Il patto del Nazareno fa il
tagliando e sembra reggere. Renzi e Berlusconi si giurano lealtà
reciproca su Italicum e riforma del Senato: la legge elettorale sarà
incardinata al Senato prima dell’estate (è una speranza più che un
annuncio), mentre il Senato sarà composto da membri scelti con
l’elezione di secondo grado. Lo spazio di manovra per il
Movimento Cinque Stelle – che si era offerto
quasi in zona Cesarini per avviare un dialogo – rischia di essere un
po’ più stretto.
“E’ pazzesco” commenta, dice Beppe Grillo che
chiede di nuovo le preferenze in vista del nuovo incontro con il Pd.
Ma dopo che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha
incontrato Silvio Berluxconi per
la terza volta dopo condanna, interdizione e decadenza da senatore,
la sorpresa è che a implodere per una volta è Forza
Italia. Gli scontri sono esplosi durante l’assemblea
congiunta dei parlamentari, con l’ex Cavaliere lì a ascoltare toni
che si sono anche alzati.
Oltre tre ore di confronto che hanno confermato che la fronda va
molto oltre Augusto Minzolini:
coinvolge figure storiche del partito come Renato
Brunetta, Cinzia Bonfrisco e
Giacomo Caliendo. Oggetto del
contendere non tanto la legge elettorale (piace molto più ai
berlusconiani che a una parte del Pd) quanto il Senato che molti
vorrebbero elettivo. Ma alla fine di un’assemblea durata 4 ore la
decisione è che sarà ancora lui, Berlusconi, a dire l’ultima
parola.
Il tagliando al patto del Nazareno: lealtà reciproca tra B.
e Renzi
In mattinata Renzi ha ricevuto Berlusconi nel suo appartamento di
Palazzo Chigi. Un incontro di due ore al quale hanno partecipato
anche lo stesso Guerini, Gianni Letta e
Denis Verdini. Dalla sede della presidenza del
Consiglio sono usciti tutti contenti. ”E’ stato confermato
l’impianto dell’intesa raggiunta nei mesi scorsi. L’accordo regge –
ha detto Guerini – E’ stato un incontro molto positivo nel quale si
è confermato il percorso detto in passato. Continuiamo a tenere il
confronto aperto con tutte le forze politiche e oggi abbiamo
approfondito con Forza Italia perché abbiamo l’obiettivo di
realizzare le riforme”. Dalle parti di Forza Italia non parla
nessuno ufficialmente, ma le agenzie di stampa descrivevano un
Berlusconi quasi raggiante perché durante l’incontro ha avuto la rassicurazione
che l’Italicum resterà invariato. Per dirla
ancora più precisamente: il tagliando di oggi al patto di Nazareno
conferma che le riforme sono tutte legate, lealtà del Pd sull’Italicum,
lealtà di Forza Italia sulla riforma del Senato. Da qui la “fretta”
di votare la nuova legge elettorale al Senato (dopo il primo ok di
Montecitorio) già prima della sospensione dei lavori di agosto. E’
vero che per qualcuno la previsione non è proprio corretta: “Ne
riparleremo a settembre” dice il capogruppo di Ncd al Senato
Maurizio Sacconi. Ma d’altra parte incardinare
l’Italicum prima della chiusura del Parlamento eviterebbe scherzi
sulle preferenze, dopo l’apertura di Renzi nell’incontro con i
Cinque Stelle. Guerini, comunque, formalmente, su questo punto
lascia la porta aperta: “E’ un tema aperto su cui discuteremo con
tutti”. Resta però che se ci fosse una classifica delle cose che
Berlusconi non vuole nei testi delle riforme, le preferenze
sarebbero al primo posto.
Riforme, 250 mila firme per leggi popolari
e corsia veloce a ddl prioritari: è polemica
E' quanto previsto da
alcuni emendamenti a firma dei relatori, Anna Finocchiaro e Roberto
Calderoli, approvati dalla commissione Affari costituzionali del
Senato, che ha ripreso l’esame e il voto delle modifiche al ddl
sulle riforme costituzionali. Ok anche alla "ghigliottina" per i
tempi in Parlamento e al parere preventivo della Consulta sulle
leggi elettorali. E' polemica. Fdi: "Fastidio per la partecipazione
popolare". M5S: "I partiti tolgono ancora potere ai cittadini"
Prosegue tra le polemiche il
cammino delle riforme. In mattinata la Commissione Affari
costituzionali del Senato ha ripreso l’esame e il voto
degli emendamenti al ddl 1429, contenente le modifiche al testo
costituzionale. Tra quelli approvati, un emendamento in particolare
ha scatenato le reazioni dell’opposizione. E’ firmato dai due
relatori, Anna Finocchiaro (Pd) e
Roberto Calderoli (Lega) e modifica l’articolo
71 della Costituzione: in base al testo licenziato, per
la presentazione delle leggi di iniziativa popolare serviranno 250
mila firme e non più 50mila come
previsto ora dalla Carta. Secondo i proponenti, la discussione e
l’approvazione in Parlamento delle proposte di legge d’iniziativa
popolare saranno “garantite nelle forme e nei limiti stabiliti dai
regolamenti parlamentari”. In Commissione erano stati presentati
diversi subemendamenti che chiedevano che questi tempi certi (per
esempio tre mesi o sei mesi) fossero inseriti direttamente in
Costituzione, ma la Commissione ha deciso di approvare l’emendamento
dei relatori.
L’ok alla modifica ha scatenato diverse reazioni
polemiche. “Senato nominato, no all’elezione diretta del Capo dello
Stato o del presidente del Consiglio, e ora l’aumento di 5 volte
delle firme per le proposte di legge d’iniziativa popolare. È
evidente il fastidio per la
partecipazione popolare – attacca il capogruppo di
Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale, Fabio Rampelli-
il tutto arriva da un presidente del Consiglio ‘eletto’ tramite
primarie di partito, non regolamentate per legge”. “I partiti hanno
messo a segno un vero e proprio golpe –
afferma in una nota il deputato M5S Riccardo Fraccaro
– l’emendamento è fortemente lesivo del diritto dei cittadini di
esercitare l’iniziativa delle leggi”. ”Una maggioranza parlamentare
di nominati, inquisiti e condannati fondata
sull’inciucio sta scardinando la Costituzione per riscriverla ad uso
e consumo del sistema partitocratico“,
prosegue Fraccaro. “I partiti tolgono ancora potere ai cittadini”,
scrive Beppe Grillo su twitter.
La commissione ha approvato, poi, un emendamento
dei relatori al ddl Riforme che modifica l’articolo
72 della Costituzione. La modifica prevede una
corsia preferenziale per la discussione e
l’approvazione in Parlamento dei disegni di legge indicati dal
governo come “essenziali per l’attuazione del programma“:
i ddl in questione dovranno essere posti in votazione
entro 60 giorni dalla richiesta dell’esecutivo. Viene,
in pratica, inserita in Costituzione la fattispecie della cosiddetta
“ghigliottina“: ”Il governo può chiedere
alla Camera dei deputati – si legge nell’emendamento riformulato –
di deliberare che un disegno di legge, indicato come essenziale per
l’attuazione del programma di governo, sia iscritto con
priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla
votazione finale entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso il
termine, il testo proposto o accolto dal governo, su sua richiesta,
è posto in votazione, senza modifiche,
articolo per articolo e con votazione finale. In tali casi, i
termini di cui all’articolo 70, terzo comma, sono
ridotti della metà“. Sono esclusi
“i ddl in materia costituzionale ed
elettorale e per quelli di delegazione legislativa,
di autorizzazione a ratificare trattati internazionali,
di approvazione di bilanci e consuntivi”. Per questi rimane il
normale iter, il quale prevede che sia la Conferenza dei capigruppo
della Camera a stabilire i tempi, con un accordo tra i gruppi
parlamentari, ma entro la quale il governo può avanzare le proprie
richieste.
Un terzo emendamento firmato dai relatori e
approvato dalla Commissione prevede, poi, che la Corte
Costituzionale potrà dare il
parere preventivo di costituzionalità sulle leggi
elettorali “su ricorso motivato di almeno un terzo dei compenenti di
una delle due Camere”. Il testo modifica l’articolo 10
del ddl Riforme. ”Le leggi che disciplinano l’elezione dei membri
della Camera e del Senato possono essere sottoposte,
prima della loro promulgazione – si legge
nell’emendamento riformulato – al giudizio preventivo di legittimità
costituzionale da parte della Corte costituzionale su ricorso
motivato presentato da almeno un terzo dei componenti di una Camera,
recante l’indicazione degli specifici profili di incostituzionalità.
La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di
un mese e, fino ad allora, resta sospeso il termine per
la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di
illegittimità costituzionale, la legge non può essere
promulgata“.
Riforme,
Berlusconi dà il via libera a Renzi. E dentro Forza Italia crescono
i sospetti: "Ci ha venduti per tutelare Mediaset"
È “resa” la parola che
rimbalza nei capannelli della Camera, al termine dell’incontro
tra Berlusconi e Renzi. Quando si capisce che l’ex premier è
andato a palazzo Chigi per dare il via libera a un accordo che non
contiene neanche una bandierina per Forza Italia. Non solo non c’è
il presidenzialismo, o il semi, ma al posto dell’elezione diretta
c’è una specie di “elezione di terzo grado”, come la chiamano i
deputati azzurri che hanno dimestichezza con la materia: i cittadini
scelgono i consiglieri regionali e i sindaci, i quali a loro volta
indicano i senatori, che poi eleggono il capo dello Stato. E poi
l’intero impianto del nuovo Senato risulta un rospo indigeribile per
un partito come Forza Italia, considerata l’attuale geografia
elettorale.
Ecco perché in parecchi accompagnano al sostantivo
“resa” altre due paroline che rendono l’idea: “senza condizioni”. Ed
è magra la consolazione che, di fronte a un caffè negli appartamenti
presidenziali (nel senso di Renzi) il Cavaliere, accompagnato da
Gianni Letta e Verdini sia riuscito a ottenere quale tecnicalità
sulla cosiddetta proporzionalità del Senato. Ovvero, detta in modo
grezzo, riuscendo a strappare qualche senatore in più in Lombardia e
nel Nord (dove Forza Italia ancora non sparisce) e meno in Valle
D’Aosta. O che sia riuscito a ottenere la rassicurazione che si farà
la legge entro l’estate, già sapendo che il calendario del Senato è
ingolfato.
Sempre di “resa” si tratta. Su cui è già nata una
fronda. Oltre al direttorissimo Minzolini, al Senato è nell’ombra
che cova l’insofferenza. I pugliesi promettono battaglia e lo stesso
i cosentini ani. Un terzo del gruppo cioè è fuori controllo in vista
del voto d’Aula. Un frondista, a microfoni spenti la mette così: “Se
Forza Italia diventa una corrente di Renzi, come sta accadendo,
allora liberi tutti”. Perché è questo il sospetto sul perché della
resa che allarma il corpaccione di Forza Italia. Che Berlusconi
abbia negoziato più in termini personali che politici. “Ci ha
venduto a Renzi per tutelare se stesso e le aziende”: è questa la
frase ripetuta a microfoni spenti da truppe mai tanto sconfortate.
Una vendita che ha certo a che fare con i guai
giudiziari del Capo, convinto che l’Appello su Ruby confermerà il
primo grado e che il regalo di Natale della Cassazione sia la
perdita della libertà. Ma che ha a che fare soprattutto col quel
partito Mediaset, diventato un grande supporter di Renzi. I
telegiornali, per chi ricorda come venivano usati su Prodi, D’Alema,
Fini, trattano il premier come se fosse un alleato. I talk non
mordono. Gli house organ come il Giornale esaltano le virtù del
Renzi anti-tedesco. Ma soprattutto sono i dirigenti dell’azienda ad
essersi esposti con dichiarazioni pesantissime verso il governo
“amico”. Piersilvio è stato solo l’ultimo. Poche settimane fa Ennio
Doris, presentando il suo libro aveva già detto “io voto per Silvio
ma tifo per Renzi”. Così come erano arrivate lodi da Confalonieri e
da Dell’Utri (finché non è finito al gabbio). In fondo, dice chi sa
davvero le cose, l’unico settore dove Renzi non ha asfaltato un bel
niente è quello delle concessioni tv. E anche sulla Rai ha
annunciato tagli più che riforme che possano stimolare Mediaset in
un’ottica di concorrenza. Un business che vale un Senato, un po’
come una messa per Parigi.

Nuove misure
di sicurezza sui voli per gli Stati Uniti per timore di attentati da
parte dei gruppi qaedisti in Siria, Iraq e Yemen. Il presidente Usa
chiede un governo di unità nazionale, ma al-Barzani va avanti sulle
richieste di separazione. L'Is conquista impianto petrolifero
siriano
WASHINGTON - Possono difendere la capitale,
tenere il controllo su Bagdad, ma l'esercito iracheno non è in grado
di riprendere i territorio occupati dagli insorti sunniti. A dirlo è
il capo di Stato maggiore, generale Martin Dempsey, gli fa eco il
segretario alla Difesa Chuck Hagel, che ha parlato alla stessa
conferenza stampa al Pentagono confermando l'invio dei 200
consiglieri militari Usa che stanno valutando la situazione. Il capo
militare ha ribadito che gli Stati Uniti non si faranno coinvolgere
nelle operazioni di combattimento, così come preannunciato dal
presidente Barack Obama.
Ma l'Iraq resta diviso.
Lacerato dalla violenza
settaria. Per un governo di unità sarebbe
necessaria la partecipazione dei curdi, che invece vanno avanti per
la loro strada, pronti a chiedere l'indipendenza.
La regione curda
semi-autonoma nel
nord dell'Iraq
per anni ha minacciato di
separarsi dal resto del
Paese. Ora, con la
rivolta sunnita e le battaglie a Bagdad, i politici
curdi dicono sia arrivato il momento:
l'Iraq è già
diviso lungo linee
settarie ed etniche.
"Il Paese è diviso.
Abbiamo una nuova
realtà" ha detto da Washington Fuad
Hussein, capo di
gabinetto del presidente
regionale curdo
Massoud Barzani.
La situazione è
incandescente.
L'esercito iracheno ha smentito di aver ordinato il ritiro di
migliaia di soldati dalla zona di confine con l'Arabia Saudita.
"Questa è una notizia falsa che ha lo scopo di colpire il morale
della nostra gente e dei nostri eroici combattenti", ha affermato il
portavoce delle forze armate irachene, il generale Qassim Atta. La
frontiera con l'Arabia Saudita - ha assicurato - è "totalmente sotto
il controllo" delle guardie irachene.
Stamani la tv saudita ha annunciato che Riad ha dispiegato 30mila
soldati al confine con l'Iraq dopo che le truppe irachene hanno
abbandonato le loro postazioni, lasciando le frontiere con l'Arabia
Saudita prive di protezione. La stessa emittente aveva diffuso un
video nel quale alcuni soldati con l'uniforme dell'esercito iracheno
testimoniano di aver ricevuto l'ordine dai vertici militari di
ritirarsi dalle zone di confine con i due paesi, senza che fosse
fornita loro alcuna motivazione.
Obama e il re saudita. La "attuale
situazione in Iraq e la minaccia che lo Stato Islamico in Iraq e in
Levante pone all'Iraq e all'intera regione" è stata al centro di un
colloquio telefonico tra il presidente Obama e re Abdullah di Arabia
Saudita. Nel corso della telefonata, Obama e Abdullah "hanno
ribadito la necessità che i leader iracheni procedano in maniera
spedita per formare un nuovo governo in grado di unire tutte le
diverse comunità irachene", si legge in una nota. Obama ha anche
rivolto un invito alla responsabilità dei leader arabi sunniti e
curdi, chiedendo loro di contribuire alla rapida formazione di un
governo di unità nazionale a Bagdad per fronteggiare all'offensiva
jihadista dell'Is.
Scontri vicino a Bagdad. Mentre è di 130
uccisi il bilancio degli scontri armati verificatisi nelle ultime
ore a Karbala, città santa irachena 100 km a sud di Bagdad, tra
forze di sicurezza e miliziani seguaci di un leader religioso ostile
al governo filo-iraniano del premier Nuri al Maliki. I combattimenti
erano scoppiati ieri tra le forze lealiste e miliziani dello shaykh
Mahmud Sarkhi. Quest'ultimo è stato arrestato assieme a 350 suoi
seguaci. Mentre 125 miliziani a lui fedeli son stati uccisi, secondo
fonti governative irachene. Una cinquantina di infermiere indiane
provenienti dallo Stato meridionale di Kerala sono state prelevate
contro la loro volontà dall'ospedale di Tikrit in Iraq, città
attualmente sotto il controllo dello Stato islamico dell'Iraq e del
Levante (Isil). Ne ha dato notizia il portavoce del ministero degli
Esteri indiano Syed Akbaruddin, evitando però di indicare il
responsabile di questa azione. A una domanda circa un possibile
rapimento delle donne, Akbaruddin ha risposto: "in zone di conflitto
non c'è libertà.
Liberati camionisti turchi rapiti in Iraq. In serata è stata confermata la notizia che 32camionisti turchi,
tenuti in ostaggio da giugno in Iraq dagli jihadisti dell'Is, sono
stati liberati e consegnati alle autorità turche nel paese.
Usa rafforzano gli aeroporti.
Gli Stati Uniti hanno comunque annunciato il rafforzamento delle
procedure di sicurezza negli aeroporti internazionali con voli
diretti verso gli Usa per il timore che militanti di al-Qaeda in
Siria e Yemen stiano sviluppando bombe che possano essere nascoste
sugli aerei. Le misure riguarderebbero aeroporti in Europa, Africa e
Medio Oriente, ma non ne è stato diffuso un elenco.
Misure che vengono prese anche in vista della ricorrenza del 4
luglio. Secondo fonti della sicurezza nazionale, membri di al-Nusra
in Siria e di al-Qaeda nella Penisola Arabica stanno collaborando
per la realizzazione di esplosivi che possano superare i normali
controlli. Preoccupano anche i recenti successi militari dello Stato
islamico in Iraq e Siria che può contare su un crescente numero di
militanti dall'America e dall'Europa che possono avere facile
accesso a voli diretti negli Usa.
Ieri il leader dell'Is al-Baghdadi aveva rivolto un appello ai
musulmani di tutto il mondo per venire a combattere sotto la sua
bandiera e aveva minacciato gli Stati Uniti parlando di
un attacco peggiore dell'11 settembre.
Uganda, allarme all'aeroporto.
Uno specifico allarme è stato lanciato oggi per l'aeroporto Entebbe
in Uganda, secondo quanto ha comunicato il Dipartimento di Stato
americano. L'ambasciata degli Stati Uniti a Kampala, in Uganda, ha
ricevuto dalle autorità locali "informazioni" riguardo ad un
possibile attacco all'aeroporto internazionale di Entebbe da parte
di un gruppo terroristico sconosciuto, oggi, 3 luglio, tra le ore 21
e le ore 23 (ora locale)".
MAPPA La cartina
del califfato "immaginato"
L'Is conquista impianto petrolifero siriano.
Proprio oggi i ribelli dell'Is - come rende noto l'Osservatorio
siriano dei diritti dell'uomo - hanno conquistato al-Omar, il più
grande impianto di estrazione di petrolio della Siria, fino ad oggi
nelle mani di altri gruppi ribelli anti-Assad. E nuovi gruppi di
ribelli annunciano il proprio giuramento di fedeltà ad al-Baghdadi,
al Califfato e allo Stato Islamico.
CHE COS'E' L'ISIS ? PERCHE' MINACCIA ANCORA PIU' GRAVEMENTE
IL COSI' DETTO MONDO OCCIDENTALE?? PERCHE' GLI USA COL CAPPELLO
IN MANO VERSO GLI AYATOLLAH IRANIANI??
RISPONDE MASSIMO FINI DI MOVIMENTO ZERO, L'ALA
COMUNITARISTA MEDIEVALISTA ITALIANA. Massimo Fini viene
accostato alla così detta destra terzoposizionista, in realtà è
un pensatore anti-occidentale ed anti-imperialista che ripropone
la società degli open field, dell'ereditarietà dei mestieri e
della compartimentalizzazione societaria.

Quello che sta
accadendo in Iraq, con questa avanzata irresistibile dell’Isis,
alias Stato islamico dell’Iraq e del Levante, è un fenomeno che
può cambiare la storia non solo di quella regione, ma anche
dell’Occidente, nel senso che qui non siamo più a una guerra
interna irachena tra
Sunniti e
Sciiti di cui non fregava niente a nessuno perché se
la vedevano tra di loro. Questi dell’Isis, in realtà, sono una
specie di internazionale del radicalismo islamico.
Ci sono i Sunniti (la parte occidentale
dell’Iraq), ma a questi si sono uniti gli islamici di altri
Paesi, dalla Siria alla Somalia. E tra l’altro ci sono anche
volontari europei. Ci sono 500 britannici, 300 francesi… Quindi
l’obiettivo dell’Isis non è semplicemente quello di conquistare
parte dell’Iraq, ma di muovere una guerra totale al mondo
occidentale. Non è più una questione interna all’Iraq.
Questa situazione è paradossale: che cosa avevano fatto gli
americani? Avevano creato questo governo fantoccio, come hanno
fatto in Afghanistan, e avevano finanziato un esercito (a sua
volta fantoccio). Infatti, di fronte all’avanzata dell’Isis
si è immediatamente liquefatto, non opponendo alcuna resistenza.
L’unica resistenza, adesso, la può fare
l’Iran, mandando le sue truppe. Si creerebbe, così, questa
alleanza curiosa tra Stati Uniti e l’odiato nemico di sempre, il
pericolo numero uno, uno dei Paesi dell’asse del male: l’Iran.
Gli Stati Uniti, dunque, hanno ottenuto un bel risultato…
Ora si devono alleare con l’Iran, ma non è detto che ce la
facciano a respingere l’Isis, perché questi sono infinitamente
più motivati e poi, ripeto, stiamo parlando di una
internazionale del radicalismo. Ci sono più o meno tutti. Manca
la Turchia. La Turchia sta quieta e cauta, perché in questa
avanzata l’Isis ha lasciato perdere i curdi dell'estremo
nord-est iracheno, con cui non hanno contrasto, e infatti
avanzano verso Baghdad, verso il centro-sud dell’Iraq.
E la Turchia ha una enorme paura
(da sempre) che i Curdi iracheni possano unirsi in una
guerriglia con i curdi turchi, che sono 12 milioni di persone. E
se si scatenano i curdi turchi la Turchia è fottuta. Per
questo motivo gli americani per tanto tempo hanno massacrato i
curdi, per interposta persona (Saddam Hussein). Proprio per
impedire che l’indipendentismo curdo si espandesse anche in
Turchia. C’è da tenere presente che i Curdi sono gli unici,
veri, che avrebbero diritto a avere uno Stato, perché tutta
quella zona lì si chiama
Kurdistan (c’è dentro Iraq, Turchia, Azerbaijan,Armenia,Siria,
Iran).
Il fatto, ripeto, è che l’Isis non
incontra una resistenza da parte del esercito regolare, quello
di al-Maliki. Perché i soldati non vogliono combattere e quando
succede questo è l’inizio della fine. Un po’ come la Rivoluzione
d’ottobre, dove lo Zar continuava a mandare eserciti contro i
rivoluzionari, che erano 4 gatti, e gli eserciti si
liquefacevano durante il percorso. E’ quello che sta accadendo.
Non c’è un vero esercito che difende, in questo momento, l’Iraq
creato dagli americani, l’Iraq di al-Maliki.
Gli americani spostano navi, spostano droni, ma questa gente tu
la puoi fermare solo con battaglie di terra e gli americani non
sono in grado di fare battaglie di terra, perché non hanno le
palle per fare le battaglie di terra. Possono essere
equipaggiati come vogliono. Ecco perché è
necessario un intervento iraniano, perché loro a fare la guerra
come si deve sono abituati, l’hanno fatta per 10 anni contro
Saddam Hussein. Pensare di poter fare la guerra solo con i droni
e con l’intelligence o con gli aerei, non è pensabile in una
situazione di questo genere. E poi gli americani non
possono permettersi altri morti dopo l’impressionante numero di
vittime in Afganistan (anche se i numeri occultati).
Tutto, insomma, dipenderà dallo scontro, da chi vincerà lo
scontro tra Isis e Iran. L’Iran è un Paese molto strutturato,
però non è una brigata internazionale, quindi difficilmente
controllabile e non facilmente battibile. E poi continua ad
appropriarsi delle armi che altri lasciano, quindi continua a
rafforzarsi.
Bisognerebbe chiedersi perché si è arrivati a questa situazione.
L’Iraq è un paese creato cervelloticamente dagli inglesi nel
1930, che hanno messo insieme queste tre comunità che non
c’entravano niente l’una con l’altra, e solo un dittatore feroce
poteva tenerle insieme, cioè Saddam Hussein. Lungi da me
difendere Saddamh, ma avere eliminato lui ha creato prima la
guerra civile tra Sunniti e Sciiti, e oggi questa (che è
assolutamente nuova) di queste brigate internazionali che
qualcuno definirebbe del terrore. Sono radicalisti islamici che
hanno le palle piene dell’occidente, oltre che degli Sciiti,
perché sono Sunniti.
La mia idea è sempre stata che la guerra ha una sua ecologia, se
vai a metterci il dito crei sempre sconquassi peggiori di quelli
che volevi evitare. Certe situazioni hanno un loro senso, penso
alla Libia, tu hai ucciso Gheddafi, con cui avevi fornicato fino
al giorno prima e la Libia oggi è una terra totalmente
ingovernata e ingovernabile, che diventa un pericolo per i
francesi e per gli occidentali in generale, che l’hanno
aggredita.