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GLASGOW,roccaforte del si
all'indipendenza,vede i primi scontri tra indipendentisti ed
unionisti. Downing Street festeggia a denti stretti: forse è una
vittoria di Pirro? Per Cameron ora la DEVOLUTION riguarda le 4
nazioni
Sei
persone sono state arrestate.
I sostenitori del 'Sì' si erano riuniti nella centrale
George Square, quando sono
stati aggrediti dal fronte del 'No'
Alla fine, salendo sul palco
subito dopo l’annuncio della sconfitta, il primo ministro scozzese
Alex Salmond si è lasciato scappare un sorriso.
Alla fine, infatti, il leader indipendentista una cosa l’ha
ottenuta: una maggiore devoluzione dei poteri, in un’ottica di un
Regno Unito, “Paese di quattro nazioni”, sempre più federalista. Non
che l’autonomia mancasse a Edimburgo, con un suo
parlamento, un suo governo e una sua (anche se in parte limitata)
gestione fiscale. Ma ora chi fino a poche ore fa sventolava felice
la bandiera scozzese, sperando in un risultato che comunque non c’è
stato, può sognare in una nuova era per la Scozia. Una nazione
finalmente alla ribalta dei media internazionali e dell’attenzione
globale e corteggiata e coccolata, negli ultimi giorni, dai
movimenti indipendentisti di mezzo mondo, che a Edimburgo sono
accorsi per lo spoglio dei voti. Leghisti, indipendentisti sardi e
altoatesini compresi.
Negli ultimi giorni,
l’establishment britannico ha promesso maggiore
autonomia fiscale, meno interferenze sulle
politiche locali e soprattutto una House of Lords, la
Camera alta del parlamento britannico, con un nuovo compito, quello
di gestire le diatribe fra le quattro nazioni e soprattutto di
cercare di accogliere le loro istanze a livello nazionale, tutte
cose che finora erano praticamente riservate ai vari governi in
carica e alle loro decisioni spesso legate al caso e agli umori del
politico di turno. Il compito di ridisegnare il Paese, secondo le
indiscrezioni della stampa, potrebbe essere assegnato a Gordon Brown,
ex premier laburista, scozzese, storico rivale dei Tory e del
premier in carica ma anche dalla “rinnovata fiducia” da parte
dell’attuale esecutivo.
David Cameron,
intanto, ha cercato di ridimensionare una crisi che per lui può
essere anche di immagine, pur considerando il successo significativo
del fronte degli unionisti, con tutta questa devoluzione di poteri
nell’aria. “Ora andiamo avanti”, è stato il primo commento del
premier conservatore, parlando da Downing Street
alle sette del mattino ora locale, le otto del mattino in Italia.
Andiamo avanti, appunto, “ma con più poteri per Edimburgo”. Cameron
non ci sta infatti a passare per un politico che non mantiene le
promesse. E l’impegno solenne con Scozia, durante la campagna
referendaria condotta insieme al leader laburista, Ed Miliband, e a
quello liberaldemocratico, Nick Clegg, era appunto quello di
procedere nella devoluzione delle competenze.
Ma, parlando a Downing Street,
Cameron è andato oltre, dicendo che “ora dobbiamo ascoltare le voci
anche di Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord”. Negli ultimi
tempi, infatti, da più parti sono giunte richieste di maggiori
autonomie, compresa la città di Manchester che – ma qualcuno l’ha
definita una “boutade” – aveva chiesto fra le righe di poter
diventare una sorta di città indipendente, una città metropolitana
“all’italiana” ma con molti più poteri, un qualcosa che finora, nel
Regno Unito, è praticamente concesso soltanto alla capitale, Londra.
Anche il leader dello Ukip, Nigel Farage,
alleato del Movimento Cinque Stelle all’europarlamento, ha chiesto
che la voce dell’Inghilterra “venga ascoltata”, augurandosi un
maggiore federalismo di quel Regno Unito che in realtà è sempre più
frammentato al suo interno. La monarchia è salva e comunque non era
stata messa in dubbio anche da questo referendum, Salmond aveva
promesso una nuova nazione con la sovrana Elisabetta II,
comunque, come capo di Stato. La regina può stare tranquilla quindi
(con la sconfitta del sì rappresentata a livello simbolico dalla
vittoria con il 53% degli unionisti nelle Highlands,
le terre del nord i cui abitanti i più fieri scozzesi, quelli di
Braveheart – film con il quale il movimento indipendentista
ebbe nuovo impulso a livello mediatico – hanno rifiutato
l’indipendenza), ma è sempre più profonda la frattura fra le varie
aree che compongono una delle più grandi potenze mondiali, confini
che non sono solo quelli ufficiali e di seggi parlamentari, con la
Cornovaglia sempre sul chi va là, il Galles che sostiene sempre di
essere escluso dai grandi giochi e l’Irlanda del Nord, con quei
problemi decennali di stabilità. Non c’è solo la Scozia.
Intanto, esulta la stampa
britannica, schierata fin da subito per il “No” all’indipendenza
della Scozia: “Restiamo assieme”, titola il Times, e manca
solo un punto esclamativo. “Il Regno Unito è salvo, la Scozia
rigetta l’indipendenza”, è l’annuncio del Daily Telegraph.
Il Guardian, invece, rimane più neutrale, ma posta in prima
pagina, nella versione online, le foto di indipendentisti piangenti
e unionisti esultanti, in giro per le strade scozzesi. “La Scozia
dice No!”, è il titolone del Daily Mail, con un sottotitolo
ancora più in risalto: “La Gran Bretagna respira ancora”. Anche la
stampa scozzese pare celebrare la vittoria del movimento per il
“No”, con lo Scotsman in prima fila con il titolo “La
Scozia dice No! Grazie!”. Ma forse la vera chiave di lettura arriva
da The Herald, che sottolinea la nuova aria che tira a
Londra e nel resto del Paese da questa mattina. Basta un titolo: “La
Scozia dice di no ma cambia il Regno Unito in meglio”.
GLASGOW - Sei persone sono state arrestate nella notte
durante violenti scontri fra indipendentisti e unionisti a Glasgow.
Un gruppo di sostenitori del 'Sì' all'indipendenza dal Regno Unito
si era radunati George Square quando sarebbero stati aggrediti dal
fronte del 'No'. La polizia è intervenuta per separare il gruppo di
sostenitori dell'indipendenza da alcuni skinheads, provenienti da un
pub frequentato da unionisti, la Louden Tavern, nella vicina Duke
Street. La discussione è incominciata dopo una serie di diverbi sui
risultati del referenum quando sono incominciate le violenze. In
serata molti sostenitori del 'Sì' si sono dispersi, ma nella piazza
sono arrivati sempre più unionisti con bandiere. Fra loro c'erano
molti teenager ubriachi. E' il primo serio episodio di tensione e
violenza
post referendum, dove hanno vinto i 'No'. A un certo punto dalla
folla un gruppo di persone ha superato gli sbarramenti della polizia
e si è diretto verso la zona dello shopping, Buchanan Street,
cantando slogan lealisti e frasi razziste. Secondo alcune
testimonianze alcuni di loro hanno fatto saluti nazisti. La
stazione della metro di Buchanan Street è stata chiusa. La polizia
ha cercato, con difficoltà, di contenere la folla e di fermare gli
scontri che sono continuati fino all'alba. Sei persone sono state
arrestate.
Alex Salmond no. Il primo ministro
scozzese ha riconosciuto la sconfitta: "La Scozia ha deciso a
maggioranza di non diventare per il momento un paese indipendente.
Accetto il verdetto del popolo". Ma ha rilevato che è stato lanciato
"un messaggio forte" a Londra. I leader dei tre principali partiti
britannici, colpiti dalla forza della campagna per l'indipendenza
nelle ultime settimane infatti hanno offerto agli scozzesi maggiore
autonomia se fossero rimasti nel Regno Unito. "La Scozia si aspetta
che queste promesse vengano onorate in tempi rapidi", ha detto
Salmond.
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