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Barbara Spinelli lascia la lista Tsipras
un anno dopo il voto: “Progetto fallito”

l'unità nuova 240

L’Unità, la scomparsa
dell’editore e la fregatura
per i suoi giornalisti

I NIPOTINI DI PIELLE,NAP E BIERRE..........non è cambiato niente purtroppo, se leggiamo il libro di Corrado Stajano sull'Italia Nichilista, allora questo giornalista parlava di come i "figli di papà", per noia, ingrossavano le fila di Prima Linea e delle Brigate Rosse, di come il figlio di Donat Cattin fosse un "piellino" bello crasto ed accavallato,o come erano belli adrenalinici i vari Sergio Segio e/o Giovanni Senzani, quest'ultimo detto "Ultima Raffica" come il fascistone Farinacci,lo squadrista cremonese: tutte estremità di un ferro di cavallo che va combaciando le punte come novelli Bombacci. Sono passati trent'anni da quelle inchieste, e vi risparmio la Banda Baader-Meinhoff, con il primo che veniva apostrofato dai Palestinesi "the Coward" (Il Codardo)salvo poi ammazzarsi in carcere una volta finito nel 41/bis d'origine tedesca. Oggi ci ritroviamo da una parte il testa di cazzo Capanna a biascicare paternali ad minchiam contando sopra il mensile "operaio" di 5000 euro (probabilmente per lui trattasi della massima espressione della società comunista vaticinata da Marx con il particolare che quei 5000 euro non arrivano nelle tasche di ciascuna persona,ma solo nelle sue!!!); dall'altra abbiamo i Black Block che saranno anche rivoluzionari ma che se beccati, subito si presentano con stuoli di avvocati a 5 stelle come Pistorius per farsi derubricare i reati, il tutto naturalmente all'interno della massima tutela democratica dei diritti del cittadino,e sfangarla alla grande, potendo poi scriverci sopra un bel libro sotto contratto della Mondadori (come per la signorina Amanda Knox....tanto per citare.....). Film come "Arrivederci amore ciao" con Alessio Boni e Michele Placido, spiegano molto bene cosa sono stati, e sono, i rivoluzionari all'Italiota, il problema è che non li guarda nessuno e tutto finisce nel gigantesco Fiume Letè Italiota.......

Civati lascia il Pd, i miraggi della sinistra

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Pd, l’eurodeputata Schlein segue Civati: “Questo partito non esiste già più”

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Elezioni regionali, Sandro Ruotolo: “In Campania ha vinto il Pd degli indagati”

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Elezioni Regionali Campania 2015, allora ridateci Nicola Cosentino

Sinistra: è possibile ricrearne le basi partendo dal Sovieticum pardon Italicum?

Addio a Giovanni Berlinguer 90 anni, una vita nel Pci

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Fratello di Enrico, lasciò il partito
dopo lo scioglimento dei Ds

MASSIMO LANDINI MERIDIO ,LEADER FIOM,LANCIA LA COALIZIONE SOCIALE CONTRO IL PDi MERDA

Landini a Pd: ‘Io urlo? Cancellare diritti è peggio’
Don Ciotti: ‘Coalizione sociale, noi collaboriamo’

.....DAL 27 GENNAIO 1945, L'ARMATA ROSSA INVESTE LA SLESIA ED OCCUPA AUSCHWITZ. I SOVIETICI PENSAVANO DI TROVARE SOLO DELLE FABBRICHE, INVECE....

250 opere grafiche originali fatte da internati durante il periodo di prigionia: “Alcune – si legge nella prefazione del grande scrittore – hanno la forza immediata dell’arte, ma tutte hanno la forza cruda dell’occhio che ha visto e che trasmette la sua indignazione”. “L’idea di questo libro non è di oggi. Trova oggi la sua realizzazione per un insieme di ragioni - racconta l'autore 92enne Arturo Benvenuti - “è un contributo alla giusta ‘rivolta’ da parte di chi sente di non potersi rassegnare"

“L’Uomo, tu uomo, sei stato capace di far questo; la civiltà di cui ti vanti è una patina, una veste: viene un falso profeta, te la strappa di dosso, e tu nudo sei un mostro, il più crudele degli animali”. Sono le parole con le quali Primo Levi, in una prefazione inedita del 1981, introduce K.Z. Disegni dai campi di concentramento nazifascisti, un libro di Arturo Benvenuti, a cura di Roberto Costella, in uscita per BeccoGiallo il 22 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, e dedicato “alle vittime innocenti della barbarie di tutti i tempi”.

250 disegni originali fatti da internati durante il periodo di prigionia nei lager nazifascisti, il capitolo più tragico del Novecento, “opere nate là, per mano di chi ha visto e subìto, opere che sostituiscono la parola con vantaggio, dicono quello che la parola non sa dire”, spiega Primo Levi nella prefazione frutto di un intenso carteggio con Benvenuti. “Alcune – continua lo scrittore torinese – hanno la forza immediata dell’arte, ma tutte hanno la forza cruda dell’occhio che ha visto e che trasmette la sua indignazione”.

Benvenuti ha rinunciato a “sovrapporsi” ai disegni, ritenendo opportuno non aggiungere alcun tipo di testo per dare la massima visibilità e il massimo rispetto alle vittime. Ha inserito solo 5 poesie, scarne ed essenziali, espressione di solidarietà per i prigionieri e di riprovazione per i carnefici. Inoltre, ha voluto anteporre l’etica all’estetica scegliendo i disegni senza fare distinzioni di fede, ideologia, nazionalità, età, stato sociale e, soprattutto, la selezione non è stata fatta per temi, tecnica o qualità artistica, ma solo per la cruda testimonianza che ogni immagine rappresenta. Le opere, infatti, sono pubblicate per autore seguendo l’ordine alfabetico, e di ciascuno sono segnalati i dati essenziali: nome, cognome, data e luogo di nascita.

“L’idea di questo libro non è di oggi. Trova oggi la sua realizzazione per un insieme di ragioni”, racconta Benvenuti. Il volume, infatti, era già stato autoprodotto dall’autore e stampato in circa 1500 copie in edizione fuori commercio nel 1983, poi distribuito gratuitamente a biblioteche e personalità politiche, tra cui l’allora Presidente della Camera Nilde Iotti, che ne elogiò lo straordinario valore e lavoro. La scelta di pubblicarlo ora nasce dalla necessità di denuncia di Benvenuti che, a quasi 92 anni, non vuole rassegnarsi a un mondo di guerre, sopraffazioni, persecuzioni, genocidi, un mondo dove “non c’è pietà per i vecchi, per le donne, per i bambini, un mondo dove non c’è più pietà per nessuno”. Perché anche oggi in qualche modo, con nuove forme e nuove circostanze, esistono ancora i campi di concentramento dove si continua a sopprimere l’uomo. Questo volume, pertanto, vuole essere soprattutto “un contributo alla giusta ‘rivolta’ da parte di chi sente di non potersi rassegnare, nonostante tutto, a una realtà mostruosa, terrificante. Di chi crede che si debba ancora e sempre ‘resistere’”, afferma l’autore.

L’acronimo K. Z. rimanda a Ka-tzetnik, ovvero “prigioniero del campo di concentramento”, con riferimento al detenuto piuttosto che al luogo o alla forma di detenzione. Ka-tzetnik associato al numero era il modo abituale con cui venivano chiamati i prigionieri nei campi, simbolo per eccellenza di spersonalizzazione. Originario di Oderzo, in Veneto, Arturo Benvenuti, fin da ragazzo era appassionato di disegno e letteratura, ma è stato per decenni un inappuntabile contabile e bancario, finché nei tardi anni Sessanta decise di rendere pubblica la sua arte dedicandosi alla pittura e alla poesia. Durante gli anni drammatici delle leggi razziali e del secondo conflitto mondiale era troppo giovane per capire e per agire ma anche abbastanza cresciuto per restare indifferente e sentirsi estraneo. Spinto da ragioni solo ideali, dunque, ha provato a fare qualcosa per “recuperare” ripercorrendo, prima mentalmente e poi fisicamente, i sentieri più dolorosi del Novecento. È così che nel settembre del 1979, cinquantaseienne, alla guida del suo camper, insieme alla moglie Marucci, ha iniziato una sorta di viaggio “riparatore” che lo ha spinto fino ad Auschwitz, Terezín, Mauthausen, Buchenwald per constatare e verificare di persona.

Ha incontrato reduci, conosciuto sopravvissuti, visitato musei, archivi, biblioteche alla ricerca di testimonianze figurate dei lager per alimentare nuovamente la coscienza civile. Un libro-testimonianza che, nonostante l’inattualità estetica, non indebolisce un contenuto che rimane comunque di straordinaria intensità e verità, un lavoro impegnativo durato molti anni che racconta di corpi martoriati, di occhi spalancati dal terrore, di bambini derubati della loro spensieratezza, “senza vuote parole. Senza retorica. Così come senza parole e senza retorica hanno saputo resistere gli autori di queste immagini, tremende ‘testimonianze’ di una immane tragedia. Atti di accusa, ma anche inequivocabili messaggi di ieri per l’oggi”, conclude Primo Levi.