L’Italicum incassa gli ultimi due voti di fiducia alla Camera, sugli articoli 2 e 4, e attende il timbro finale messo in calendario per lunedì 3 maggio, in tarda serata. Nessun colpo di scena, anzi. Le opposizioni perdono colpi rispetto alla prima votazione di mercoledì, mentre la maggioranza tiene. Forza Italia, Lega Nord, Movimento Cinque Stelle e Sel hanno deciso di non partecipare al terzo scrutinio (che comunque sembrava avere un esito scontato), anche se secondo il vicecapogruppo vicario del Pd Ettore Rosato “hanno scelto di fare il cosiddetto Aventino perché molti di loro se ne erano già andati a casa: per mascherare tutto ciò partecipano al voto”.
Rispetto al primo voto le presenze al momento della seconda fiducia le assenze hanno colpito soprattutto i no dei partiti d’opposizione: a partecipare al voto sono stati 544 contro i 560 della prima votazione, 193 contrari (anziché 207), mentre i sì sono stati 350, 4 in meno rispetto al primo voto, mentre nell’ultimo sono stati 342 (contro 15 no). Come nelle prime due occasioni Pier Luigi Bersani, Enrico Letta e Gianni Cuperlo non hanno partecipato, com’era accaduto mercoledì, alle votazioni.
Rosato (Pd): “Brunetta ha paura di chiedere il voto segreto” Lunedì, in serata, l’Italicum potrebbe diventare legge: i lavori riprenderanno alle 12 e ci saranno 11 ore di dibattito. In quell’occasione non sarà posta la fiducia e potrà essere chiesto il voto segreto. Per il momento tuttavia non è stato chiesto né da Forza Italia – che l’aveva promesso – né dalle altre forze politiche di minoranza. Anzi, secondo quanto apprende l’Ansa, ora i berlusconiani potrebbero decidere di non partecipare al voto e esprimersi solo sugli ordini del giorno. Così Rosato attacca: “Brunetta è imbarazzato se chiedere o meno lo scrutinio segreto. Di per sé non è obbligatorio. Se verrà chiesto i nostri voti aumenteranno, perché i deputati di Forza Italia e i miei amici di M5s voteranno per la riforma”. “Brunetta è in imbarazzo: se chiederà lo scrutinio segreto, farà molti suoi deputati voteranno per la legge, ma se non lo chiederà alcuni di Forza Italia non parteciperanno al voto. Il problema è solo loro”.
Scontro in Capigruppo, Fi e Lega abbandonano lavori Un altro scontro tra Pd e Forza Italia si era consumato in conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che doveva fissare il calendario. Durante la riunione infatti Fi e Lega Nord hanno abbandonato i lavori. “Esiste solamente il Pd e le sue dinamiche interne – ha detto Renato Brunetta – purtroppo il presidente della Camera fa solo il notaio”. Brunetta ha riferito che Rosato ha inizialmente proposto di lavorare sabato e domenica: “A questa proposta provocatoria – ha proseguito Brunetta – ho risposto con una provocazione, invitando a continuare già oggi la seduta per approvare la legge domani. A quel punto Rosato ha proposto la giornata di lunedì, che era quella concordata con la minoranza interna del Pd. E la presidente Boldrini ha accolto questa richiesta. Siamo nella deriva autoritaria con un partito unico e le istituzioni supine”. Altrettanto critico il leghista Massimiliano Fredriga: “La capigruppo – ha affermato – è diventata un organo monocratico, decide solo il Pd; a questo punto se la facciano da soli. La presidente non tutela le minoranze e noi non ci sentiamo più rappresentati, per cui sarebbe meglio che desse le dimissioni”.
Opposizioni: “Ricorreremo a referendum” Ora le opposizioni puntano a portare la battaglia contro l’Italicum fuori dall’Aula parlamentare. E così M5s, in primis, ma anche Sel e Forza Italia chiamano in causa la possibilità di ricorrere al referendum abrogativo. “La battaglia contro l’Italicum continuerà anche dopo la sua approvazione”, annuncia il grillino Danilo Toninelli: “Stiamo pensando a un referendum abrogativo totale dell’Italicum. Ovviamente non vogliamo farlo da soli e potrebbe interessare tutte le forze politiche e della società civile che contestano questo tentativo di accentramento del potere di Renzi”.
Tempo poche ore e il fronte si allarga anche a Sel e Forza Italia. “La prima tappa è lunedì quando proveremo a far saltare la legge secondo un percorso trasparente dentro questa aula – spiega Arturo Scotto, capogruppo vendoliano alla Camera – Qualora, come pare, la legge dovesse passare dopo questa prova di forza così inedita e significativa dovranno essere messe in campo tutte le iniziative possibili per limitare l’impatto della legge, per via parlamentare o coinvolgendo cittadini”. E a percorrere la strada del referendum si dice pronta anche Forza Italia. “Fi vuole riformare e non calpestare le istituzioni. Per questo forse l’unica strada da percorrere è rivolgersi al corpo elettorale – dice Mara Carfagna durante le dichiarazioni di voto – Rivolgo un appello a chi non condivide questa legge: sediamoci e immaginiamo di promuovere un referendum, diamo la parola ai cittadini e chiediamogli cosa pensano dell’Italicum e se lo vogliono abrogare. Noi non temiamo le idee degli italiani”. Rosato ironizza: “Sarà un grande successo. Vedo già gli italiani fare la fila per poter votare”.
È l’ora della grande “cacciata” della minoranza (dalla commissione). Per preparare l’ultimo strappo, ovvero il voto di fiducia finale sulla legge elettorale in Aula. Tempi rapidissimi. Nessuna trattativa: “Siamo a un passo – dice Renzi a Rtl 102.5 - vediamo il traguardo dell'ultimo chilometro. Faremo lo sprint finale sui pedali e a testa alta”.
La “mossa” è stata preparata nel week end, con i fedelissimi Emanuele Fiano e Ettore Rosato, “reggente” del gruppo dopo le dimissioni di Speranza. Sono stati loro a chiamare, ad uno ad uno, i membri della commissione Affari costituzionali della Camera, dove la sinistra dem è maggioranza: “Che hai intenzione di fare – questa la domanda – in commissione sulla legge elettorale? La posizione del gruppo, stabilita e votata nell’ultima riunione è che l’Italicum non si cambia. La segui o vuoi essere sostituito?”. “Né l’uno né l’altro” è stato il coro di risposte. Ecco allora il passaggio successivo. Da palazzo Chigi parte l’ordine di sostituire i dieci membri della minoranza, all’ufficio di presidenza che si terrà stasera. Via Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini, Marco Meloni. Resterà invece Giuseppe Lauricella che pur essendo critico verso l’Italicum ha dischiarato che seguirà le indicazioni del gruppo. Dentro un plotone di fedelissimi tra renziani di ferro, turchi e franceschiani. Chiamati a portare a termine una missione. Approvare il testo, come è uscito dal Senato. Senza cambiare una virgola.
Dietro la mossa non è difficile intravedere quale sia la paura e quale sia il passaggio successivo. La paura, spiegano a microfoni spenti i renziani di rango, si chiama Aula: “Se lasci in commissione Bersani e compagnia, quelli cambiano la legge elettorale. Per tornare al testo che vuole Renzi, occorre votare in Parlamento. Ma in Parlamento il voto è segreto e a quel punto diventa un pastrocchio”. Un ragionamento che porta dritti a scoprire il passaggio successivo che ormai appare scontato. E che si chiama voto di fiducia: “Renzi – prosegue la fonte - vuole avere la possibilità di mettere la fiducia sul suo testo, quello licenziato dal Senato. Quindi ha bisogno che la commissione non lo cambi. Altrimenti non può più usare l’arma atomica”.
E non è un caso che dentro il Pd già si discuta delle grandi manovre attorno al voto di fiducia. Dice Gianni Cuperlo: “La fiducia sarebbe uno strappo serio che metterebbe seriamente a rischio la prosecuzione della legislatura, perché ci sarebbe da parte delle opposizioni tutte una reazione molto molto severa”. I contatti tra l’ala dura della minoranza e gli altri gruppi ci sono già stati. Scelta Civica e M5S hanno dichiarato che diserteranno la commissione se Renzi dovesse procedere con le sostituzioni. Ma la grande manovra riguarda l'Aula. L’idea è un Aventino per mettere a rischio il numero legale. Con Forza Italia, Lega, Cinque stelle fuori, se escono una cinquantina del Pd il numero legale salta. Il premier pare però non temere l’ipotesi. Nella sua narrazione decisionista, la fiducia toglie dall’imbarazzo anche la minoranza: “Gli diamo l’alibi – dice uno dei suoi – così diranno che anche se il provvedimento gli fa schifo, non si può far cadere il governo”. Chissà. Da regolamento alla Camera, quando metti il voto di fiducia prima si vota la fiducia, poi il provvedimento. Si potrebbe anche votare sì al primo e affossare il secondo.