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La legge di
stabilità non stabilizza
Lo spread fra i tassi italiani e
tedeschi sui titoli pubblici decennali risale: da
un minimo di 132bp registrato a settembre fino ai circa 180 bp di
oggi. Perché? C’è un nesso con la Legge di Stabilità
presentata in questi giorni dal Governo? La prima osservazione da
fare, piuttosto ovvia, è che sui mercati globali
(saliti troppo negli ultimi mesi) è in atto una ‘correzione’, una
mini ‘fuga dal rischio’ che sta diventando generalizzata: l’Italia
ne paga semplicemente le conseguenze. Tuttavia, la Spagna
sta mostrando maggiore stabilità (spread a 143bp), la Grecia
meno: evidentemente, contano anche i fattori nazionali.
La Nota di Aggiornamento al Def (le cui stime
la Banca d’Italia considera un po’ ottimiste, ma che noi prendiamo
per buona) indica che la presunta ‘manovra di 36 miliardi’ – che
alzerebbe il deficit dal 2,2% al 2,9% del Pil –
mira ad alzare nel 2015 la crescita da 0,5% a…
0,6%! Ciò consentirà – fra l’altro – di abbassare il tasso di
disoccupazione da 12,6% a 12,5% (12,1% nel 2017).
Buone notizie anche sul fronte del debito pubblico:
dovrebbe crescere di appena due punti percentuali, da 131,6% a
133,4% del Pil (utilizzando la nuova stima del Pil che include la
prostituzione, la droga, ecc., altrimenti saremmo al 140%).
Tanto rumore per nulla? Il governo ci sta dicendo
che:
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“I recenti sviluppi delineano un quadro
macroeconomico decisamente problematico per l’area euro” anche
a causa di “un’inflazione eccessivamente bassa” (la Bce
non ha fatto la sua parte).
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Il governo ha dunque alzato il deficit
pubblico dal 2,2% al 2,9%, perché ritiene che sia il
miglior modo per contenere debito e disoccupazione, e favorire la
crescita.
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Per far ciò deve litigare con l’Europa.
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La dose impartita, tuttavia, non è sufficiente
a tirare fuori l’Italia dalla crisi.
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Ma il governo non va oltre – non alza il
deficit al 4% – perché non vuole litigare più di tanto con
l’Europa.
Dunque l’Europa oltre ad aver creato un contesto
‘decisamente problematico’, blocca anche i tentativi di ripresa
dell’Italia. Che dobbiamo fare? Dobbiamo litigare sul serio con
l’Europa, o continuare a limitarci alle schermaglie mediatiche?
Dobbiamo chiedere una nuova Bretton Woods per
rivedere i Trattati e
rifondare l’Eurozona? O dobbiamo uscirne e
basta? In un paese democratico, il capo del Governo si rivolgerebbe
al popolo ed aprirebbe un dibattito democratico: si tratta dei
nostri comuni destini. Dovrebbe farlo anche Renzi.
Lo so: tutte le strade che abbiamo di fronte sono
sgradevoli; ma continuando così i mercati ci segnalano che rischiamo
una rottura incontrollata dell’euro. Sarebbe l’esito più drammatico
e doloroso, soprattutto per la povera gente. L’esito in cui nessun
leader si sarà preso davvero la responsabilità di tentare di salvare
il suo paese. A nessuno potranno essere imputati errori particolari,
perché nessuno si sarà sporcato le mani, guidando il popolo fuori
dall’Egitto, lungo un Esodo nel
deserto carico di fatica e sofferenze, verso una Terra Promessa
dignitosa.

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