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DAL RITIRO DI ATTILA DALL'ITALIA (452), AL DISFACIMENTO DELL'IMPERO DELLE STEPPE, BATTAGLIA DEL FIUME NEDAVO, DICEMBRE 454

Quali che fossero le sue ragioni, Attila lasciò l'Italia e ritornò al suo palazzo attraverso il Danubio. Da lì pianificò di attaccare nuovamente Costantinopoli e reclamare il tributo che Marciano aveva tagliato. Comunque, morì nei primi mesi del 453; la tradizione, secondo Prisco, dice che la notte dopo un banchetto che celebrava il suo ultimo matrimonio (con un'ungherese di nome Krimhilda, poi abbreviato con Ildiko), egli ebbe una copiosa epistassi e morì soffocato. Una teoria alternativa prova a spiegare la tradizione dell'"epistassi" con una ipotesi di morte più credibile, probabilmente provocata da emorragia interna, più precisamente di natura digestiva.[22]

I suoi guerrieri, dopo aver scoperto la sua morte, si tagliarono i capelli e si sfregiarono con le loro spade in segno di lutto così che, dice Giordane, "il più grande di tutti i guerrieri dovette essere pianto senza lamenti femminili e senza lacrime, ma con il sangue degli uomini". Fu seppellito in un triplo sarcofago d'oro, argento e ferro con il bottino delle sue conquiste e il corteo funebre fu ucciso per mantenere segreto il suo luogo di sepoltura. Secondo le leggende ungheresi il sarcofago si trova tra il Danubio e il Tibisco, in Ungheria. Dopo la sua morte, continuò a vivere come figura leggendaria: i personaggi di Etzel nella Saga Nibelunga e di Atli nella Saga Volsunga e nell'Edda poetica sono (seppur in maniera vaga e decisamente alterata) basati sulla sua vita.

Una storia alternativa della sua morte, registrata per la prima volta ottant'anni dopo il fatto dal cronista romano il Conte Marcellino, riporta: Attila rex Hunnorum Europae orbator provinciae noctu mulieris manu cultroque confoditur ("Attila, Re degli Unni e devastazione delle province d'Europa, fu trafitto a morte dalla mano e dalla lama di sua moglie").[23] La saga Volsunga e l'Edda Poetica raccontano che Re Atli morì per mano di sua moglie Gudrun.[24] La maggioranza degli studiosi rifiuta comunque queste versioni come racconti leggendari, preferendo invece la versione data da Prisco di Panion, contemporaneo di Attila.

I suoi figli Ellak (il successore designato), Dengizico ed Ernak combatterono per la successione e, divisi, furono sconfitti e dispersi l'anno seguente nella Battaglia di Nedao (in Pannonia). L'impero di Attila non sopravvisse al suo fondatore.

 

Con le invasioni barbariche le strutture idrauliche caddero in disuso e gran parte dei territori tra Milano e Pavia si ricoprirono di boschi, acque stagnanti e terre incolte. Nella prima metà del XII secolo era già cominciata la paziente opera di bonifica da parte dei monaci cistercensi[11] che riattivarono l'irrigazione, recuperando le strutture romane come la Vettabbia, e successivamente rettificarono il Ticinello, il fossato di frontiera che i milanesi avevano derivato dal Ticino per difendersi da Pavia. Qualche decennio più tardi, si affiancarono i Benedettini[12] e gli Umiliati, un movimento religioso con aderenti chierici e laici, seguitissimo a Milano, che diffuse rigidi costumi e un'indefessa vita di lavoro e comunità che univano al recupero delle terre la trasformazione dei prodotti.

Il mistero del sepolcro di Attila

Della tomba di Attila si persero le tracce già in epoca del tardo impero romano. D'altronde è verosimile il racconto di Prisco (ripreso secoli dopo da Giordane e da Paolo Diacono) secondo cui il grande condottiero e sovrano unno fosse stato sepolto in una tripla bara, l'interna d'oro massiccio, d'argento massiccio l'intermedia e di ferro l'esterna a simboleggiare che le ricchezze furono da lui conquistate con la guerra, in una notte di novilunio in una radura (od in una brughiera) immersa nella bruma non in un tumulo, come consuetudine di quel popolo barbaro, ma in una semplice fossa, di cui non sarebbe rimasta traccia visibile già una settimana dopo, anche a causa della tradizione dei nomadi uralo - altaici di calpestare più volte il terreno di sepoltura con la cavalleria allo scopo di compattare il terreno e di favorirne la ricrescita del manto erboso. Verosimile è pure il fatto che la fossa fosse stata scavata dagli schiavi, così come la deposizione del cadavere e del corredo funebre di favoloso valore sarebbe stata opera loro e che le quattro guardie, incaricate di sorvegliare il buon esito del funerale, avrebbero al termine eliminato questi scomodi testimoni e sarebbero esse stesse state epurate al loro rientro alla reggia, appunto perché fosse mantenuto il segreto totale circa l'ubicazione della sepoltura. Prisco - al proposito - scrive che "... Un silenzio di morte avvolse allo stesso tempo la salma deposta e coloro che la deposero...". Il sepolcro sarebbe prossimo ad un importante corso d'acqua, come nella tradizione religiosa unna. Secondo Silvia Blason Scarel[26] alcuni fiumi potrebbero essere quelli indicati da Prisco ove riposa tuttora il corpo di Attila. Meno probabile di tutte le localizzazioni è quella che vede l'alto Isonzo presso Tolmino, nell'attuale Slovenia Occidentale. Più probabili risultano essere il medio Tibisco, in Ungheria, perché non lontano Attila aveva eretto la sua capitale, e la confluenza tra i fiumi Murra e Drava, nella Croazia orientale, che, seppur lontano dalla reggia di Attila e prossima al confine dell'Impero Romano d'Occidente, potrebbe appunto esser stata scelta per la sua lontananza. Il folklore[27] sloveno s'è impadronito - col trascorrere dei secoli - della leggenda della tomba di Attila, tanto che si narra che, ogni notte, lo spettro del re Unno - nel cuore della notte - con le sembianze da demonio - arriva e sosta nei pressi del suo sepolcro e si mette a disseppellire le monete del suo tesoro ed a contarle per accertarsi che la sua tomba non sia stata violata e che il tesoro sia rimasto integro. Nell'estate del 1959 gli archeologi ungheresi scoprirono una ricca sepoltura unna presso il Tibisco ed i giornali di mezzo mondo riportarono la scoperta della tomba di Attila. L'esame al radiocarbonio, però, escludeva la veridicità di quanto affermato a mezzo stampa, essendo la tomba in questione, databile intorno al 415 d. C. cioè quasi quaranta anni precedente alla data della morte del "Flagello di Dio".

 

DAGLI UNNI ALLA GUERRA GRECO-GOTICA:DAL SECONDO SACCO DI ROMA AD OPERA DI GENSERICO,2 GIUGNO 455,ALL'ASSEDIO DI ROMA, 537-538 A.....

 

 

Ai primi del 453 d.C. improvvisamente moriva Attila. Una morte inaspettata che sanciva l'inizio del veloce disfacimento del gigantesco Impero delle Steppe. Per gli imperi romani si trattava di essersi liberato di un nemico estremamente forte e deciso, per la miriade di popoli finiti sotto lo zoccolo degli unni, era il momento di rendersi liberi. Ostrogoti,Turcilingi,Sciri,Eruli,Rugi,Ermunduri,Franchi,Svevi,Sassoni,Alamanni,Gepidi,Alani(di stirpe iranica),Sarmati si unirono in massa per liberarsi del giogo unno e mossero battaglia. Tutti questi popoli sostanzialmente avevano costituito la fanteria pesante di Attila in tutte le sue campagne e quindi conoscevano le tattiche di guerra unne incentrate soprattutto sulla cavalleria. Nel dicembre del 454 sulle rive del fiume NEDAVO,affluente della DRAVA,si schierarono i due eserciti:da una parte la composita e massiccia fanteria germanica e dall'altra l'omogenea cavalleria unna. Tuttavia quest'ultimi contavano su un armamento leggero rispetto ai Germani ed altresì dovevano agire su un terreno fortemente appesantito ed acquitrinoso,sfavorevole agli assalti fulminei dei cavalieri unni. Così la massiccia linea germana,pur se in inferiorità numerica resse l'urto permettendo alla cavalleria alana e sarmata di chiudere alle spalle gli unni che furono MASSACRATI QUASI TOTALMENTE. Nella battaglia perdeva la vita il figlio di Attila ELLAC,pretendente al trono. La notizia della rovinosa sconfitta unna si sparse ai quattro lati veloce come il vento dando il via alla nascita di regni barbarici autonomi ed intipendenti la dove sorgeva il gigantesco impero delle Steppe. A DEBRECENI i Gepidi sterminarono l'ultimo forte unno dando vita al loro importante regno, mentre alcuni unni si stanziarono in Pannonia ed uno di questi, EDICONE,darà i natali ad ODOACRE. Si disfaceva l'Impero delle Steppe ma contemporaneamente si dissolveva anche l'Impero Romano d'Occidente.