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MENTRE SI PARLA
DI KOBANE, L'ISIS HA GIA' INIZIATO L'ATTACCO A BAGDAD!!
Diecimila miliziani dell’Isis alle porte di
Baghdad pronti a sferrare un attacco alla capitale dell’Iraq. È
quanto riporta il Telegraph, citando un funzionario
governativo iracheno che invoca l’intervento militare americano per
scongiurare la caduta del Paese in mano agli estremisti fedeli all’autoproclamato
califfo, Abu Bakr-alBaghdadi. Una situazione che,
se confermata, stravolgerebbe la situazione, con i jihadisti che,
con la capitale in mano, si appresterebbero a governare l’Iraq.
Negli ultimi due giorni, Baghdad è stata oggetto di sei attentati
rivendicati dall’Isis che hanno provocato oltre 80 morti.
Questi attacchi hanno colpito quartieri sciiti e checkpoint militari
iracheni. Anche il capo di stato maggiore Usa,
generale Martin Dempsey, ha confermato che i
fondamentalisti stanno attaccando la città: “I jihadisti dello
Stato islamico – ha detto alla Abc – hanno
nel mirino l’aeroporto di Baghdad. Di recente hanno tentato di
conquistarlo, e sono stati respinti dagli attacchi degli elicotteri
Usa”.
L’Isis
cambia strategia e punta a sud.
Dopo aver preso il controllo della
parte nord del Paese, lo Stato islamico ha rivisto la sua strategia.
Negli ultimi giorni, i miliziani hanno attaccato diversi villaggi e
città nella zona sud-occidentale del paese, tanto da conquistare la
provincia di al-Anbar. A niente è servita la
resistenza delle milizie schierate al confine tra i territori del
califfato e quelli della regione irachena che avevano chiesto
l’intervento delle forze di coalizione per frenare l’avanzata dei
jihadisti. Domenica c’è stata una vera e propria riorganizzazione
dei fronti aperti dello Stato islamico: centinaia di uomini sono
stati inviati, dalle zone interne del califfato, verso i confini per
combattere contro le milizie governative, in Iraq, e contro i curdi,
in Siria. I sei attentati kamikaze organizzati
dallo Stato islamico, sabato e domenica a Baghdad, hanno causato
oltre 80 morti e rappresentano il primo segno della volontà
dell’Isis di conquistare la città. Obiettivo delle autobomba sono
stati proprio quartieri sciiti della città e
posti di blocco dell’esercito regolare iracheno. Anche
la Cbs scriveva, nei giorni scorsi, della conquista da
parte dei miliziani di Abu Ghraib, città a pochi chilometri a nord
dell’aeroporto della capitale. Anche
il reporter decapitato nei giorni scorsi dai jihadisti che lo
avevano rapito lo scorso 7 settembre è stato ucciso a Samra,
villaggio a nord di Baghdad controllato dai curdi, segno di un piano
di avvicinamento delle milizie del califfato verso la capitale.
Dempsey:
“Situazione va affrontata diversamente”. Il
capo di stato maggiore degli Stati Uniti torna a
parlare delle strategie d’intervento americano in Iraq e Siria, dopo
i botta e risposta con la Casa Bianca delle
settimane scorse, in cui riteneva un intervento di terra
necessario per sconfiggere l’Isis. “I raid aerei non basteranno”,
aveva detto. Ora, il generale torna a parlare di una situazione che,
a suo dire, non potrà avere un epilogo positivo se non si deciderà
di intraprendere una vera e propria campagna militare sul campo: “I
jihadisti dello Stato islamico hanno nel mirino l’aeroporto
di Baghdad. Di recente hanno tentato di conquistarlo, e sono stati
respinti dagli attacchi degli elicotteri Usa. Sono convinto che sarà
necessario un diverso modo di assistenza per la complessità della
situazione”.
La bandiera
dell’Isis in piazza San Pietro.
La bandiera nera,
simbolo del califfato, che sventola sull’Obelisco Vaticano
e una scritta, “La crociata fallita”. È l’ennesima
provocazione degli estremisti dello Stato Islamico che oggi hanno
diffuso il quarto numero del loro magazine, Dabiq, con una
copertina che si rivolge ai paesi occidentali della coalizione
anti-Isis. I miliziani continuano a muoversi e combattere in Iraq e
Siria, ma non distolgono lo sguardo dall’Occidente e dai cristiani,
i veri grandi nemici del califfato. In questo senso va letto anche
l’invito all’uccisione dei dirigenti di Twitter.
“Devono morire”, scrivono sul popolare social network i sostenitori
del movimento terroristico, rivolgendosi ai “lupi solitari”
presenti negli Usa. L’accusa sarebbe quella di ostacolare la
diffusione degli ideali dello Stato islamico: gli amministratori di
Twitter, infatti, individuano e eliminano tutti gli account (circa
400 solo negli ultimi mesi, ndr) che incitano alla violenza, alla
guerra o che sostengono il terrorismo.
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