anche Daniele "Gastone" De Santis, il
romanista arrestato sabato, gestisce un bar al circolo sportivo
Boreale, ritrovo dei fascisti di tutta la città. Ma non è più
lui a comandare dentro l'Olimpico. Al centro della Sud, dagli
anni Settanta, nessuno smuove i Fedayn, capeggiati da Fabio
Catalano. Alle sue spalle, ogni domenica, una fauna di
pregiudicati. C'è poi Nicola Follo, leader dei Padroni di Casa.
È un gruppo più piccolo, un centinaio di ragazzi o poco più,
tutti estremisti di destra di CasaPound. I neri hanno il
controllo dello stadio, ormai. Sulla sponda laziale, settore
Irriducibili, il gerarca è ancora Fabrizio "Diabolik" Piscitelli:
47 anni, in prigione per traffico di stupefacenti tra l'Italia e
la Spagna.
Per trovare i rossi bisogna salire a Livorno, terra delle ex
Brigate autonome livornesi, oppure nella piccola Teramo. Qui si
scopre la storia di Davide Rosci, 31 anni, comunista, guida del
"Teramo Zezza", ribattezzata la curva più a sinistra d'Italia. È
stato condannato a 6 anni di carcere per l'assalto al blindato
dei carabinieri del 2011, durante una manifestazione degli
Indignati.
DA VERONA A CATANIA
"Il salto di qualità, che è anche un salto nel buio, alcune
curve lo hanno fatto quando si sono consegnate alla criminalità
organizzata", spiega Maurizio Marinelli, direttore del Centro
studi sicurezza pubblica della Polizia. Mafia e pallone, dunque.
C'erano i boss di Brancaccio dietro l'esposizione dello
striscione "Uniti contro il 41 bis" durante Palermo-Ascoli nel
2002. Ora in Sicilia il tifo più pericoloso è quello di Catania.
La curva è in mano a Michele Spampinato. È lui che, a 31 anni,
subisce una "puncicata" durante una trasferta a Roma il 21
gennaio del 2008. Ed è lui, a marzo di quest'anno, a firmare una
lettera contro il presidente del Catania Pulvirenti, a nome di
tutti i tifosi rossoblù. È daspato, ma lo stesso un capopopolo.
C'è anche chi dalla curva è scappato e oggi fa il latitante in
Costa Rica. Come Andrea Fantacci, ras storico delle disciolte
Brigate Gialloblù dell'Hellas Verona. Oggi la curva veronese si
autogestisce, tifo spontaneo "all'inglese": basta gruppi e basta
capi. Troppo riconoscibili. Troppe grane con la giustizia,
quando i magistrati mettono sotto torchio le tifoserie
turbolente. È il caso di Bergamo e Brescia. La curva nord
atalantina, guidata dal "Bocia" Claudio Galimberti, è stata
messa alla sbarra dal pm Carmen Pugliese per anni di violenze,
in particolare per l'assalto a colpi di molotov all'ex ministro
Maroni reo di aver introdotto l'odiata tessera del tifoso. I
cugini bresciani, tra daspo e divisioni interne, non se la
passano meglio. "Ma di farci schedare dallo Stato - ripete Diego
Piccinelli del gruppo Brescia 1911 - non ci pensiamo nemmeno".
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