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Italicum, ok alle ultime due fiducie. Le opposizioni disertano il terzo voto. Il Pd: “Aventino? No, stavano andando a casa”

 

 

 

Legge elettorale, lo sprint finale di Matteo Renzi: prima la cacciata della minoranza Pd dalla commissione poi la fiducia

È l’ora della grande “cacciata” della minoranza (dalla commissione). Per preparare l’ultimo strappo, ovvero il voto di fiducia finale sulla legge elettorale in Aula. Tempi rapidissimi. Nessuna trattativa: “Siamo a un passo – dice Renzi a Rtl 102.5 - vediamo il traguardo dell'ultimo chilometro. Faremo lo sprint finale sui pedali e a testa alta”.

La “mossa” è stata preparata nel week end, con i fedelissimi Emanuele Fiano e Ettore Rosato, “reggente” del gruppo dopo le dimissioni di Speranza. Sono stati loro a chiamare, ad uno ad uno, i membri della commissione Affari costituzionali della Camera, dove la sinistra dem è maggioranza: “Che hai intenzione di fare – questa la domanda – in commissione sulla legge elettorale? La posizione del gruppo, stabilita e votata nell’ultima riunione è che l’Italicum non si cambia. La segui o vuoi essere sostituito?”. “Né l’uno né l’altro” è stato il coro di risposte. Ecco allora il passaggio successivo. Da palazzo Chigi parte l’ordine di sostituire i dieci membri della minoranza, all’ufficio di presidenza che si terrà stasera. Via Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini, Marco Meloni. Resterà invece Giuseppe Lauricella che pur essendo critico verso l’Italicum ha dischiarato che seguirà le indicazioni del gruppo. Dentro un plotone di fedelissimi tra renziani di ferro, turchi e franceschiani. Chiamati a portare a termine una missione. Approvare il testo, come è uscito dal Senato. Senza cambiare una virgola.

Dietro la mossa non è difficile intravedere quale sia la paura e quale sia il passaggio successivo. La paura, spiegano a microfoni spenti i renziani di rango, si chiama Aula: “Se lasci in commissione Bersani e compagnia, quelli cambiano la legge elettorale. Per tornare al testo che vuole Renzi, occorre votare in Parlamento. Ma in Parlamento il voto è segreto e a quel punto diventa un pastrocchio”. Un ragionamento che porta dritti a scoprire il passaggio successivo che ormai appare scontato. E che si chiama voto di fiducia: “Renzi – prosegue la fonte - vuole avere la possibilità di mettere la fiducia sul suo testo, quello licenziato dal Senato. Quindi ha bisogno che la commissione non lo cambi. Altrimenti non può più usare l’arma atomica”.

E non è un caso che dentro il Pd già si discuta delle grandi manovre attorno al voto di fiducia. Dice Gianni Cuperlo: “La fiducia sarebbe uno strappo serio che metterebbe seriamente a rischio la prosecuzione della legislatura, perché ci sarebbe da parte delle opposizioni tutte una reazione molto molto severa”. I contatti tra l’ala dura della minoranza e gli altri gruppi ci sono già stati. Scelta Civica e M5S hanno dichiarato che diserteranno la commissione se Renzi dovesse procedere con le sostituzioni. Ma la grande manovra riguarda l'Aula. L’idea è un Aventino per mettere a rischio il numero legale. Con Forza Italia, Lega, Cinque stelle fuori, se escono una cinquantina del Pd il numero legale salta. Il premier pare però non temere l’ipotesi. Nella sua narrazione decisionista, la fiducia toglie dall’imbarazzo anche la minoranza: “Gli diamo l’alibi – dice uno dei suoi – così diranno che anche se il provvedimento gli fa schifo, non si può far cadere il governo”. Chissà. Da regolamento alla Camera, quando metti il voto di fiducia prima si vota la fiducia, poi il provvedimento. Si potrebbe anche votare sì al primo e affossare il secondo.