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  INTERNOTIZIE

LA CORSA ALL'INDIETRO DELL'EBETINO DI FIRENZE: DA LICIO GELLI AL MEDIOEVO

DALLE PROVINCE AGLI ENTI DI SECONDO GRADO E CITTA' METROPOLITANE CON RELATIVE ELEZIONI DI SECONDO GRADO, ANCH'ESSE, FATTE ESCLUSIVAMENTE DA POLITICI CHE COOPTANO ALTRI POLITICI - IL TUTTO CON I "CITTADINI" A GUARDARE IL SOFFITTO - ALLO SCOPO DI SPARTIRSI POLTRONE DECISIONALI CHE NON SONO SPARITE MA SOLO DIMINUITE:DA 2500 A 986 SENZA INDENNITA'. IL RISPARMIO EFFETTIVO DELLA RIFORMONA DELRIO E' DI 32 MILIONI DI EURO, OVVERO L'AMMONTARE DELLE INDENNITA'. PER IL RESTO LE CITTA' METROPOLITANE ED I NUOVI ENTI AVRANNO UN NUOVO COSTO NON ANCORA QUANTIFICATO. A CONTI FATTI IL RISPARMIO E' NELL'INCHIOSTRO PER LE SCHEDE ELETTORALI,MANIFESTI E NELLE MATITE COPIATIVE CON IN PIU' LA MATEMATICA CERTEZZA DI RIMANERE INCHIODATO NELL'ENTE UNA VOLTA ELETTO IN UN FOTTUTO COMUNE O IN UN PARLAMENTINO REGIONALE. SE PASSA POI IL DISEGNO DI LEGGE BOSCHI SUL SENATO , TUTTA QUESTA MERDA MILLANTATA COME RISPARMIO, QUANDO IN REALTA' SI TRATTA DI PROGRESSIVO SVINCOLO DAL CONTROLLO CITTADINO DELLE ISTITUZIONI GIA' DI PER SE' PUTRESCENTI, INVESTIRA' IL SENATO,OVVERO LA SECONDA CAMERA LEGISLATIVA NAZIONALE, CHE DIVENTERA' SOGLIO EREDITARIO COME NELL'ANCIEN REGIME FRANCESE: SIAMO CIOE' OLTRE IL DETTATO DI LICIO GELLI, IN PIENO MEDIOEVO!!!

LE EX ELEZIONI PROVINCIALI: DOVEVANO CADERE ALL'INTERNO DELLE EUROPEE COME NEL 2009, MA POI LA RIFORMA DELRIO LE HA TRASFORMATE IN SERRATE DEI CONSIGLI AD USO E CONSUMO ESCLUSIVAMENTE POLITICO COL PLAUSO DEL POPOLO BUE CHE HA CREDUTO NELLA FANFALUCA DEL RISPARMIO...

Prendi le elezioni per le Province e togli gli elettori. Poi togli i manifesti e le liste dei candidati affisse pubblicamente. Cosa resta? I partiti politici. Ma soprattutto una campagna elettorale che riguarda pochi intimi e “listoni” dalle larghe intese per spartirsi le poltrone da Nord a Sud. Ecco le nuove Province di Matteo Renzi (e di Graziano Delrio che la riforma per l’”abolizione” degli enti  l’ha voluta e redatta). Ed ecco le prove generali per le elezioni di secondo grado che presto potrebbero riguardare anche il Senato progettato dal ddl Boschi. Per la prima volta infatti non votano i cittadini, ma gli amministratori locali. E così accade che, nella quasi totale ignoranza di tutti, tra il 28 settembre e il 12 ottobre si votano consiglieri e presidenti di 64 province e 8 consigli metropolitaniSi riducono gli eletti, da 2500 a 986 senza indennità (anche se aumentano nei Comuni), e alla fine della storia resta una faccenda tra politici: da Vibo Valentia ad Alessandria, da Belluno a Savona, da Reggio Emilia a Lecce la preoccupazione è quella di trovare i sostegni necessari per andare a sedere nei nuovi consigli. Insomma spartizioni all’insaputa degli elettoriche, stando agli annunci, dovrebbero guadagnarne in efficienza al netto di minori competenze e una “maggiore responsabilità”. Per il momento però, agli organi provinciali restano funzioni fondamentali: dalla pianificazione del territorio all’edilizia scolastica. Il sottosegretario Delrio assicura che ci sarà un risparmio per lo Stato, anche se non è ancora chiaro quanto: lui parla di 3 miliardi, senza contare i costi delle città metropolitane, mentre l’Unione province italiane per ora garantisce per 32 milioni di euro(ovvero le indennità). Restano fuori sia il personale in esubero che dovrà essere ricollocato, sia i costi dei nuovi enti.

Ma cosa cambia nella pratica e chi va alle urne? I seggi in palio in ogni area sono da 10 a 16, assegnati con il sistema proporzionale e inoltre il voto di ogni eletto è “ponderato” in base alle dimensioni del Comune. Per le Province dovranno esprimersi i sindaci e i consiglieri comunali. I consiglieri potranno essere eletti per il consiglio (2 anni), mentre i sindaci per la carica di presidente (4 anni). La vera novità sono le città metropolitane che da gennaio 2015 si sostituiscono alle rispettive province: alla guida va di diritto il sindaco del comune capoluogo. I consiglieri metropolitani sono eletti dai primi cittadini e dai consiglieri municipali. Il Consiglio (eletto per 5 anni) è composto da un numero variabile di persone (24 a Roma, Milano e Napoli; 18 a Torino, Venezia, Genova, Bologna, Firenze e Bari; 14 a Reggio Calabria). 

In molti casi, per risolvere i problemi di rappresentanza, ci si è messi d’accordo prima con“listoni unici” che uniscono destra e sinistra. Ferrara ad esempio con la lista “Provincia insieme” corrono Pd, Fi, Lega. Con loro addirittura l’M5S: il sindaco grillino Marco Fabbri non intende fare un passo indietro dopo il divieto di partecipare arrivato da Beppe Grillo. Vibo Valentia l’hanno chiamato “l’accurduni”: Forza Italia, Fratelli d’Italia, Ncd e pezzi di Pd si candidano tutti insieme sotto un unico cappello e tra loro c’è pure Salvatore Vallone, ex assessore del Comune di Mileto sciolto per mafia. E’ intervenuto anche il Pd nazionale per disconoscerla, ma i locali hanno replicato: “Abbiamo seguito le indicazioni della direzione regionale”. C’è poi Brescia dove Pd e Forza Italia si presentano insieme, nonostante i malumori degli amministratori azzurri che chiedevano un’alternativa. A Bergamo Forza Italia si è spaccata: parte dei sindaci del partito di Berlusconi corrono per la lista del candidato Pd, altri invece con la Lega Nord. Storia diversa è quella della Puglia: il listone pare fosse pronto sia a Taranto che a Brindisi, poi le polemiche e le rivolte interne hanno spinto il candidato governatore Pd Michele Emiliano a bloccare tutto. E’ saltato il patto tra Fi e Pd anche a Novara, con “grande dispiacere” del candidato azzurro che sui giornali ha denunciato i dissapori tra le parti. Per le città metropolitana di Torino e Genova vanno a braccetto Pd e Forza Italia. 

Ma non sono solo le larghe intese il problema. Le storie di accordi e trattative accomunano tutta l’Italia senza bisogno di ricorrere agli “inciuci”. Già perché le elezioni provinciali sono anche il momento per scomodare vecchie conoscenze. A Latina il centrodestra candida Cosmo Mitrano, sindaco di Gaeta: ex alto dirigente del comune di Fondi, era più volte citato nella relazione del prefetto che chiedeva lo scioglimento della giunta per infiltrazioni mafiose.Piacenza il candidato del Partito democratico è arrivato con un piccolo colpo di mano del sindaco Paolo DosiSi racconta di una lunga cena, poi di una direzione notturna e di un sms ricevuto all’improvviso per cambiare cavallo. E alla fine se lo sono fatti andare bene tutti. ALivorno rischia ancora grosso il Partito democratico: i 5 stelle non si presentano, ma i loro voti potrebbero essere decisivi per far vincere la lista civica sostenuta da altre forze di sinistra. AParma sembrava tutto pronto per un accordo Pd-M5s e invece all’ultimo è saltato tutto: Pizzarotti bloccato da Grillo e i suoi, il Pd spaccato in mille liste. L’accordo è arrivato solo all’ultimo momento. I più preoccupati per una poltrona sembrano essere a Modena: 36 candidati per 4 liste, ma almeno non ci saranno larghe intese. Nella confusione generale chi cerca la “trasparenza” è addirittura Forza Italia che ha appena aperto il sito www.obiettivo12ottobre.it: “Sarà”, dicono i promotori, “il punto di riferimento per fugare i dubbi di chi in queste ore si sta cimentando con la più bizzarra campagna elettorale fatta di illogicità normative e strafalcioni legislativi”.

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