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             . Doccia gelida per l’Italia dall’Organizzazione 
            per la cooperazione e lo sviluppo economico. L’Ocse ha 
            tagliato drasticamente le stime di crescita per il Paese, arrivando 
            a prevedere che quest’anno il prodotto interno lordo 
            crollerà dello 0,4%, contro il +0,5% stimato solo a maggio. E’ 
            l’unico dato negativo tra i Paesi del G7 e, se si verificasse, 
            sarebbe uno scenario molto peggiore di qualsiasi altra previsione 
            recente. Nessun istituto di ricerca, infatti, “vede” un calo del 
            genere, nonostante il -0,2% 
            registrato dall’Istat nel secondo trimestre: finora il 
            quadro più pessimistico era quello delineato dall’agenzia 
            di rating Moody’s, che in agosto ha prefigurato per 
            l’anno scorso una contrazione limitata però allo 0,1%. Mentre
            
            Standard&Poor’s, 
            proprio lunedì, ha diffuso un report in cui prevede una crescita 
            zero, ammettendo di aver sopravvalutato, in precedenza, 
            l’impatto delle misure varate dal governo Renzi, in 
            particolare il bonus di 80 euro e il pagamento dei debiti arretrati 
            della pubblica amministrazione. Dopo la notizia, Piazza Affari ha 
            virato in territorio negativo scendendo a -0,9%. Più difficile il percorso verso la legge 
            di Stabilità – Di fronte a un calo del pil dello 0,4%, che 
            fa dell’Italia il fanalino di coda dell’Eurozona, poco può fare la 
            revisione legata al nuovo metodo di calcolo Esa 2010, 
            tanto attesa al ministero dell’Economia guidato da 
            Pier Carlo Padoan. Quel ritocco “cosmetico” 
            deciso in sede europea, infatti, ha effetto solo sul livello 
            assoluto del prodotto ma non sulla sua variazione rispetto al 
            periodo precedente. L’esecutivo, che
            
            ha deciso di rimandare all’1 ottobre 
            l’aggiornamento del Documento di economia e finanza 
            proprio per aspettare i dati rivisti relativi al 2013, 
            potrà dunque ancora contare su un “aiutino” per quanto riguarda i 
            rapporti deficit/pil e debito/pil. 
            Ma non evitare di tagliare in modo corposo le proprie previsioni di 
            crescita, che come è noto nella prima versione del Def si 
            attestavano allo 0,8%. Un cambiamento di scenario che,
            
            insieme alla deflazione ormai 
            conclamata, complica notevolmente il lavoro 
            dell’esecutivo anche sul fronte del reperimento dei 
            20 miliardi necessari per la 
            legge di Stabilità. Sforbiciare la spesa rende 
            infatti più faticosa l’uscita dalla recessione. E la reazione 
            negativa dei mercati può complicare 
            la riuscita del piano di privatizzazioni, peraltro 
            già in affanno. Non solo:
            
            sebbene ora siano ai minimi storici, anche i
            tassi di interesse che il Tesoro deve pagare per 
            finanziare il debito pubblico potrebbero salire.  
            Per l’eurozona prevista 
            crescita dello 0,8%. Germania in progresso dell’1,5% – Solo 
            nel 2015, secondo l’organizzazione parigina, l’Italia vedrà una 
            timida ripresa dello 0,1%. Contro il “corposo” +1,1% della 
            precedente stima. Per l’area euro, al contrario, l’Ocse prevede una 
            crescita quest’anno dello 0,8%, in accelerazione all’1,1% nel 2015. 
            Il Pil dovrebbe aumentare in Germania 
            dell’1,5% 
            sia quest’anno che il prossimo, nonostante la frenata dello 0,2% nel 
            secondo trimestre, mentre in Francia 
            il prodotto interno lordo dovrebbe assestarsi allo 0,4% nel 2014 e 
            all’1% nel 2015. Una ripresa con il freno a mano tirato, insomma. Il 
            recupero in Eurolandia “rimane deludente, specialmente nei Paesi più 
            grandi: Germania, Francia, Italia”, scrive l’Ocse nell’Interim 
            economic essessment. Ma “mentre la ripresa in alcune economie 
            periferiche è incoraggiante, altri Paesi fronteggiano ancora 
            sfide strutturali e di bilancio, insieme al peso di un
            alto debito“. L’identikit è esattamente quello di 
            Roma.  Tenere sotto controllo i conti pubblici 
            ma sfruttare la flessibilità nelle regole Ue – Al contrario 
            la ripresa “è solida” negli Stati Uniti, si sta rafforzando in India 
            ed è in linea con il potenziale in Giappone e Cina. “L’inferiore 
            sincronizzazione economica dei diversi Paesi si riflette in 
            requisiti di strategia politica divergenti. Ciò nonostante, resta 
            vero che le condizioni monetarie dovrebbero rimanere di 
            sostegno in tutte le principali economie avanzate, mentre 
            la maggior parte dei Paesi dovrebbero fare ulteriori progressi nel
            consolidamento di bilancio per assicurare che il
            debito resti sostenibile”. No ad un allentamento 
            del controllo sui conti pubblici, dunque. Ma, è la 
            ricetta dell’Ocse, occorre anche usare tutti gli spazi di 
            flessibilità esistenti. “Vista la debolezza della domanda, 
            la flessibilità all’interno delle regole europee 
            dovrebbe essere utilizzata per sostenere la crescita”. Riforme “ambiziose” per aumentare 
            competizione e occupazione – Poi il richiamo sulla 
            necessità delle riforme: “Il continuo fallimento 
            dell’economia globale nel generare una crescita forte, equilibrata 
            ed inclusiva sottolinea l’urgenza di sforzi di riforma 
            ambiziosi”. Per rafforzare sostanzialmente la crescita”, insiste 
            l’organizzazione parigina, “alcuni Paesi stanno cogliendo 
            l’opportunità di riforme strutturali 
            e devono ora assicurarne l’effettiva implementazione, mentre altri 
            devono essere più ambiziosi 
            per aumentare la competizione 
            e l’occupazione“. In 
            particolare “abbassare le barriere al commercio, 
            ridurre gli oneri amministrativi sulle imprese” e 
            liberalizzare i servizi deve essere “una priorità comune delle 
            economie avanzate”. L’Ocse afferma che “l’occupazione deve essere 
            accresciuta nei Paesi con un grande carico fiscale sul lavoro”, 
            attraverso “la riduzione dei contributi per la 
            sicurezza sociale”, in particolare in Francia.  
             
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