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Isis, i Paesi
arabi al fianco di Obama
Isis, primo attacco Usa vicino a Baghdad: due raid aerei nella notte,15 settembre 2014L'esercito statunitense ha attaccato posizioni dello Stato islamico vicino alla capitale nel settore meridionale. Lo scopo quello di aiutare le truppe a terra nella loro difficoltosissima offensiva, scoprendo che l'ISIS incredibilmente sta accerchiando la capitale. L'ambasciatore iracheno presso la Santa Sede: "Terroristi potrebbero colpire il Papa"Per la prima volta dall’inizio dell’attuale offensiva antiterrosimo in Iraq, l’esercito degli Stati Uniti ha attaccato posizioni dello Stato islamico vicino Baghdad. Lo ha riferito il Comando centrale Usa a Tampa, in Florida. Sono stati effettuati due raid aerei nel sudovest della capitale irachena, così come vicino al monte Sinjar. L’attacco nei pressi di Baghdad fa parte dell’operazione “estesa” annunciata dal presidente americano Barack Obama l’8 settembre scorso e ha avuto lo scopo di aiutare le truppe irachene a terra nella loro offensiva. Non è stato precisato il luogo degli attacchi, nè che tipo di postazione sia stata colpita. La scorsa settimana il presidente americano aveva annunciato che una campagna estesa, incluso l’autorizzazione di raid in Siria, cercherà di “far retrocedere e, in definitiva, distruggere l’Isis”. Intanto cresce la preoccupazione in Europa. L’ambasciatore iracheno presso la Santa Sede Habeeb M.H. Al Sadr, intervistato dal Quotidiano nazionale, ha dichiarato che Papa Francesco sarebbe nel mirino del Califfato. “Bisogna garantire la sicurezza del Papa ovunque, perché credo che possano cercare di colpirlo durante i suoi viaggi o anche a Roma. Ci sono membri dell’Isis che non sono arabi ma canadesi, americani, francesi, britannici e anche italiani. Non sono a conoscenza di fatti specifici, di progetti operativi. Ma quanto dichiarato dai terroristi dell’ autoproclamato ‘Stato islamico’ è chiaro. Loro vogliono uccidere il Papa. In Vaticano mi dicono di essere tranquilli e che le affermazioni dell’Isis non cambieranno la loro posizione. Ma il Santo Padre è molto vicino ai rifugiati e ai cristiani perseguitati e non smetterà di esserlo perché l’Isis lo minaccia”.Secondo il New York Times, circa mille militanti di nazionalità turca combattono tra le fila dello Stato Islamico (Is), l’organizzazione jihadista che controlla parte della Siria e dell’Iraq settentrionale. Secondo il quotidiano, che cita fonti governative di Ankara, la Turchia è una delle principali fonti per il reclutamento di miliziani dell’Is MA NON SOLO: LA TURCHIA COMPRA AL MERCATO NERO IL PETROLIO DELL'ISIS, TURCHI CHE NON VOGLIONO UNA NAZIONE CURDA E CHE PER QUESTO SI SONO SFILATI VELOCEMENTE DALLA COALIZIONE MALFERMA DI OBAMA PUR ESSENDO LA TURCHIA FACENTE PARTE DELLO SCACCHIERE NATO SUD-MEDITERRANEO. Nell’articolo si racconta la storia di un ex combattente turco di 27 anni arrivato in Siria con 10 amici e poi unitosi all’Is dopo 15 giorni di addestramento. L’uomo, la cui identità non è stata resa nota, ha dichiarato di aver sparato a due “nemici”, di aver partecipato a un’esecuzione in pubblico e di aver sepolto viva una persona. La Turchia ha annunciato nei giorni scorsi che non parteciperà attivamente alle operazioni militari della coalizione internazionale in Iraq e Siria e non concederà le sue basi per raid aerei contro obiettivi jihadisti. Ankara ha spiegato di non voler mettere a repentaglio la vita dei 49 turchi rapiti in un assalto al consolato di Mosul tre mesi fa e ancora nelle mani dell’Isis. A Parigi, la comunità internazionale serra le fila contro gli jihadisti dell’Is. Ma se il nemico è comune, i fini dei membri della coalizione sono spesso diversi: le monarchie del Golfo vogliono tenersi al riparo dall’avanzata integralista; l’Occidente vuole proteggersi dalla minaccia terroristica. Preceduta dalla terza decapitazione d’un ostaggio occidentale, il cooperante scozzese David Haines, la Conferenza di Parigi sulla sicurezza dell’Iraq – una trentina di delegazioni – decide di appoggiare il governo di Baghdad con ogni mezzo, compreso “un adeguato aiuto militare“. Armiamo i nemici dell’Is, sperando ci siano poi amici. Ma l’impegno ad “eliminare” la minaccia integralista, preso da Obama e ribadito da Cameron e altri leader occidentali ed arabi, non convince a pieno. Più di due americani su tre, il 68%, non ha fiducia nella strategia messa a punto dalla Casa Bianca di eliminare gli jihadisti sunniti dello Stato Islamico tra Iraq e Siria con raid aerei, delegando invece le operazioni di terra in Iraq all’esercito di Baghdad e ai peshmerga curdi e in Siria ai cosiddetti ribelli moderati. Ma, pur bocciando la politica estera del loro presidente –solo il 38% la condivide-, gli americani, stavolta, sono dei ‘tentenna’ come lui: non credono all’efficacia della strategia, ma, per non inviare di nuovo truppe laggiù, tre su cinque la sostengono, in mancanza di meglio. Il consulto di Parigi aggiunge un tassello al disegno di Obama di una coalizione anti-jihadista. Hollande avverte che “la minaccia è globale e la risposta deve essere globale”: senza perdere tempo, l’aviazione francese conduce la sua prima missione (aerei-spia Rafales decollano dalla base militare francese di Abu Dhabi e compiono una ricognizione sull’Iraq). La volontà di sostenere l’Iraq con ogni mezzo, compreso “un adeguato aiuto militare”, è esplicito nel comunicato finale della Conferenza parigina –c’erano pure Onu, Ue e Lega Araba-. L’aiuto, viene precisato, dovrà essere “in linea con le necessità espresse dalle autorità irachene, nel rispetto del diritto internazionale e senza mettere a rischio la sicurezza della popolazione civile”. Ai colleghi ministri degli Esteri, Federica Mogherini ricorda che l’Italia ha già inviato i primi due carichi di armi e munizioni ai guerriglieri curdi, nel nord dell’Iraq. Ma Roma vuole anche giocare un ruolo politico, contando su “buone relazioni con tutti i Paesi della regione”. Nella coalizione, non entra l’Iran: Teheran non raccoglie l’invito di Obama alla collaborazione perché –dice la guida suprema Ali Khamenei- gli americani “hanno le mani sporche di sangue”. E la Turchia ne resta ai margini. Mentre la Siria ne viene ostentatamente tenuta fuori. Gli iracheni incassano aiuti e sostegno. Ma se il presidente Fouad Massoum, un curdo, sollecita altri raid aerei perché “senza una pronta risposta lo Stato islamico occuperà altri territori”, il neopremier, lo sciita Haider al Abadi mette uno stop ai bombardamenti sulle città in mano all’Is, per scongiurare vittime civili. . |