INTERNOTIZIE |
Niente 'Remuntada' per il Barça, Supercoppa all'Athletic,fallito il Sextete (18-04-15)
A tre giorni dal 4-0 del San Mames, i baschi pareggiano per 1-1 al Camp Nou. Addio sogni di 'Sextete' per i blaugrana, che si erano portati in vantaggio al 43' con Messi. Nella ripresa, catalani in dieci per l’espulsione di Piqué, poi l’1-1 firmato da Aduriz chiude definitivamente i conti.
31 anni dopo, la
Supercoppa di Spagna torna a Bilbao. Il successo del 2015 è ben più
gustoso di quello arrivato nel 1984, quando il regolamento regalò il
trofeo ai baschi senza bisogno di giocare alcuna finale, avendo i
Rojiblancos conquistato Liga e Coppa del Re. Stavolta, invece, gli
uomini di Valverde spengono i sogni di Sextete del Barcellona di Luis
Enrique, soprattutto grazie allo
storico 4-0 del San Mames, nella gara d’andata. Nonostante la fame
di ‘Remuntada’ dei blaugrana, il ritorno del Camp Nou si chiude
sull’1-1: al gol di Messi, al 43′, risponde la bestia nera Aduriz (per
lui 4 gol ai catalani in 4 giorni), che chiude il discorso al 74′,
dopo che il Barcellona era rimasto in dieci per l’espulsione di Piqué.
A cinque minuti dal termine, quando la partita non ha più nulla da
dire, c’è anche il rosso al subentrato Kike Sola, ma la ristabilita
parità numerica non influisce sull’esito del match.
È SUBITO ASSEDIO – Con quattro gol da rimontare, il
Barça parte subito a testa bassa, colpendo la traversa già al 6′ con
Piqué. I blaugrana ritrovano il gioco in verticale e gli automatismi
che non si erano visti al San Mames ma l’Athletic, forte del risultato
dell’andata, può concentrarsi quasi esclusivamente sulla fase
difensiva, lasciando pochi spazi alle offensive catalane. Messi si fa
vedere su calcio di punizione, andando vicino al gol dai venticinque
metri; i baschi, però, non stanno a guardare e, in contropiede, fanno
scorrere un brivido gelido lungo la schiena dei tifosi catalani. In
contropiede, Eraso si trova a tu per tu con Bravo ma, invece di
servire il liberissimo Aduriz, cerca la conclusione personale e sfiora
il sette alla sinistra del portiere cileno.
ADURIZ PUNISCE ANCORA I CATALANI – La legge del
calcio non ammette smentite e, al 43′, il Barça passa: cross di
Rakitic per Suarez, tocco di spalla in favore di Messi che gira
agevolmente a rete. Nella ripresa, però, l’impresa si fa ancora più
complicata per gli uomini di Luis Enrique, già fiaccati dall’assedio
quasi sterile del primo tempo: Piqué si fa espellere per una plateale
protesta nei confronti del guardalinee e il Barcellona resta in dieci.
I blaugrana provano a reagire, cercano la via della rete con Rakitic e
Suarez ma poi, al 74′, crollano definitivamente: Eraso approfitta di
un errore difensivo di Mathieu e, di testa, lancia Aduriz verso la
porta; il bomber, che già all’andata aveva rifilato tre gol ai
blaugrana, viene ipnotizzato da Bravo in uscita ma riesce a ribadire
in rete sulla respinta.
DOMENICA SARÀ ANCORA ATHLETIC-BARÇA – La partita, di
fatto, finisce qui: l’unico spunto di cronaca dell’ultimo quarto d’ora
riguarda l’espulsione di Kike Sola, subentrato proprio ad Aduriz, per
un brutto intervento su Mascherano. A cinque minuti dal termine, la
ristabilita parità numerica non cambia nulla. Finisce così, con l’Athletic
in festa al Camp Nou. Per il Barça, però, il momento della vendetta
potrebbe arrivare prestissimo: domenica prossima, nella prima giornata
della Liga, i catalani saranno nuovamente al San Mames, per la terza
sfida all’Athletic in dieci giorni; in palio, i primi tre punti della
stagione.
Sestete a fortissimo rischio: Barca sprofonda a Bilbao, 0-4 (14-08-15)
Athletic Bilbao-Barcellona 4-0, tracollo blaugrana in Supercoppa di Spagna
La formazione di Luis Enrique cede di schianto in terra basca: San José apre le marcature con un gol da metà campo, l'Athletic tiene bene e nel secondo tempo la tripletta di Aduriz chiude il poker. Match di ritorno fra tre giorni al Camp Nou
BILBAO – Una lezione ai
campioni di tutto. L'Athletic Bilbao, per una sera, si traveste da top
club europeo. L’orgoglio basco schianta le stelle Messi e Suarez e
ipoteca la vittoria della Supercoppa di Spagna, il tutto in attesa
della sfida di ritorno tra tre giorni al Camp Nou: i catalani tornano
a casa con quattro reti sul groppone, risultato impronosticabile alla
vigilia nonostante le fresche fatiche nella Supercoppa Europea contro
il Siviglia. L'eroe della notte del nuevo San Mames è Aritz Aduriz,
l’antitesi del "falso nueve": tripletta decisiva nel 4-0 finale per
l'ex Valencia.
SAN JOSE', CHE MAGIA – Luis Enrique, un po' per il
forfait di Neymar e un po' per un debito di riconoscenza visto il
gol-vittoria in Supercoppa, lancia Pedro dal primo minuto con Suarez e
Messi, scegliendo di ruotare i titolari in mediana: spazio a Rafinha e
Sergi Roberto con el Jefecito Mascherano. L'Athletic parte forte,
pressa il Barcellona e trova il vantaggio al 13' con una perla. Uscita
avventurosa di testa di ter Stegen, il tedesco riesce a rinviare fino
al cerchio di centrocampo. San José stoppa palla, alza gli occhi e
vede l’estremo blaugrana ancora ai 30 metri. Destro secco, è una
rasoiata che attraversa metà campo e si insacca in rete. Barça che non
riesce a prendere le redini della sfida, Suarez allarga un po' troppo
il gomito a contatto con Balenziaga ma se la cava senza cartellini. L'Athletic
potrebbe addirittura allungare ma gestisce male un paio di ripartenze
e contro il Barcellona non è mai un'idea felice. Suarez entra in area,
punta Iraizoz ed è costretto ad aggirarlo: tiro-cross velenosissimo
quasi dal fondo, minaccia sventata nei pressi della linea di porta.
Messi ha ancora il mancino caldo su palla inattiva dopo la doppietta
rifilata al Siviglia, Iraizoz vola a smanacciare il sinistro a giro
della pulce.
LO SHOW DI ADURIZ – Il secondo tempo si apre con le
proteste dei giocatori dell’Athletic: gomito molto largo di Pedro, già
ammonito e a rischio espulsione. La prima vera chance del Barcellona
può diventare quella del pareggio. Suarez scappa a Laporte, destro
secco, traversa piena. I blaugrana accelerano, Iraizoz è
attentissimo sul sinistro rasoterra di Messi. Nel momento migliore dei
suoi, Luis Enrique inserisce il fosforo di Iniesta per Rafinha. La
mossa non paga. Break Athletic sulla sinistra, cross pennellato per la
testa di Aduriz, l'incornata del centravanti basco sull'invito di
Sabin Merino è chirurgica e vale il raddoppio. Dentro anche Rakitic
per il frastornato Sergi Roberto – sua la palla persa che ha originato
il raddoppio – ma il risultato per il Barça non migliora, anzi. Aduriz
è micidiale anche con i piedi, pallone sporco in area di rigore dopo
un errore in chiusura di Dani Alves, sul diagonale del centravanti ter
Stegen non può nulla, complice anche una leggera deviazione di Bartra.
Il Barcellona affonda, Gonzalez concede un rigore alquanto fiscale per
un contatto in area tra Dani Alves ed Etxeita, Aduriz cala il tris
incrociando il destro dal dischetto. Se c'è una squadra che può
ribaltare un 4-0 è senz'altro il Barcellona, ma è altrettanto vero
che quello visto oggi difficilmente potrà centrare un'impresa del
genere.
Esm, come funziona il fondo Ue al quale Tsipras chiede i nuovi aiuti
Il cosiddetto fondo salva Stati, nome ufficiale European stability mechanism (Esm), a cui Atene vorrebbe attingere per un nuovo pacchetto di aiuti, è l’evoluzione del precedente European financial stability facility (Efsf) utilizzato per il sostegno finanziario a Irlanda, Grecia e Portogallo. Dal luglio 2013 l’Esm ha infatti sostituito tutte le altre strutture finanziarie create dall’Unione europea negli anni della crisi per fornire aiuti ai Paesi in difficoltà. Ha carattere permanente e a differenza dell’Efsf, che era una società privata seppure controllata dai paesi dell’Eurozona, l’Esm è a tutti gli effetti un’organizzazione intergovernativa. Dispone di una “potenza di fuoco” che, almeno sulla carta, può raggiungere i 500 miliardi di euro.
Può prestare soldi agli Stati in difficoltà, eccezionalmente acquistare titoli di Stato sul mercato primario (ossia al momento dell’emissione) e in futuro potrà intervenire direttamente nei salvataggi bancari seppur con condizioni molto restrittive. Finora ha svolto un ruolo importante nella crisi di Cipro e soprattutto nella costituzione della bad bank spagnola, in cui le banche hanno scaricato i loro crediti deteriorati. Per gli istituti di credito della Spagna ha stanziato finanziamenti per 40 miliardi di euro, posti a carico del bilancio pubblico iberico. Restano a disposizione 450 miliardi.
Beninteso, niente è gratis. L’Esm è infatti una specie di piccolo Fondo monetario internazionale “made in Europe”. Presta soldi agli Stati in cambio di rigorosi impegni a effettuare riforme e dietro il pagamento di interessi modellati su quelli praticati per l’appunto dal Fmi. Difficile dire quali condizioni potrebbe strappare Atene sostituendo l’attuale mix di creditori. Va però detto che attualmente la Grecia paga sul suo debito da oltre 300 miliardi interessi piuttosto favorevoli: fino al 2020 non si va oltre il 3%.
Per raccogliere capitale il fondo emette obbligazioni facendo leva sui versamenti e le garanzie degli Stati membri. Il capitale versato ammonta a 80 miliardi di euro e gli stanziamenti a carico dei diversi paesi variano a seconda del peso economico. L’Italia si fa carico di una quota del 17,9% (la Francia del 20%, la Germania del 27%) e ha quindi sinora erogato all’Esm 14,3 miliardi oltre a fornire garanzie (quindi senza che questi fondi escano dalle casse pubbliche a meno di necessità) per circa 120 miliardi di euro. Come previsto dal trattato istitutivo dell’Esm, i 14 miliardi versati da Roma sono stati raccolti emettendo titoli di Stato. Un’operazione neutra ai fini dei conteggi di deficit e debito poiché a fronte della passività generata con l’emissione di titoli di Stato si crea un attivo nei confronti dell’Esm.
L’architettura finanziaria piuttosto complessa e in parte oscura con cui opera l’Esm è stata oggetto di molte critiche. Tra i più scettici c’è, o almeno c’era fino a ieri, il ministro dell’economia greco Yanis Varoufakis, che nel suo libro “Il minotauro globale” metteva in guardia dai rischi intrinseci alla struttura del fondo. Varoufakis usa la metafora di una cordata di alpinisti (i paesi euro) che cominciano a cadere uno dopo l’altro finché anche l’ultimo e più forte membro viene trascinato nel precipizio. Questo perché i prestiti ai Paesi in difficoltà sono raccolti sui mercati monetari grazie alle garanzie dagli altri Stati. La somma incassata viene poi spezzettata in tanti piccoli “pacchetti” ciascuno dei quali contiene una quota garantita dalla Germania, una dalla Francia, un’altra dal Portogallo e via via da tutti i paesi membri. Visto però che gli Stati hanno diversi gradi di affidabilità, a ciascuna quota viene assegnato un diverso grado di interesse ricalcando molto da vicino il modello delle famigerate obbligazioni Cdo che hanno innescato il crollo del mercato statunitense nel 2008. Se uno dei garanti entra a sua volta in crisi e deve rivolgersi al fondo, è ovviamente costretto a sfilarsi dalla cordata, aumentando il peso sugli Stati rimanenti e innescando un perverso effetto domino.
Crisi Grecia, la doppia faccia di Pechino e Mosca che tendono la mano a Tsipras
Ufficialmente la Cina si fa avanti per tenere unito l'euro, ma a chi conviene una Grecia dalle reni spezzate se non a chi vuole poi farne bocconcini pagati quattro soldi? Putin, per il momento, sta a guardare: non si illude più di tanto sapendo bene che Atene è una pedina fondamentale per la Nato
Mentre per Atene si avvicina la ferale scadenza del 30 giugno, si profila all’orizzonte geopolitico di questa crisi epocale l’ingombrante presenza della Cina, tanto per non farci mancare nulla. In verità, è da qualche anno che Pechino si è ritagliata un ruolo importante quale partner della Grecia. Di recente, nella primavera del 2013, ha stretto vantaggiosi accordi commerciali ed industriali focalizzati attorno all’uso del terminal dei container del Pireo, il porto della capitale greca, che diventerà una sorta di hub per lo smistamento e il transito delle merci cinesi. L’obiettivo è chiaro: sfruttare la debolezza economica (e politica) di Atene per trasformare il Pireo nella porta più importante dell’Asia in Europa. Per ottenere, bisogna sedurre.
Basta poco. Un sorriso, uno sguardo ammiccante. E promesse che sanno di miliardi. Così, venerdì è rimbalzata la notizia che il governo cinese sarebbe intenzionato a foraggiare quello ellenico, non solo con investimenti e acquisti di bond, ma con robuste iniezioni di denaro. Almeno, questo si vorrebbe far credere all’opinione pubblica riportando una dichiarazione (abbastanza cauta) del vice ministro degli Esteri cinese Wang Chao: “La Grecia è in una fase cruciale. La Cina vuole che resti nell’Unione Europea. Daremo il nostro contributo perché ciò accada”. Come a dire: a Pechino interessa che la Grecia esca fuori non dall’Ue, bensì dalla crisi, in modo che resti nell’euro. E che non ci siano sconquassi finanziari, tantomeno sociali. Un segnale diretto ai tedeschi e ai “falchi” di Bruxelles che agitano lo spettro della catastrofe. Perché, è il sottinteso cinese, a chi conviene una Grecia dalle reni spezzate se non a chi vuole poi farne bocconcini pagati quattro soldi?
A rendere più complicato questo Piccolo Grande Gioco della Grexit ecco che Mosca fa da sponda alle buone intenzioni di Pechino. Con una breve, quanto significativa, nota dell’agenzia di stampa Ria-Novosti. Ormai solo la Russia e la Cina possono salvare la Grecia, è la sostanza del dispaccio giornalistico. Di sicuro, gli interventi cinesi sono sostanziosi: in questi ultimi tempi sono stati sottoscritti contratti per un totale di 6,5 miliardi di dollari. Sempre Ria-Novosti sottolinea come Atene si aspetti un’ondata di investimenti stranieri e in questo ottimistico scenario, aggiunge, un ruolo da protagonista l’avrebbe giustappunto la Cina. Che non punta più solamente a gestire il Pireo e trasformarlo in testa di ponte cinese nel Mediterraneo, per consolidare e sviluppare il commercio coi paesi dell’Europa meridionale e balcanica.
Ci sono le infrastrutture da modernizzare: Pechino vorrebbe realizzare una linea ferroviaria ad alta velocità che attraverso i Balcani arrivi a Vienna, tale da ottimizzare la distribuzione delle merci (un tunnel è già stato realizzato). Occorre rendere più competitivi i porti, per adeguarsi ai piani di sviluppo previsti dalla potentissima Cosco, la China Ocean Shopping Company, un colosso dei trasporti marittimi che dispone di una cospicua flotta, oltre 130 mercantili (e non solo) e che ha acquisito il controllo di parte delle strutture portuali del Pireo, il primo porto europeo per numero di passeggeri, 18 milioni lo scorso anno.
Il gruppo Cosco è presieduto da Wei Jiafu. Le sue intenzioni sono state comunicate ad Alexis Tsipras tramite il suo uomo di fiducia Fu Cheng Qui, il “dominus” del Pireo: “Noi siamo pronti, vogliamo investire in Grecia, considereremmo con molta attenzione qualunque apertura di bando ufficiale da parte delle autorità elleniche” (lo riporta il sito di Panorama). Tsipras vedrebbe di buon occhio l’operazione, i sindacati portuali si oppongono, avvisa il giornale Kathimerini, attenzione a svendere il Paese, e poi, siamo sicuri che ci convenga? I portuali sono pronti a scioperare, come è già successo altre volte “per via delle condizioni di lavoro imposte dai cinesi, considerate troppo dure”.
Altro comparto strategico è quello delle telecomunicazioni. E qui entra in gioco un altro gigante, anzi due: la Huawei di Shenzhen che compete con Samsung e la Apple e la Zhongxing telecommunication equipment corporation (Zte) che nel marzo del 2014 ha siglato con la Cosco un accordo per utilizzare il Pireo quale base di smistamento.
La Grecia è il jolly cinese che Tsipras agita davanti agli occhi dei creditori di Atene. E’ uno stato-porto, alla canna del gas (russo). Dove vivono ventimila cinesi (su 11 milioni di abitanti). Nella nuova mappa della crisi greca, bisogna quindi tener conto dei sussulti che arrivano dall’estremo Oriente. Venerdì la Borsa di Shanghai ha perso il 7,4 per cento, una sberla. Dal 12 giugno, il calo complessivamente è stato del 19 per cento. Dulcis in fundo, il premier cinese Li Keqiang si recherà lunedì a Bruxelles, giusto il giorno prima dell’ardua sentenza del 30 giugno, per incontrarsi con i leader delle istituzioni europee nell’ambito di un nuovo vertice Ue-Cina. Putin, per il momento, sta a guardare. Non si illude più di tanto: la Grecia è una pedina fondamentale per la Nato, perché lasciarla cadere nelle mani dei cinesi e dei russi? Intanto, però, si gode l’imbarazzante balletto dell’Ue, le contorsioni di Francois Hollande, il cipiglio di Angela Merkel e del suo durissimo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, l’inanità di Matteo Renzi, l’altezzosità dei paesi baltici, il moralismo affettato degli olandesi e del Grande Nord, il cinismo britannico…
Grecia,
Tsipras spariglia: “Ultimatum?
Decida il popolo, referendum il 5 luglio”
Ad Atene è
di nuovo corsa ai bancomat
Calciomercato, Milan punta Romagnoli e la Roma vuole Dzeko – Tutte le trattative AL 12 LUGLIO 2015
I soldi del Monaco per strappare Alessio Romagnoli alla Roma e continuare a sognare Zlatan Ibrahimovic. Il volo di Sabatini per portare Edin Dzeko nella Capitale, mentre sull’altra sponda del Tevere si punta a chiudere per Fabio Borini. É un puzzle di tessere concatenate quello che sta andando in onda tra Monaco, Milano e Roma. Nel frattempo all’estero il Liverpool non trova acquirenti per Mario Balotelli e il Boca Junior si prepara a presentare Carlos Tevez.
Addio al Faraone
per fare sognare il Milan
L’arrivo di El Shaarawy nel principato
di Monaco è un’operazione da 16 milioni di euro:
tre arriveranno subito nelle casse rossonere come
indennizzo per il prestito secco, 13 sono quelli che
Leonardo Jardim dovrà sborsare alla
fine della prossima stagione per riscattare il Faraone.
Un’opzione che il Monaco dovrà esercitare
obbligatoriamente se l’esterno italo – egiziano giocherà
almeno 15 partite: una clausola inserita a causa dei
continui infortuni del calciatore azzurro. Che se
tornerà in condizione ottimale, sarà una pedina fissa
dell’undici del Principato. Col Monaco El
Shaarawy ha firmato un quinquennale da 3
milioni a stagione, cioè 600mila euro in più rispetto
allo stipendio rossonero: il trasferimento, in pratica è
convenuto e tutti. Soprattutto al Diavolo che adesso
torna prepotentemente a bussare alla Roma: dopo averlo
lanciato nella Sampdoria, Sinisa Mihajlovic
vuole Alessio Romagnoli al centro della difesa del nuovo
Milan. Il giocatore è valutato sui venti milioni di
euro, ma Walter Sabatini è stato
chiaro: il talentino ventenne non è in vendita. Adriano
Galliani dovrà lavorare duro, dato che nel frattempo i
tifosi non hanno smesso d’invocare il ritorno di
Zlatan Ibrahimovic: le trattative si sono
bloccate alcuni giorni fa, ma il contante fresco
arrivato dal sacrificio del Faraone potrebbe far
riaprire il dialogo con il Paris Saint Germain.
Dzeko e Borini per la
Capitale
Quei venti milioni di euro di Romagnoli, però,
alla Roma potrebbero fare molto comodo. Lo sa bene il
d.s. Sabatini che ha bisogno proprio di quella cifra per
trasformare Edin Dzeko in un calciatore
giallorosso. In realtà il Manchester City
chiede 28 milioni per la punta bosniaca, ma i capitolini
possono trattare avendo già un accordo da 4 milioni e
mezzo con il calciatore. Problema: c’è prima da sfoltire
la rosa, che da Doumbia a Gervinho, passando per
Matteo Destro ed Ashley Cole,
annovera ancora troppe pedine dagli stipendi pesanti
ormai fuori dal progetto tecnico. Prima di comprare,
insomma, Sabatini dovrà vendere, e per ottenere denaro
fresco da reinvestire su Dzeko ( e magari Baba)
dovrà capitalizzare al massimo le cessioni. Compito
molto difficile: in alternativa bisognerà sbloccare il
baby talento dell’Under 21. Non erano previsti, invece,
i sei milioni di euro arrivati nelle casse della Lazio:
Oltretevere infatti hanno brindato dopo la decisione
della Camera di risoluzione della Fifa. Nel 2013
Mauro Zarate ha risolto il suo contratto con i
biancocelesti senza giusta causa: con l’indennizzo, gli
Aquilotti adesso accelerano per portare l’ex enfant
prodige Borini in Italia, dove ha già vestito le maglie
di Roma, Parma e Bologna.
Nessuno vuole Balotelli,
l’Inter tra Salah e Jovetic
Dopo averlo escluso dalla tournée estiva il Liverpool
cerca acquirenti per Mario Balotelli: solo che nessuno
sembra disposto a farsi avanti per l’ex talento
dell’Inter. Ai mondiali di un anno fa era la punta di
diamante della nazionale azzurra, poi era stato
acquistato dai Reds per più di venti milioni di euro,
adesso dopo 17 presenze ed una sola rete nell’ultima
Premier League non ha acquirenti: una parabola da fine
carriera anche se Balotelli ha ancora
“solo” 25 anni. Stessa età di Steven Jovetic, che invece
è pronto a tornare in Italia dopo l’esperienza da
dimenticare al City. Il futuro dell’ex viola è legato a
quello di un altro Faraone: domani infatti Mohamed Salah
dovrà presentarsi alle visite mediche della Fiorentina.
L’Inter però rimane alla finestra: in alternativa
Mancini si butterebbe proprio su Jovetic. Ma anche la
Juventus potrebbe tornare a farsi sotto, mentre
nelle prossime ore Tevez sarà presentato dal Boca
Juniors. Tragitto inverso, da Buenos Aires a Torino, per
Guido Vadalà, talento classe ’97,
attaccante considerato una delle migliori promesse
argentine che sarà aggregato alla Primavera bianconera.