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  INTERNOTIZIE

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Raid coalizione su Kobane, Is lascia alcune zone. Usa: Turchia "inventa scuse" per non agire

Lo Stato islamico colpito dagli aerei abbandona diverse aree della città. Giornalista curdo: "Corpi di jihadisti del quartiere Maqtala, centinaia di civili ancora in giro". NYT: Stati Uniti "frustrati" per posizione di Ankara. Kerry contatta il premier Davutoglu e Cavusoglu. Scontri pro-curdi: coprifuoco in sei province

Sotto i raid aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti, i jihadisti dello Stato islamico si sono ritirati da alcune zone di quel che resta di Kobane. La città strategica al confine tra Siria e Turchia, diventata il simbolo di una guerra ormai ben oltre i confini del piccolo centro abitato che si chiama anche Ayn al-Arab, l'occhio degli arabi.

I jet sfrecciano nei cieli colpendo obiettivi intorno alla città da ieri, in particolare le linee di rifornimento degli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi e la collina di Mistenur. Uno degli aerei è stato avvistato anche stamattina. L'avanzata ha prodotto già risultati (anche se non si sa se siano temporanei o meno): l'Is è stata costretto a ritirarsi nella parte orientale e sud-occidentale di Kobane. I fondamentalisti, comunque, continuano ad assediare la città su tre fronti: sud, sud-est e sud-ovest.

Rami Abdel Rahman, il direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, ha riferito che "le loro retrovie sono state colpite nei raid, con vittime e danni a diversi dei loro veicoli". Negli scontri si contano in totale più di 400 morti tra le milizie dello Stato islamico e l'Unità di Difesa del Popolo curdo (Ypg) ma i numeri, secondo diversi testimoni, raddoppierebbero nella realtà. Da Kobane sono fuggiti a migliaia, oltre 172 mila si sono rifugiati nei campi profughi turchi.Tre settimane di assedio. Ieri ci sono stati scontri nelle zone est, ovest e sud. Mustafa Ebdi, un giornalista e attivista curdo, ha scritto sulla propria pagina Facebook che "le strade del quartiere Maqtala, nel sud-est, sono piene di corpi di combattenti daesh (Is)", aggiungendo che sono ancora centinaia i civili presenti in città e che "la situazione umanitaria è difficile, con la gente che ha bisogno di cibo e acqua".

Frustrazione Usa, la Turchia non interviene. I raid non sono sufficienti a contrastare lo Stato islamico e gli Stati Uniti accusano Ankara di "inventare scuse" per non agire. E' quanto scrive oggi il New York Times, citando fonti dell'amministrazione Obama. "C'è una crescente frustrazione verso la Turchia che indugia a intervenire per scongiurare un massacro a meno di un miglio dal proprio confine - ha detto un alto funzionario dell'amministrazione - dopo tutte le denunce sulla catastrofe umanitaria in Siria, si stanno inventando scuse per non agire e scongiurare un'altra catastrofe. Non è così che un alleato Nato si comporta quando scoppia l'inferno a breve distanza dal proprio confine". Per gli Stati Uniti, almeno secondo alcuni alti funzionari americani sentiti dalla Cnn, l'eventualita' che Kobane possa cadere nelle mani delle milizie sunnite non desta comunque particolare preoccupazione.

Kerry contatta Davutoglu. Stoccata di Mosca agli Usa. Secondo il quodiano, nelle ultime 72 ore il segretario di stato Usa John Kerry ha avuto numerosi contatti telefonici con il premier turco Ahmet Davutoglu e il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu. E domani è atteso ad Ankara il generale in pensione John Allen, nominato da Obama inviato speciale Usa per la coalizione anti-Is. La Russia nel frattempo valuta come "positivo" il cambio si linea internazionale sull'Is. Lo ha detto ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, aggiungendo poi "i nostri partner occidentali hanno capito che non puoi sacrificare gli interessi della comunità mondiale al fine di rovesciare un regime". Tuttavia Lavrov non risparmia una stoccata agli Stati Uniti: Mosca spera che la lotta contro il terrorismo internazionale non nasconda tentativi di cambio di regime in Siria.

Raid coalizione su Kobane, Is lascia alcune zone. Usa: Turchia "inventa scuse" per non agire


Il duplice obiettivo di Washington.
Gli Usa vogliono da una parte eliminare i vertici della formazione e dall'altra liberare o distruggere le raffinerie di petrolio che il gruppo terroristico controlla. Ciò per minare le sue capacità operative, soprattutto in Iraq, in quanto buona parte dei finanziamenti arriva dalla vendita di petrolio al mercato nero. L'obiettivo strategico, infatti, sarebbe in primis liberare l'Iraq dall'Is per diversi motivi. Innanzitutto per una questione di rapporti. Washington ha ottime relazioni con Bagdad, mentre vuole che il presidente siriano Bashar al-Assad si dimetta. Poi c'è il fatto che in Iraq le forze sul terreno - dai militari ai peshmerga curdi - sono partner degli Usa mentre in Siria c'è una galassia di gruppi e formazioni, non sempre in linea con la strategia americana. L'intervento a Kobane è stato deciso per sostenere le truppe e i civili curdi, ad Ankara Washington chiede quantomeno di attaccare i miliziani che si trovano nei pressi del confine con colpi d'artiglieria.

Hollande propone zona cuscinetto tra Siria e Turchia.
Il capo di stato francese ha contattato Recep Tayyip Erdogan e chiesto la creazione di una "zona cuscinetto tra Siria e Turchia per accogliere e proteggere le persone sfollate". "Il Presidente ha sottolineato la necessità di evitare il massacro del popolo nel nord della Siria e  proposta una discussione per definire la zona cuscinetto", si legge in una nota dell'Eliseo.

Il Canada entra nella coalizione.
Dopo l'adesione dell'Australia la Coalizione si arricchisce di un nuovo membro: il Canada. Il Parlamento ha autorizzato la partecipazione alla missione internazionale, ma si limita a quella agli attacchi aerei. Almeno per sei mesi è escluso l'invio di forze sul terreno (a esclusione dei 24 soldati con funzioni di consigliere che si trovano in Iraq). Ottawa invierà fino a sei caccia CF-18 Hornet, un aereo per la sorveglianza e il rifornimento in volo e a circa 600 militari per la logistica. L'intervento è passato con 157 voti a favore e 134 contro.

Manifestazioni pro-curdi, coprifuoco in sei province. Dopo la morte in Turchia di almeno 18 persone, di cui otto a Diyarbakir (VIDEO), negli scontri scoppiati ieri durante le manifestazioni a sostegno dei combattenti curdi, per la prima volta in vent'anni le autorità di Ankara hanno imposto il coprifuoco nelle sei province del paese a maggioranza curda, per tentare di riportare la calma. Il coprifuoco, mai imposto in turchia dal 1992, quando la ribellione del pkk toccava il suo culmine, resterà in vigore fino alle sei locali di domattina. La compagnia di bandiera Turkish Airlines ha annullato fino a nuovo ordine i voli su Diyarbakir e sulle altre città in cui vige il coprifuoco: Batman, Mardin, Mus, van e siirt. Il ministro dell'Interno Efkan Ala ha accusato i manifestanti filocurdi di "tradire il proprio Paese", ammonendo che "la violenza chiamerà altra violenza".
Raid in Iraq contro l'Is. Oltre 30 uomini dello Stato islamico sono rimasti uccisi in un bombardamento dell'aviazione irachena nel centro di Tikrit, conquistata lo scorso mese di giugno dai qaedisti. Lo ha riferito a "Nova" una fonte di sicurezza locale, secondo cui i raid sarebbero avvenuti nella zona del palazzo presidenziale di Tikrit e avrebbero provocato anche il ferimento di dieci combattenti. L'operazione, ha aggiunto la fonte, è stata resa possibile dalle informazioni raccolte dall'intelligence militare sugli spostamenti dei jihadisti nella città natale di Saddam Hussein.

Ue punta a collaborare con giganti Internet.
L'Unione europea chiede ai principali gruppi statunitensi di internet, da Google a Facebook, da Twitter a Microsoft, un aiuto per combattere la diffusione dell'estremismo online. Questa sera a Lussemburgo i ministri dell'Interno dei 28 Paesi Ue e funzionari della Commissione europea incontreranno a cena i rappresentanti dei colossi della rete per cercare di arginare il fenomeno della radicalizzazione dei giovani musulmani europei, convinti ad andare a combattere in Siria e Iraq.

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