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  INTERNOTIZIE

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Il 13 agosto 554, con la promulgazione a Costantinopoli da parte di Giustiniano di una Pragmatica sanctio (pro petitione Vigilii) (Prammatica sanzione sulle richieste di papa Vigilio), l'Italia rientrava, sebbene non ancora del tutto pacificata, nel dominio romano.[2] Con essa Giustiniano estese la legislazione dell'Impero all'Italia, riconoscendo le concessioni attuate dai re goti fatta eccezione per l' "immondo" Totila, e promise fondi per ricostruire le opere pubbliche distrutte o danneggiate dalla guerra, garantendo inoltre che sarebbero stati corretti gli abusi nella riscossione delle tasse e sarebbero stati forniti fondi all'istruzione.[3] Narsete avviò inoltre la ricostruzione di un'Italia in forte crisi dopo un conflitto così lungo e devastante, riparando anche le mura di varie città ed edificando numerose chiese, e fonti propagandistiche parlano di un'Italia riportata all'antica felicità sotto il governo di Narsete.[4] Secondo la storiografia moderna tali fonti sono però esageratamente ottimistiche, in quanto, nella realtà dei fatti, Roma faticò, nonostante i fondi promessi, a riprendersi dalla guerra e l'unica opera pubblica riparata nella Città Eterna di cui si ha notizia è il ponte Salario, distrutto da Totila e ricostruito nel 565.[5] Nel 556 Papa Pelagio si lamentò in una lettera delle condizioni delle campagne, «così desolate che nessuno è in grado di recuperare.»[6] Anche il declino del senato romano non fu fermato, portando alla sua dissoluzione agli inizi del VII secolo.

LA FINE DELLA PREFETTURA D'ITALIA (584 d.C.):nasce l'Esarcato con capitale Ravenna ed i Ducati di Roma,Calabria,Amalfi

La prefettura del pretorio d'Italia, suddivisa in province.

Narsete rimase ancora in Italia con poteri straordinari e riorganizzò anche l'apparato difensivo, amministrativo e fiscale. A difesa della penisola furono stanziati quattro comandi militari, uno a Forum Iulii (vicino al confine con Norico e Pannonia), uno a Trento, uno in Insubria ed infine uno presso le Alpi Cozie e Graie.[7] L'Italia fu organizzata in Prefettura e suddivisa in due diocesi, a loro volta suddivise in province:[7]

  1. Alpes Cotiæ (Piemonte e Liguria)
  2. Liguria (Lombardia e Piemonte orientale)
  3. Venetia et Histria (Veneto, Trentino, Friuli e Istria)
  4. Æmilia (Emilia)
  5. Flaminia (ex Ager Gallicus)
  6. Picenum
  7. Alpes Apenninæ (gli Appennini settentrionali)
  8. Tuscia (Toscana e Umbria)
  9. Valeria (Sabina)
  10. Campania (Lazio litoraneo e Campania litoranea)
  11. Samnium (Abruzzo e Irpinia)
  12. Apulia (Puglia)
  13. Calabria (Cilento, Basilicata e Calabria)

Nel 568 l'imperatore Giustino II (565-578), in seguito alle proteste dei Romani[8], rimosse dall'incarico di governatore Narsete, sostituendolo con Longino. Il fatto che Longino sia indicato nelle fonti primarie[9] come prefetto indica che governasse l'Italia in qualità di prefetto del pretorio, anche se non si può escludere che fosse anche il generale supremo delle forze italo-bizantine.[10]

 

 

Intorno al 580, stando alla Descriptio orbis romani di Giorgio Ciprio, Tiberio II divise in cinque province o eparchie l'Italia bizantina:

  • Urbicaria, comprendente i possedimenti bizantini in Liguria, Toscana, Sabina, Piceno, e Lazio litoraneo (tra cui Roma);
  • Annonaria, comprendente i possedimenti bizantini nella Venezia e Istria, in Æmilia, nell'Appennino settentrionale e nella Flaminia;
  • Æmilia, comprendente i possedimenti bizantini nella parte centrale dell'Æmilia, a cui si aggiungono l'estremità sud-occidentale della Venezia (Cremona e zone limitrofe) e l'estremità sud-orientale della Liguria (con Lodi Vecchio);
  • Campania, comprendente i possedimenti bizantini nella Campania litoranea, nel Sannio e nel Nord dell'Apulia;
  • Calabria, comprendente i possedimenti bizantini nel Cilento, in Lucania e nel resto dell'Apulia.

Tale riforma amministrativa dell'Italia sembra motivata dall'adattare l'amministrazione dell'Italia alle necessità militari del momento, visto che gran parte della penisola era soggetta alle devastazioni dei Longobardi e ogni tentativo (compresa la spedizione di Baduario) per debellarli era fallito. Prendendo dunque atto delle conquiste effettuate dai Longobardi, fu introdotto con la riforma il sistema dei «tratti limitanei», anticipando la riforma dell'Esarcato, che fu realizzata alcuni anni dopo.[15]

Fine della prefettura: l'istituzione dell'esarcato (584 ca)

Per arginare l'invasione longobarda, l'imperatore Maurizio (582-602) prese nuovi provvedimenti nell'Italia bizantina, decidendo di sopprimere la Prefettura del pretorio d'Italia, sostituendola con l'Esarcato d'Italia, governato dall'esarca, la massima autorità civile e militare della nuova istituzione. La carica di prefetto d'Italia non venne abolita fino ad almeno a metà del VII secolo, anche se divenne subordinata all'esarca.[16] I confini dell'Esarcato d'Italia non furono mai definiti, dato l'incessante stato di guerra tra bizantini e longobardi.

Il primo riferimento nelle fonti dell'epoca all'esarcato e all'esarca si ebbe nel 584: in una lettera, Papa Pelagio II menziona per la prima volta un esarca (forse il patrizio Decio citato nella stessa missiva). Secondo alcuni storici moderni, l'esarcato, all'epoca della lettera (584), doveva essere stato istituito da poco tempo.[16]

 

 

 

 

 

 

 

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