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  INTERNOTIZIE

 

"Russia minaccia per i Paesi Baltici", scontro Londra-Mosca. Jet russi intercettati in Cornovaglia

Ira del Cremlino: "Reagiremo a dichiarazioni che vanno al di là dell'etica diplomatica". Presidente ucraino chiede caschi blu in Donbass, contrari i separatisti. Kiev denuncia: nel mirino dei filorussi Mariupol. Conference call Putin-Merkel-Hollande-Poroshenko: rafforzare tregua siglata a Minsk

LONDRA - Torna ad alzarsi la tensione tra la Russia e l'Occidente mentre in Ucraina il cessate il fuoco concordato a Minsk fatica a trovare applicazione.

Scontro Russia-Gb. Questa volta è la Gran Bretagna a lanciare un duplice allarme: il ministero della Difesa di Londra ha riferito che ieri sera jet dell'esercito britannico hanno intercettato e affiancato due caccia russi a largo delle coste della Cornovaglia. Gli aerei della Raf hanno scortato i velivoli russi fuori dai cieli britannici. Non è la prima volta che i caccia russi sconfinano nei cieli del nord Europa: lo scorso 29 ottobre l'Alleanza atlantica aveva comunicato
di aver intercettato 26 jet russi sui cieli europei e aveva denunciato l'aumento dell'attività dell'aviazione militare russa sui cieli del Mar Baltico e del Mar Nero.

Poco prima però il capo della diplomazia inglese Michael Fallon era tornato a parlare di un possibile tentativo russo di destabilizzare Estonia, Lituania e Lettonia: i paesi Baltici da mesi sono in allarme per la politica estera di Mosca considerata "aggressiva". Si tratta di "un pericolo reale ed attuale" per Fallon che teme che Mosca utilizzi nei paesi del Baltico "la stessa tattica" aggressiva usata in Ucraina. La preoccupazione di Londra, ha spiegato il ministro della Difesa britannico, è che la Russia "possa fare pressione sui paesi Baltici", membri della Nato, per mettere alla prova l'Alleanza Atlantica. Ormai non siamo più in una situazione di "guerra fredda", ha aggiunto Fallon. "Quando ci sono carri armati che attraversano il confine dell'Ucraina, i jet che attraversano la Manica e i sottomarini nel Mare del Nord, la guerra è già abbastanza calda", ha aggiunto il capo del Foreign Office. Dura la reazione di Mosca che parla di atteggiamento che "va al di là dell'etica diplomatica". Aleksandr Lukashevich, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha aggiunto: "Penso che troveremo il modo di reagire alle dichiarazioni fatte dal signor ministro", ha aggiunto. Poi ha ricordato che "le attività della Nato vicino al confine con la Russia, sono una minaccia diretta per la sicurezza nazionale della Federazione russa".

Conference call con i leader di Russia-Germania-Francia-Ucraina. Intanto in Ucraina orientale si continua a combattere nonostante la tregua siglata a Minsk la settimana scorsa. Oggi i leader di Russia, Ucraina, Francia e Germania hanno denunciato la violazione del cessate il fuoco nel corso di una conference call. "I quattro leader hanno chiesto la realizzazione del
pacchetto completo di misure concordate a Minsk il 12 febbraio", ha riferito l'Eliseo, compreso un cessate il fuoco totale, il ritiro degli armamenti pesanti e il rilascio dei prigionieri. Proprio su quest'ultimo punto il presidente ucraino Petro Poroshenko ha chiesto un impegno diretto di Vladimir Putin.

Il presidente ucraino: "Caschi blu in Donbass". Fa discutere la proposta del Capo dello Stato ucraino Petro Poroshenko che ha chiesto il dispiegamento di peacekeeper dell'Onu nell'est ucraino per assicurare la tregua prevista dagli accordi di Minsk. L'appello, approvato dal Consiglio di sicurezza ucraino, è stato bocciato oggi da Denis Pushilin, negoziatore dei ribelli, secondo cui l'iniziativa viola gli stessi accordi di Minsk. Anche Mosca ha manifestato la sua disapprovazione della proposta ucraina.

Ieri i soldati di Kiev
hanno lasciato il centro strategico di Debaltsevo, dove ora sventola la bandiera della Novorossia, dopo aver resistito per una settimana senza viveri e munizioni, circordati dalle truppe russe. Per loro, dunque, è stato un sollievo l'ordine impartito da Poroshenko di abbandonare le postazioni occupate lo scorso giugno. L'occupazione da parte delle truppe filorusse è stata condannata da Ue e Stati Uniti: "E' chiaro che Mosca e i separatisti russi nell'est dell'Ucraina non stanno rispettando i termini dell'accordo di Minsk", ha detto il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest. La Germania ha definito l'offensiva dei separatisti filorussi su Debaltsevo un "grave colpo" alle speranze di pace e "una pesante violazione" del recente accordo per la tregua.

Secondo un rappresentante dell'autoproclamata repubblica di Donetsk negli scontri per la conquista di Debaltsevo sono stati uccisi 3.088 soldati ucraini. Diversi i dati forniti da Kiev, che ieri aveva ammesso solo la perdita di 22 soldati, di cui sei durante "il ritiro programma e organizzato" delle unità da Debaltsevo, attualmente completato al 90%. Oggi invece l'esercito ucraino parla di 90 soldati fatti prigionieri a Debaltsevo, mentre resta ignota la sorte di altri 82 militari: secondo la stessa fonte, durante il ritiro delle truppe da Debaltsevo sono morti 13 soldati, mentre 157 sono rimasti feriti.

Secondo Kiev, dopo Debaltsevo, nel mirino dei separatisti c'è il porto di Mariupol sul mar d'Azov: l'esercito ucraino ha comunicato che i ribelli avrebbero utilizzato armi, artiglieria e carri armati per attaccare le forze ucraine in 46 diverse occasioni anche verso la strategica città portuale.

 

 

 

 

 

 

 

Terremoto Veneto Banca, i conti
della popolare non tornano più

L’ascesa del banchiere Consoli

La procura sta passando al lentino le operazioni di Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato e tuttora direttore generale dell’istituto che ha concesso credito con disinvoltura e fornito una falsa rappresentazione della situazione economica e patrimoniale del gruppo

Nuovo scandalo in arrivo per le banche popolari. Questa volta nella roccaforte del credito cooperativo, il nord est, dove martedì la Guardia di Finanza ha perquisito la sede legale e amministrativa di Veneto Banca, oltre alle case di alcuni dirigenti e di 16 azionisti dell’istituto di Montebelluna. Contestualmente al blitz delle Fiamme Gialle, è emerso che l’ex presidente dell’istituto, Trinca e l’ex amministratore delegato, tuttora direttore generale della banca, Vincenzo Consolisono indagati dalla Procura di Roma per ostacolo all’attività dell’autorità di vigilanza. Le indagini, come del resto buona parte di quelle in corso su altre banche popolari, dall’Etruria dei Boschi al gruppo lombardo Ubi di Giovanni Bazoli e soci, sono partite in seguito agli esiti di un’ispezione della Banca d’Italia datata in questo caso 2013. Che, alla luce degli ulteriori accertamenti della polizia giudiziaria, hanno individuato condotte potenzialmente rilevanti sotto il profilo penale, soprattutto in relazione a una falsa rappresentazione della situazione economico patrimoniale del gruppo.

Tre, in particolare, i filoni nel mirino degli inquirenti: la concessione di finanziamenti ad azionisti della stessa banca; l’erogazione del credito in maniera “diffusamente disinvolta”, senza le prescritte garanzie o la valutazione dei rischi, che ha generato perdite per oltre 192 milioni, maggiori rispetto a quelle contabilizzate dalla banca stessa e, infine, la fissazione del prezzo delle azioni dell’istituto sovrastimando i parametri economico-reddituali e patrimoniali della stessa banca. Tutte operazioni che, secondo gli inquirenti, hanno contribuito a diffondere tra i risparmiatori l’immagine di un gruppo bancario più solido di quanto non fosse in realtà. Da qui l’indagine per ostacolo alla vigilanza, visto che l’ipotesi che i bilanci siano stati falsificati, se provata, renderebbe inattendibili tutte comunicazioni dell’istituto alle Authority. Specialmente quelle relative alla richiesta di via libera ad operazioni straordinarie come acquisizioni, ma anche ricapitalizzazioni e altre operazioni del genere che hanno costellato l’ultimo quinquennio la storia dell’istituto che ha conosciuto un’espansione pari solo a quella della Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani dei tempi d’oro.

Il patrimonio di vigilanza, si legge nel decreto di perquisizione è stato “rettificato da due miliardi e 12 milioni di euro a un miliardo e 662 milioni di euro, con uno spread negativo di 345 milioni di euro”. Il rapporto ispettivo è finito alla procura di Treviso ed il relativo fascicolo è stato trasmesso a Roma per competenza in quanto il presunto reato di ostacolo alla vigilanza si è radicato nella capitale, dove ha sede la Banca d’Italia. Ora gli inquirenti vogliono fare luce anche sui rapporti tra l’istituto di credito ed i destinatari di finanziamenti concessi in assenza delle garanzie previste. Veneto Banca è una popolare non quotata, ma con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante e, quindi, rientra tra le banche che dovranno adeguarsi al decreto governativo che dispone la trasformazione delle dieci più grandi in società per azioni.

 

 

 

 

 

400 milioni in arrivo per Fininvest dopo la rottura del Nazareno

Il Nazareno è morto, il momento è propizio per vendere. Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi, collocherà circa 92 milioni di azioni di Mediaset, pari al 7,79% del capitale, scendendo al 33,4% della controllata. Una mossa che non gli farà perdere il controllo, restando azionista di riferimento del Biscione. Ma l'obiettivo è capitalizzare, fare cassa. Con l'attuale valore in Borsa delle azioni Mediaset, che varia tra 4,06 euro e i 4,262 euro del prezzo di chiusura odierno, l'incasso per la famiglia di Arcore a questi valori si aggira tra i 373 e i 392 milioni di euro.

Il collocamento delle azioni avverrà attraverso una procedura di 'accelerated book building'. Un'operazione veloce, quindi, ma che comporterà uno sconto massimo del 4,7% sul prezzo di chiusura. Poco male, vista la crescita esponenziale del valore delle azioni Mediaset da due anni a questa parte. Cioè quando sono nate le larghe intese del governo guidato da Enrico Letta: a quei tempi, un'azione valeva sul mercato 1,9 euro, oggi quasi il triplo.

La risalita è stata graduale ed è culminata con la stipula del Patto del Nazareno: a febbraio 2014 le azioni valevano 4,2 euro. Come oggi, grossomodo. Se si tiene conto che la partecipazione nella tv di Cologno è in carico a 1,09 euro, la plusvalenza lorda per Fininvest potrebbe toccare, con questa operazione, la punta massima di 290 milioni. Ora che il Patto del Nazareno è morto (o comunque moribondo), l'occasione, quella giusta, per cedere quote consistenti della partecipazione in Mediaset potrebbe non presentarsi più. Non a questi prezzi di favore.

D'altro canto per il Cav, oltre alle valutazioni politiche, ci sono quelle economiche da fare. Come il fisiologico calo degli incassi derivanti da Publitalia: come ricordava il Fatto qualche giorno fa, solo nel 2007 Publitalia '80 incassava 3 miliardi di euro, ora arriva a stento a due. Un'emorragia continua nei conti di casa Berlusconi. E che non si può sottovalutare. Basti pensare che l'ultima volta che il Cav ha ceduto parte delle azioni del Biscione risale a 10 anni fa. Come ricorda Repubblica, "nell'aprile 2005, all'indomani di una sonora sconfitta alle elezioni regionali, Fininvest, che allora deteneva direttamente e indirettamente il 50,99% di Mediaset, aveva avviato il collocamento di 197 milioni di titoli ordinari Mediaset, pari a circa il 16,68% del capitale sociale".

La motivazione ufficiale della Holding è che la liquidità consentirà di "proseguire nel rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale della società e di agevolare eventuali investimenti in un'ottica di diversificazione del portafoglio azionario". Ovvero, fare cassa per poi reinvestire in nuove attività imprenditoriali. Oppure per rimpinguare un po' le casse di Fininvest, certamente poco floride in questi ultimi anni.Si tratta infatti di una indispensabile boccata d’ossigeno per la finanziaria, i cui conti a fine 2013 evidenziavano un rosso di 428,4 milioni dopo quello di 285 milioni di fine 2012. A zavorrare il bilancio, oltre alla sentenza sul Lodo Mondadori, anche svalutazioni e oneri di ristrutturazione.

La decisione di cedere parte dell'azionariato arriva dopo l'indiscrezione di Dagospia, prontamente smentita dall'interessato, di possibili dimissioni di Fedele Confalonieri dalla presidenza di Mediaset. "Fantasie", le ha bollate. Eppure è noto come il Fedele compagno di Berlusconi abbia sempre criticato la scelta del leader di Forza Italia di andare allo scontro frontale con il premier Matteo Renzi, soprattutto in un periodo in cui il suo partito ha superato il Pd per divisioni interne e voci di scissioni. Uno scontro da cui Mediaset avrebbe ben poco da guadagnare.

ULTRAS E CALCIO MARCIO

 

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