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Romario,
il senatore socialista che suda in Parlamento come mai
aveva fatto in campo
L'ex attaccante
campione del mondo eletto con il 64% dei voti nel suo
seggio alle presidenziali brasiliane. Quando giocava
segnava caterve di gol (da fermo), nella carriera politica
combatte malaffare e corruzione
Dopo quattro anni da
deputato,
in cui si è battuto in prima linea contro la
corruzione e gli sprechi del Mondiale di
Brasile 2014, Romario de Souza Faria, per
tutti Romario, è stato eletto senatore:
ha ottenuto il 63,4% dei voti nel suo collegio nelle liste
del Partito Socialista. Un risultato
scontato forse. Avendo giocato e segnato caterve di gol
per ben quattro squadre di Rio de Janeiro,
sarebbero bastati solo i voti dei vecchi tifosi per
conquistare il seggio. Ma così non è, perché il giocatore
che in campo non sudava mai e aveva fatto innamorare
Carmelo Bene, la sua carriera politica se
la sta sudando eccome.
Senza paura di appoggiare battaglie radicali,
come quella contro il potentissimo Josè Maria
Marin (presidente di federcalcio brasiliana e
comitato organizzatore del mondiale) per la sua connivenza
con la dittatura e la copertura delle torture.
In un paese che vive di
rimossi storici, Romario ha saputo riportare alla ribalta
del discorso pubblico le responsabilità
di chi è oggi al potere in Brasile grazie
ad antichi legami con i militari, con la stessa grazia con
cui effettuava un doppio passo o un dribbling
in area di rigore. Perché Romario è stato prima di tutto
un campione immenso. Il calciatore che eccede e trascende
i limiti del gioco, che si sublima nell’immediato, questo
era per Carmelo Bene il fuoriclasse,
questo era Romario: “il più grande di tutti”. Vincitore di
qualsiasi premio individuale possibile, inserito in tutte
le liste di miglior giocatore del secolo, Romario s’impone
in Europa nel PSV Eindhoven
dove segna 96 gol in 107 partite vincendo tutto quello che
c’è da vincere. A Barcellona in copia con
Hristo Stoichkov segna altre caterve di
gol e si ferma solo davanti al Milan di Savicevic
in finale di Coppa Campioni.
Poi torna in patria,
(con brevi parentesi in Spagna,
Arabia e Stati Uniti) dove
continua a giocare e segnare fino a 41 anni. Fino al 2007,
quando con la maglia del “suo” Vasco de Gama
segna contro lo Sporting Recife e si
ferma: tutti i giocatori si fermano, tutto lo stadio si
ferma, tutto il Brasile si ferma. Per almeno mezz’ora,
tutti festeggiano. Romario dopo quella partita si ferma
per sempre, annuncia il suo addio al calcio
dopo aver annunciato di aver segnato il millesimo gol in
carriera. Al di là che siano mille o meno (molti lo
accusano di aver contato anche i gol segnati all’asilo, la
Fifa gliene attribuisce 929), Romario
resta uno dei più grandi goleador di
sempre. La sua apoteosi è al Mondiale di Usa ’94,
dove trascina il Brasile a vincere la Coppa del Mondo
segnando cinque gol. E’ a quel Mondiale che Enrico
Ghezzi e Carmelo Bene pensano nel Discorso su
due Piedi (Bompiani, 1988) quando lo
incensano come il più grande di tutti. “Riesce a essere
freddo, fermo, in questo movimento, fermo, da singolo
fotogramma. E poi li brucia. I portieri
non si rendono conto, perché fa dei gol micidiali. E’
cinico. Ne scarta quattro con la palla calamitata al
piede, e poi li mette nei posti più
giusti, più impensati”, scrive Bene del Romario
calciatore.
“Quest’uomo poverissimo
si è sempre concesso il lusso di fare
quel che voleva, gaudente nella notte, casinaro,
ha sempre detto quel che pensava senza pensare a quel che
diceva”, scrive Eduardo Galeano in
Splendori e Miserie del Gioco del Calcio (Sperling
& Kupfer, 1999) quasi prefigurando il Romario
politico. Perché lui, che quando giocava non correva e
stava lì, con le mani sui fianchi a fiutare la preda, il
pallone giusto da accarezzare e poi
calciare in rete, da politico ne ha dette di ogni. Se l’è
presa con Pelé, accusato di connivenza
col potere; con Blatter, cui ha dato del
ladro; con Texeira, di cui ha detto è
corrotto; con Ronaldo, colpevole di aver
promesso ingressi gratuiti ai portatori di
handicap e di essersene dimenticato. Ne ha dette
e ne ha fatte. Ha presentato dossier e
interrogazioni parlamentari sulla corruzione negli appalti
e nella realizzazione delle infrastrutture
per Brasile 2014. Ha partecipato a manifestazioni e sit-in
in difesa degli sloggiati delle favelas e
contro lo spreco dei soldi pubblici sottratti a scuola e
sanità. Ha riaperto le ferite della dittatura
con la sua battaglia contro Marin. Si è guadagnato sudando
come mai aveva fatto sui campi di calcio la sua elezione a
senatore. Non è stato l’unico ex
calciatore brasiliano a essere eletto, come lui anche
Jardel (un grande nel Porto, una meteora
ad Ancona), Danrlei, Joao Leite
e soprattutto Bebeto, suo partner
d’attacco proprio in quel Brasile campione del mondo a Usa
’94. Venti anni fa esatti. Se allora stava fermo, oggi
Romario ha davvero cominciato a correre.
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