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Ecco il bunker dove si rifugiavano i fascisti
Sotto il lago di Villa Torlonia. A Villa Ada. E a casa
della Petacci. Ecco dove si nascondevano il Duce, il re e i
vip

porta d’ingresso ha una cornice di pietra.
Una scala ripida scende sotto il fondale di un laghetto
artificiale. Si gira a sinistra, poi a destra, fino ad
arrivare a cinque metri di profondità. Sembra una cantina e
infatti è qui che i principi Torlonia conservavano le botti di
vino. Ma è qui che poco dopo lo scoppio della seconda guerra
mondiale fu attrezzato il primo rifugio anti-aereo della
famiglia Mussolini, che abitava nella villa romana dei
Torlonia. Il bunker sarà presto aperto al pubblico. Qui
“l’Espresso” lo racconta e lo mostra in anteprima.
Subito dopo la cantina si incontrano le porte del bunker, due
porte blindate con spioncino: una, detta “anti-soffio”, doveva
reggere l’urto dello scoppio di un ordigno, l’altra è dotata
di filtri anti-gas. Oltre l’ingresso, c’è un lungo locale alto
solo due metri, che si apre lateralmente in rientranze di
varia ampiezza per un totale di 80 mq. Qui vennero collocati
un gabinetto (ancora visibile), lo studiolo di Mussolini,
attrezzatura di pronto soccorso, reti e materassi.Alla fine
della cantina era situato il pozzo d’areazione, che divenne
un’uscita d’emergenza attraverso una scala a pioli ancora sul
posto; il punto d’arrivo all’esterno è segnato da una piccola
piramide in muratura, oggi chiusa. Per maggiore sicurezza fu
realizzata una terza via di fuga, più agevole, prolungando
l’ambiente sotterraneo con pareti rivestite di mattoni e
soffitto voltato a botte: una ventina di gradini e si sbuca di
fronte al Campo dei Tornei, che Mussolini trasformò in campo
da tennis.
La targhetta di ferro della ditta Bergomi di Milano, posta su
ciò che resta del sistema di ventilazione e filtraggio,
azionato a manovella, fissa la data della costruzione: 1940.
«Il restauro è stato molto impegnativo perché il luogo era
abbandonato da almeno settant’anni», racconta Claudio Parisi
Presicce, sovrintendente capitolino ai Beni culturali. «Ma,
finalmente, tutti e tre i rifugi-bunker della villa faranno
parte a breve di un percorso didattico curato
dall’associazione “Sotterranei di Roma”: un bell’esempio di
collaborazione pubblico-privato».
In realtà l’ex cantina, pur fornita di luce elettrica e
telefono, non fu granché utilizzata. Si racconta che durante
gli allarmi notturni il Duce e i suoi familiari preferissero
aspettare davanti all’ingresso il suono delle sirene che
segnalavano il cessato pericolo.
Ben più frequentato fu invece il secondo ricovero, realizzato
l’anno dopo nel grande locale seminterrato della residenza, il
Casino Nobile, dove c’erano le vecchie cucine. Il soffitto era
stato rinforzato da oltre un metro di cemento armato, le
chiusure a tenuta stagna garantivano un’adeguata protezione, e
l’accesso era più comodo. Fu solo dopo i bombardamenti di
Torino, Milano e Genova - siamo nell’autunno del 1942 - che
l’abitazione del capo del governo fu ritenuta, a ragione, uno
degli obiettivi primari degli aerei nemici: era necessario un
vero e proprio bunker, costruito con le tecnologie più
avanzate.
I vigili del fuoco iniziarono così i lavori per la costruzione
del super-ricovero sotto la direzione del brigadiere Leone
D’Ubaldo; stima dei costi: 240 mila lire; durata prevista: tre
mesi. Il luogo prescelto era comunicante con l’abitazione, ma
situato sotto il piazzale del lato est: è proprio la zona dove
si era svolto il ricevimento per le nozze di Edda
Mussolini con Galeazzo Ciano; e il prato vicino, dove
molti anni prima era arrivato un grande Topolino di legno
regalato da Walt Disney, si era trasformato in un prosaico
orto di guerra curato da Donna Rachele.
Per visitare questo secondo rifugio, rimasto
incompiuto, si entra da quella che era l’uscita
principale, sul lato del parco decorato con statue, piante e
una fontana; ce n’era un’altra, che andava a finire più in
alto attraverso una scala di legno, lì dove si nota una botola
di ferro con bocchetta d’areazione. L’interno sembra un
sottomarino. È un lungo tunnel nero di forma cilindrica, in
cemento armato di quattro metri di spessore - che diventano
sei nella parte superiore - posto ad una profondità tale da
resistere a bombe di varie tonnellate e ad attacchi con armi
chimiche. Avanzando su una pedana di legno si incrocia - ad
angolo retto - un altro cilindro più corto, con tante cavità
per la sistemazione dei vari impianti; la struttura però è
vuota. Mancano infatti porte, cavi elettrici e telefonici,
servizi igienici. Il terreno poco compatto richiese interventi
imprevisti, facendo lievitare i costi, e i lavori furono
interrotti.
Benito Mussolini ha scritto che l’aveva in antipatia, come per
«un oscuro presentimento». Certo, non fu incoraggiante la
scoperta, durante lo scavo, di antiche ossa, di una lapide
funeraria e di una stanza realizzata dai Torlonia a mo’ di
tomba etrusca; per non pensare alle catacombe ebraiche che si
estendono sotto il perimetro della Villa per 13mila mq. E si
ignorava quanto gli archeologi avrebbero trovato nei
sotterranei del casino Nobile: una necropoli romana dove tre
scheletri si trovavano a faccia in giù, sorte riservata a
persone maledette. Nel predisporre la costruzione di tanti
bunker per le alte gerarchie e la sua famiglia, il Duce si era
preoccupato anche della sua amante. Fece infatti realizzare
per Claretta Petacci dei vani blindati nei locali di servizio
della Villa Camilluccia, vicino all’alcova tutta specchi e
mobili rosa. È stato demolito, insieme alla villa, nel 1975.
Cosa invece era stato previsto per l’incolumità del re
Vittorio Emanuele e della regina Elena? All’inizio
della guerra i sovrani, che risiedevano a Villa Ada, avevano
utilizzato come riparo le cantine: erano arredate a salottini,
e durante gli allarmi veniva servito il tè. Mussolini però tra
il 1941 e il ’42 pretese più sicurezza. In mezzo al parco, nel
banco tufaceo fu ricavato un grande ambiente a “U”, con prese
d’aria, una scala a chiocciola di marmo per un’uscita di
sicurezza e porte blindate. I sovrani entravano con l’auto,
trovando servizi igienici, acqua e scorte di viveri. A reggere
l’urto di eventuali bombe era una grande tettoia di cemento
armato. «Dopo Villa Torlonia», annuncia a “l’Espresso”
Giovanna Marinelli, assessore alla Cultura di Roma, «il
prossimo obiettivo è proprio l’apertura del bunker di
Villa Ada.Gli altri bunker dei potenti romani
non avevano nulla da invidiare a questi - salvo quello di
Palazzo Venezia,
rinvenuto di recente e non ultimato. Il più
capiente era all’Eur - quasi 500 mq -, il primo ad essere
costruito: era destinato agli alti funzionari impegnati a
organizzare quell’Esposizione Universale che non vide mai la
luce. Otto metri sotto il Palazzo degli Uffici, l’enorme
complesso in cemento armato mostra i cartelli che invitavano
al silenzio e vietavano il fumo. Il personale degli uffici
della Provincia e della Prefettura si rifugiava nel piano
interrato di Palazzo Valentini, con un’uscita di sicurezza sul
Foro di Traiano. Nel progetto era prevista l’installazione di
un impianto a pedali, una specie di cyclette: se necessario, i
rifugiati avrebbero dovuto pedalare a turno per garantire la
ventilazione. Di ricoveri blindati furono provvisti anche il
Viminale e il Ministero della Guerra: fu qui che si nascosero
il re e il maresciallo Badoglio la notte dell’8 settembre
1943, dopo aver dato notizia alla radio dell’Armistizio e
prima della fuga verso Brindisi.
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