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  INTERNOTIZIE

 

As Roma, Unicredit si è liberata di un altro pezzo della costosa eredità di Geronzi

Non è stato un affare fin dall’inizio. Anziché far fallire il gruppo, la banca ha convertito in azioni i crediti ereditati da Capitalia, generosa finanziatrice del costruttore Sensi e della "sua" Roma. Sicuramente lo sforzo è stato apprezzato dai tifosi giallorossi. Meno, forse, da quelle aziende che hanno subìto la stretta su prestiti

Con l’operazione da 33 milioni di euro che ha visto James Pallotta rilevare il controllo totale della Roma, Unicredit abbandona il campo di calcio. E una delle ultime, costose, eredità di Cesare GeronziChissà che direbbe oggi Franco Sensi, uscito di scena a 82 anni nell’estate del 2008 quando il suo gruppo era già praticamente in mano alle banche. Eppure era un impero, il suo, che spaziava dal petrolio all’agro-alimentare, dagli immobili e i terreni edificabili sparsi un po’ ovunque intorno alla capitale, all’editoria con il Corriere Adriatico fino al grande amore giallorosso: “Ho così tanti soldi che potrei fare una guerra”, poteva permettersi di dire negli anni Novanta il patron della Italpetroli e della Roma su cui aveva investito quasi mille miliardi di vecchie lire. Dal padre Silvio, che costruisce campo Testaccio, prende la passione per la Magica. La coltiva prima come vicepresidente e poi la salva nel dopo Ciarrapico. Verrà sempre ricordato come il presidente del terzo scudetto, quello della stagione 2000-2001. E’ il punto più alto e da lì comincia la discesa.

Una società che spende circa 100 milioni a stagione solo per gli stipendi, alla fine del 2003 si ritrova con circa 665 milioni di debiti accumulati, e quindi costretta a ristrutturare aprendo la porta a Capitalia (poi assorbita nell’Unicredit dell’interista Alessandro Profumo) come partner al 49 per cento. Troppo è costata quella squadra che per tre volte (nel 2004, 2008 e 2009) viene quasi venduta, ai russi della Nafta Mosca, ai dollari di George Soros e agli svizzeri capitanati da Vincenzo Fioranelli. Trattative mai concluse. Poi la figlia Rosella presenta un bilancio 2008 con un utile corrente di 19 milioni, ma non riesce a versare la prima rata da 130 milioni del piano di rientro imposto dall’Unicredit. Nella primavera 2010 il club rischia di naufragare sotto il peso degli oltre 350 milioni di debiti accumulati dalla famiglia Sensi, di cui 325 con Unicredit. E per salvarsi, con la mediazione della banca milanese, il 18 agosto del 2011 firma la cessione alla cordata Usa messa insieme dall’imprenditore di Boston (ma con genitori nati in provincia di Salerno) Thomas Di Benedetto. Non senza traversie e colpi di scena, come lo slittamento di una settimana della concessione dell’esclusiva perché mancavano le garanzie bancarie.

Gli americani investono 60 milioni di euro e costituiscono una nuova società, la Neep Roma Holding, partecipata anche da Unicredit la quale a sua volta versa 26 milioni. Non solo. Nel bilancio 2011 la partecipazione nella As Roma avrà un impatto netto negativo di 12 milioni. Il 6 agosto di due anni dopo l’istituto cede altre quote alla Raptor, una società di diritto del Delaware riconducibile a James Pallotta, diventato nel frattempo presidente del club giallorosso e guida della cordata americana dopo il passo indietro di Di Benedetto per ragioni economiche. Fra disavventure calcistiche e crisi finanziarie che hanno messo a dura prova i conti delle banche imponendo forti pulizie di bilancio, l’avventura di Unicredit nel mondo del pallone ha dovuto fare anche i conti anche con qualche curiosa figura che in passato si è avvicinata alla società giallorossa. Una di queste è stata multata nei giorni scorsi dalla Consob, che ha seguito con attenzione le fasi del passaggio della quota Unicredit: si tratta del sedicente sceicco Adnan Adel Aref Al Qaddumi, cui è stata comminata una sanzione di 50mila euro. Il suo nome emerse nel febbraio 2013 quando fu stipulato un accordo preliminare tra As Roma Spv e appunto Al Qaddumi, che avrebbe dovuto investire una cinquantina di milioni. I fantomatici finanziamenti per l’acquisto della quota della Roma, spiega la Commissione nel suo provvedimento, sarebbero dovuti venire da “fondi della tribù Al Shtewi, cui Al Qaddumi dichiarava di appartenere”.

Oggi l’impero Sensi non c’è più, svanito in tre lustri. La Roma sta portando a termine un aumento di capitale da 100 milioni. Ma ha finalmente messo fine a una situazione anomala dove a decidere chi scendeva o meno in campo era anche una banca. Unicredit è uscita perché la partecipazione “non è strategica”, aveva detto di recente Paolo Fiorentino, vicedirettore generale della banca, presidente di Neep e membro del consiglio della Roma, nonché regista del salvataggio della Magica. Di certo il business del pallone non è molto redditizio, soprattutto se non si possiede uno stadio di proprietà. Sul fronte dei conti, nei primi nove mesi dell’esercizio 2013-2014 la Roma resta in rosso per 16,7 milioni, rispetto comunque alla perdita di 36,4 milioni registrata al 31 marzo 2013. Vanno inoltre considerate però le cifre apparse al prospetto informativo per gli azionisti sull’aumento di capitale che parlano chiaro: il saldo fra il totale degli acquisti meno le cessioni è in negativo di 25 milioni e 415mila euro, gran parte dei quali (22 milioni più 2,5 di eventuali bonus) da addebitare l’arrivo in giallorosso di Manuel Iturbe acquistato lo scorso 16 luglio dalla Hellas Verona.

Non è più un problema dell’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni, si dirà. La missione è terminata e di certo non è stato un affare fin dall’inizio. Anziché far fallire il gruppo come pure era plausibile, la banca ha convertito i crediti ereditati dalla Capitalia di Cesare Geronzi, generosa finanziatrice del costruttore e della “sua” Roma in quote sociali. Il salvataggio nel 2011 è costato a UniCredit 54 milioni nel giro di poche settimane. Insieme alla squadra ceduta alla cordata Usa, la famiglia Sensi ha infatti girato alla banca milanese anche il 51% della holding Italpetroli al prezzo di 30 milioni. L’accordo è stato siglato ad agosto e UniCredit ha iscritto all’attivo di bilancio 54 milioni supplementari a titolo di avviamento sulla partecipazione. In sostanza la banca riteneva che le prospettive di sviluppo del business ceduto dai Sensi giustificassero una valutazione più alta del prezzo pagato. Ma poi, dopo poche settimane, è arrivato il dietrofront: con la svalutazione integrale dell’avviamento al 30 settembre 2011. Ergo: il valore dell’avviamento è stato pari a zero. Negli anni si sono sommate le svalutazioni delle quote di Neep che poi sono state messe nell’ultimo bilancio del 2013 con un valore di 22,8 milioni. E anche nel 2012 l’istituto ha sborsato 12 milioni per sostenere la ricapitalizzazione della Roma. Sicuramente lo sforzo è stato assai apprezzato dai tifosi giallorossi che grazie anche a Unicredit hanno scongiurato il fallimento della loro squadra del cuore. Meno, forse, da quelle aziende che negli ultimi anni subivano la stretta su prestiti e finanziamenti, mentre Totti e compagni continuavano a incassare cachet stellari.

 

 

 

 

IL PASTROLICUM, DA NOI RIBATTEZZATO, E' IL NUOVISSIMO ACCORDO ELETTORALE REALIZZATO NELLE SEGRETE STANZE DELLE SEDI ROMANI DEL PD TRA UN PREGIUDICATO ED UN CONDANNATO IN PRIMO GRADO, OVVERO TRA UN DELINQUENTE ACCLARATO ED UNO IN FORSE, IL TUTTO IN SPREGIO DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE CHE HA DECRETATO COME ILLEGITTIMO UN PREMIO ELETTORALE SPROPORZIONATO ALLA QUOTA DI VOTI RAGGIUNTA DALLE COALIZIONI. BENE, I DUE LOSCHI FIGURI, FOTTENDOSENE DEI DETTAMI DELLA LEGGE, HANNO VARATO, PER CAZZACCI LORO, UN ACCORDO ELETTORALE CHE PREVEDE NATURALMENTE UN ULTERIORE PREMIO DI MAGGIORANZA A FRONTE DEL RAGGIUNGIMENTO DI UNA DETERMINATA QUOTA PERCENTUALE, PENA, IL PASSAGGIO AD UN SECONDO TURNO ELETTORALE TRA I PRIMI DUE CON TOTALE ESCLUSIONE DI TUTTI GLI ALTRI. IN UN PAESE CHE VEDE ORMAI LA PERCENTUALE DI ASTENUTI ATTESTARSI AL 50%, CON UNA MORIA ELETTORALE SENZA PRECEDENTI NELLA STORIA REPUBBLICANA, IL RISCHIO CONCRETO E FATTUALE E DI VENIRE GOVERNATI DA UNA ESPRESSIONE ELETTORALE NON SOLO MINORITARIA MA NEANCHE LONTANAMENTE RAPPRESENTATIVA DELLA POPOLAZIONE. VISTO L'ACCORDO ECCO CHE I TOPI DI FOGNA TORNANO ALLA RIBALTA, IL PRIMO è PIERCASINANDO:

Casini, ecco l'ultimo voltafaccia per fare 
vincere Berlusconi con la legge di Renzi

Diceva che il Cavaliere vuole "alleati servili" e che pensa "solo ai suoi affari". Dopo il flop delle urne
l'ex Dc ci ripensa. Un passo in più verso il 37% che porterebbe Forza Italia alla vittoria al primo turno
Renzi: "Non ne ho bisogno, il centrodestra si batte con le idee". Sondaggio Ipsos: Fi più Udc al 37,9%Pier si alza sulle punte, compie qualche passetto verso destra e si prepara all’esercizio preferito: la piroetta. Il Pd ha voluto l’innalzamento della soglia per il premio di maggioranza al 37% e il Cavaliere sta facendo la collezione di alleati per battere sul filo Matteo Renzi. L'ultimo sondaggio Ipsos lo conferma: Forza Italia e Udc insieme porterebbero il centrodestra al 37,9 % dei consensi (leggi) con il risultato di vincere al primo turno.

 

LA CORSA AL 37% ED ALLE NUOVE ULTERIORI ELEZIONI

Dalla drammatica uscita di scena dell'alleato mamelucco e dall'uscita di scena a calci dalla Presidenza del Consiglio passano 2 anni e mezzo, una condanna al carcere definitiva,una elezione politica impaludata sfruttando una legge elettorale incostituzionale e la propensione alla delinquenza di una intera nazione che gli permettono nuovamente di galleggiare così come la merda galleggia sul pelo dell'acqua. Con un figlioccio alla segreteria dei suoi alleati ventennali, il PD, si ritrova a firmare una nuova legge elettorale sotto banco. Fatta quest'ennesima merdata, lo scopo dell'ultimo dittatorello di Libialia è quello di rastrellare quanta più fogna possibile per arrivare alla soglia del 37%, percentuale utile per riprendersi tutto il mazzo ed evitare il secondo turno. Ora ha fretta anche perchè sono sorte altre due pendenze: un processo per corruzione di testimoni ed uno per corruzione di senatore.

"Il diritto all'oblio va contro la storia". Vallanzasca tra Google e Wikipedia

La richiesta: il mio nome non sia legato alle pagine sul bandito E Mountain View la accontenta. L'enciclopedia: immorale

IL DIRITTO all'oblio contro il diritto all'informazione. A sollevare l'ultima polemica nella diatriba tra chi desidera vedere cancellato il proprio nome dai motori di ricerca e chi, invece, ricostruisce sul web la biografia di personaggi della storia e della cronaca, sono stati quelli di Wikipedia. Sul sito della Wikimedia Foundation, che gestisce l'enciclopedia online, sono state pubblicate le notifiche con cui Google ha fatto sapere di avere oscurato alcuni link a Wikipedia su determinate ricerche.

Senza svelare il nome dei richiedenti, il colosso di Mountain View ha spiegato come per rispetto alla sentenza della Corte di giustizia europea che garantisce il diritto all'oblio (a seguito della quale Google ha ricevuto oltre 90mila domande di rimozione), almeno cinquanta pagine dell'enciclopedia hanno già subito questo trattamento. Quarantasei appartengono alla Wikipedia olandese: tra queste compare più volte il nome del giocatore di scacchi Guido den Broeder, una riguarda la voce in inglese su Gerry Hutch, irlandese incarcerato negli anni 80, mentre una pagina rimanda a una fotografia del musicista Tom Carstairs che suona la chitarra. Due segnalazioni riguardano anche pagine italiane: quella del gangster milanese Renato Vallanzasca e quella della sua banda, la banda della Comasina.

Come spiegato nelle notifiche, la decisione di Google non ha comportato la scomparsa di queste pagine dal motore di ricerca: i cinquanta link sono "oscurati" solo quando l'utente inserisce il nome della persona che ha chiesto la rimozione. Le voci wikipediane, infatti, rimangono vive e vegete oltre ad essere ancora raggiungibili tramite il motore di ricerca, ad esempio utilizzando altre parole chiave che non contengano il nome di chi non vuole più essere associato alla storia, nella fattispecie, del bandito. Nel caso italiano, a inviare la richiesta non è stato Vallanzasca (così hanno spiegato i suoi avvocati, e in effetti digitando il nome del gangster il primo risultato è proprio quello di Wikipedia), ma più probabilmente qualcuno che non vuole essere associato alle vicende di quegli anni. Sul nome, però, da Google mantengono il più stretto riserbo, anche perché altrimenti sarebbe violato il diritti alla privacy dell'individuo secondo la decisione della Corte.

Dalla Wikimedia Foundation lanciano un allarme per la difesa della libertà della rete. "I risultati di ricerca accurati stanno scomparendo dall'Europa  -  ha dichiarato Lila Tretikov, informatica di origini russe e direttore esecutivo della fondazione  -  senza nessuna spiegazione pubblica, nessuna prova reale, nessun controllo giurisdizionale e nessun processo d'appello. Il risultato è un luogo in cui le informazioni scomode semplicemente scompaiono". Parole a cui ha fatto eco Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, durante la conferenza annuale Wikimania che si è svolta a Londra: "La storia è un diritto umano. Io sto sotto i riflettori da un bel po' di tempo, alcune persone dicono di me cose belle e altre cose brutte. Ma questa è storia e non userei
mai un procedimento legale come questo per cercare di nascondere la verità. Credo che ciò sia profondamente immorale".
Anche Google aveva mostrato tutta la sua contrarietà alla decisione della Corte europea per bocca di David Drummond, chief legal officer dell'azienda californiana: "Non siamo d'accordo con la sentenza, è un po' come dire che un libro può stare in una biblioteca, ma non può essere incluso nel suo catalogo. Ovviamente, però, rispettiamo l'autorità della Corte e facciamo del nostro meglio per attenerci alle sue decisioni".

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