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Il Canale di Suez da Nasser ad Al Sisi, l'opera faraonica che dà gloria e cancella le ombre
Oggi si inaugura il raddoppio della via navigabile aperta 146 anni fa. Un'opera che non solo creerà posti di lavoro, ma farà anche dimenticare le repressioni del regime
Il CANALE di Suez ha un doppio
valore: mitico e tecnico. Il maresciallo Abdel Fattah
al-Sisi, nuovo raìs d'Egitto, con la grande cerimonia d'oggi
rispolvera l'uno e l'altro. Non si celebra solo il
compimento di un'opera che può dare lavoro a decine di
migliaia di uomini e donne, forse a milioni: c'è anche il
tentativo di ridare al paese squassato dalle crisi un po'
dello smalto perduto e della credibilità sperperata dal
regime militare
con le repressioni.
Sul piano tecnico non si tratta del raddoppio del Canale
inaugurato centoquarantasei anni fa, ma di un imponente
miglioramento. Ci avevano già pensato sia Hosni Mubarak, il
vecchio raìs spodestato dalla "primavera araba" poi fallita,
sia il presidente
Mohammed Morsi,
eletto al suffragio universale diretto e adesso in galera.
Ma nessuno dei due era mai passato alla realizzazione.
Appena arrivato al potere grazie alla forza dell'esercito e
all'impopolarità dei Fratelli musulmani subito decimati, il
maresciallo Al Sisi ha rispolverato il progetto e
soprattutto l'ha concretizzato con tenacia ed efficienza.
Ultimati a fine luglio,
i lavori consentiranno di
raddoppiare la
circolazione delle navi su 72 dei 193 chilometri della sua
lunghezza (tra il Mediterraneo e il Mar Rosso), grazie
all'allargamento di 37 chilometri del canale originale e lo
scavo di una nuova via di 35 chilometri. Questi lavori
dovrebbero ridurre da diciotto a undici ore il tempo di
passaggio in un senso e da otto a tre ore nell'altro senso.
Anche la frequenza del traffico è destinata a migliorare.
Entro il 2023 passeranno in un giorno novantatré navi invece
delle quarantanove attuali. Lungo il percorso saranno
realizzati tunnel stradali e ferroviari, centri commerciali
e nuovi porti. Stando alle dichiarazioni ufficiali le opere
sono costate quasi 14 miliardi di euro, le metà dei quali, 7
miliardi, sarebbero stati raccolti in dieci giorni grazie
all'acquisto di buoni di partecipazione da parte della
popolazione egiziana. Sempre secondo le proiezioni ufficiali
gli introiti del canale dovrebbero passare dagli attuali 4,8
miliardi di euro a 12 entro il 2023. La prospettiva di
consistenti guadagni ha senz'altro spinto molti cairoti o
alessandrini ad acquistare i buoni offerti dallo Stato, ma
lo spazio mitico che occupa il Canale di Suez nella storia
dell'Egitto moderno ha probabilmente contribuito allo
slancio popolare.
Quando ha cacciato Mohammed Morsi dalla presidenza,
giudicandolo inefficiente e inattendibile, il generale Al
Sisi, poi promosso maresciallo e eletto presidente, ha
assecondato la propaganda che lo presentava come un "nuovo
Nasser". Ha associato il proprio nome a quello del raìs che,
insieme al generale Naguib, cacciò re Faruk dal trono nel
1952 e proclamò la Repubblica, ma che, soprattutto, quattro
anni dopo, liberatosi di Naguib e diventato lui stesso
presidente, nel luglio 1956 nazionalizzò il Canale di Suez.
La decisione equivalse a una proclamazione di indipendenza.
Suscitò identiche emozioni. Il Canale era controllato
militarmente e finanziariamente dalle vecchie potenze
coloniali. Nasser sfidò Francia e Gran Bretagna.
A Parigi governava Guy Mollet, socialista e professore di
inglese. A Londra Anthony Eden, un conservatore malandato di
salute. La Francia di Mollet aveva un rapporto particolare
con Israele, allora governato dai laburisti e ritenuto da
non pochi (per i kibbutz) un paese socialista assai più
affidabile dell'Urss. Mollet considerava Nasser, nemico del
neo Stato ebraico, un personaggio simile a Hitler. Per Eden
la nazionalizzazione del Canale di Suez era un'ulteriore
terribile ferita all'Impero britannico morente. Per la
Francia, che aveva appena perduto l'Indocina, e cercava di
conservare l'Algeria, in Egitto si trovavano i dirigenti del
Fronte di Liberazione nazionale in azione nel paese del
Maghreb considerato un dipartimento francese. Gente dunque
da neutralizzare. Così partì l'ultima classica operazione
coloniale della Storia. Un'impresa franco-inglese, alla
quale si aggregarono le truppe israeliane del generale Moshe
Dayan. Militarmente fu un successo, ma politicamente un
disastro. Perché gli Stati Uniti ordinarono a Londra, a
Parigi e a Tel Aviv di ritirare le loro truppe dal Canale e
furono ubbiditi.
Non solo per l'Egitto, ma per il Terzo Mondo, che stava
emancipandosi dalla colonizzazione, fu una vittoria. Una
vittoria elargita dagli Stati Uniti, che non erano fuori
dalla Storia come la Francia di Guy Mollet e la Gran
Bretagna di Anthony Eden. Fu anche una vittoria "tecnica"
perché gli egiziani, nonostante le previsioni, assunto il
controllo del Canale riuscirono a farlo funzionare. Il
maresciallo Al Sisi condivide con Nasser un altro non tanto
dissennato principio: le opere faraoniche non danno soltanto
gloria, ma cancellano le ombre. La diga di Assuan, che fu la
più grande realizzazione di Gamal Abdel Nasser dette acqua
alle terre della valle del Nilo ed energia alle fabbriche, e
al tempo stesso fece trascurare i numerosi abusi del regime.
Il progetto del Canale fu animato in particolare dal
diplomatico Ferdinand de Lesseps. L'inaugurazione avvenne,
sotto il controllo dei francesi, il 17 novembre 1869, alla
presenza del khedivè (viceré) Ismail, pascià d'Egitto e del
Sudan, ospite d'onore Eugenia, moglie di Napoleone III. Il
pascià aveva ordinato per l'occasione un'opera a Giuseppe
Verdi, ma l'Aida fu rappresentata al Cairo la vigilia di
Natale del 1871 quando Napoleone III aveva già perduto
l'impero a Sedan. Nei dieci anni in cui fu scavato il
Canale, che ha accorciato di circa settemila chilometri la
distanza tra l'Europa e l'India, non dovendo le navi passare
per il Capo di Buona Speranza, l'intenso traffico di
mercanti e tecnici ha contribuito a rianimare la città di
Alessandria. La quale è diventata un'importante borsa del
cotone, approfittando della guerra di secessione americana
che bloccava il commercio d'Oltratlantico, e della guerra di
indipendenza greca che faceva della città egiziana un
rifugio ambito. In quell'agitato periodo Alessandria
diventò, grazie ai traffici stimolati dai lavori del Canale,
un centro d'affari ma anche di cultura. Scrittori e poeti,
come più tardi il grande Kavafis, fecero il miracolo di
riallacciare il presente alessandrino con l'antichità,
quella di Antonio e di Cleopatra.