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  INTERNOTIZIE

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LA LUNGA GUERRA LONGOBARDO-GEPIDA (551-567 d.C.), LA VITTORIA DEGLI AVARI E LA SMOBILITAZIONE VERSO L'ITALIA. CON LA SCOMPARSA DI GIUSTINIANO (565 d.C.) VIENE MENO L'ULTIMO BASTIONE PER IL CONTROLLO DEI LONGOBARDI

Grazie anche al contributo militare di un modesto contingente bizantino e, soprattutto, dei cavalieri avari[12], i Longobardi affrontarono i Gepidi e li vinsero (551)[45], mettendo fine alla lotta per la supremazia nell'area norico-pannonica. In quella battaglia si distinse il figlio di Audoino, Alboino. Ma uno strapotere dei Longobardi in quella zona non serviva gli interessi di Giustiniano[46][47] e quest'ultimo, pur servendosi di contingenti longobardi anche molto consistenti contro Totila e perfino contro i Persiani[48], cominciò a favorire nuovamente i Gepidi[46][47]. Quando Audoino morì, il suo successore Alboino dovette stipulare un'alleanza con gli Avari, che però prevedeva in caso di vittoria sui Gepidi che tutto il territorio occupato dai Longobardi andasse agli Avari[47]. Nel 567 un doppio attacco ai Gepidi (i Longobardi da ovest, gli Avari da est) si concluse con due cruente battaglie, entrambe fatali ai Gepidi, che scomparivano così dalla storia; i pochi superstiti vennero assorbiti dagli stessi Longobardi[49][50]. Gli Avari si impossessavano di quasi tutto il loro territorio, salvo Sirmio e il litorale dalmata che tornarono ai Bizantini[50][51].

Invasione dell'Italia

Sconfitti i Gepidi, la situazione era cambiata assai poco per Alboino, che al loro posto aveva dovuto lasciar insediare i non meno pericolosi Avari; decise quindi di lanciarsi verso le pianure dell'Italia, appena devastate dalla sanguinosa Guerra gotica. Nel 568 i Longobardi invasero l'Italia attraversando l'Isonzo[52]. Insieme a loro c'erano contingenti di altri popoli[53]. Jörg Jarnut, e con lui la maggior parte degli autori, stima la consistenza numerica totale dei popoli in migrazione tra i cento e i centocinquantamila fra guerrieri, donne e non combattenti[52]; non esiste tuttavia pieno accordo tra gli storici a proposito del loro reale numero[54].

La resistenza bizantina fu debole; le ragioni della facilità con la quale i Longobardi sottomisero l'Italia sono tuttora oggetto di dibattito storico[55]. All'epoca la consistenza numerica della popolazione era al suo minimo storico, dopo le devastazioni seguite alla Guerra gotica[55]; inoltre i Bizantini, che dopo la resa di Teia, l'ultimo re degli Ostrogoti, avevano ritirato le migliori truppe e i migliori comandanti[55] dall'Italia perché impegnati contemporaneamente anche contro Avari e Persiani, si difesero solo nelle grandi città fortificate[52]. Gli Ostrogoti che erano rimasti in Italia verosimilmente non opposero strenua resistenza, vista la scelta fra cadere in mano ai Longobardi, dopotutto Germani come loro, o restare in quelle dei Bizantini.[55]

 Cartina politica dell'Italia nel 600 dopo Cristo. La linea rossa delimita la prima occupazione Longobrda estremamente frammentata

 

 

Nel 568 i Longobardi, condotti da Alboino, invasero l'Italia dalla Pannonia; dopo aver occupato le Venezie tranne alcune città costiere, Alboino invase la Lombardia e il 3 settembre della terza indizione (anno 569) entrò a Milano:

(LA)
« Alboin igitur Liguriam introiens, indictione ingrediente tertia, tertio nonas septembris, sub temporibus Honorati archiepiscopi Mediolanum ingressus est. Dehinc universas Liguriae civitates, praeter has quae in litore maris sunt positae, cepit. Honoratus vero archiepiscopus Mediolanum deserens, ad Genuensem urbem confugit. »
(IT)
« Alboino, invasa la Liguria, entrò a Milano nella terza indizione, il 3 settembre, ai tempi dell'arcivescovo Onorato. Successivamente conquistò tutte le città della Liguria, tranne quelle sul littoriale. Ma l'arcivescovo Onorato, abbandonando Milano, fuggì nella città di Genova. »
(Paolo Diacono, Historia Langobardorum, II, 25.)

Come conseguenza della conquista, l'aristocrazia senatoria, il vescovo e gran parte del clero si rifugiano per più di settant'anni a Genova; la città si impoverisce gravemente, anche per il prevalere di Pavia, divenuta la capitale dei Longobardi.

Nel 588 Audualdo e altri sei duchi dei Franchi minacciano la città di Milano con il loro esercito mentre Autari è asserragliato a Pavia ma la dissenteria scoppiata tra le loro file li costringe a ritirarsi in Francia dopo aver conquistato numerose fortezze. All'inizio di novembre del 590, in seguito alla morte di Autari, Agilulfo, il duca di Torino, diviene il nuovo re con Teodolinda come consorte e sposta la capitale del Regno dei Longobardi da Pavia a Milano. Poco dopo nasce Gundeberga, figlia postuma di Autari. Nel maggio del 591 Agilulfo viene riconosciuto da tutti i longobardi quale nuovo re a Milano.

In questo periodo si ebbe una germanizzazione della regione intorno a Milano e di altre aree che complessivamente vennero chiamate Langobardia Maior (corrispondente allora a gran parte dell'Italia centro-settentrionale e avente come fulcro la capitale Pavia); questo termine, trasformatosi in Lombardia, passò a designare la regione intorno a Milano. Mentre gli Ostrogoti tentarono di portare avanti la cultura romana, inizialmente sotto i Longobardi la popolazione cittadina venne trattata come una popolazione di sconfitti soggetta a pesanti tributi che andavano nelle tasche dei liberi germanici. Le cose migliorarono col regno di Autari (584-590) e ancor di più sotto la regina Teodolinda, che si era convertita al cattolicesimo dall'originario arianesimo.

  • ^ a b Capo, pp. 384-385.
  • ^ Jarnut, p. 12; Rovagnati, pp. 17-18.
  • ^ Jarnut, p. 13.
  • ^ Rovagnati, p. 18.
  • ^ Paolo Diacono, I, 14.
  • ^ Paolo Diacono, I, 16.
  • ^ Jarnut, pp. 24-26; Rovagnati, pp. 18-19.
  • ^ a b Jarnut, p. 14.
  • ^ a b c Rovagnati, p. 22.
  • ^ Paolo Diacono, I, 19.
  • ^ Jarnut, p. 15.
  • ^ Paolo Diacono, I, 21.
  • ^ Rovagnati, p. 24.
  • ^ Jarnut, p. 17.
  • ^ a b Paolo Diacono, I, 22.
  • ^ Rovagnati, p. 27.
  • ^ Jarnut, p. 19.
  • ^ Paolo Diacono, I, 23.
  • ^ a b Jarnut, p. 21.
  • ^ a b c Rovagnati, p. 30.
  • ^ Procopio, De bello Gothico, IV, 26.
  • ^ Paolo Diacono, I, 27.
  • ^ a b Rovagnati, p. 31.
  • ^ Jarnut, p. 22.
  • ^ a b c Jarnut, p. 30.
  • ^ Paolo Diacono, II, 26.
  • ^ Per Giorgio Ruffolo, per esempio, i Longobardi che invasero l'Italia erano circa trecentomila (Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, p. 175).
  • ^ a b c d e Jarnut, p. 31.
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