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I suoi ragionamenti presuppongono, infatti, che le carte
conservate in un deposito lontano qualche chilometro dalla
Sala di studio di un istituto archivistico non siano
consultabili. Egli immagina, così, che la consultazione
degli archivi si svolga come in una piccola biblioteca di
pubblica lettura: "a scaffale aperto", con i lettori che
accedono direttamente alle collezioni librarie poste sugli
scaffali, si scelgono il volume e se lo portano al tavolo,
come si fa in un supermarket self service.
Non è così: negli archivi agli studiosi non si consente
mai di accedere direttamente al materiale archivistico e
di "servirsi" da soli, per tutti quei motivi che anche un
sostenitore della libertà d'informazione riuscirebbe a
comprendere. E dal momento che nessuno ha mai pensato di
aprire una sede a Pomezia, ma di istituire una navetta
giornaliera che porta da Pomezia nella Sala di studio
dell'Eur i pezzi richiesti, che importa ad Andrea Fama se
sul tavolo degli studiosi i faldoni ci arrivano con un
servizio di navetta da un deposito esterno, o dopo essere
stati presi e portati con carrelli spinti a mano, facendo
un percorso che, se riguarda quell'edificio laterale di
cui si parla, è certamente lungo, complicato e disagevole?
Andrea Fama si preoccupa poi di che fine faranno i nuovi
versamenti, in particolare quelli che verranno fatti a
seguito della Direttiva Renzi. Egli non sa (forse non può
saperlo, ma le sue fonti "interne degli Archivi" avrebbero
potuto spiegarglielo) che quando un istituto archivistico
acquisisce nuovi fondi può effettuare, al proprio interno,
gli spostamenti più opportuni della documentazione. Può
insomma portare in un deposito secondario (se c'è) le
carte che si consultano di meno e lasciare nella sede
principale quelle "più frequentate": cose abbastanza
banali ed elementari, ma ad alcuni anche le misure più
semplici sembrano troppo complicate.
Qualche dato, infine, tanto per rimettere i nostri
ragionamenti con i piedi per terra: il deposito ACS di
Pomezia (deposito, dico, e non sede) dista 20 chilometri
dall'Eur (più o meno la distanza che c'è tra l'Eur e molti
quartieri romani), è capace di ricevere 38 chilometri di
documentazione e costa 150.000 euro l'anno (inclusi tutti
i costi aggiuntivi, compresi quelli di guardiania). Non è
un nuovo fitto: sostituisce una sede al Serafico che
poteva ospitare 15 chilometri di carte e costava, tra
canone di locazione e costi di gestione, 450.000 euro
l'anno. Un risparmio, come si vede, di 300.000 euro
l'anno. Problemi? Dall'ottobre 2013 ad oggi, nei dieci
mesi trascorsi da quando è stato completato il
trasferimento della documentazione a Pomezia, abbiamo
fatto fronte a ben DUE richieste di consultazione del
materiale che vi è depositato.
Che dire? Che tenevamo in locali molto costosi ingenti
quantità di carte che, non essendo descritte in modo
adeguato, sono di fatto inaccessibili? Non si chiamerebbe
danno all'erario dello Stato?
Che all'Eur c'è ancora molta documentazione che si
potrebbe portare a Pomezia senza (quasi) colpo ferire? Che
nel passato, quando davvero l'ACS non aveva spazi per
poter ricevere i versamenti dovuti (per legge), abbiamo
"perduto" parecchia documentazione? Che se non avessimo
acquisito il deposito di Pomezia, e se non avessimo potuto
disporre dei suoi spazi, allora sì che non avremmo potuto
ricevere la documentazione connessa alla Direttiva Renzi?
Che con i risparmi realizzati (e con quelli che sarà
possibile realizzare nei prossimi anni) sarebbe possibile
"convertire" le risorse ora impiegate nelle locazioni
passive, "nel mattone", in attività lavorative di
inventariazione e restauro e in efficienti servizi
archivistici?
Sull'entità di questi possibili risparmi sarà ovviamente
importante capire se il Mibact deciderà di portare in una
parte del nostro edificio laterale (11.000 mq) il solo
Museo Nazionale d'Arte Orientale o anche la Direzione
Generale per gli Archivi. Non spetta a me entrare nel
merito di questa questione, ma l'affermazione di Andrea
Fama sull'ipotesi alternativa (che la DGA spenda nove
milioni nell'acquisto e sistemazione della sua attuale
sede di via Gaeta) per evitare "un trasloco decisamente
più costoso e dai risvolti deleteri per l'attività
archivistica", è decisamente incomprensibile. I costi per
la riqualificazione del nostro edificio laterale a carico
della DGA non supererebbero, ad occhio e croce, i due
milioni: rispetto all'ipotesi dell'acquisto dell'edificio
di via Gaeta si avrebbe quindi un risparmio di sette
milioni, non poco in un periodo di ristrettezze come
l'attuale. L'obiezione, che comunque si continuerebbe a
pagare il canone per un immobile, quello dell'Eur, non
demaniale, è debole: l'immobile appartiene ad Eur spa,
società a partecipazione interamente pubblica; e le
risorse che passano da un soggetto pubblico ad una società
a partecipazione pubblica andrebbero valutate con
ragionamenti leggermente più raffinati.
Un'ultima cosa, la principale: i motivi della proposta di
cui si discute (lo spostamento a Pomezia di una parte
della documentazione che ora è all'Eur) sono spiegati
nella mia intervista: a muovermi non è stato il desiderio
di abbattere i costi sostenuti dal Mibact (comunque un
nobile obiettivo, soprattutto per quelli che pagano le
tasse), ma il voler garantire la migliore conservazione
della documentazione che ci è affidata e che ora è
custodita, almeno per una parte non trascurabile, in
condizioni e ambienti inidonei. Pomezia è un ripiego,
meglio sarebbe stato, e sarebbe, pensare davvero ad una
nuova sede dell'Archivio centrale dello Stato, una sede
moderna, funzionale ed economicamente sostenibile, dove
non pagheremmo per l'energia elettrica, tanto per fare un
esempio, 200.000 euro l'anno. Ma sono sicuro che di queste
cose potremo ragionare sul serio solo quando ci saremo
liberati di tanti pesi ideologici che impediscono di poter
guardare alla realtà, ai dati di fatto, e costituiscono
una zavorra da cui non viene mai fuori alcuna soluzione ai
problemi concreti e oggettivi che ci stanno davanti.
Nel ringraziare per l'ospitalità, rinvio chi volesse
approfondire per bene tutte queste questioni ad un
dettagliato comunicato pubblicato nel sito web dell'ACS
(www. acs. beniculturali. it).
*Sovrintendente Archivio Centrale dello Stato