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Pubblica amministrazione. Marianna Madia: il governo rivede le pensioni d'ufficio, via quota 96

 

MARIANNA MADIAIl governo presenterà "4 emendamenti soppressivi" di alcuni punti del dl sulla Pubblica amministrazione tra cui la cosiddetta quota 96, che sbloccava 4 mila pensionamenti nella scuola. Ad annunciarlo il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. Proprio la cosiddetta quota 96 era stata oggetto della "rabbia" del commissario alla spending review Carlo Cottarelli che lamentava l'impossibilità di tagliare le tasse (fine ultimo originario dei tagli alla spesa) se la politica continua a richiedere di dirottare risorse altrove. Madia ha spiegato che non sono state trovate le coperture.

Un emendamento del governo al dl P.A. rivede i limiti d'età per il pensionamento d'ufficio, eliminando il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e medici. Ad affermarlo è sempre il ministro Madia. Restano invece le soglie previste per il resto dei dipendenti pubblici (62 anni e 65 per i medici).

Un altro degli emendamenti a firma dell'esecutivo riguarda i benefici previsti con riferimento alle vittime di atti di terrorismo che saltano. In commissione Affari Costituzionali del Senato si inizierà l'esame degli emendamenti (in tutto circa 650).

"Dobbiamo correre e, a questo punto, Visto che è stata messa alla Camera, mi sembra ragionevole". Così il ministro della pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha risposto a margine della commissione affari costituzionali del Senato, a chi chiedeva se la fiducia sul decreto Pa è ormai scontata.

In serata, sulla questione "quota 96", Renzi fa sapere la sua posizione. Giudizio positivo sullo stato d'avanzamento riforme (con particolare soddisfazione di Palazzo Chigi per il ddl Boschi su senatori a vita e via indennità) e PA. Per il premier era giusto togliere quota 96 che "non c'entrava nulla con la ratio e l'idea della norma". Sulla scuola, però, prepara un intervento a fine agosto, "assai più ampio come platea del perimetro dei 4mila di quota 96".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Ezio rimase sul campo ma mancava della potenza necessaria per ingaggiare battaglia, avendo a disposizione solo pochi uomini; era però consapevole che Attila aveva necessità di grandi quantità di foraggio e viveri per i suoi uomini e bastava un nulla perché scoppiassero epidemie; inoltre era in attesa dell'esercito che Marciano stava convogliando sul Danubio per chiudere in una sacca gli Unni. Attila si fermò finalmente sul Po, in una località tramandata col nome di "Ager Ambulejus", dove incontrò, nell'attuale Governolo,[19] frazione di Roncoferraro, un'ambasciata formata dal prefetto Trigezio, il console Avienno e papa Leone I (la leggenda vuole che proprio il papa abbia fermato Attila mostrandogli il crocifisso). Dopo l'incontro Attila tornò indietro con le sue truppe senza pretese né sulla mano di Onoria, né sulle terre in precedenza reclamate. Sono state date diverse interpretazioni della sua azione. La fame e le malattie che accompagnavano la sua invasione potrebbero aver ridotto la sua armata allo stremo, oppure le truppe che Marciano mandò oltre il Danubio potrebbero avergli dato ragione di retrocedere, o forse entrambe le cose sono concausali alla sua ritirata. Prisco riporta che la paura superstiziosa della fine di Alarico - che morì poco dopo aver saccheggiato Roma nel 410 - diede all'Unno una battuta di arresto. La "favola che è stata rappresentata dalla matita di Raffaello e dallo scalpello di Algardi" (come l'ha chiamata Edward Gibbon) di Prospero d'Aquitania dice che il papa, aiutato da Pietro apostolo e Paolo di Tarso, lo convinse a girare al largo dalla città. Vari storici hanno supposto che l'ambasciata portasse un'ingente quantità d'oro al sovrano unno e che lo abbia persuaso ad abbandonare la sua campagna,[20] e questo sarebbe stato perfettamente in accordo con la linea politica generalmente seguita da Attila, cioè di chiedere un riscatto per evitare le incursioni unne nei territori minacciati.