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  INTERNOTIZIE

Fonti Atene: “Condizioni umilianti e disastrose”, peggiori di quelle votate nel referendum del 5 luglio!! l'eurogruppo se ne strafotte della volonta' popolare e propone il pignoramento di 50 miliardi di beni pubblici, una cosa mai vista in tempo di pace,una merda inaudita.•RIMANE SUL TAVOLO GREXIT TEMPORANEO. SEMINERIO: “FOLLIA. UNA VOLTA FUORI, ATENE NON RIENTREREBBE PIU'” (di M. Pasciuti)Per poter avviare i negoziati sul nuovo piano di aiuti Atene dovrà approvare in tre giorni le riforme e trasferire a un fondo esterno beni pubblici per oltre 50 miliardi. Queste le condizioni dettate dall’Eurogruppo alla Grecia dopo 14 ore di riunione.

tsipras-varoufakisL’apoteosi l’ha toccata Panorama, dipingendo Tsipras e Varoufakis come due clown da circo. Il che, per il settimanale di proprietà del più grande pagliaccio che a memoria d’uomo abbia mai calcato la scena politica italiana, non è davvero male. Ma la rappresentazione del governo greco come un branco di dilettanti allo sbaraglio, vanesi e soprattutto “populisti”, è un leitmotiv di tutta la grande stampa, italiana ed europea.

Varoufakis è quello che tiene la camicia fuori dai pantaloni, studia teoria dei giochi e gira in moto (vuoi mettere i nostri che circolano su auto blu, aerei blu ed elicotteri blu senza mai toccare terra?). Tsipras è il magliaro piacione e inaffidabile che rimpiange o fa rimpiangere Stalin, difende le pensioni d’oro e la temibile corsa agli armamenti greca, e in Europa fa il gioco delle tre carte. L’idea che questi signori siano stati democraticamente eletti da un popolo che le ha viste e provate tutte (la dittatura dei colonnelli, i socialisti, i conservatori, i centristi, i tecnici) non sfiora più nessuno, in un paese – il nostro – piuttosto disabituato alla democrazia.

Ma ciò che più sfugge ai nostri trincia-giudizi in casa d’altri è la serietà, la dignità dei nuovi politici di Atene. Che magari sbagliano ricetta economica (ma vai a sapere qual è quella giusta: hanno fallito tutte, ma proprio tutte), però hanno il sacrosanto diritto di essere messi alla prova: perché, nel disastro greco, non hanno alcuna colpa, non avendo mai governato prima. Chi dà loro lezioni da Bruxelles o da Berlino ha colpe molto più grandi di loro, visto che l’austerità ha peggiorato la vita e l’economia della Grecia, esattamente come quella di quasi tutto il resto dell’Eurozona.

Qui non si tratta di buonismo – il mantra prêt-à-porter di ogni talk show – ma di buonsenso. Se l’austerità fine a se stessa ha prodotto in pochi anni in Europa 23 milioni di disoccupati in più rispetto a prima, è il pragmatismo a imporre di cambiare registro. È vero, la Grecia entrò in Europa truccando i suoi bilanci, e le autorità comunitarie lo sapevano benissimo. È vero, la Grecia è stata malgovernata per decenni, con una serie di scelte scriteriate che l’han fatta vivere al di sopra delle sue possibilità. Ed è vero quel che dice la Merkel (persona seria anche lei, pur con i suoi errori in politica estera, ma non interna: magari i tedeschi ce la prestassero per qualche anno): le formiche d’Europa non possono pagare le serenate della cicala.

Ma ciò che chiede la Grecia – al di là di certe pretese inaccettabili – è l’ossigeno e il tempo per rimettersi in sesto, con il suo nuovo governo onesto e serio. Ci si può fidare sulla parola? No, occorrono controlli. Ciò che invece è inaccettabile, e ha fatto stravincere il No, è che le autorità europee abbiano usato la crisi greca prima per dettare ad Atene le riforme da fare, mettendo in mora il governo democraticamente eletto; e poi per provare a rovesciare il governo democraticamente eletto per sostituirlo con un pateracchio di larghe intese imposto dall’alto e da fuori, secondo lo schema sperimentato in Italia e nella stessa Grecia nel 2011. Gli Stati Ue hanno sottoscritto degli accordi e chi non li condivide può, anzi ormai deve battersi per modificarli: ma, finché esistono, deve rispettarli. Si tratta di parametri finanziari fissati – almeno a parole – a beneficio dei popoli: se però sono i popoli a vivere (anzi, a morire) a beneficio dei parametri, questi vanno cambiati. Ma per farlo occorre l’accordo della maggioranza degli Stati, che al momento non c’è. Anche perché chi vi avrebbe più interesse, tipo Renzi, se ne sta sotto la sottana di “Angela”.

La Grecia invece ha detto la sua: se avesse votato pro o contro l’euro, avrebbe vinto il Sì. Invece ha votato su una proposta giugulatoria per il popolo e suicida per i creditori (il creditore che affama il debitore è un cretino, perché non rivedrà mai più i suoi soldi). E ha vinto il No. Se persino il Fmi giudica plausibile una ristrutturazione, cioè un taglio, del debito greco, la strada potrebbe essere una conferenza internazionale che ridiscuta tutti i debiti pubblici: e conceda a chi ce l’ha più grosso (vedi il nostro, che continua allegramente a crescere) di restituire solo il giusto.

Ciascuno indichi il percorso che intende seguire: i governi di destra indicheranno politiche di destra, quelli di sinistra politiche di sinistra. La scelta di chi debba fare i sacrifici non spetta a nessuna Troika, ma ai governi nazionali e ai loro elettori. Le autorità europee devono fissare l’obiettivo: quant’è il conto e quando ragionevolmente va pagato. Ma chi lo deve pagare lo decidono i cittadini tramite i loro parlamenti e governi. Si chiama democrazia e, in attesa di inventare qualcosa di meglio, è bene tenercela stretta.

In fondo è questo il messaggio che è uscito domenica dalle urne: diteci il quanto, ma il come lo decidiamo noi. Somiglia molto a quello lanciato dagli elettori italiani che nel 2013 punirono i partiti delle larghe intese e premiarono il M5S che, come Syriza, non aveva mai governato. Com’è finita lo sappiamo: l’eterno Gattopardo ha finto di cambiare tutto per non cambiare nulla, ma al prossimo giro potrebbe ritrovarsi ancor più spelacchiato di oggi. Specialmente se continuerà a irridere al governo greco fingendo di non capire cos’è accaduto ad Atene. E a leccare i tacchi alla Merkel, dimenticando che dopo la Grecia, buoni penultimi, veniamo noi. O a farsi fotografare con Orfini alla Playstation. O a tenere lezioni di tiki-taka contro i gufi. E meno male che il pagliaccio è Tsipras.

Eurogruppo, Schauble contro Draghi: "Non prendermi per stupido".Grecia, Schaeuble propone Grexit fino al 2020
Cinque anni senza euro per ristrutturare debito
La lite tra i due all'origine dello stop del summit

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DRAGHI SCHAEUBLE

Una tensione crescente tra il presidente della Bce Mario Draghi e il ministro tedesco delle finanze Wolfgang Schaeuble sarebbe alla base dell'interruzione dell'Eurogruppo sulla Grecia. A quel punto, per evitare una rottura insanabile, il presidente Jeroen Dijsselbloem avrebbe deciso di interrompere la riunione per riprenderla stamani ad animi più rasserenati. Secondo una ricostruzione dell'agenzia greca Ana-Mpa, Schauble avrebbe risposto irritato a Draghi 'Don't take me for a fool', "non prendermi per stupido".

 

 

 

Tsipras chiede 7 miliardi per tamponare debiti
Fmi: “Con crisi Atene rischio impatto su Italia”

 

Crisi Grecia, Fmi: “Se non combattuta impatto possibile anche sull’Italia”

Nel rapporto dei tecnici di Washington dedicato alla Penisola si legge che gli sviluppi della situazione ellenica potrebbero avere "effetti sulla fiducia, anche se l’esposizione diretta è limitata”. Il governo deve procedere con le privatizzazioni e rilanciare la produttività. L'ex commissario alla spending review Cottarelli, tornato all'Fmi come direttore esecutivo, riconosce però che il Paese "sta attuando riforme in varie aeree critiche" e "gli sforzi stanno ripagando"

Pier Carlo Padoan rassicura, ma il Fondo monetario internazionale invita a mantenete alta l’allerta. Se il ministro dell’Economia nella serata di lunedì spiegava che nonostante le turbolenze create dalla crisi greca “non c’è nessun rischio per l’Italia” perché “stiamo facendo le riforme”, l’organizzazione diretta da Christine Lagarde nel rapporto periodico dei suoi tecnici sull’economia della Penisola avverte che “se non combattuti con una forte risposta politica da parte dell’Europa”, “gli avversi sviluppi in Grecia potrebbero avere un sostanziale impatto sull’Italia tramite effetti sulla fiducia, anche se l’esposizione diretta è limitata”, come limitati sono “i rischi di contagio nel breve termine“.

Secondo il Fondo di Washington, l’economia italiana sta emergendo gradualmente da una prolungata recessione, ma la ripresa rimane fragile: il Pil è confermato in crescita dello 0,7% nel 2015 e dell’1,2% nel 2016. Il tasso di disoccupazione, ora al 12,5%, l’anno prossimo inizierà un trend discendente che tra cinque anni lo porterà al 10,7%. Il debito pubblico, definito “sostenibile”, si attesterà al 133,3% nel 2015, per poi calare al 132,1% nel 2016, spiega il rapporto, sottolineando però che un debito sopra il 130% del Pil “è un importante fattore di vulnerabilità” e “limita lo spazio di manovra fiscale”. Un problema non da poco visto che è necessario “ridurre le elevate tasse sul lavoro e il capitale utilizzando i risparmi delle passate e future operazioni di revisione della spesa”.

Il “modesto consolidamento di bilancio” previsto per il 2015 “centra l’equilibrio fra sostegno della crescita e riduzione del debito“, si legge, e “in questo contesto la reindicizzazione delle pensioni in linea con la Corte costituzionale non dovrebbe modificare la posizione fiscale quest’anno”. In ogni caso “ogni impatto permanente dovrebbe essere compensato riducendo la spesa altrove”.

Occorre però, sottolinea il documento, affrontare il “problema di produttività di lunga data” dell’Italia. Un contributo lo può dare la riforma della pubblica amministrazione (il ddl è ora in discussione alla Camera), ma servono anche riforme dei settori fortemente regolati come quello dei trasporti e una strategia di ampia portata per rafforzare il sistema bancario e i bilanci delle aziende. L’Italia, secondo il Fondo monetario, dovrebbe spingere sulle privatizzazioni: un processo più rapido contribuirebbe a ridurre il debito: la recente vendita di azioni di Enel è un passo positivo “ma target più ambiziosi sulle privatizzazioni, in linea con i precedenti piani, godrebbero dei vantaggi delle condizioni favorevoli del mercati”.

Il report si chiude con un resoconto firmato dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, che come è noto ha lasciato l’incarico dopo mesi di tensione con Palazzo Chigi ed è tornato a Washington come direttore esecutivo dell’Fmi. Mentre i mercati guardano alla situazione greca e solo gli acquisti della Bce frenano l’aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato italiani, Cottarelli dà un giudizio positivo sulle riforme messe in campo dal governo Renzi: “Il Fondo a volte dà l’impressione che alcune delle nostre riforme strutturali siano ancora nella fase di pianificazione. Non è vero, non si tratta soltanto di piani, azioni chiave sono già state intraprese per tradurre in pratica queste riforme” e “gli sforzi stanno ripagando”.

 

Grecia, Merkel: “Tsipras faccia proposte precise”. Da Atene trattativa con Mosca

Se l’Europa continua a mostrarsi sorda a ogni ipotesi di compromesso e i falchi spingono per la Grexit e per una drammatizzazione della crisi, Atene – forte della vittoria del “no” al referendum – ha iniziato a giocare apertamente su due tavoli: da un lato spinge sui partner europei per ritornare al più presto al tavolo negoziale e chiudere l’accordo, dall’altro colloquia con Vladimir Putin informandolo sullo stato dell’arte dei negoziati. A darne notizia con malcelata soddisfazione è Iuri Ushakov, consigliere diplomatico del presidente russo, che ha riferito di una telefonata in cui il premier greco Alexis Tsipras ha detto a Putin che le trattative con i creditori (per ora) proseguiranno.

Telefonata non di circostanza, che fa seguito a una richiesta di incontro immediato da parte dello stesso Putin, e da leggere come un chiaro segnale a partner europei e alleati: la Grecia vuole restare in Europa e nell’euro, ma con la Russia è in corso una vera e propria trattativa parallela. E’ il “piano B” che prende corpo tanto più Berlino si mostra intransigente e determinata nel voler mettere Atene all’angolo. D’altro canto Tsipras sembra avere idee molto chiare su tattica e strategia: da un lato vuole rilanciare le trattative con i creditori togliendo ogni alibi all’Europa. Per fare questo non solo ha sacrificato il “suo” ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, ma ha anche chiesto al presidente della repubblica greca di convocare una riunione con gli altri partiti per costruire un solido fronte nazionale a supporto del negoziato, incassando subito l’apertura di diversi partiti d’opposizione, primo fra tutti il Pasok.

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Dall’altro lato il premier greco tratta con Mosca perché non può permettersi di perdere altro tempo dopo aver mancato il rimborso da 1,6 miliardi al Fondo monetario internazionale: altri prestiti sono in scadenza a luglio e per importi ben superiori, a partire dai 3,5 miliardi della rata dovuta alla Bce in pagamento il 20 luglio. Che tipo di sostegno Atene possa ottenere dalla Russia e a quali condizioni non è ancora chiaro, ma con ragionevole certezza si può dire che non si tratta di bluff, anche alla luce della crisi Ucraina e del ruolo che sta giocando un’Europa sempre più germano-centrica. Ovviamente non sfuggono le implicazioni geopolitiche di un avvicinamento della Grecia (Paese membro della Nato) alla Russia di Putin, ma l’Europa pare concentrata su altro e nient’affatto preoccupata delle conseguenze di una Grexit sull’economia e anche (e soprattutto) sull’Europa stessa.

Anche lunedì i tedeschi hanno ripetuto i loro mantra ossessivi sul debito greco, sul disaccordo totale ad ogni tipo di ristrutturazione (Schaeuble: “Il taglio del debito per noi non è un tema) e sulla scarsa serietà del governo Tsipras: “Al momento non ci sono i presupposti per nuove trattative su altri programmi di aiuto”, ha detto il portavoce di Angela Merkel prima che la cancelliera tedesca incontrasse il presidente Francois Hollande per discutere della crisi greca. Concetto poi ribadito dal vice cancelliere Sigmar Gabriel: “Se vorrà restare nell’euro la Grecia dovrà presentare un’offerta che vada al di là del passato e sia accettata dagli altri Paesi della zona euro. Mi manca la fantasia per immaginare”. Affermazioni che non aiutano certo il negoziato, sul quale invece il presidente francese Hollande ha fatto politicamente più di un’apertura, ribadendo che la ristrutturazione del debito greco non può e non deve essere un tabù.

Una sfumatura di pensiero molto diversa da quella della Merkel e motivata anche dalla debolezza della Francia che dalla fine dell’austerity pensa di trarre beneficio e spinge dunque per l’accordo. L’Italia, più della Francia, avrebbe tutto da guadagnare ad appoggiare il tentativo di Tsipras, ma – anche in quest’occasione – ha scelto la strada del silenzio e dell’acquiescenza con le posizioni del più forte. Un servilismo autolesionista che non è ripagato nemmeno da un aumento di prestigio in ambito europeo: anche questa volta l’Italia non è stata invitata al tavolo, così come non lo sono stati altri importanti Paesi dell’Eurozona. A che titolo Merkel e Hollande decidono e l’Eurogruppo è poi chiamato a ratificare? L’insofferenza per questa governance dell’Europa sta crescendo e mina alla base la fiducia dei cittadini che vedono prendere decisioni sopra le loro teste in un modo totalmente antidemocratico.

Grecia o non Grecia è questo un detonatore formidabile che potrebbe portare inesorabilmente il progetto europeo al fallimento e alla disgregazione. Non voler mettere sul tavolo ciò che anche per il Fondo monetario è ormai pacifico e necessario – ossia la ristrutturazione del debito greco – e al tempo stesso professarsi dispiaciuti per le difficoltà in cui versa il popolo al punto da proporre un piano di “aiuti umanitari” dà la misura di quanto la Germania, e con essa l’Europa, abbiano smarrito il senso della costruzione europea che a questo punto, per salvarsi, necessita di un profondo ripensamento. Se la Grecia avrà molto da perdere dall’eventuale Grexit e dall’abbraccio con Putin, noi abbiamo da perdere molto di più.

Calciomercato, Milan punta Romagnoli e la Roma vuole Dzeko – Tutte le trattative AL 12 LUGLIO 2015

Calciomercato, Milan punta  Romagnoli e la Roma vuole Dzeko – Tutte le trattative

 
La Lazio incassa 6 milioni come indennizzo per l'affare Zapata: Borini sempre più vicino. Galliani non smette di sognare Ibra, Sabatini deve vendere prima di comprare. Inter tra Salah e Jovetic mentre il Liverpool ha un problema: nessuno vuole Balotelli

I soldi del Monaco per strappare Alessio Romagnoli alla Roma e continuare a sognare Zlatan Ibrahimovic. Il volo di Sabatini per portare Edin Dzeko nella Capitale, mentre sull’altra sponda del Tevere si punta a chiudere per Fabio Borini. É un puzzle di tessere concatenate quello che sta andando in onda tra Monaco, Milano e Roma. Nel frattempo all’estero il Liverpool non trova acquirenti per Mario Balotelli e il Boca Junior si prepara a presentare Carlos Tevez.

Addio al Faraone per fare sognare il Milan
L’arrivo di El Shaarawy nel principato di Monaco è un’operazione da 16 milioni di euro: tre arriveranno subito nelle casse rossonere come indennizzo per il prestito secco, 13 sono quelli che Leonardo Jardim dovrà sborsare alla fine della prossima stagione per riscattare il Faraone. Un’opzione che il Monaco dovrà esercitare obbligatoriamente se l’esterno italo – egiziano giocherà almeno 15 partite: una clausola inserita a causa dei continui infortuni del calciatore azzurro. Che se tornerà in condizione ottimale, sarà una pedina fissa dell’undici del Principato. Col Monaco El Shaarawy ha firmato un quinquennale da 3 milioni a stagione, cioè 600mila euro in più rispetto allo stipendio rossonero: il trasferimento, in pratica è convenuto e tutti. Soprattutto al Diavolo che adesso torna prepotentemente a bussare alla Roma: dopo averlo lanciato nella Sampdoria, Sinisa Mihajlovic vuole Alessio Romagnoli al centro della difesa del nuovo Milan. Il giocatore è valutato sui venti milioni di euro, ma Walter Sabatini è stato chiaro: il talentino ventenne non è in vendita. Adriano Galliani dovrà lavorare duro, dato che nel frattempo i tifosi non hanno smesso d’invocare il ritorno di Zlatan Ibrahimovic: le trattative si sono bloccate alcuni giorni fa, ma il contante fresco arrivato dal sacrificio del Faraone potrebbe far riaprire il dialogo con il Paris Saint Germain.

Dzeko e Borini per la Capitale
Quei venti milioni di euro di Romagnoli, però, alla Roma potrebbero fare molto comodo. Lo sa bene il d.s. Sabatini che ha bisogno proprio di quella cifra per trasformare Edin Dzeko in un calciatore giallorosso. In realtà il Manchester City chiede 28 milioni per la punta bosniaca, ma i capitolini possono trattare avendo già un accordo da 4 milioni e mezzo con il calciatore. Problema: c’è prima da sfoltire la rosa, che da Doumbia a Gervinho, passando per Matteo Destro ed Ashley Cole, annovera ancora troppe pedine dagli stipendi pesanti ormai fuori dal progetto tecnico. Prima di comprare, insomma, Sabatini dovrà vendere, e per ottenere denaro fresco da reinvestire su Dzeko ( e magari Baba) dovrà capitalizzare al massimo le cessioni. Compito molto difficile: in alternativa bisognerà sbloccare il baby talento dell’Under 21. Non erano previsti, invece, i sei milioni di euro arrivati nelle casse della Lazio: Oltretevere infatti hanno brindato dopo la decisione della Camera di risoluzione della Fifa. Nel 2013 Mauro Zarate ha risolto il suo contratto con i biancocelesti senza giusta causa: con l’indennizzo, gli Aquilotti adesso accelerano per portare l’ex enfant prodige Borini in Italia, dove ha già vestito le maglie di Roma, Parma e Bologna.

Nessuno vuole Balotelli, l’Inter tra Salah e Jovetic
Dopo averlo escluso dalla tournée estiva il Liverpool cerca acquirenti per Mario Balotelli: solo che nessuno sembra disposto a farsi avanti per l’ex talento dell’Inter. Ai mondiali di un anno fa era la punta di diamante della nazionale azzurra, poi era stato acquistato dai Reds per più di venti milioni di euro, adesso dopo 17 presenze ed una sola rete nell’ultima Premier League non ha acquirenti: una parabola da fine carriera anche se Balotelli ha ancora “solo” 25 anni. Stessa età di Steven Jovetic, che invece è pronto a tornare in Italia dopo l’esperienza da dimenticare al City. Il futuro dell’ex viola è legato a quello di un altro Faraone: domani infatti Mohamed Salah dovrà presentarsi alle visite mediche della Fiorentina. L’Inter però rimane alla finestra: in alternativa Mancini si butterebbe proprio su Jovetic. Ma anche la Juventus potrebbe tornare a farsi sotto, mentre nelle prossime ore Tevez sarà presentato dal Boca Juniors. Tragitto inverso, da Buenos Aires a Torino, per Guido Vadalà, talento classe ’97, attaccante considerato una delle migliori promesse argentine che sarà aggregato alla Primavera bianconera.

 

 

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