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Il piano della Task Force
Club, spalle al muro
La task force del Viminale ha quasi concluso i suoi lavori:
mercoledì 19 marzo è prevista l'ultima riunione, poi i risultati
di quattro mesi di lavori verranno consegnati al ministro
dell'Intero, Angelino Alfano. A fine marzo o al massimo ai primi
di aprile saranno resi pubblici e dalla prossima stagione verranno
applicati negli stadi che, si spera, saranno un po' più civili.
Per la prima volta i club di calcio saranno messi di fronte alle
loro responsabilità: ci saranno delle regole e l'Osservatorio
controllerà che vengano rispettate. Una svolta. Alfano ha voluto
questa task force, l'ha promessa ai presidenti di serie A e ne ha
affidato il coordinamento al prefetto Vincenzo Panico, capo della
segreteria del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Della task
force fanno parte, oltre naturalmente all'Osservatorio e agli
altri Corpi (carabinieri e finanza), anche gli organismi sportivi.
C'è stata piena collaborazione con il Coni, la Figc (rappresentata
dal suo dg, Antonello Valentini) e le tre Leghe professionistiche.
Ora siamo arrivati a tirare le fila. Un lavoro importante,
quantomai necessario. Uno dei concetti base venuto fuori in queste
riunioni è che i club di calcio dovranno assumersi una maggiore
responsabilità. Il presidente Andrea Agnelli, uno dei pochi che ha
il coraggio di dire quello che pensa, ha chiesto l'aiuto dello
Stato, "perché le società da sole non ce la fanno". Vero, ci
vorrà, almeno da parte di alcune questure sinora poco attente e
attive sul fronte-stadio, una maggiore collaborazione:
ma non dimentichiamo che il Viminale, anche il Viminale, deve
fronteggiare una situazione non facile, la spending review ha
toccato anche il sistema-sicurezza (anche se qualcuno la nega). I
poliziotti di servizio la domenica negli stadi sono sottratti da
altri servizi sul territorio, e molto spesso non vedono un euro di
straordinario. I club sono chiamati quindi a mettere in campo
professionalità e organizzazione, cose che in passato a volte sono
mancate. A tagliare tutti i ponti (cosa non sempre successa) con
la tifoseria più violenta, con chi insulta, con chi minaccia (vedi
i Drughi). I club saranno chiamati dalla prossima stagione a
stringere rapporti più saldi coi tifosi perbene, che sono la
stragrande maggioranza, stufi di pagare l'abbonamento e di essere
costretti magari a starsene a casa perché la curva è stata chiusa
per colpa di chi (e purtroppo non sono pochi) fa cori razzisti,
antisemiti e di discriminazione territoriale, o porta nello stadio
striscioni vergognosi. La Figc ha promesso di rivedere le sue
norme, a fine stagione: ma da rivedere soprattutto c'è il
comportamento di certi idioti, che vanno isolati. A Torino, ad
esempio, un tifoso viola ha mostrato un foglio, che teneva
nascosto, sull'Heysel, così come in precedenza tre tifosi
juventini avevano offeso la memoria di chi aveva perso la vita
nella tragedia di Superga. Questi idioti sono stati tutti
identificati dalla Digos torinese (e puniti col Daspo) : perché i
club non si costituiscano parte civile? Perché non chiedono i
danni? Se non hanno la forza, il coraggio, se temono ritorsioni,
allora la faccia la Lega di serie A che organizza il campionato.
La task force chiederà alle società un cambio di marcia, maggiore
responsabilità.
Ma sono molte le cose, anche importanti, che usciranno dal
documento conclusivo: a) nuove procedure di semplificazione per la
vendita dei biglietti (ora, in molti casi, oltremodo
penalizzante); b) ottimizzazione nell'impiego degli stewards (che
hanno il potere di intervenire); c) segmentazione dei settori e
delle curve per isolare chi espone striscioni infami o fa cori
razzisti, eccetera. Sono state studiate anche forme di contrasto
al razzismo e alla contraffazione dei marchi (basterebbe un
decreto legge di poche righe, senza spese per lo Stato). La
tessera del tifoso, purtroppo, resta: ma si farà in modo, almeno
si spera, di renderla sempre più una fidelity card, una tessera
che venga incontro al tifoso e non, come successo sinora in troppe
circostanze, renda la vita complicata a chi vuole andare allo
stadio (non parliamo poi in trasferta, non ci va quasi più
nessuno). I club dovrebbero anche farsi carico del costo dei
biglietti: 50 euro, prezzo minimo per gli ospiti, per
Fiorentina-Juve di giovedì prossimo è troppo caro.
Sinora, preso da altri problemi, il premier Matteo Renzi poco, o
nulla, si è interessato di sport, pur essendo uno sportivo (ex
calciatore ed ex arbitro). Così come ha trascurato il capitolo
sicurezza: al Viminale sono stati fatti i tagli, pretendere che
sia solo la polizia a risolvere il problema dei nostri stadi,
sovente specchio di una società degradata, è pura utopia. Se ne
facciano carico, in futuro, anche le società di calcio, alleandosi
con i tifosi civili, ora scoraggiati e costretti, a volte loro
malgrado, a seguire la squadra del cuore solo in tv. Altrimenti è
tempo perso parlare di stadi (mezzi) vuoti.
Financial far play
E ora Platini che farà?
"Non voglio ammazzare nessuno", ha confidato Michel Platini,
stimatissimo presidente Uefa in corsa anche per la poltrona
della Fifa. Fra un mese, o poco più, si capirà davvero se le
sanzioni per chi ha sgarrato col 'financial fair play' voluto
dall'ex campione juventino saranno severe. Platini ha avuto
l'appoggio dell'Eca, European Club Association, sempre più
potente. Ma il suo presidente, Kalle Rummenigge, si aspetta
adesso che il Paris Saint Germain venga punito. Come noto,
l'Uefa ha preso in esame i bilanci dei club che partecipano
alle Coppe nel biennio 2011-'13: il deficit massimo consentito
è di 45 milioni (più un bonus di 5, quindi in pratica 50
milioni). Escluse le spese considerate utili dall'Uefa
(stadio, settore giovanile, eccetera): le posizioni dello
Zenit San Pietroburgo e del Manchester City si potrebbe
alleggerire. Ma per altri club la situazione è molto delicata:
il Paris Saint Germain, ad esempio, usufruisce di una
ingentissima sponsorizzazione, non consentita, dell'Ente del
turismo del Qatar. Avrà il coraggio Platini di escluderlo
dalle prossime Coppe europee? Per quanto riguarda i club
italiani sono sotto esame le situazioni di Inter e Roma, che
negli ultimi anni hanno chiuso in passivo e che in questa
stagione non hanno fatto parte delle competizioni europee. La
gamma delle sanzioni è vasta: si va, come detto,
dall'esclusione dalle Coppe 2014-'15, sino allo stop dei
contributi Uefa e al blocco del mercato (internazionale). Agli
sceicchi dei Psg non farebbe certo paura se Platini non
versasse più i
contributi previsti dalle Coppe (una cinquantina di milioni di
euro se vinci la Champions), ma un'esclusione non
l'accetterebbero tanto volentieri. E si moltiplicherebbero le
cause a livello internazionale. Ad aprile comunque sapremo.Brutte notizie dall'Europa per l'Inter:
i nerazzurri hanno infatti problemi con i parametri del Fair
Play finanziario e
rischiano sanzioni
da parte della Uefa qualora
dovessero qualificarsi per le coppe internazionali
A spiegare la critica situazione nerazzurra è stato Paolo
Ciabattini, autore del libro "Vincere con il Fair
Play Finanziario" e grande esperto di calcio business, in un
intervista a Sportmediaset: nell'analisi dell'esperto, proprio
il club nerazzurro sono emersi come quello nella fase più
critica considerando i periodi di monitoraggio tra il2012
e il 2015
L'Inter avrebbe una perdita aggregata relativa al primo
periodo di monitoraggio Uefa (fino a giugno 2013) di ben 157
milioni: grazie ad alcune clausole tale perdita può essere
ridotta a circa 67,
superiore ma in modo non eccessivo ai 45 consentiti. In questo
caso ci sarebbero sanzioni lievi.
Il problema è nel secondo periodo di monitoraggio, quando
verranno monitorate le perdite relative alla stagione
2013/2014, che potrebbero ammontare a 79 milioni, per una
perdita aggregata di quasi 150
milioni, quasi il triplo dei 45 consentiti. In questi
casi, se si qualificassse per una Coppa europea, l'Inter
rischia una o un mix delle seguenti sanzioni:
blocco o cancellazione dei premi provenienti
da competizioni Uefa, blocco
del mercato calciatori per
le competizioni Uefa,limitazione
del numero di giocatori che
il club può registrare per la partecipazione a competizioni
Uefa.
JUVENTUS:
SITUAZIONE AL LIMITE -
Situazione decisamente migliore in casa Juventus: nei periodi
di monitoraggio della Uefa, il club bianconero ha
sostanzialmente rispettato i parametri Uefa, ad esclusione
dell'ultimo nel quale la perdita aggregata s'aggira sui 55
milioni rispetto ai 45 permessi. La società dovrebbe quindi
limare qualcosa entro giugno 2015 per non subire sanzioni,
comunque lievi
MILAN: BILANCIO IN
ATTIVO -
La lunga opera di tagli e cessioni (come quelle eccellenti di
Zlatan Ibrahimovic e Thiago Silva) ha risanato il bilancio in
casa Milan: se a queste si unisce la politica di mercato di
puntare ai parametri zero, il risultato è un bilancio in utile
senza problemi di Fair Play Finanziario.
NAPOLI: SESTO ANNO
IN ATTIVO -
All'ombra del Vesuvio tutto va bene: nel 2013 il Napoli ha
infatti chiuso in utile il bilancio per il sesto anno
consecutivo. Sopratutto le cessioni di Ezequiel Lavezzi e
Edinson Cavani hanno permesso al Napoli di realizzare diversi
acquisti sul mercato e aumentare quindi il monte ingaggi senza
incorrere in sanzioni Uefa
ROMA: RISCHIO DI
SANZIONE MINIMA -
La Roma ha una perdita aggregata nel primo periodo di
monitoraggio di 92 milioni ma sottraendo stipendi e costi (35
milioni), lo sforamento rispetto ai 45 milioni consenstiti
torna gestibile. Quest'anno non partecipa alle Coppe e quindi
non è nella lente d'ingrandimento Iefa mentre per il prossimo
il bilancio dovebbe permetre una perdita aggregata complesiva
di 60 milioni sui tre anni con trend in miglioramento, La
sanzione che potrebbe arrivare da parte della Uefa sarebbe
quindi in ogni caso leggera
LAZIO: TUTTO A
POSTO -
Non sarà simpatico ai tifosi ma Claudio Lotito ha gestito in
modo eccellente il club sotto il profilo finanziario e
addirittura il prossimo bilancio - grazie alla cessione di
Hernanes - tornerà ad essere in utile. Ovviamente, gli stessi
tifosi sperano che insieme all'aspetto economico torni a
sorridergli anche quello sportivo: in sostanza, i parametri
Uefa sono più che rispettati, ora c'è da qualificarsi per una
competizione Uefa
BIG D'EUROPA: TUTTE
IN REGOLA. O QUASI -
Per quanto riguarda le Big d'Europa, dal Real Madrid al
Barcellona, dal Manchester United all'Arsenal, nessun
problema, con parametri Uefa rispettati e spesso bilancio
addirittura in netto utile grazie agli enormi fatturati.
"Particolare" la situazione di Manchester City e Paris
Saint-Germain, che hanno "ammortizzato" le spese grazie ad
enormi contratti di sponsorizzazione che gonfiano la voce
"entrate" ma chei arrivano spesso da società legate alla
proprietà dei due club, per una sorta di "ripianamento
illecito". Dal canto suo, la Uefa indaga e non a caso
rappresentanti del Psg sono stati convocati a fine novembre a
Nyon per chiarire alcuni particolari del bilancio societario
della società biancorossoblù. In ogni caso tali "entrate"
saranno rivalutate verso il basso e dovrebbero così portare i
club ad una situazione tale da subire sanzioni più - Paris
Saint-Germain - e meno - Manchester City - pesanti (senza
arrivare all'esclusione dalle Coppe) da parte della Uefa.
Proprio il modo in cui punirà i francesi definirà in termini
importanti la credibilità della Uefa per quanto riguarda il
Fair Play Finanziario
Berlusconi vende il Milan? Cinesi, russi e sceicchi: ecco chi
vuole il Diavolo
Dalla Evergrande Real Estate del Guangzhou di Lippi al sovrano di
Abu Dhabi, fino ad arrivare agli oligarchi: è lunga la lista dei
possibili compratori della società rossonera. Anche se il
Cavaliere smentisce
Milan sul
mercato, alla fiera
dell’Est. La
notizia, nell’aria da tempo, è stata rilanciata ieri
dall’autorevole agenzia finanziaria Bloomberg,
che ha citato tre fonti sicure. La multinazionale americana,
di proprietà dell’ex sindaco di New
York, ha inoltre spiegato che il prospetto informativo
per la vendita a potenziali clienti sarebbe già nelle mani della
banca d’affari francese Lazard,
la stessa che ha gestito il passaggio di consegne dell’Inter da Moratti all’indonesiano Erick
Thohir, in affari con Mediobanca e
con partecipazioni azionarie in Mediolanum.
A sostegno della tesi di una imminente cessione
del Milan (che Berlusconi
oggi smentisce) ci sarebbe poi il recente ingresso in
società di Barbara
Berlusconi, autrice
di cruenti tagli del personale e di un drastico ridimensionamento
dei conti della società rossonera: le tipiche mosse da fare prima
di vendere una qualsiasi società.
Secondo Bloomberg il valore del Milan si aggira intorno ai 600
milioni di euro, la cifra indicata dalla rivista Forbes che
fa del Milan uno dei sei club calcistici di maggior valore. In
realtà, come nel caso della trattativa per l’Inter, c’è poi da
tenere in considerazione la situazione debitoria, che è abbastanza
pesante. L’ultimo bilancio chiuso nel 2013 quasi in pareggio (meno
sette milioni circa) ha mostrato come il Milan sia la società con
il fatturato più alto in Italia. Il Diavolo infatti
incassa 276 milioni di ricavi, così suddivisi: 140 dalle tv, 80
dal commerciale,
34 dallo stadio (con il progetto di rinnovare San
Siro o di
trasferirsi a Rho per
aumentare le entrate in questo settore) e 22 da altri ricavi.
Bisogna però considerare anche che il Milan ha il monte
stipendi più
alto, 180 milioni circa, e un’esposizione con le banche di oltre
250 milioni per debiti
finanziari. Quest’ultima voce influirà molto sul prezzo
di vendita. Se Fininvest ha
prontamente smentito la notizia di Bloomberg come “ipotesi senza
fondamento”, la multinazionale statunitense è parsa abbastanza
sicura che l’era
Berlusconi dopo
quasi trent’anni sia oramai giunta al termine. E ha altresì
indicato la provenienza dei nuovi padroni: l’Asia.
CINA
Il nome caldo è quello è quello della Evergrande
Real Estate, di proprietà del magnate Xu
Jiayin, il quinto uomo più ricco della Cina con un
patrimonio stimato intorno ai 6 miliardi. La Evergrande è
proprietaria del Guangzhou,
squadra di calcio salita agli onori della cronaca prima con i
dispendiosi acquisti, come il brasiliano Conca,
secondo per ingaggio solo a Messi, Ronaldo edEto’o, e
poi con l’ingaggio del tecnico Marcello
Lippi, con cui ha appena vinto il titolo e laChampions asiatica. Già
lo scorso anno tramite gli uffici di Davide
Lippi, figlio del ct campione del mondo con l’Italia nel
2006, procuratore ed ex uomo della Gea,
erano iniziati i primi contatti tra rappresentanti di Berlusconi e Liu
Yongzhuo, presidente del Guangzhou. L’ipotesi che voleva
allora anche lo sbarco di Lippi senior come direttore generale del
nuovo Milan cinese prende ancor più corpo ora che il tecnico ha
annunciato il suo addio alla panchina del club. A chiudere il
cerchio il fatto che la merchant bank Lazard, cui
secondo Bloomberg la Fininvest avrebbe dato mandato per la vendita
del Milan, aveva trovato come primi potenziali acquirenti
dell’Inter proprio i cinesi dellaChina
Railway Construction Corporation. Poi l’affare non
andò in porto e arrivò Thohir.
GOLFO PERSICO
Qui il nome più importante è quello dello sceicco Khalifa
bin Zayed Al Nahyan, sovrano di Abu Dhabi e presidente
degli Emirati Arabi. Rumors in
tal senso si registrano da almeno tre anni, e la notizia è stata
rilanciata a ottobre dal Quotidiano
Sportivo che
ha raccontato di una intermediazione del deputato del Pdl Valentino
Valentini nella
trattativa. Il
nome dello sceicco Khalifa è poi in questi mesi sulle pagine di
tutti i quotidiani per l’affare Alitalia,
dato che sembra imminente l’accordo con Etihad, compagnia
aerea creata nel 2003 per regio decreto proprio dal sovrano di Abu
Dhabi. A questo punto l’ingresso di Khalifa nel mercato
italiano sarebbe duplice: aeri e pallone. Gli interessi di Abu
Dhabi nel calcio poi sono già avviati dal momento dell’acquisto
nel 2008 del Manchester
City da parte
dello sceicco Mansour,
membro della famiglia reale e imparentato col sovrano Khalifa.
Le altre ipotesi nel Golfo guardano al Qatar e
a Dubai. Per
quanto riguarda il Qatar, il referente sarebbe lo sceicco Tamim
bin Hamad Al Thani, già entrato in maniera pesantissima
nel calcio con l’organizzazione dei Mondiali del 2022 e con
l’acquisto del Psg,
cui il Milan ha venduto Ibra eThiago
Silva all’inizio
dell’operazione di ridimensionamento. Inoltre, Al Thani è anche
padrone di Al
Jazeera, potentissimo network televisivo che ha sua
volta fatto l’ingresso nel calcio acquistando parte dei diritti tv
della Champions e
che secondo alcune fonti sarebbe anche in procinto di creare joint
venture con Mediaset (magari
proprio in ambito calcistico con Mediaset Premium) e con la
galassia di telecomunicazioni spagnola in cui lo stesso Berlusconi ha
interessi. L’ultimo nome è quello dello sceicco Mohammed
bin Rashid Al Maktoum, sovrano di Dubai e padrone della
compagnia aerea Emirates,
che sponsorizza Arsenal, Real
Madrid, Psg e diverse altre squadre, tra cui lo stesso Milan cui
versa decine di milioni l’anno.
RUSSIA
Infine c’è sempre la possibilità del soccorso di Putin,
dalla Russia con amore per salvare il suo antico sodale Berlusconi.
Il nome più ricorrente è sempre stato quello della compagnia di
estrazione del gas naturale Gazprom.
Il colosso parastatale – capace di incidere sui destini
geopolitici del globo – si diletta anche con il calcio, possedendo
lo Zenit
San Pietroburgo, sponsorizzando a cifre fuori mercato,
quasi da proprietà mascherata, i tedeschi dello Schalke
04 e
continuando ad essere uno dei main sponsor della Champions
League. Altrimenti ci sarebbe l’oligarca Oleg
Vladimirovich Deripaska, con patrimonio di circa 8
miliardi che è ceo di En+
Group (energia)
e di Rusal (la
più grande compagnia al mondo nella produzione di alluminio).
Infine un nome abbastanza curioso, quello di Uralchem,
multinazionale di fertilizzanti chimici con ragione sociale a Cipro e
sede a Perm.
Nel 1994, l’anno della grande discesa in campo berlusconiana, la
Uralchem decide di fondare una squadra di calcio: l’Amkar
Perm. Per questo chiede l’aiuto di Berlusconi, che tra le
altre cose invia un kit di maglie rossonere preso dalla fornitura
per il Milan. Da allora l’Akmar, che oggi gioca nella Russian
Premier League, ha le maglie rossonere. Se fosse la
Uralchem ad acquistare il Milan, almeno i tifosi avrebbero una
certezza: non cambierebbero gli storici colori sociali del club.
Basket, Monte Paschi mette in crisi anche Mens Sana: a rischio
iscrizione in A
La società che ha vinto gli ultimi 7 scudetti è stata posta in
liquidazione e l'assemblea dei soci non ha approvato il bilancio
per una perdita di oltre 5 milioni. Ora c'è un liquidatore ed è
iniziata la corsa contro il tempo
La squadra vincitrice degli ultimi
7 scudetti del campionato
italiano di basket rischia
di non potersi iscrivere al prossimo campionato di Lega
A. La Mens
Sana Basket è
stata infatti posta in
liquidazione lo
scorso 21 febbraio: l’assemblea dei soci non ha approvato il
bilancio chiuso al 30 giugno 2013 poiché è stata rilevata una
perdita pari a 5,4 milioni di euro. Il consiglio
d’amministrazione della società (per l’87% in mano alla
Polisportiva Mens Sana 1871 e per l’11% alla Fises) è decaduto
ed è stato nominato un liquidatore: a traghettare la società
per i prossimi mesi sarà Egidio
Bianchi, ds della Virtus
Siena (squadra
di serie C regionale) e membro della deputazione
amministratrice della Fondazione Mps. La corsa contro il
tempo è iniziata: “La soluzione e le risorse – taglia corto
l’assessore comunale allo sport Leonardo
Tafani –
devono essere messe in campo prima della fine della stagione:
chi ha idee o progetti veri alzi la mano”. I
conti della Mens Sana erano finiti nell’occhio del ciclone già
nel 2013 a seguito dell’indagine delle Fiamme Giallesulla
gestione del trattamento economico dei giocatori. Le
difficoltà della Mens Sana sembrerebbero legate a aspetti
economici e non finanziari: “Nessun debito nei confronti di
banche o fornitori – precisano dalla società al fattoquotidiano.it –
e nessun decreto ingiuntivo notificato”.
Nei giorni scorsi la Mens Sana ha anche ricevuto la visita della Comtec,
la commissione che verifica l’equilibrio economico-finanziario
delle squadre ha rilevato la regolarità di tutti gli adempimenti
richiesti fino a oggi, “compresi contributi e stipendi”. La crisi
della società sarebbe da imputare soprattutto al progressivo
disimpegno del
Monte dei Paschi, sponsor principale dal 2000 a oggi: un binomio
che ha permesso di raggiungere importanti traguardi. Le
difficoltà del gruppo Mps hanno avuto conseguenze importanti sulla
palla a spicchi senese: “La banca ha avuto un atteggiamento tipico
di chi ha paura: i suoi esponenti si sono chiusi e irrigiditi nel
perimetro di piazza Salimbeni” ha dichiarato il presidente della
Mens Sana Piero
Ricci. “La crisi mondiale che ha coinvolto l’economia non
era prevedibile – sottolinea la società in un comunicato – e di
conseguenza non era prevedibile il verificarsi di un cambiamento
così improvviso dei rapporti tra Banca e Mens Sana Basket”. Il
contratto di sponsorizzazione scadrà il prossimo giugno e le
strade molto probabilmente si divideranno.
Negli ultimi anni Siena è stata la capitale del basket italiano e
assoluta protagonista
in Europa: i tifosi senesi (4mila
gli abbonati) adesso temono di piombare in un incubo.
Cosa accadrà alla pallacanestro locale? “E’ ancora presto per fare
valutazioni sul futuro della società –
ha dichiarato il liquidatore – La questione è assai complicata”.
L’obiettivo prioritario resta l’iscrizione al prossimo
campionato. La strada appare però in salita: l’articolo 130 del
regolamento della Federazione Italiana Pallacanestro prevede
infatti che a seguito della messa in liquidazione si arrivi alla
revoca dell’affiliazione. Nei giorni scorsi è stato lo stesso
presidente della Fip Gianni
Petrucci a
ribadire che tale regola non può essere affatto derogata e che non
saranno concesse scorciatoie. Tafani evidenzia la posizione “fin
troppo rigida” della Fip ma chiede, nel rispetto delle regole, che
non venga preclusa alcuna strada “per salvare la pallacanestro
professionista a Siena”. La partita decisiva per il futuro della
Mens Sana si giocherà fuori dal parquet.
Scommesse sul calcio by Rcs: fuorilegge i patron di Juve,
Fiorentina e Toro?
Andrea Agnelli, Diego Della Valle, Urbano Cairo
hanno partecipazioni nel gruppo editoriale che avvierà un portale
per le puntate sul calcio. Partecipazioni che, in modo indiretto,
arrivano anche a Berlusconi e Moratti. La legge sportiva: "I soci
non possono agevolarle". Cesare Di Cintio (esperto di diritto
dello sport): "C'è un vuoto normativo"
Può il presidente
di una società di calcio fare
affari con le scommesse sportive? La legge recita: “A dirigenti,
soci e tesserati è fatto divieto di effettuare, accettare o agevolare
scommesse con
atti funzionali alla effettuazione delle stesse”. Gli esperti di
diritto sportivo però sono “possibilisti” e parlano di vuoto
normativo perché
i regolamenti federali non lo vietano espressamente. In ogni caso,
quando si tratta di business l’opportunità morale, specie in
Italia, diventa semplice noia a cui dar peso relativo.
Prima del 27 gennaio scorso, tuttavia, il
problema non si era mai posto. Poi è accaduto qualcosa:Rcs ha
messo il tassello chiave che le mancava per rendere concreto e
reale quello che fino a pochi giorni prima era solo uno dei tanti
nuovi progetti allo studio dell’ad Pietro
Scott Jovane, cioè l’avvio
di un’attività di scommesse sportive a marchio Gazzabet da
affiancare alla Gazzetta
dello Sport. Alla fine del mese
scorso, infatti, l’editrice del quotidiano sportivo e del Corriere
della Serasi è comprata per
293mila euro la concessione statale per l’attività di commercio di
giochi online.
E così oggi, il presidente della Juventus, Andrea
Agnelli e
il suo azionista di maggioranza, nonché cugino John
Elkann, il patron della
Fiorentina Diego
Della Valle, e quello del
Torino, Urbano
Cairo, si trovano tutti assieme
tra i soci di un’azienda, la Rcs, che sta per inserire tra le sue
attività commerciali anche i giochi
e le scommesse. E non sono i
soli. A voler essere puntigliosi, al novero dei proprietari di
squadre di calcio legati al gruppo editoriale, bisognerebbe anche
aggiungere Silvio
Berlusconi e Massimo
Moratti anche
se lo sono in modo molto blando. Il primo grazie alla
partecipazione di famiglia in Mediobanca che
di Rcs è ancora azionista di rilievo, il secondo tramite il filo
sottile che passa per Pirelli fino
ad arrivare alle holding che stanno in testa alla società degli
pneumatici. Ma si tratta di quote davvero infinitesimali. Lo
stesso non si può dire del peso di Elkann, Della Valle e Cairo
sulla casa editrice (e ormai anche di scommesse). Nel mezzo
Agnelli, che è socio del primo azionista di Rcs, Fiat, tramite la
cassaforte della famiglia torinese di cui ha però una
partecipazione decisamente inferiore rispetto a quella del cugino,
pur condividendo con lui i consigli di amministrazione delle
società che legano la Giovanni Agnelli & C alla casa editrice di
Corriere e Gazzetta.
Senza contare che a vendere la licenza per le
scommesse a Rcs, come riferiva nei giorni scorsi il quotidiano
finanziario Mf,
è stata Neomobile Gaming, una società di giochi che tra i suoi
azionisti conta anche il figlio di Umberto Agnelli. Anche qui
tramite una complessa catena di società che arrivano fino alla
holding personale del presidente della Juventus. A districare
l’eventuale conflitto d’interesse nella compravendita ci sta già
pensando un’insolitamente
solerte Consob, mentre la
società editrice rispedisce le accuse al mittente mandando a dire
che “i diversi accordi commerciali e di carattere partecipativo
recentemente conclusi nei settori e-commerce viaggi e gaming sono
relativi a iniziative in start-up del gruppo RCS e prevedono
peraltro impegni economici non significativi”.
Resta il fatto che ora Rcs
è titolare di una concessione per
le scommesse datata 2011 e in scadenza nel 2020. Per partire,
quindi, mancano solo gli accessori. Che piaccia o meno ai
giornalisti della rosea già protagonisti di una levata di scudi
alla sola idea di una perdita d’indipendenza e di credibilità del
giornale che ha dato il là a scioperi delle firme e, soprattutto,
alla mancata uscita in edicola il giorno dell’inaugurazione dei
Giochi di Sochi, tra veleni e polemiche.
E il quadro che si prefigura per il futuro è
piuttosto ambiguo, perché il presidente della Juventus insieme a
Della Valle, Cairo e Moratti, sarà proprietario di quote azionarie
di una società che fa soldi con le puntate degli scommettitori
sugli eventi sportivi. Quali? Anche sulle partite della Serie A –
sono gli stessi giornalisti della Gazza a lamentarsene -, quindi
anche delle gare di Juventus, Fiorentina, Inter, Milan e Torino.
Un circolo vizioso. Legale o no?
In tal senso, l’unico ostacolo all’operazione
potrebbe derivare da un’interpretazione letterale dell’articolo
6 comma 1 delle Norme di comportamento della Figc.
Vale la pena riportare integralmente il dettato di legge: “Ai
soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai
tesserati delle società appartenenti al settore professionistico è
fatto divieto di effettuare o accettare scommesse,
direttamente o per interposta persona, anche presso i soggetti
autorizzati a riceverle, o di agevolare scommesse di altri con
atti univocamente funzionali alla effettuazione delle stesse, che
abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali
organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC”.
La norma, quindi, non vieta espressamente a un
presidente di un club di calcio di essere proprietario di quote di
società di scommesse sportive. Al tempo stesso, però, il comma 1
dell’articolo 6 vieta a tutti i tesserati di “effettuare o
accettare” puntate “direttamente o per interposta persona”.
Agnelli e i suoi compagni di ventura in Rcs sono
quindi fuori legge o,
nel migliore dei casi, stanno approfittando di un vuoto normativo?
Non la pensa così l’avvocato Cesare
Di Cintio. “Al momento non
esiste una legge che vieta il possesso di quote nelle società di
betting e contemporaneamente di quote all’interno di società
sportive – dice a il fattoquotidiano.it l’esperto di diritto dello
sport – Non c’è un’incompatibilità di fondo, perché i bookmakers
hanno interesse al corretto svolgimento delle gare, altrimenti ci
perderebbe quattrini. Diverso, invece, il caso in cui due soggetti
si accordano per alterare una partita e dopo vanno a scommeterci
su”. Nulla di scandaloso, quindi. “Anzi – continua Di Cintio –
potrebbe essere una cosa positiva, perché in tal modo le società
avrebbero maggiore interesse affinché i match siano corretti e non
combinati”. L’operazione per il legale non confligge con
l’articolo 6 delle Norme di comportamento Figc. Il motivo? “Quella
legge prevede il divieto per un tesserato, ma in
questo caso si tratta di quote societarie e
la società è una cosa differente dal singolo”.
Insomma, per l’avvocato si può fare. Ma è
opportuno farlo? La vicenda
sembra ripercorrere in qualche maniera la legge del 1957 sulla incandidabilità di
chi è titolare di concessioni pubbliche. La Giunta per le elezioni
del Parlamento, infatti, ha paradossalmente e più volte stabilito
che non poteva essere parlamentare Fedele
Confalonieri in
quanto ai vertici operativi di Mediaset, permettendo al contrario
la candidatura di Silvio Berlusconi poiché “solo” azionista di
maggioranza della stessa azienda. A prescindere dai paragoni con
la politica, nel caso di Gazzabet non si può non “ammirare” il
carattere uno e trino di Andrea Agnelli, al tempo stesso
presidente della Juve, socio di Rcs (quindi anche del maggior
quotidiano sportivo nazionale) tramite la cassaforte di famiglia e
azionista della società che ha appena venduto la licenza per
scommettere al gruppo
di via Solferino. Uno che quando
gioca non perde mai.
Viva gli ultrà, abbasso le sentenze
Un inizio di campionato con una curva chiusa per razzismo. Una
seconda squalifica, poi revocata. Una terza, sospesa grazie
alla condizionale; una quarta, con pena raddoppiata dalla
recidiva. Un primo appello, respinto. Un secondo appello,
d'urgenza, a 24 ore dalla partita: respinto. Un improbabile e
temerario tentativo di ricollocare parte dei tifosi delle
curve chiuse in altri settori dello stadio: respinto,
verosimilmente anche con una pacca sulle spalle e un invito a
non esagerare con la fantasia.
In tutta questa tormentata vicenda, i dirigenti della Roma
hanno parlato poco, esprimendo però concetti semplici, il più
semplice dei quali è che il club si impegna da sempre contro
il razzismo e che i cori anti napoletani alla base delle
ultime sanzioni fanno parte più del folklore da curva che
dell'intolleranza discriminatoria. È una teoria in cui
evidentemente si crede molto, a giudicare dall'impegno, ai
limiti dell'accanimento terapeutico, con il quale il club ha
provato a evitare una punizione ampiamente annunciata dalle
azioni degli ultrà per tutta la stagione. Invece di combattere
i comportamenti, insomma, la Roma ha deciso di combattere le
sentenze, come già - e con maggior fortuna, chissà perché -
avevano fatto Inter e Milan. Una strategia legittima, per
carità, opposta a quella della Juventus che aveva rinunciato
ai ricorsi e varato la discussa operazione bambini. Ma non
proprio in linea con quei richiami alla sportività, ai valori,
alla correttezza, alla modernità con cui Pallotta intendeva
targare il nuovo corso giallorosso. Provare a far rientrare
dalla finestra - peraltro di lusso, ai piani alti del
condominio stadio - la gente sbattuta fuori dalla porta non
pare il massimo della coerenza: io ti faccio i cori razzisti
fino a farti chiudere mezzo stadio, tu in cambio mi premi
mandandomi in tribuna. Davvero una bella, geniale pensata per
tenere buona la piazza. La stessa piazza che appena ripreso
posto nella sua curva, dopo averla lasciata vuota in un paio
di partite chiave per la stagione, farà di tutto per farla
chiudere di nuovo. Magari sperando in un biglietto gratis
nelle prossime coppe europee, quando sarà bellissimo poter
insultare di nuovo a squarciagola qualcuno che non capisce la
lingua. Auguri.
Mondiali 2022, stampa inglese: strage di operai in Qatar, già 400
immigrati nepalesi morti
L''Observer' anticipa i risultati di un'inchiesta
di un'organizzazione per la difesa dei diritti umani. E secondo le
previsioni, fino all'inaugurazione potrebbero perdere la vita in
tutto 4 mila persone impegnate nella costruzioni degli stadi.
Polemiche in Gran Bretagna per la prossima visita del principe
Carlo a Doha
LONDRA -
Sono già oltre 400 gli immigrati nepalesi morti in Qatar nei
cantieri per i mondiali dicalcio 2022. Lo scrive il quotidiano
britannico 'Observer', che anticipa i risultati di un'inchiesta
della "Pravasi Nepali Co-ordination Committee",
un'organizzazione per i diritti umani. L'elenco degli operai che
hanno perso la vita è stato compilato utilizzando fonti
ufficiali a Doha.
Quella che ormai è già una strage degli operai potrebbe in
futuro assumere valori ancora più drammatici: come annunciato la
settimana scorsa dall'''International Trade Union Confederation',
fino all'inaugurazione dei Mondiali, tra otto anni, si temono 4
mila vittime. E i lavoratori più a rischio sembrano proprio
quelli nepalesi, che rappresentano il 20% della manodopera usata
per la costruzione degli stadi. Molti altri arrivano da India,
Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka.
Le polemiche sono destinate ad acuirsi nei prossimi giorni, in
occasione della visita del principe Carlo in Qatar. Il deputato
laburista Jim Murphy ha scritto un intervento sul 'Guardian' in
cui ha condannato la tragedia degli operai e ricordato che
nessun lavoratore è morto nei cantieri per le Olimpiadi di
Londra 2012.
Minala, 17enne della Lazio: “Ad agosto compirò 42 anni”. Ma è una
bufala
Il calciatore, al centro delle polemiche per i
dubbi sulla sua età, avrebbe confessato la verità a un sito del
Senegal. Poi smentisce: "Falsità". La società di Lotito: "Vogliono
gettare ombre sull'operato del club". E alla fine il portale che
ha diramato l'intervista ammette l'errore
“In realtà non ho 17 anni, ho firmato subito il
contratto per iniziare ad inviare soldi alla mia famiglia, rimasta
in Camerun.
Festeggerò i miei 42 anni nel mese di agosto,
mi auguro che la Lazio continui
a tenermi”. Questa
sarebbe la confessione del centrocampista camerunese della
Primavera della Lazio Joseph
Minala riportata
dal sito del quotidiano senegalese senego.com. Arrivato
in Italia nell’agosto del 2012 alla Vigor
Perconti, dopo un tesseramento
lampo per un sol giorno alla Città
di Fiumicino, Minala era finito
presto nel mirino di Inter, Napoli e Udinese,
ma nessuna delle società lo aveva tesserato proprio per i dubbi
sulla sua reale età. Lo ha invece fatto in estate laLazio,
aggregandolo alla squadra Primavera.
Poi la sua convocazione in prima squadra per il derby di domenica
– visto in tribuna – ha aperto il vaso di Pandora.
Sono bastate un paio di foto del ragazzo sui
giornali perché si cominciasse a dubitare che fosse nato il 24
agosto 1996, come scritto sul suo passaporto camerunese e sulla
sua carta d’identità italiana. Dopo le prime perplessità sollevate
dal sito afrik-foot.com,
si era scatenata anche la rete in scherzi e fotomontaggi che
avevano infastidito il ragazzo, che su Twitter si
era difeso, scrivendo:“Inviduosità
è la debolezza dell’uomo e la gente d’anima povera quando essere
in série
A fa
male agli altri vi voglio bn loool forza lazio”.
Interpellata sulla vicenda, la Lazio prima
ha deciso di non rilasciare alcun commento, poi invece ha diramato
un comunicato
ufficiale: “La S.S.
Lazio s.p.a., in riferimento
alle notizie di stampa apparse in ordine sull’età anagrafica del
calciatore Joseph Minala – si legge nella nota – conferma
l’assoluta legittimità della documentazione depositata
presso gli organi federali, denuncia l’ennesimo tentativo, da
parte di ambienti ostili, di gettare luce sinistra sull’operato
del club. Preannuncia sin d’ora ogni azione mirante a far cessare
un tale comportamento nel rispetto dei tifosi e dei calciatori e –
conclude il club di Lotito – si riserva di agire nei confronti dei
responsabili per la tutela del buon nome della Società e del calciatore“.
Anche quest’ultimo, poi, ha commentato la vicenda:
“Ho preso conoscenza delle presunte dichiarazioni che sono state
attribuite in un comunicato apparso sul portale senego.net nelle
quali avrei confessato la mia reale età rispetto a quella
risultante nei miei documenti – scrive Minala sul sito della Lazio
- Si tratta di dichiarazioni
false che
mi sono state attribuite da soggetti che non conosco e nei cui
confronti riservo ogni azione di danno”.
Prima della presa di posizione di calciatore e
società, aveva parlato a Il
Messaggero il
direttore generale della Victor Perconti, la squadra che due anni
fa ha tesserato il calciatore che allora risiedeva nella casa
famiglia La
Città dei Ragazzi. “Il ragazzo
ha una struttura fisica imponente e può sembrare più grande, ma
noi abbiamo appurato la sua situazione anagrafica – ha detto il dgVito
Trobiani –
La cosa più importante è il passaporto dal punto di vista del tesseramento,
se non fosse stato così, la federazione ci avrebbe subito
bloccato. Anche la Lazio ha a disposizione la nostra stessa
documentazione, altrimenti non lo avrebbe potuto tesserare”. Sul
caso è poi intervenuto il suo procuratore Diego
Tavano, con un lapidario: “Sono
solo illazioni,
Joseph è sereno”.
Proprio nel febbraio scorso anno, quando alla Coppa
d’Africa era
scoppiato il caso di Mbemba,
giocatore congolese con tre passaporti con tre date di nascita
diverse, lo storico africano Peter
Alegi aveva
spiegato a ilfattoquotidiano.it:
“La maggior parte delle volte, questa falsificazione dei documenti
è intenzionale. Sia da parte delle federazioni, che
puntano a vincere i tornei giovanili, sia da parte degli stessi
giocatori, che puntano a fingersi più giovani per strappare
contratti migliori con le squadre estere, soprattutto europee”. Poi
ad aprile era esploso il curioso caso di Taribo
West,
con l’ex presidente del Partizan Belgrado Zarko
Zecevic che
lo aveva accusato di avere 12 anni più di quanto dichiarato sul
passaporto, e di essere arrivato quindi all’Inter non a 23 anni
bensì a 35 anni suonati.
Noto in Italia anche il caso di Luciano,
giocatore brasiliano che quando arrivò al Chievo disse
di chiamarsi Eriberto e
di avere quattro anni in meno di quanti ne aveva realmente. Mentre
tra ilazioni e sfottò, nel mondo del calcio è stata messa in
dubbio l’età di diversi calciatori
africani o
sudamericani, il cui viso tradiva un’età che le prestazioni in
campo mascheravano. O viceversa, il cui declino fisico lasciava
stupefatti data la presunta giovane età. Persino Adriano
Galliani un
giorno si è lasciato sfuggire una mezza verità. “Ho conosciuto un
grandissimo giocatore del Milan che aveva tre passaporti diversi.
E non era certo l’unico – ha detto l’ad del Milan – Eppure, tutti
quelli che usavano il passaporto più fresco, quello con l’età più
giovane, hanno giocato fino a quarant’anni o quasi, come se
fossero immortali”. Dove il riferimento è con tutta probabilità aGeorge
Weah il
liberiano vincitore del Pallone
d’Oro all’età
di 30 anni, dichiarati. Ora è il turno diJoseph
Minala, con questi 25 anni che
ballano tra i 17 riportati sul passaporto e i 42 che avrebbe
confessato di avere a senego.com.
La svolta della vicenda, però, arriva dopo la pubblicazione del
comunicato della Lazio, in cui la società minacciava azioni
legali. Il sito del quotidiano Senego, infatti, riporta il link
con la fonte da cui ha preso la presunta confessione di Joseph
Minala. Si
tratta di un pezzo apparso sul sito di satira calcistica Desinfos
du Foot,
un nome che è una garanzia.
Già l’anno scorso infatti, Desinfos
du Foot aveva
lanciato la notizia della creazione di una super lega di campioni
di calcio in Qatar,
una bufala clamorosa nella quale era caduto il quotidiano
britannico The
Times rilanciandola
come sua addirittura in prima pagina. Se erano già sufficienti le
smentite del calciatore per ritenere l’intervista inventata,
l’aggiunta della fonte originaria rende invece il caso una colossale
boutade a cui hanno creduto
tutti i principali media. Dati i precedenti citati nell’articolo,
infatti, da Mbemba a Luciano, la falsificazione dei documenti dei
calciatori non è una possibilità così remota.
Mediaset, il futuro passa dall’acquisto della Champions League in
esclusiva
Il Biscione ha speso 700 milione di euro per strappare a Sky la
massima competizione calcistica europea. Dietro la mossa, la
possibilità di trovare un alleato
Mediaset Premium batte Sky
Italia per un
centinaio di milioni di euro: ne offre 700 per un triennio
(2015-18) e s’aggiudica l’esclusiva per le partite di Champions
League. A Sky resta l’Europa League. Poche righe, ecco, e
la notizia è servita. Se non fosse più concitata, più intricata o,
senza esagerare, quasi epocale. La famiglia Berlusconi trasmette
un messaggio, per la concorrenza e per la finanza: il Biscione è
pronto a sacrificare un pezzo (Mediaset Premium) per non rischiare
di perdere il corpo intero. Questi 700
milioni di euro sono
spropositati per l’attuale valore e le attuali capacità di
Mediaset Premium: una televisione a pagamento che, con 2,2 milioni
di abbonati e ricavi da mezzo miliardo di euro (410 mln a novembre
2013), viene sballottata dai capitali che i Murdochpossono
investire su Sky Italia.
Questi 700 milioni di euro, un impegno pesante per un gruppo che
ha tagliato 500 milioni di costi in due anni, servono a lanciare
il vero modello spagnolo dei Berlusconi:
l’alleanza con Telefónica,
la multinazionale con sede a Madrid che già sta prendendo il
controllo di Telecom
Italia. Cosa c’entrano le telecomunicazioni con la
televisione e le giocate di Lionel
Messi? Telefónica e Mediaset sono azioniste di minoranza
di Digital+ (o Canal+),
il circuito spagnolo a pagamento: possiedono il 44 per cento di
quote, 22 a testa, la maggioranza è di Prisa,
la società editrice di El
Paìs. Prisa vuole (e deve) vendere: il prezzo
fissato è un miliardo di euro. Ma Mediaset e Telefónica possono
trattare perché vantano il diritto
di veto sui
nuovi ingressi, il diritto di prelazione in caso di cessione e,
soprattutto, Prisa ha bisogno di ristrutturare il debito e deve
fare cassa. Cologno
Monzese non
attraversa un periodo entusiasmante, il mercato pubblicitario è
stagnante e i canali generalisti vanno maluccio, e così Telefónica
è il serbatoio che può introiettare liquidità per inglobare
Digital+.
Un passo fondamentale per plasmare una società di comunicazione
italo-spagnola, cioè Mediaset Premium e Digital+, che può
spadroneggiare nell’Europa dei prodotti a pagamento: il Biscione
prende fiato e Telefónica guadagna potere. Il debutto è in agenda
prima di giugno e laquotazione
in Borsa è
ancora da valutare. Non è un segreto inviolabile che l’operazione
Telefónica-Mediaset sia benedetta da Mediobanca,
regista dei soci italiani che stanno consegnando Telecom agli
spagnoli. Che c’entra Sky
Italia? Un anno fa, stagione di larghe
intesee patti di non belligeranza, Cologno Monzese
invitava lo squalo Murdoch a studiare i conti di Mediaset Premium,
a valutare uno scambio equo: Sky non ha ostacoli per la tv a
pagamento, il Biscione conserva l’antico monopolio con Canale5 e
sorelle. E faceva sorridere l’improvvisa amicizia fra Pier
Silvio Berlusconi e Andrea
Zappia, l’amministratore delegato di Sky Italia.
La sintonia ritrovata, e in particolare evocata dai Berlusconi e
da Confalonieri,
ha generato “l’inciucio” con il comodo baratto fra diritti per l’Europa
League (Mediaset)
e per la Champions League (Sky). Non è escluso che possa accadere
per l’anno prossimo e, ancora, per il triennio che vede trionfante
Mediaset. Il calcio non è soltanto un gioco, in questi scenari da
miliardi sonanti, è un pretesto: un effetto, non una causa. A Sky
Italia devono digerire la sconfitta e, ancora più delicato,
scoprire la strategia dei rivali. A Mediaset vogliono accorciare i
tempi per far esordire il sodalizio italo-spagnolo con Telefónica
(e magari anche con i munifici arabi di Al
Jazeera o i
tedeschi di Rtl).
C’è bisogno di un clima mite. Di una politica rilassata. E poi
persino i Murdoch potrebbero affiancare l’impresa. Perché il calcio sarà
fede, però il denaro non ha odore.
Calcio-spezzatino?
E non è ancora finita
Non c'è niente da fare, la battaglia contro
il calcio-spezzatino è persa. Le pay tv, che tengono in piedi il
Circo del pallone, vogliono partite tutti i giorni, a tutte le
ore. E, fra anticipi e posticipi, adesso si gioca sempre. La
giornata di campionato, a volte, inizia il venerdì per concludersi
il lunedì. E aumentano le finestre: la Lega di Serie A ha previsto
infatti che si giochi anche la domenica alle 18,30 (oltre alle
12,30, alle 15 e alle 20,45). Già programmate alcune partite: 23
febbraio 18,30 Juventus-Torino, poi 2 marzo
Livorno-Napoli, 16
marzo Cagliari-Lazio. E nel nuovo contratto tv (dal 2015) ci sarà
probabilmente anche una gara il sabato alle 15 (o 16) che fa
comodo alle tv, anche per i diritti esteri, ma che penalizza chi
al sabato pomeriggio lavora (vedi, ad esempio, i commercianti).
Ma, come detto, è una battaglia persa. A presidenti fa comodo
così, perché senza i soldi delle tv sarebbero in crisi. E i tifosi
dovranno rassegnarsi. Un problema anche per la Rai, e per le sue
trasmissioni della domenica, soprattutto quelle pomeridiane
(Stadio Sprint e Novantesimo Minuto). Antonio Marano, leghista
della prima ora, vicedirettore della Rai con molte deleghe (fra
cui i diritti tv) ha rilasciato un'intervista a la Gazzetta che
non è piaciuta solo a Malagò, che gli ha replicato in maniera
piccata, ma nemmeno ai giornalisti di Rai Sport. Marano si è
dimenticato, fra l'atro, di dire che Novantesimo e la Domenica
Sportiva, superando quasi sempre il 10 per cento di ascolto, sono
il fiore all'occhiello
di una Rete, Rai 2, che è in piena crisi. Non solo: Novantesimo e
la Ds hanno ringiovanito il target medio della Rai che è di 57-58
anni. Le due trasmissioni, affidate a Franco Lauro e Paola
Ferrari, hanno un target intorno ai 50 anni, e sono molto ambite
anche dal punto di vista pubblicitario. Ma questo, Marano non l'ha
detto. La sua intervista ha suscitato le ire dell'Esecutivo
Usigrai e del
cdr di Rai Sport. Ecco il loro comunicato congiunto:
"Come stanno realmente le cose? Come le racconta il vice direttore
generale della Rai, Antonio Marano, o come le racconta il
presidente del Coni, Giovanni Malagò? Crediamo sia urgente fare
chiarezza, perché dal botta e risposta sulle pagine della Gazzetta
dello Sport, emerge l'immagine di una Rai priva di una credibile
politica di palinsesto ed editoriale sullo sport. E questo l'Usigrai
lo denuncia da tempo. Ma del resto, il vice direttore generale
Marano invece di fare autocritica per questa e altre gravi lacune
e inciampi, preferisce scaricarne le responsabilità su presunti
"privilegi" dei giornalisti. Ma di quali privilegi parla?
Ricordiamo a Marano che è un alto dirigente
aziendale e quindi prima di criticare i suoi dipendenti sui
giornali, delegittimandone la professionalità, farebbe bene a
confrontarsi nei luoghi opportuni. Noi siamo pronti a farlo: così
si chiarirà se il problema dello Sport in Rai sono i presunti
privilegi dei giornalisti o le scelte editoriali e di palinsesto".
L'intervista, credo, non ha giovato nemmeno al direttore di Rai
Sport, Mauro Mazza, che ha iniziato un piano di rilancio per il
canale tematico (Rai Sport 1 e 2), pur in un momento difficile.
Ora vedremo se Marano sarà in grado di riportare in Rai i diritti
della Champions... Per ora, intanto, si è scusato con Malagò il dg
Gubitosi.
Moviola in campo? Attenti a Blatter...
Il 1 marzo l'Ifab, custode delle regole del
calcio, parlerà di "moviola a bordocampo". E' la prima volta che
succede, l'International Board non aveva mai voluto discutere di
questo argomento. Nel 2006, Sepp Blatter disse:"Se ne può parlare
fra 50 anni". Ma si sa che lui cambia idea in fretta, soprattutto
quando deve difendere la sua poltrona. Il prossimo anno ci sono le
elezioni Fifa: Blatter, classe '36, si ricandida per la quinta
volta (è in carica dal 1998!) oppure mette un suo uomo di fiducia.
Il pericolo per lui è Michel Platini: non è affatto escluso quindi
che il dittatore svizzero studi qualche mossa a sorpresa.
Ultimamente ha parlato di espulsione a tempo, in caso di
simulazione. Ha introdotto la tecnologia per i gol-fantasma,
chissà che non si convinca ad aprire anche alla moviola in campo
(che Platini non vuole assolutamente) in cambio dei soldi delle
tv. Attenti a Blatter...
LO SPROFONDO
2 PUNTI
IN CASA CON LE ULTIME IN CLASSIFICA,SETTE PUNTI IN MENO RISPETTO
AL DISASTROSO STRAMACCIONI,VOMITEVOLE SESTO POSTO CON LA 4A IN
CLASSIFICA A 7 PUNTI E CON IL FIATO SUL COLLO DI BEN 4 SQUADRE.
UNA PERSEPOLI SPORTIVA CHE CI RIMANDA AI RI-TARDELLI ED AGLI
ORRICO DI MERDA.Nemmeno
un illusorio 3-1 come quello ottenuto lo scorso anno con Stramaccioni,
nella prima sconfitta casalinga dei bianconeri allo Juventus
Stadium, avrebbe potuto oggi mutare i destini delle squadre. Mai
nella storia dei campionati con 3 punti a vittoria le due squadre
si erano incontrate con 23
punti di distacco,
oggi diventati 26, e in campo questa differenza si è vista tutta:
nel gioco, nella corsa, nei duelli individuali, nella voglia di
giocare a calcio. E quando nella ripresa sotto di tre gol Mazzarri
fa entrare l’argentino Botta e Conte risponde concedendo qualche
minuto a Vucinic, oscuro oggetto del desideri del mercato
interista che per arrivare a lui sembrava disposta a sacrificare
Guarin, il suo miglior giocatore, ecco che si capisce che il derby
d’Italia oggi non è unasfida
ad armi pari.
A dare una mano alla Juventus, che prosegue nella sua media punti
record che la porterebbe oltre i cento punti, anche le altre
contendenti che a febbraio decidono di mostrare i loro limiti, e
aprire le loro piccole crisi.
Più che in crollo è un tracollo quello degli uomini di Benitez a
Bergamo. Complimenti all’Atalanta,
capace di sfruttare gli errori degli avversari, a partire dalla
papera di Reina sul primo dei due gol dell’ex Denis, ma la
figuraccia azzurra è imbarazzante. Va bene che Higuain, Hamsik e
Jorginho sono lasciati a riposo in vista della semifinale di Coppa
Italia di mercoledì, ma una squadra che punta in alto non può
giocare così male. Se dopo due punti in tre partite è crisi – o
fallimento di un progetto, come alcuni già lo definiscono – lo si
scoprirà presto: sabato sera al San
Paolo arriva
ilMilan per
un match che può rilanciare entrambe le squadre. Dello stop del
Napoli non ne approfitta la Fiorentina, che nell’anticipo del
sabato regala al Cagliari la prima vittoria da due mesi. Anche per
il flop di Montella le responsabilità sono da dividersi tra il
turnover e una certa supponenza nell’affrontare gli avversari.
Probabilmente la zona
Champions è
troppo lontana, ma il campionato di Verona e Torino (e del Parma,
ovviamente) meriterebbe davvero il premio della vetrina europea.
Gli scaligeri vincono con il suggello dell’anziano Toni (decimo
gol), e annichiliscono le speranze del rivoluzionato Sassuolo, con
il nuovo tecnico Malesani in panchina e sette nuovi giocatori in
campo. I granata con il colpo del giovane Immobile rischiano
invece di vincere a San
Siro con il
Milan, che trova il pari solo con la fortunosa sortita offensiva
del difensore Rami e non certo grazie a un gioco che resta lento,
macchinoso e prevedibile. L’infornata di mezzepunte sembra il
canto del cigno di un allenatore stanco e incapace di adattarsi ai
mutamenti del presente, piuttosto che la fresca idea di un giovane
tecnico cui è data la possibilità di esprimere il proprio
desiderio. A Seedorf è
concesso osare, inutile fingere di.
Chi invece senza troppi fronzoli per la testa sta tenendo una
media straordinaria è Reja:
per il tecnico friulano, ancora imbattuto, sono undici punti in
cinque partite. La “minestra riscaldata” rientrata alla Lazio per
sostituire Petkovic, assiste in fase di mercato alla partenza del
suo miglior giocatore e non si perde d’animo: dà fiducia al
giovane talento Keita e ne viene ripagato con tre punti che
valgono il contro-sorpasso sul Milan. Rossoneri che stasera
potrebbero essere superati anche dal Genoa,
che ospita la Sampdoria in
un derby che tutta la città voleva giocare di sera, o anche nel
tardo pomeriggio per non sovrapporsi alla fiera cittadina. Ma
oramai in Italia – vedi la farsa di Roma-Parma –
si dà per scontato che i calendari li debba fare Sky.
CLASSIFICA
2012-2013 DOPO 22 GIORNATE

Video Le
immagini della partita della vergogna
Foto Falsi
infortuni - Esultanza
sugli spaltiLE
CONSEGUENZE SUL CAMPIONATO -
L'articolo 53 delle Norme Organizzative Interne Federali (Noif),
al comma 4 parla chiaro: "Qualora una società si ritiri dal
Campionato o da altra manifestazione ufficiale o ne venga esclusa
per qualsiasi ragione durante il girone di ritorno tutte le gare
ancora da disputare saranno considerate perdute con il punteggio
di 0-3 [...] in favore dell'altra società con la quale avrebbe
dovuto disputare la gara fissata in calendario". Di conseguenza, i
risultati ottenuti finora dalla Nocerina sono considerati validi:
da domenica prossima (in calendario c'è Frosinone-Nocerina) invece
scatterà quindi lo 0-3 a tavolino nei confronti dei campani. Ma
c'è il rischio, se il ricorso fosse accettato, che le partite
potrebbero essere in futuro recuperate in caso di ribaltone della
condanna. Insomma, il derby "farsa" rischia di stravolgere
ulteriormente la classifica.
LA PERSEPOLI
Sembra vicina la rottura tra l'Inter e RCS Sport, la
concessionaria di pubblicità che fa capo al gruppo
Rizzoli-Corriere della Sera. Lo rivela il sito calcioefinanza.it:
tutto nascerebbe dai ricavi di Inter Brand s.r.l, la controllata
di Internazionale Holding attiva nel settore merchandising e
sponsorizzazioni, che nel 2013 ha registrato un utile di circa 4,2
milioni che è stato inferiore alle aspettative di budget perché
penalizzato da due fattori, ovvero "lo slittamento rispetto
all’esercizio precedente dei ricavi per la tournee post campionato
di 2,7 milioni di euro nell’esercizio successivo a quello di
riferimento (quindi 2013-14, ndr) in quanto le amichevoli sono
state svolte a luglio e non nel mese di maggio come nel 2012".
L'attività di RCS Sport di vendita spazi promo-pubblicitari,
poi, ha fatto registrare un decremento del fatturato del 13% circa
rispetto alla stagione 2011-12. Si legge sul bilancio di
Internazionale Holding: "Nel secondo semestre della stagione
2012-13 Inter Brand ha lavorato su una revisione della strategia
commerciale con particolare riferimento ai ricavi da sponsorship e
relativa analisi e benchmarking internazionale valutando la
possibilità di intraprendere un percorso di internazionalizzazione
di questa particolare zona di ricavo. I due nuovi sponsor
acquisiti per la stagione 2012-13, Trenitalia/Frecciarossa e Lete,
infatti sono frutto di contatti diretti del club e non di attività
commerciale riconducibile all’agenzia RCS Sport. L’attuale
rapporto contrattuale durerà fino al termine della stagione
2013-14 e un eventuale cambiamento strategico di questa area di
business non potrà quindi avvenire prima della stagione 2014-15". Insomma,
esistono tutti i presupposti per la fine dell'accordo.
Cresce il volume degli affari dei maggiori club
calcistici, con le solite note Real Madrid e Barcellona a recitare la
parte del leone. Ma nella Football Money League del 2014, stilata come
di consueto da Deloitte, ci sono novità di rilievo che testimoniano la cavalcata di
club emergenti come il Paris Saint Germain. Quanto all'Italia, il
Milan bastonato in Coppa Italia scopre di essere dietro la Juventus in
una classifica che di recente l'aveva vista dominare tra i club
italiani.
Gli analisti di Deloitte mettono in fila le squadre misurando la loro
capacità di generare ricavi da "matchday", cioè legati allo stadio
durante i giorni delle partite, dal settore commerciale
(merchandising, sponsor e affini) e dalla vendita di diritti tv. Sono
dunque escluse le plusvalenze da mercato. Al primo posto, nella
stagione 2012/2013, si conferma il Real Madrid. Le merengues sono
rimaste a bocca asciutta con José Mourinho, ma guardano tutti
dall'alto di 518,9 milioni di euro di ricavi generati, in crescita
dell'1,2%. Alle loro spalle il Barcellona si conferma a 482,6 milioni,
ma il divario aumenta da 29,6 a 36,3 milioni.
Tolti i due club spagnoli, si registrano le vere novità, a cominciare
dal Bayern Monaco. Il club bavarese ha sfruttato la campagna
vittoriosa in Champions League, bissata con il successo domestico in
Bundesliga e addolcita dalla coppa di Lega. Così ha spinto ancor più
sui ricavi commerciali - settore nel quale è già forte - mettendo
insieme una crescita
del fatturato di 35,5 milioni. A ciò si aggiungono 25,6 milioni
aggiuntivi dai diritti televisivi, inclusi quelli Uefa legati alla
Champions, e così la squadra ora affidata a Pep Guardiola butta giù
dal podio il Manchester United: i bavaresi vincono contro i Red Devils
per 431,2 a 423,8 milioni. Secondo gli esperti, però, lo United già
quest'anno potrebbe rifarsi. Poco importa se il cammino in campionato,
dopo il passo indietro di sir Alex Ferguson, è tutt'altro che
esaltante: la nuova suddivisione dei diritti tv della Premier e
l'allargamento dei partner commerciali potrebbe consentire già nel
2013/2014 di recuperare la posizione perduta, se non addirittura di
insidiare il Barcellona.
Al quinto posto sale impetuoso il Paris Saint Germain. La corazzata di
Ibra & co. è la prima squadra francese a entrare nella top five di
Deloitte. Il Psg può contare su ricavi commerciali da 254,7 milioni,
un record assoluto per la storia della Football Money League. Ma si
tratta di una voce controversa, visto che il rapporto con il Qatar
(proprietario del club attraverso la Sports Investments) è molto denso
e ha già fatto storcere il naso ai puristi del fair play finanziario.
In sostanza, molti accordi commerciali (con assegni generosi) sono
riconducibili a società nell'orbita del Qatar, come la compagnia
Emirates, con tanto di dubbi sulla loro natura di trasferimenti da
parte della proprietà. Ciò detto, il Psg ha quadruplicato i ricavi dal
giugno del 2011 - quando è passato in mani emiratine - e ora ne vanta
ben 398,8 milioni.
Venendo all'Italia, la Juventus scala due posizioni e scalza il Milan
a guidare la truppa tricolore. Per la Vecchia Signora la stagione
2012/2013 si chiude con ricavi a 272,4 milioni, che valgono il nono
posto complessivo. La Juve ha potuto beneficiare dell'ultima campagna
Champions: la Uefa ha girato oltre 65 milioni a Torino, la maggior
fetta distribuita, perché le italiane a spartirsi il bottino sono
state solo due, appunto Juventus e Milan. I rossoneri restano
agganciati alla top ten della classifica, con 263,5 milioni al decimo
posto. Ma fa pensare il calo dei ricavi da stadio, legato al crollo
delle presenze a San Siro. Per di più, secondo Deloitte, nelle
prossime due edizioni della Football Money League il Milan potrebbe
uscire dalla top ten: finora è stato l'unico club italiano, insieme ad
altre tre squadre europee, ad entrarvi sempre. Scendendo in
graduatoria si trova l'Inter al 15esimo posto, con prospettive nere
qualora non si centrasse l'ingresso in Europa, mentre si rivede la
Roma al 19esimo posto.
Tre anni. Sono tre anni che la storia si ripete, senza soluzione
di continuità. Buona prima parte di stagione, qualche piccola
illusione e poi, puntuale come le tasse, arriva la frenata. Secca.
Dopo Ranieri/Stramaccioni e Stramaccioni, con Mazzarri si
proverà almeno a non andare alla deriva. Ma la china di questo
inizio di 2014 ha fornito presagi nefasti: un solo gol fatto tra
campionato e Tim Cup che ha fruttato appena due punticini al
Meazza (pari con Chievo e Catania) e tre sconfitte esterne (Lazio,
Udinese e Genoa).
Se errare è umano, perseverare è diabolico: questo deve evitare
l'Inter negli ultimi giorni di mercato. Tutto nacque dalla
cessione sconclusionata di Thiago
Motta al Psg.
Quell'Inter andava a mille: magari non avrebbe lottato per lo
scudetto, ma certamente non avrebbe fatto la fine che ha poi fatto
con il malcapitato Ranieri in panchina. L'anno dopo, idem: Strama balbetta
all'alba della stagione, poi trova la quadratura e corre spedito
fino a dicembre. Ma un mercato sgraziato, sottolineato
impietosamente dalla lunga sequela di infortuni, manda i
nerazzurri allo sbaraglio. Ora riecco il film già visto. Mazzarri
fa quello che può con quello che ha. Senza Milito, senza Icardi e,
in generale, senza un mercato estivo su misura (Campagnaro,
Andreolli e compagnia erano tutti già sotto contratto prima del
suo arrivo), il tecnico di San Vincenzo illude che il suo apporto
possa portare al di là dei propri limiti una rosa che vale quello
che la classifica dice oggi. Ci riesce fino a un certo punto, poi
crolla sotto il peso di un lavoro immane.
E dalla dirigenza non arrivano aiuti, anzi. A un organico già non
eccelso, in gennaio vengono sottratti anche rincalzi come
Mudingayi, Wallace, Belfodil, Pereira e Olsen: tutta gente in
lista partenze e che Mazzarri è costretto a non poter portare
nemmeno in panchina. Al contempo, non arriva nessuno. Ma
proprio zero. A ciò si aggiunge lo show del mancato
scambio Guarin-Vucinic, che – al di là delle conseguenze
ambientali – priva l'allenatore di due pedine in un colpo solo: il
montenegrino non arriva e il colombiano diventa inutilizzabile per
ovvi motivi. Risultato? Sconfitta a Genova (Guarin era già sicuro
di partire, tant'è che al posto di Alvarez infortunato entra
Kovacic nonostante il campo pesantissimo) e pareggio surreale
contro un Catania che fino a domenica aveva fatto zero punti in
trasferta.
Le colpe? Sono di tutti. Dei giocatori,
spesso inadatti sia per congeniti difetti tecnici, sia per
mancanza di personalità; del tecnico,
a cui forse si chiedeva uno sforzo superiore per ovviare alle
contingenze negative a livello economico e ambientale; deitifosi,
che avrebbero potuto accompagnare con maggior sforzo una squadra
in chiara difficoltà; della classe
arbitrale, che sovente ha affossato con errori marchiani
le velleità nerazzurre. Ma, soprattutto, le colpe sono della dirigenza.
Eh già, perché se cambia tutto e non cambia niente, forse il
problema è alla radice. Come detto, questo è il terzo anno in cui
la storia si ripete e, al netto delle motivazioni peculiari, è
evidente che più d'un errore è stato commesso.
Adesso niente alibi, solo lavoro. Va ricordato a Mazzarri, va
ricordato a Thohir.
Da lui, dal nuovo presidente, ci si aspetta sì calore da tifoso
appassionato, ma soprattutto razionalità e chiarezza. Il bonus-Triplete è
finito, ora serve ripartire. Da zero? Finanche da meno
uno
Ci mancano solo 7 merdosissimi punti per
mantenere il gettone di presenza sul tipo DC United merdamericano
poi ci si augura che i cessi al vento indonesiani non pensino solo
a ripianare debiti.
Siamo riusciti nell’impresa di far fare al Catania il primo punto
in trasferta dopo 20 giornate e di segnare due gol negli ultimi
due mesi o quasi: la verità è che facciamo
pietà,
che il gioco proposto fa pietà, che i giocatori scelti per
interpretarlo fanno pietà e che la situazione fa pietà. Non
ricordo una compagine così mediocre neanche
ai tempi di Tardelli o di Orrico, e ormai guardo solo alla
possibilità che qualche società compiacente ci permetta di fare i
6 punti che ci mancano per stare grossomodo tranquilli. L’orrore
mi si spalanca di fronte invece se penso che
entriamo
in pieno Branca time,
la fase del mercato in cui abbiamo combinato le peggio
minchiate:
tremo al pensiero di quello che possono combinare giocatori
demotivati e dirigenti dimissionari (o in procinto di essere
dimissionati, si spera). Spero che il lato più animalesco del
nostro tifo presidi la sede giorno e notte per terrorizzare i
malfattori che si annidano ormai da anni nella nostra società. Basta.
Tutta la verità:senza Tohir l'Inter in bancarotta
Meglio una vergogna sul viso che una macchia sul cuore, non c’è
dubbio.
Meglio quindi aver fatto marcia indietro nell’operazione
di scambio Guarin-Vucinic dopo averla praticamente conclusa e
condivisa a tutti i livelli, cedendo alle pressioni della piazza
come una società seria e organizzata mai dovrebbe fare, che
rompere completamente il rapporto di appartenenza,
passione e fiducia con una tifoseria che nella mediocrità del
momento resta l’unica certezza attorno alla quale ricostruire
l’Inter.
La figuraccia resta e
non potrà che portare nei prossimi mesi a quei cambiamenti
nella dirigenza ormai
indifferibili, anche se costosi e sanguinosi per un bilancio già
dissestato, per una proprietà impegnata a trovare i soldi per far
ripartire la macchina (concretamente a pagare i debiti con banche
e fornitori) e che ha accettato malvolentieri e con una certa
impreparazione di assumere a stagione inoltrata tutte le
responsabilità, specie quelle mediatiche, per il fermo e
irremovibile passo indietro di Massimo Moratti.
Non si deve aver paura di ammetterlo, anche nell’amore per questi
colori, perchè serve per accelerare il processo di rinnovamento,
per una volta da iniziare fuori dal campo e non solo con
l’acquisto di nuovi calciatori e magari di un tecnico più adatto
al progetto di Thohir.
Ogni nuova breccia nel granitico muro di incapacità,
clientele, superficialità, egoismo che
da tempo permea corso Vittorio Emanuele è benedetta ed
auspicabile, anche se stavolta ha leso pesantemente la nostra
immagine. Non ricordo alle nostre latitudini una contestazione e
uno sdegno, posti in essere in primo luogo nelle moderne forme
virtuali dei social network e poi sotto la sede da ultras e
semplici appassionati, tali da mostrare in maniera così drammatica
la fragilità e le inefficienze di un club e di una impresa tra le
più conosciute nel mondo nel loro ambito.
E’ ovviamente conseguenza della precarietà derivante dal cambio di
proprietà, ma se prima ognuno avesse sempre risposto delle
conseguenze delle proprie azioni e assuntosi le relative
responsabilità, invece di difendere il proprio orticello e
sfruttare le lacune di una gestione famigliare, la confusione ed
il vuoto di potere sarebbero stati molto meno evidenti.
LE FIGURACCE DEGLI ALTRI
E’ anche vero che in queste occasioni la buona stampa dovrebbe
anche ricordare per onestà intellettuale anche altri episodi di
figuracce più o meno simili capitati ad altre grandi.
Non ho dimenticato lo stop alle trattative per l’interista e
manciniano Stankovic
alla Juventusrisalita in A nel post Calciopoli imposto
dai tifosi bianconeri furenti per la precedente cessione di
Ibrahimovic e Vieira al club ritenuto il fantomatico mandante
della loro condanna.
Non ho dimenticato lo stop alle trattative da 40 milioni
conseguente alle furiose polemiche veicolate dalle radio locali
per la bandiera presente e futura De
Rossi ad un club inglese nella
Roma della triade americana capeggiata da Thomas Di Benedetto,
interessato ad una ricchissima plusvalenza che gli permetteva di
non sganciare un euro sul mercato.
Non ho dimenticato Galliani con la penna in mano per firmare il
clamoroso trasferimento di Pato
al Psg per qualche decina di milioni da girare in parte per Tevez,
costretto a scusarsi con gli interlocutori perchè la fidanzata del
brasiliano, figlia del proprietario, aveva perorato la sua causa
tanto da far mandare all’aria un accordo tale da consentire ai
rossoneri di fare il bis tricolore (e non solo forse). E neppure
l’ormai celebre apparizione di Kakà
alla finestra sventolando
la maglia rossonera per far marcia indietro all’accordo con il
Real (solo rinviato).
Non ho dimenticato la
Fiorentina d’accordo con Berbatov ed
il Manchester, imbarcato su un volo destinazione Toscana e
stoppato insieme all’agente allo scalo di Monaco dall’inserimento
della Juve, rinfocolando l’atavica rivalità tra le tifoserie ma
denotando anche l’episodica ingenuità di Pradè e Macia.
Non è tanto la consolazione per il mal comune mezzo gaudio quanto
la convinzione di poter ristabilire la propria reputazione
cambiando strada o semplicemente modus agendi. Ora va fatta
passare la buriana, si deve restare fermi fino all’arrivo di
Thohir, chiudere il mercato e poi settimana dopo settimana porre
in essere scelte idonee a non ripetere certi errori.
PERCHE’ L’INTER VENDE GUARIN
Sistemata la forma, passiamo al merito di questo scambio tra Inter
e Juventus: come è nato, chi l’ha condotto, chi ne era a
conoscenza, chi l’ha fermato.
Le premesse da fare sono due: perchè
Fredy Guarin era/è in vendita e perchè la scelta della seconda
punta è caduta su Mirko Vucinic.
La condizione del centrocampista colombiano, di fatto un titolare
da quando è arrivato nel gennaio 2012 e uno dei pochi interpreti
del reparto atleticamente e modernamente normodotato, non è stata
influenzata dal suo rendimento inferiore alle attese nel girone di
andata, anche se, nonostante i tanti errori di mira e le frequenti
pause di concentrazione e lucidità, si è spesso rivelato un
fattore incisivo e determinante nella nostra prolificità
offensiva. Il suo zampino, direttamente o indirettamente, c’è in
molti gol della stagione, sia quando si è disimpegnato come
trequartista sia quando era in linea con Cambiasso e Taider
all’inizio.
I motivi per cui dalla scorsa estate ci si vuole liberare di lui,
e di
questa intenzione è sempre stato informato Mazzarri, sono
essenzialmente quattro:
-
UNO DEI POCHI MONETIZZABILI. Guarin
è nazionale, ha alle spalle una esperienza importante al Porto,
ha disputato buone partite anche in serie A e in Europa League.
Mantiene una valutazione accettabile tra i 15 e i 20 milioni,
superiore a quello pagato per strapparlo al Porto e al valore
dell’ammortamento del cartellino iscritto a bilancio, inferiore
probabilmente alle sue potenzialità fisiche e tecniche. Per un
club che ha assoluta necessità finanziarie, era ed è una delle
migliori opzioni di cessione, per chi compra la possibilità di
fare un buon affare e impiegarlo nelle coppe europee.
-
CARATTERE ANARCHICO IN CAMPO E FUORI. Il
solo Villas Boas, inserendolo in un complesso rigidamente
organizzato e proiettato all’attacco, è riuscito a sfruttarne
appieno i pregi e a nasconderne i limiti di attenzione,
concentrazione e disciplina tattica. All’Inter ha finito per
dover avanzare il suo raggio d’azione perchè protagonista di più
di uno svarione e incertezza in fase di protezione della difesa,
contribuendo ad indebolirla ulteriormente in zona centrale. Se a
ciò aggiungiamo una certa mancanza di continuità nei doveri
professionali quando c’è qualcosa che non lo soddisfa (siano
essi i risultati della squadra o adeguamenti contrattuali), ne
escono i contorni di un quadro in cui la monetizzazione di una
cessione non è una bestemmia.
-
RAPPORTI NON IDILLIACI CON I SENATORI E SCARSA CONVINZIONE SUL
SUO RUOLO. Fredy la scorsa stagione in particolare si
lamentò più di una volta per l’usura e lo scarso dinamismo dei
compagni di reparto tali da influenzare i carichi di lavoro
penalizzandone una duratura condizione. Inoltre non manca
occasione per ribadire che è e si sente un centrocampista
prestato all’attacco per colmare le lacune in sede di
costruzione della rosa
-
IMPOSSIBILITA’ DI CONCEDERGLI L’AUMENTO DI INGAGGIO. Le
positive prestazioni della prima parte della scorsa stagione e
la conferma estiva dopo aver respinto qualche (timido) affondo
di club importanti della Premier League, gli valsero la promessa
di adeguargli l’ingaggio ora di poco superiore ai 2 milioni di
euro. Il cambio di proprietà ha bloccato e rinviato ogni
discorso all’autunno, ma anche dopo lo sbarco di Thohir nè la
dirigenza nè la nuova proprietà hanno mostrato alcun passo
concreto per accontentarlo. Inoltre l’evidenza della necessità
di sistemare i conti e la necessità di autofinanziarsi hanno
fatto così che le sue richieste potessero essere esaudite solo
attraverso un cambio di casacca.
Il mister nel frattempo, nella prospettiva di recuperare Milito o
di rinforzarsi sul mercato degli attaccanti, conscio che al 3511
delle prime giornate gli avversari potessero trovare facilmente
contromisure, ha
virato il suo schema verso un tridente d’attacco in
cui Guarin non è una prima scelta nè in mediana nè davanti. Troppo
discontinuo in interdizione per affiancare Cambiasso, troppo
pesante per dare nei 16-20 metri freschezza, velocità, profondità
e gol meglio di una punta vera.
Walter ne ha avallato la cessione in estate e ora (non poteva fare
altrimenti), in cambio di un acquisto più adatto alla sua
concezione di calcio.
L’IDENTIKIT DI MAZZARRI
E l’identikit corrisponde a quello di una seconda
punta, duttile, con capacità di corsa e resistenza, con
almeno una decina di reti a stagione nel curriculum e già esperto
e pronto per recitare da protagonista in serie A a
certi livelli.
E’ novembre quando il procuratore di Lavezzi (e di Campagnaro),
Alejandro Mazzoni, contatta Branca per studiare la possibilità di
portare via il suo assistito da Parigi dove Blanc lo tiene spesso
e volentieri in panchina, lo impiega come ala per coprire le
spalle a Ibra-Cavani e non lo ha preparato al meglio in estate per
esaltarne le caratteristiche.
La richiesta di prestito (l’Inter non può offrire cash se non si
autofinanzia) si scontra con l’opposizione dei parigini e con la
rinascita del Pocho a discapito di Lucas e Menez.
Poi viene il turno di Lamela e di Jovetic, ma a dicembre come
testimoniato dal mio tweet del 5,l’area
tecnica bussa alla porta di Marotta per chiedergli la
disponibilità di Vucinic o Quagliarella. Pirlo si è
appena infortunato e il nome di Kovacic come contropartita blocca
ogni approfondimento, rinviando ogni discorso al futuro e a nuove
condizioni.
Il montenegrino si è visto superare nelle gerarchie da Tevez e
Llorente, gioca scampoli di partita ed è tormentato dai guai
fisici. Inoltre il lavoro ed i movimenti che gli chiede da sempre
Conte per favorire gli inserimenti dei centrocampisti ne hanno
tarpato istinto e genialità offensive, tanto da convincerlo che il
suo ciclo alla Juventus è finito.
Per non essere vittima dei ricatti del calciatore essendo in
scadenza nel 2015 , meglio provare a monetizzare fin da subito.
Sui quotidiani appaiono sondaggi delle big inglesi, ma l’offensiva
non la porta nessuno anche perchè in questi casi più si aspetta
più si risparmia.
IL TIMORE DI UN ACCORDO CON LA JUVE
Nel frattempo a Milano ci si concentra solo sulle uscite, ma la
buona volontà di Branca e compagnia non è accompagnata da adeguate
capacità negoziali e non basta neppure per piazzare Belfodil,
Mariga e Mudingayi, figurarsi per ottenere 15 milioni per Guarin o
almeno 10 per Ranocchia.
Thohir da Giacarta, mentre la squadra inanella una serie di
risultati negativi nel 2014 che fanno dimenticare l’exploit nel
derby di Natale, si
stupisce per la richiesta della piazza di acquisti in condizioni
di pre-fallimento e con la scure del Fair Play
Finanziario sulla testa per chi si qualifica alle coppe.
Il colombiano entra nel mirino del Chelsea,
come ammette con incomprensibile soddisfazione Ausilio, sebbene
una offerta congrua in contanti non sarà mai presentata, ma solo
elementi fuori dal progetto di Mourinho. L’Inter
però si insospettisce quando Ferreyra, l’agente del
centrocampista, chiede il posto da titolare, spara una richiesta
agli inglesi folle, superiore ai 3,5 messi sul piatto dai Blues.
comprensiva di bonus alla firma assolutamente senza senso perchè
non c’è un’asta e non è in scadenza.
E’ prassi che i procuratori si affianchino al club di appartenenza
per cercare la migliore destinazione al proprio assistito in
partenza, nulla di eclatante. La
nostra dirigenza teme che ci sia qualcuno dietro ,
viene informato Thohir che rilascia parole di fuoco verso Guarin
in merito al suo rinnovo e al suo desiderio di cambiare aria fin
da subito.
Lo United si propone, ma probabilmente fuori tempo massimo.
L’ULTIMA SETTIMANA
Siamo a 8 giorni fa e l’Inter, su pressione di un Mazzarri sempre
più teso e insofferente,attraverso
il pontiere Fassone, artefice negli ultimi due anni del
riavvicinamento tra i due club, contatta la Juve per
affondare l’assalto per Vucinic a tutti i costi.
Kovacic e Ranocchia escono subito dal novero delle
candidature,così pure il prestito semplice, i bianconeri vogliono soldi
subito, concedono una dilazione di pagamento attraverso
la formula della comproprietà o del prestito oneroso con obbligo
di riscatto.
Il nome di Guarin esce dopo, quando noi non possiamo dare
nessuna garanzia (dall’Indonesia altro no…) e non trova
l’opposizione ferma dei nostri, ormai interessati a dare una
svolta al mercato senza chiedere un euro alla proprietà e anzi
permettendogli, con la plusvalenza, di ripianare meno
nell’immediato.
A quanto mi risulta, nei giorni successivi, Inter e Juve trovano
l’accordo sulla valutazione dei due calciatori, restando divisi
minimamente (un paio di milioni, i nerazzurri ne chiedevano 4)
solo sul conguaglio economico, tanto che danno agli agenti il via
libera per trattare i rispettivi ingaggi. Fredy
informa amici e conoscenti in Colombia, un giornalista di
Caracol viene avvisato che entro poche ore si saprà la sua
destinazione.
Dopo Genoa-Inter, i club si danno appuntamento per il giorno
successivo per mettere nero su bianco ma quando la notizia diventa
di pubblico dominio scoppierà una reazione della gente nerazzurra
così violenta da rimettere tutto in discussione nel breve volgere
di 24 ore.
Nonostante un accordo NON totale ma non in grado di farlo saltare,
tanto che Agnelli e Thohir l’hanno avallato, tanto che Guarin e
Vucinic hanno trovato l’accordo economico, tanto che hanno fatto
anche le visite mediche (superate ed il tentativo di fornire
all’Ansa una versione diversa è stato maldestro).
THOHIR, ERRORE E SOLUZIONE
Da una situazione difficile, dal primo vero passo falso della sua
gestione, il presidente ne è uscito alla grande.
Ha ascoltato la spiegazione dei suoi, si è confrontato con Massimo
Moratti (orgogliosamente in disparte fino a quando la tensione ha
raggiunto livelli di guardia), ha sfruttato anche la mediazione di
Filucchi per apparecchiare un confronto con i tifosi, si è
affidato allo staff di comunicazione che ne ha curato lo sbarco in
Italia e ieri ha pubblicato sul sito ufficiale un
comunicato in cui si prende di fatto tutti i meriti della
decisione di
interrompere in prima persona le trattative con la controparte,
senza distribuire colpe (son di tutti, anche sue) e senza derogare
dalla necessità di fare mercato (in altro modo, ossia vendendo
Guarin altrove).
I bersagli sono stati individuati in Marco
Fassone, Marco Branca e, più defilato, Piero Ausilio, pagati anche
per questo, oggetto di una serie di cori e striscioni
sicuramente esagerati nei contenuti, ma non senza fondamento per
come hanno gestito le rispettive responsabilità nella trattativa.
Il punto non è rinfacciare al primo il passato juventino ed al
secondo di avere dei personali e illeciti vantaggi da certe poco
comprensibili operazioni di mercato (tutti da dimostrare e
passibili di querela), quanto di capire
perchè dobbiamo avere sempre le spalle al muro, perchè
tutti, agenti, calciatori, dirigenti, sanno che prima o poi saremo
noi a cedere alle loro condizioni, perchè in questa vicenda non
son state previste i possibili effetti collaterali derivanti da
una trattativa con la Juve in posizione di oggettiva debolezza, se
non sottomissione.
Di certo affermare che bisogna cedere prima di comprare non aiuta,
ma forse basterebbe aggiungere che senza offerte congrue si
resterà così e si ha completa fiducia nel gruppo perevitare
guai maggiori.
E cedere Guarin per Vucinic lo è, indipendentemente dal fatto che
a noi servisse una punta più del colombiano.
VUCINIC SOLO IN PRESTITO
Il montenegrino è il classico calciatore slavo di grandissimo
talento con una carriera inferiore alle potenzialità tecniche per
colpa di una innata indolenza e mancanza di cattiveria.
Non è un bomber, ma sa destreggiarsi sia come prima che seconda, sulla
carta compatibile sia con Palacio, sia con Milito, sia con Icardi.
Gli manca quella profondità, quel peso in area che un Borriello
avrebbe, tuttavia Mazzarri da qui a giugno pensa di potersela
cavare anche senza.
Quando è in giornata, è uno spettacolo, quando attraversa un
periodo di scarsa forma è un peso per la squadra.
Avesse cinque anni in meno, non guadagnasse circa 3 milioni di
euro, non pretendesse un triennale e non fosse reduce da tanti
problemi fisici, in questa Inter (non in quella del Triplete e
neppure in quella del Mancio) sarebbe
la stella e ci garantirebbe un sicuro upgrade.
A gennaio 2014, senza obiettivi realistici in classifica, dovendo
rifondare e guardare in prospettiva, si può e si deve trovare
altro, a meno di condizioni
meno pesanti (prestito di 6 mesi). Senza sacrificare
Guarin in uno scambio quasi alla pari, un Guarin più giovane e a
pochi mesi da un Mondiale.
Il ragazzo ha voglia di riscatto e rivincita, vuole l’Inter, ma il
dubbio che possa voler strappare l’ultimo contrattone della
carriera è lecito. Ed in uno stadio come San Siro tradizionalmente
poco indulgente con i talenti discontinui e indolenti, significa
voler sfidare gli dei del calcio.
Ascoltata poi la conferenza stampa di ieri di Marotta, ulteriori
passi in avanti dovranno essere fatti solo lasciando trascorrere
qualche giorno in cui nè lui nè il colombiano presumibilmente
saranno a disposizione dei relativi allenatori per scendere in
campo nel prossimo turno di campionato.
MAZZARRI PUNTO FERMO
Thohir infatti è in arrivo per Inter-Catania e per gli ultimi
giorni di calciomercato.
L’attenzione non sarà tanto rivolta alle risposte e ai contatti
con la Juve o alla conferma su quell’sms di via libera alla
chiusura dello scambio, quanto
presumibilmente alle prime vere decisioni sui cambiamenti in
società.
Occupare ufficialmente due-tre caselle nell’organigramma con suoi
uomini, individuare chiaramente IL plepotenziario o solamente il
front man in sua vece ( può esserlo ancora Fassone? Non è ora che
sia Mao a confrontarsi con il giovine Agnelli?) sarebbe il primo
passo per quella ristrutturazione da compiere in estate o al più
tardi entro 16 mesi (se si intende aspettare la scadenza di molti
contratti pesanti).
Nel frattempo si
deve solo restare all’angolo, incassare le bordate e i
pugni che arrivano da ogni direzione e lentamente rialzarsi, se
possibile con gambe più salde e testa più lucida. La stagione non
ha veri obiettivi, ma lasciarla andare completamente a rotoli
costringerebbe la società a fare un repulisti, anche nella guida
tecnica, a cui probabilmente vuole sottrarsi, anche per motivi
economici.
Mazzarri andrà accontentato in qualche modo visto che finora è
stato solamente preso in giro o illuso (non
c’è neppure D’Ambrosio e Pereira è già in Brasile…). Il tecnico
resta uno dei pochi punti fermi, con l’esperienza di chi ne ha
viste tante anche in provincia e con il pragmatismo per uscire
passo dopo passo da una crisi di risultati abbastanza
preoccupante.
Non sarà la certezza del futuro, ma quella del presente
sicuramente sì. E ben più salda di chi attorno a lui aspetta
solamente di sapere quando lascerà l’Inter e quanto incasserà per
andarsene.
Il tempo per criticarne le scelte ci sarà non appena
noi ritroveremo un barlume di serietà, credibilità e competitività.
Potendo finalmente smettere di arrossire per la vergogna.
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04 – 18 giugno 2008, patteggiamento su schede
sim svizzere
08 – 19 marzo 2008, TAR del Lazio, respinto il
ricorso di Moggi contro la squalifica in ambito sportivo.
09 – 22 maggio 2008, TAR del Lazio, respinto il
ricorso di due associazioni di tifosi contro l’assegnazione
dello scudetto 2006 all’Inter.
10 – 8 gennaio 2009, Caso GEA, Moggi condannato
per violenza privata.
11 – 14 dicembre 2009. Calciopoli (rito
abbreviato), condannato Giraudo per frode sportiva e
associazione a delinquere.
12 – 8 febbraio 2011, TAR del Lazio respinge il
ricorso presentato da Giùlemanidallajuve, condannata a pagare
risarcimenti a Federcalcio, CONI e Inter.
13 – 25 marzo 2011, caso GEA (II° grado),
confermata la condanna a Moggi per violenza privata.
14 – 8 novembre 2011, sentenza penale di
Napoli: Moggi condannato a 5 anni e 4 mesi per associazione a
delinquere.
15 – 9 novembre 2011, rigetto dell’esposto da
parte dell’UEFA.
16 – 11 novembre 2011, Moggi condannato per
minacce nei confronti di Baldini.
17 – 17 novembre 2011, dichiarazione di non
competenza del TNAS.
18 – 4 aprile 2012, conferma della radiazione
di Moggi e Giraudo.
19 – 12 aprile 2012, il Tribunale della UE
respinge il ricorso presentato da Giùlemanidallajuve
20 – 26 giugno 2012, Tribunale di Milano,
rigetto della querela di Moggi a Carlo Petrini
21 – 30 giugno 2012, la Corte dei Conti
respinge il ricorso Juventus decretando la FIGC non responsabile
di danno erariale per essersi dichiarata non competente a
decidere nel 2006.
22 - 3 agosto 2012, il Tar del Lazio respinge
il ricorso di Moggi contro la Radiazione.
23 - 12 settembre 2012, il Consiglio di Stato
respinge il ricorso di Moggi contro la Radiazione.
24 - 17 ottobre 2012, la Corte dei Conti
condanna 14 ex tesserati AIA a risarcire la FIGC per danno
d’immagine.
25 - 5 dicembre 2012, il Tribunale di Napoli
condanna in appello a 1 anno e 8 mesi Antonio Giraudo per
associazione a delinquere e frode sportiva. Cade solo il ruolo
di promotore.
26 - 7 agosto 2013, la Cassazione giudica
inammissibile il ricorso di Moggi contro la radiazione.
27 - 17 dicembre 2013, appello Calciopoli: 2
anni e 4 mesi a Luciano Moggi, 2 anni a Pairetto e Mazzini, 1
anno a De Santis, 10 mesi a Dattilo e Bertini.
28 – 10 giugno 2014, la Cassazione conferma
sequestro di 12 milioni a Giraudo per il danno da retrocessione
al Brescia finito in Serie B.

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