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  INTERNOTIZIE

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LO SVILUPPO DEGLI EDIFICI RELIGIOSI CRISTIANI E LO SMANTELLAMENTO DEGLI ORPELLI PAGANI:MEDIOLANUM SEDE ARCIVESCOVILE SOTTO SANT'AMBROGIO

A Mediolanum la costruzione di grandi basiliche cristiane avvenne proprio quando Sant'Ambrogio divenne vescovo cittadino, anche se l'editto di Milano del 313 segnò anche l'inizio di profonde e radicali trasformazioni: l'incoraggiamento del culto cristiano portò alla metodica distruzione dei monumenti invisi alle autorità cristiane. A questo proposito è interessante notare che nella base su cui venne costruito San Lorenzo sono state riconosciute delle pietre tolte all'anfiteatro romano, tra la fine del IV o all'inizio del V secolo. Queste impiego era giustificato per la presenza di corsi d'acqua attorno alla zona dove fu costruito San Lorenzo, poiché era difficile recuperare grandi pietre a Mediolanum, trovandosi la stessa in una pianura argillosa. Non a caso il posizionamento delle famose colonne del III secolo davanti al cortile, indicano che l'edificazione delle grandi basiliche di epoca imperiale fu spesso fatta a spese degli edifici pagani. Vi è da aggiungere che a partire dal IV secolo, la liturgia eucaristica mediolanensis (costituendo ora una giurisdizione metropolitica sulle regioni Aemilia, Liguria e le Alpi occidentali) e quella di Aquileia (con giurisdizione su Venetia et Histria), andarono sempre più assomigliandosi ed accostandosi a quella del vicino Impero romano d'Oriente.[25]

Le prime basiliche di cui si ha notizia, sono denominate "basiliche doppie" (come la Basilica vetus del 313-315 o la Basilica maior degli anni 343-345).[61] Questa particolare conformazione forse derivava dall'aspetto degli horrea romani o, più probabilmente, si trattava, come ad Aquileia, di chiese separate per i battezzati e per i catecumeni, essendo il sacramento battesimale a quell'epoca concesso solo al completamento di un processo di conversione e purificazione spirituale. La basilica di Santa Tecla (le cui rovine sono visitabili sotto il Duomo) aveva già comunque un'abside di tipo tradizionale, che ricorda quelle delle "basiliche" annesse ai grandi palazzi civili.

Una fase successiva corrisponde a quella delle grandi basiliche della più tarda romanità, a forma poligonale, a croce, ecc. Questi furono i modelli adottati (oltre che a Milano) anche per alcune tra le maggiori basiliche più famose del tardo Impero, come quelle di Costantinopoli. Sappiamo infatti che Ambrogio fece costruire varie altre basiliche, di cui quattro ai quattro lati della città, quasi a formare un quadrato protettivo, probabilmente pensando alla forma di una croce. Esse corrispondono all'attuale S.Nazaro (sul decumano, presso la Porta Romana, allora era la "Basilica Apostolorum"), dalla parte opposta S.Simpliciano, a Sud-Ovest la Basilica Martyrum (poi lo stesso vescovo vi fu sepolto e divenne basilica di Sant'Ambrogio) e infine S.Dionigi. La Milano imperiale aveva una via trionfale, fiancheggiata da grandi portici colonnati che usciva da Porta Romana e proseguiva verso Roma, per terminare (all'altezza dell'attuale "Crocetta") con un enorme arco celebrativo (molto più grande dell'arco di Costantino nel Foro romano).

STORIA DELLA CANALIZZAZIONE DI MILANO

I progetti per l’imminente Expo del 2015 spesso parlano di vie d’acqua per raggiungere l’area dove sorgerà il sito; inoltre dai risultati del recente referendum riguardo la valorizzazione dei navigli, i milanesi hanno accolto con grande entusiasmo l’idea di restituire i corsi d’acqua a Milano.

 

Restituire… avete letto benissimo, non è un errore di battitura ma non molti sanno che a Milano scorre un labirinto di corsi d’acqua che si intersecano sotto la città.

Già dal precedente articolo sulla tombinatura del fiume Olona si è capito qual è stata la politica delle giunte milanesi dell’ultimo secolo: coprire, nascondere e cancellare il passato fluviale di Milano.

Queste decisioni appaiono molto criticate al giorno d’oggi; purtroppo l’aumento costante del traffico automobilistico e l’inquinamento crescente delle acque (non dimentichiamo che Milano fino al 2003 non disponeva di un sistema di depurazione delle acque efficace) non lasciarono scampo ai canali milanesi.

Il sottosuolo di Milano, oltre a una ricca presenza di acqua da fontanili e risorgive (gli utenti delle metropolitane conoscono benissimo il problema della falda acquifera per i frequenti allagamenti dovuti a questo fenomeno), può vantare moltissimi corsi d’acqua sotterranei.

Creare una mappa, o citarne tutti i nomi sarebbe un lavoro da ingegnere esperto del servizio idrico milanese pertanto mi limiterò a descrivere i tratti principali e i rami più importanti.

Naviglio Martesana, Seveso e Cavo Redefosssi
Il naviglio della Martesana fu costruito tra il 1460 e il 1496 (anno in cui fu raggiunta la fossa interna presso San Marco). La diga di “presa” del naviglio si trova a Trezzo sull’Adda. Il suo percorso cittadino in origine percorreva completamente l’odierna via Melchiorre Gioia.

Giunto al Ponte delle Gabelle (attuale viale Montegrappa angolo Melchiorre Gioia) entrava attraverso i Bastioni in città, proseguiva lungo la via San Marco fino a creare il “Tombone di San Marco” (el Tumbun in dialetto) dove infine sfociava nella cerchia interna dei Navigli nell’attuale via Fatebenefratelli.

Il Seveso invece è un torrente che nasce a Cavallasca (CO) sul monte Sasso e attraversa tutta la Brianza fino ad entrare a Milano in zona Niguarda. Il corso è stato deviato in antichità dai Romani per creare il Grande Sevese e il Piccolo Sevese, due canali difensivi lungo le Mura repubblicane. Nel 1471, quando la Martesana giunse alla Cascina de Pomm, il Seveso venne deviato per ricevere le acque in eccesso della Martesana fino al 1496 quando ,completata la Martesana, il Seveso ne divenne un affluente.

Il Cavo Redefossi nasce nel 1783 circa dal Naviglio Martesana al ponte delle Gabelle con lo scopo di evitare le esondazioni del naviglio nei periodi di piena (ricordando che in quel punto il naviglio ha appena ricevuto le acque del Seveso).

Percorrendo i viali di circonvallazione dei Bastioni orientali (fungendo quindi anche da fossato difensivo) porta le sue acque da Porta Nuova fino a Porta Romana (attuale piazza Medaglie d’Oro) dove devia verso Sud e, percorrendo tutto l’attuale Corso Lodi, porta le sue acque a Melegnano dove sfocia nel Lambro (dopo aver ricevuto anche la Vettabbia, di cui parleremo più avanti).

La situazione attuale: attualmente in superficie scorre solo la Martesana fino a Cascina de Pomm; da quel punto inizia il suo percorso sotterraneo lungo la via Melchiorre Gioia.

Il Seveso sul territorio di Milano è interamente tombinato; inizia il suo percorso sotterraneo in via Ornato e sfocia nella Martesana alla confluenza tra via Carissimi e via Gioia.

Nonostante il suo percorso sotterraneo riesce spesso a far parlare di sé per le continue esondazioni in zona Niguarda che avvengono con una frequenza impressionante al minimo aumento di portata; la costruzione del Canale Scolmatore di Nord – Ovest e di una griglia di decantazione prima della tombinatura non hanno portato a un miglioramento sperato.

Al Ponte delle Gabelle, interrato nel manto stradale, esiste tutt’ora la diga che dà origine al cavo Redefossi (vedi schema).

La maggior parte delle acque della Martesana viene sversata nel Redefossi che percorre sotterraneo tutta la circonvallazione dei Bastioni (via Monte Santo, viale Vittorio Veneto, viale Piave, viale Premuda e viale Monte Nero) fino a Corso Lodi dove scorre sempre sotterraneo fino a rivedere la luce a San Donato Milanese e San Giuliano anche se in tempi recentissimi si sta provvedendo alla tombinatura anche di questo tratto.

Dal Ponte delle Gabelle esiste ancora un piccolo canale che porta una minima quantità d’acqua lungo la via San Marco e da lì a mezzo del Cavo Borgonuovo (che percorre la via omonima) a rifornire il Grande Sevese che nasce sotto via Montenapoleone.

Grande Sevese, Piccolo Sevese, Ticinello e Vettabbia
Il Grande Sevese e il Piccolo Sevese sono due canali scavati in età romana (all’incirca in età repubblicana), derivati da una deviazione del torrente Seveso a Nord della città (detta Sevesetto). Il Grande Sevese costeggiava le mura romane dal lato orientale mentre il Piccolo Sevese seguiva lo stesso percorso dal lato occidentale. Dalla loro unione, che avveniva nella zona dell’attuale Parco delle Basiliche, nasceva la Vettabbia.

La Vettabbia è un canale che nasceva appunto come detto in precedenza dalla confluenza del Grande e Piccolo Sevese nell’attuale Parco delle Basiliche. Il suo percorso puntava verso sud/est andando ad intercettare il Lambro. In epoca romana, riceveva anche portata dell’Olona deviato dai romani per rifornire la fossa difensiva occidentale.

Il Cavo Ticinello (da non confondere con il canale omonimo che scorreva al confine con la provincia di Pavia da Abbiategrasso a Bereguardo) è un canale che trae le sue acque dalla Darsena dal lato di Porta Ticinese. Era utilizzato come canale scolmatore già da prima che venisse scavato il Naviglio Pavese. Il suo percorso è parallelo alla Vettabbia in uscita da Milano andando a sfociare nel Lambro Meridionale.

La situazione attuale: probabilmente il percorso di questi canali è la parte più affascinante di tutta la ricerca poiché ne esiste ancora buona parte in pieno centro anche se è stata completamente assorbita e celata nel manto stradale.

Il Grande Sevese scorre tutt’ora per il centro cittadino; il rifornimento d’acqua è assicurato dalla minima portata garantita dal canale sotterraneo di via San Marco (derivato dalla Martesana) che fa giungere le acque in via Montenapoleone (attuale inizio del Grande Sevese) tramite il Cavo Borgonuovo, sotto l’omonima via.

Da via Montenapoleone raggiunge piazza San Babila e completamente interrato arriva in via Larga (a pochi passi dal Duomo!!!) e da lì percorrendo le piccole vie del centro giunge al Parco dietro la basilica di San Lorenzo dove incontrandosi con il Piccolo Sevese formano il canale della Vetra che, sempre sotterraneo, sfocia nella Vettabbia.

Il Piccolo Sevese invece scorre sotto il manto stradale da Foro Bonaparte ang. Via Tivoli, alimentato probabilmente dalla Roggia Castello che arriva da nord passando a fianco del cimitero Monumentale.

Tramite le vie del centro (passando sotto via San Giovanni sul Muro, Corso Magenta e via Nirone) giunge in zona del Carrobbio e da lì in piazza Vetra dove si unisce, come già detto, al Grande Sevese nel canale della Vetra e poi nella Vettabbia.

L’attuale roggia Vettabbia (molto limitata se si pensa che in passato era un canale navigabile!) nasce appunto sotto il parco delle Basiliche dal canale della Vetra.

Percorre interrata via Calatafimi, via Col Moschin e via Castelbarco. Esce allo scoperto in viale Toscana angolo Via Bazzi (coperto però da un cartellone pubblicitario!) e a cielo aperto attraversa il quartiere ex OM (quartiere Spadolini), il Vigentino fino a sfociare nel Redefossi dopo Melegnano.

Il Cavo Ticinello invece è molto più misterioso rispetto alla Vettabbia.

Sappiamo che in Darsena esce dalle chiuse presenti verso piazza XXIV Maggio, attraversa sotterraneo il monumento del Cagnola di porta Ticinese e imbocca viale Col di Lana.

Da lì il suo percorso risultava in passato scorrere parallelo, senza incrociarsi, con la Vettabbia. Oggi non si riesce a ben capire se i due corsi scorrano ancora separati o si uniscano per questo breve tratto.

Percorrendo la via Bazzi, esce allo scoperto tra via De Missaglia e il quartiere Selvanesco e sfocia nel Lambro Meridionale.

Nella prossima parte prenderemo in considerazione la Cerchia Interna, l’Olona e il Lambro. A presto.

Cerchia Interna dei Navigli, Naviglio del Vallone, di San Gerolamo e Morto

La cosiddetta cerchia dei Navigli derivava dall’antico fossato difensivo medievale del 1156 ad opera di Guglielmo da Guintellino creato per difendere Milano dalle incursioni del Barbarossa.

 

Quando il Naviglio Grande (1272 ca.) e il Naviglio Martesana (1496) giunsero a Milano, si decise di collegare la cerchia interna a questi due corsi per sfruttare le vie d’acqua per il trasporto del marmo per la costruzione del Duomo.

Le acque della Martesana, dopo il Tombone di San Marco, si immettevano nella cerchia interna in via Fatebenefratelli, percorrevano piazza Cavour, via Senato, via San Damiano, via Visconti di Modrone, via Francesco Sforza, via Santa Sofia, via Molino delle Armi, via de Amicis e via Carducci.

Nell’attuale via Francesco Sforza all’altezza di via Laghetto, fu costruito il porto di approdo per i marmi di Candoglia del Duomo; questo “approdo” prese il nome di Laghetto di Santo Stefano, proprio accanto all’ospedale Ca’ Granda (attuale Università Statale).

Per collegare il Naviglio Grande dalla Darsena alla cerchia interna fu costruito il Naviglio del Vallone, o anche conosciuto come Viarenna, dal nome della prima conca al mondo costruita (1439 ca.). Il Naviglio del Vallone sottopassava i Bastioni dell’attuale via Gabriele d’Annunzio e tramite l’attuale via Conca del Naviglio (vedi foto di apertura) andavano ad intercettare la fossa interna all’angolo con via Molino delle Armi.

Il Naviglio Morto invece era un tratto di Naviglio nell’attuale via Pontaccio, un tratto facente parte dell’antica cerchia interna del 1156 che andava a rifornire il fossato del castello. Con la dismissione di questo compito difensivo rimase “chiuso” in via Pontaccio e prese appunto il nome di Naviglio Morto.

Stessa sorte per il Naviglio di San Gerolamo della cerchia interna che rimase attivo lungo la via Carducci, terminava nell’attuale piazza Cadorna.

La situazione attuale: con il PRG (Piano Regolatore) Beruto del 1884 venne pianificata la chiusura della fossa interna.

I primi tratti ad essere coperti furono il Naviglio Morto e il Naviglio di San Gerolamo nel 1894. La cerchia interna invece venne coperta nel biennio 1929-30. Il tratto da via Fatebenefratelli a via Molino delle Armi, compreso il Naviglio del Vallone venne coperto.

Attualmente non vi scorre acqua e non c’è possibilità che succeda in quanto gli alvei sono stati completamente riempiti durante la ristrutturazione negli anni 60/70 per scongiurare pericoli di crollo. Del passato idrico in queste vie non rimane traccia alcuna. Gli unici particolari che si possono notare sono agli incroci dei dislivelli stradali dove l’alzaia incrociava i vecchi ponti (particolarmente evidente nell’incrocio tra Molino delle Armi e Corso Italia). Resta un monumento con un tratto di naviglio in acqua stagnante (aggiungerei putrida) a ricordare la presenza della Conca di Viarenna in via Conca del Naviglio.

Olona e Lambro Meridionale
Il bacino idrico occidentale di Milano è formato da questi due corsi d’acqua. Avendone già parlato in un precedente articolo mi limiterò solo a citare gli affluenti dell’Olona. Vicino a Rho l’Olona riceve i torrenti Bozzente e Lura. In zona Musocco giunge tombinato il torrente Fugone (o Merlata) che si immette nell’Olona in zona San Siro. Più a Valle, nell’attuale piazza Stuparich l’Olona riceve il torrente Pudiga (o Mussa) che giunge a Milano nel quartiere Vialba, tombinato sotto viale Espinasse.

Il Lambro Meridionale è un colatore che trae le sue origini probabilmente dall’antico alveo del torrente Lombra (che attualmente corrisponde circa al percorso del tratto di circonvallazione tombinato dell’Olona).

Già dall’epoca romana veniva utilizzato come canale di scarico fognario (infatti ne deriva il suo nome come Lambro Merdario). La funzione del Lambro Meridionale potrebbe esser paragonata alla ben più famosa Cloaca Maxima di Roma.

Riceveva lo spurgo della città tramite un canale che percorreva via Conca del Naviglio e , ricalcando il percorso del Naviglio Grande, lo intercettava nell’attuale San Cristoforo.

Con lo scavo del Naviglio Grande, uno scarico del Naviglio stesso divenne la sua foce. Dal 1930 circa ricevette anche le acque dell’Olona sempre a San Cristoforo venendo canalizzato nel suo percorso attuale.

La situazione attuale: Il punto dove nasce il Lambro Meridionale è ancora oggi visibilissimo; le chiuse del Naviglio Grande sotto il ponte ferrato della ferrovia a San Cristoforo danno origine al canale che pochi metri dopo la nascita riceve le acque dell’Olona provenienti dalla circonvallazione.

Il colatore prosegue scoperto e canalizzato lungo le vie Malaga e Santander. All’incrocio con viale Famagosta inizia la tombinatura che scorre lungo via San Vigilio e via San Paolino.

Attraversa scoperto l’autostrada A7 e il deposito della metropolitana a Famagosta. In via Boffalora riceve le acque del Deviatore Olona. Sottopassa il Naviglio Pavese vicino a Chiesa Rossa (ricevendone anche parte di portata) e lascia la città in direzione Rozzano sempre a cielo aperto. Dopo aver attraversato il pavese sfocia nel Lambro a Sant’Angelo Lodigiano.

Il Lambro

Molti, per differenziarlo dal Colatore Lambro Meridionale, preferiscono indicarlo come Lambro Settentrionale. Ma il suo nome originale è Lambro. Nasce dai Monti del San Primo a Magreglio. Arriva da Monza attraverso Cologno Monzese e nella zona di Cascina Gobba sottopassa il Naviglio Martesana ricevendone le acque in eccesso. Entrato nel territorio comunale di Milano attraversa il parco Lambro, viale Forlanini, Cascina Monluè ed esce in zona Peschiera Borromeo. A Melegnano riceve le acque della Vettabbia e Cavo Redefossi, mentre a Sant’Angelo Lodigiano riceve il Colatore Lambro Meridionale. A Senna Lodigiana confluisce nel Po.

La situazione attuale:
Il Lambro risulta completamente scoperto come fiume nonostante la scarsa qualità delle sue acque. La sua posizione periferica l’ha preservato dalla tombinatura selvaggia che hanno subito i canali milanesi. Sicuramente la sua portata risulta aumentata in quanto nel corso dei secoli è diventato lo scolmatore delle acque di Milano. Tutto l’attuale sistema idrico di Milano scarica direttamente o indirettamente nel Lambro (Vettabbia, Redefossi e Lambro Meridionale). L’unica via di uscita “alternativa” delle acque da Milano è il Naviglio Pavese.

Cosa resta a Milano…
A Milano del suo passato fluviale, oltre il Naviglio Grande, la Darsena e il Naviglio Pavese resta veramente poco. Il mio auspicio personale è che presto vengano riattivati i percorsi storici, ovviamente non prima di una depurazione delle acque a monte della città, di una razionalizzazione dei percorsi dove riaprire i canali e una buona manutenzione negli anni a venire. Togliere definitivamente le auto dal centro, potenziando il trasporto pubblico (magari anche idrico!) e restituendo l’acqua sarebbe un gran bel sogno…per adesso accontentiamoci di ricordare la città com’era con i suoi canali attraverso le foto in bianco e nero!

A chi fosse interessato ad approfondire l’argomento consiglio la lettura del libro: “Viaggio nel sottosuolo di Milano tra acque e canali segreti” di M. Brown, A. Gentile e G. Spadoni – Editore Comune di Milano, non più disponibile in commercio ma a disposizione presso le biblioteche comunali rionali di Milano e il consorzio di biblioteche CSBNO, da cui sono state tratte la maggior parte delle immagini di questo articolo e con cui mi sono documentato per scriverlo.

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