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  INTERNOTIZIE

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JUVE: VAFFANCULO !!! GRAZIE ALLA MERAVIGLIOSA ELIMINAZIONE DALLA MERDOPA L'ITAGLIA SPROFONDA AL QUINTO POSTO NEL RANKING !!! UNA PERSEPOLI CHE NON ACCADEVA DAL 1984


Ha ragione Giovanni Malagò. Purtroppo. Il nostro calcio è in ribasso: in campionato fra le prime due, Juve e Roma, e tutte le altre c'è un abisso. In Europa, poi, prendiamo schiaffoni sia in Champions che in Europa League: la Spagna ha tre squadre in finale (e l'Atletico Madrid ha schiacciato il Milan...), il Portogallo una (il Benfica ha fatto fuori la Juve) e ci ha superati nella classifica del ranking Uefa. Dal prossimo luglio infatti l'Italia sarà addirittura quinta. Non perderemo, è vero, un posto in Champions League (sempre tre sono e tre rimarranno chissà per quanti anni) ma di sicuro è un'umiliazione. A luglio, con i preliminari, partirà il nuovo quinquennio: l'Uefa cancellerà la stagione 2009-'10, per noi la più positiva (coefficiente di 15,4). Al comando partirà la Spagna, seguita da Inghilterra e Germania: quarto il Portogallo che ha 52,133 punti (ma ancora una partita da giocare, la finale del Benfica), mentre la povera Italia è quinta 51,510). E' dal 1984 che non siamo così in basso. Dal 1986 al 1989 (escluso il 1990) siamo stati persino in testa: bei tempi. Come detto, a livello di Champions non cambia nulla, per quanto riguarda l'Europa League invece le cose si complicano un po'. Il quarto posto nel ranking infatti garantisce di qualificare due squadre (e non una) ai gruppi, evitando così un preliminare che obbliga ad un inizio anticipato della stagione. Le nostre quindi avranno un cammino più complesso, dovranno cercare di rimontare sul Portogallo: e speriamo che non snobbino più l'Europa League, ex Coppa Uefa. La Francia per ora è sesta e lontana, ma non si sa mai...

La soglia di una finale europea rappresenta ormai le colonne d'Ercole del calcio italiano: l'ultima a superarle fu l'Inter del Triplete nel 2010 e quel passato comincia ad essere remoto. Così, quando anche la Juventus dominatrice del campionato e zoccolo duro della Nazionale di Prandelli è stata respinta sull'uscio dell'ultimo atto dell'Europa League, è tornata alla memoria la recente sentenza di Capello: "La serie A non è competitiva". La lapide trova apparente conferma nella nuova classifica Uefa: da luglio, per effetto della cancellazione dei risultati della stagione 2009-10, l'Italia scivolerà al quinto posto del ranking, sorpassata proprio dal Portogallo del Benfica eversore della Juve.

Ma Paolo Maldini, recordman di presenze nelle coppe (174), offre una spiegazione più articolata, che è anche un atto di accusa ai club italiani. "La classifica è incontestabile, si basa su calcoli matematici. Ed è il frutto della mancanza di etica sportiva. Le nostre squadre spesso in Europa League schierano le riserve, perché i dirigenti danno un input preciso: per loro una competizione è importante solo quando dà tanti soldi. Perciò in Champions vogliono in campo i migliori e in Europa League invece no. Eppure è la seconda competizione europea. Snobbarla, per quanto la formula sia discutibile e il fatto di giocare il giovedì pesante, è autolesionistico. Gli effetti lo dimostrano".

Per ora gli esiti del declassamento sono attenuati. Irraggiungibili Spagna, Inghilterra e Germania (che fino al 2011 era dietro), non cambierà il numero potenziale delle squadre in Champions (2 ammesse direttamente, 1 via play-off) e 3 saranno anche le teoriche iscritte all'Europa League (1 sola però di diritto, mentre le altre 2 dovranno sottoporsi ai preliminari in piena estate). Resta tuttavia il contraccolpo d'immagine: l'ex campionato più bello del mondo è diventato così mediocre da essere posposto non soltanto alla Liga, alla Premier
e alla Bundesliga, ma anche alla Primeira Liga, non esattamente un torneo di squadroni, Benfica e Porto esclusi. Negli anni Novanta sarebbe stato preso per folle chiunque avesse azzardato il paragone con la serie A, che mieteva Coppe Campioni, monopolizzava l'albo d'oro della Coppa Uefa e lasciava consistenti tracce nell'agonizzante Coppa delle Coppe.

L'imbarazzante dislivello tra calcio italiota e resto d'Europa:mentre in Italonia il campionato è già finito al 9 marzo, in Premier e Liga Real Madrid,Barcellona,Atletico Madrid, Chelsea,Liverpool,Manchester City e Arsenal si stanno dando battaglia in stadi strapieni con partite che vedono tra i 4 ed i 6-7 gol segnati. In Italonia fioccano gli 1-0 in stadi deserti con pochissimi tiri in porta e quei pochi sui pali e traverse !!! Confronto impietoso a portata di telecomando tra la serie A e Real Madrid-Barcellona. Stadi, campioni e atmosfera: è tutto un altro calcio. A volte basta pigiare il tasto del telecomando, clìc, per percorrere distanze immense, per viaggiare come dalla Terra a Marte. Chi l'abbia fatto durante Real Madrid-Barcellona (e Catania-Juventus, e Lazio-Milan) ha visto cose che noi umani eccetera. Chi, per tifo o per necessità di lavoro, ha preferito o dovuto soffermarsi sul nostro campionato e poi, random - oppure infilandosi nel quarto d'ora di differenza tra gli orari d'inizio delle tre partite (anzi, della Partita e dei due tristi riempitivi)  -  si è spostato televisivamente a Madrid, ha vissuto quasi uno shock. Perché sembravano, anzi erano, due sport differenti, due mondi opposti, due universi paralleli che non si incontrano mai: se non, appunto, grazie a quel clìc.Non si tratta della solita critica al nostro calcio deludente, impoverito di talento e denari, isterico, insomma provinciale nel senso peggiore del termine. Si tratta, proprio, di distanze siderali. E c'erano almeno una decina di motivi, ieri sera, per lasciar perdere la nostra lillipuziana serie A e rimanere ricchi (di bellezza, di emozioni), felici, golosi e appagati. Bastava rimanere a Madrid, e dimenticare tutto il resto.Con una scusante: anche sulla carta (in termini di punti in classifica) Catania-Juventus non è comparabile a Real-Barcellona. Ma i risultati nelle Coppe europee raccontano bene la differenza.1) I GIOCATORI - Persino ovvio dire che la prima, abissale differenza tra noi è loro è nella qualità media dei calciatori. Tutti, non solo i fenomeni. Anzi, soprattutto in quelli che fenomeni non sono. Giocatori che sanno fare tutto e quasi sempre benissimo. Calciatori completi, bene addestrati, capaci di fare quello che devono e andare dove devono. Un'altra razza.
2)
 LA VELOCITA' - Bastava un clìc, e la palla cominciava a correre ai duecento all'ora. Non stava mai ferma, come i bambini sulla spiaggia. Il Clasico non si interrompeva mai, era un fluire continuo e rapidissimo. E ogni gesto atletico e tecnico, nonostante quella folle rapidità, restava preciso, esattissimo: la differenza tra una finale dei cento metri alle Olimpiadi e una mezza maratona nel giardino di clinica Villa Arzilla.
3) L'EQUILIBRIO - Nel nostro campionato c'è la Juve, e poi ci sono gli altri. Non è colpa della Juve se gli altri, quasi sempre, sono una banda di pellegrini. Quando lo sente dire, Antonio Conte urla al "complotto mediatico globale destabilizzante": si sbaglia. Perché i grandi tornei prevedono un altrettanto grande equilibrio, altrimenti sono monologhi. In Spagna, le tre squadre di testa sono divise da appena un punto a fine marzo, da noi il campionato è finito in autunno, cadendo come una foglia.
4) IL CORAGGIO - Mai domi, mai abbattuti neppure se quasi battuti, i protagonisti di Real-Barcellona hanno lottato dal primo all'ultimo secondo senza calcoli e senza risparmio. Sette gol, tantissimi, e dopo ognuno di questi gol i giocatori si rimettevano all'opera, per rimontare o per ribadire. Uno spettacolo anche di carattere, non solo di abilità.
5)
 L'ATMOSFERA - Invece dei nostri soliti stadi vuoti, un'astronave come il Bernabeu piena di gente ma anche di calore. Persino l'erba, vista dalla tivù, sembrava più verde. E non possiamo neppure cavarcela con la battuta classica, visto che non si tratta purtroppo dell'erba del vicino. Perché la Spagna del calcio, l'abbiamo detto, sta su un'altra galassia rispetto ai nostri spelacchiati orizzonti.

Non è certo un buon momento per il nostro calcio: una sola squadra (la Juventus) rimasta in Europa, una sola squadra (sempre la Juve) che domina il campionato. Merito dei bianconeri. Demerito di chi sta dietro, molto dietro. Logico che in questa situazione non ci sia grande entusiasmo negli stadi, ed è già un (mezzo) miracolo se il sistema-calcio tiene. I telespettatori di Sky si stanno orientando sempre più sul panorama europeo, alla ricerca di partite di maggiore appeal: e così ecco che il match di calcio estero più visto quest'anno è stato Real Madrid-Barcellona, 557.791 spettatori medi. Molto di più di tanti piccoli incontri insignificanti che si vedono in Italia, costano solo produrli e non fanno ascolti. Per quanto riguarda il top degli ascolti nostrani non si sfugge: Juve, sempre Juve. Le prime tre partite della stagione sono state infatti Juventus-Roma (2.507.863), Juventus-Inter (2.449.061) e Juventus-Milan (2.138.650). Il top per Diretta Gol, quest'anno, è stato toccato il 2 febbraio: 648.158). 

Partenza a tutto gas intanto per la MotoGP su Sky e Cielo, che da quest'anno hanno i diritti: nel complesso il primo Gran Premio della stagione, in diretta domenica 23 marzo dalle 20 in Qatar, è stato visto in media da 3.222.542 spettatori, con il 12,02% di share e 5.292.485 spettatori unici. In particolare, la gara su Sky Sport MotoGP HD è stata seguita in media da 899.274 spettatori, più di quelli raccolti su Sky dai posticipi di Serie A Catania-Juventus (837.838), Lazio-Milan (602.430),
 e il "Clasico" Real Madrid-Barcellona (557.791). Merito, ovviamente, della rinascita di Valentino Rossi. Su Cielo, che trasmette in chiaro, sono stati invece 2.323.268 gli spettatori medi che hanno seguito il GP del Qatar. Alle 20,42, in occasione della fase finale del duello tra Marquez e Rossi, si è registrato il picco di ascolto su Sky Sport MotoGP HD e Cielo, con 4.226.795 spettatori e il 15,1% di share. 

 

 

 

 

ORA E' UFFICIALE: Allarme-calcio, 1 milione
di spettatori in meno DAL 2012 AL 2013

Crollano gli spettatori, quasi un milione in meno (esattamente 900.000) negli stadi italiani. Il numero totale dei presenti ai match del calcio professionistico passa dai circa 13,2 milioni della stagione 2011-2012 a 12,3 milioni del 2012-2013. In termini di affluenza media il confronto con gli altri campionati stranieri vede i club italiani superare soltanto quelli francesi (22.591 tifosi contro i 19.211 della Ligue1). Il primato spetta alla Bundesliga tedesca con 42.624 spettatori, seguita dalla Premier inglese (35.921) e dalla Liga spagnola (28.237). Il calo va a pesare sulla voce ricavi da stadio e commerciali che scendono rispettivamente del 4,1% e del 3,9%. Insieme rappresentano solo il 23% del valore della produzione aggregato (8% i ricavi da stadio e il 15% i ricavi commerciali).

E continuano a crescere i debiti della Serie A. E' quanto emerge dal 'ReportCalcio' 2014, pubblicato dal Centro Studi, Sviluppo ed iniziative Speciali della Figc con la collaborazione dell'Agenzia di Ricerche e Legislazione (Arel) e PwC. Dallo studio si nota che i debiti del massimo campionato, nella stagione 2012-'13, erano pari a 2.947 milioni di euro (+1.9% rispetto alla stagione 2011-2012). Di questi i debiti finanziari pesano per il 32%. La perdita netta della Serie A si riduce significativamente se confrontata con il periodo precedente e si attesta a 202 milioni di euro (contro i 280 milioni della stagione 2011-2012).
 
"I numeri del calcio sono in calo però purtroppo sono in calo anche i numeri dello sport e del Paese. Io non voglio essere critico
 ma di stimolo per aiutare a invertire questa tendenza. Poi i numeri bisogna saperli leggere, perchè ci sono anche numeri positivi o che non meritano di essere criticati". Questo il pensiero di Giovanni Malagò, presidente del Coni. "Sono in calo anche gli spettatori e questo è dovuto a tante componenti, come stadi vecchi, contesto congiunturale del Paese, crisi economica, l'incomprensibile politica commerciale di alcune società e non ultimo un campionato non competitivo come quelli di Spagna e Inghilterra".

Malagò ha aggiunto: ''Il calcio ha numeri favolosi, a volte dispiace e fa rabbia non capitalizzare al meglio questa grande potenzialità. Con tutte le sue problematiche il calcio è tuttora il movimento che tra i 6 e i 16 anni vanta un quarto di tutti i tesserati dello sport italiano, il 25% di ragazzi e ragazze rientrano nel mondo del calcio. In Europa i praticanti sono 17,7 milioni, in Italia 1,1 cioè l'8% di quelli che giocano a calcio in Europa. Non bisogna solo accontentarsi di questi numeri, che al contrario devono consentire di migliorarsi. Se migliora il calcio, migliora tutto lo sport nel Paese, il Coni e il sistema Italia nel suo complesso, che è fondamentale. Il mondo del calcio è e sarà sempre la costola più importante del nostro mondo''. 

Malagò ha inoltre spiegato: "E' indecente l'8% dei ricavi da stadio per le società professionistiche, se continueremo così tra un po' arriveremo a zero. Forse è dovuto anche al fatto che i diritti tv sono talmente cresciuti... ma questa è la versa sfida: arrivare al 25-30% come fanno gli altri Paesi. E' colpa anche e soprattutto degli stadi. Il nostro campionato lo facciamo diventare il campionato più intrigante del mondo ma rispetto a Inghilterra e Spagna non è proprio una lotta all'arma bianca. Si è creato un gap molto importante e questo non aiuta a favorire chi vuole andare a vedere le partite''.

''Negli ultimi 6 anni - ha sottolineato Giancarlo Abete, n.1 Figc- abbiamo recuperato attraverso il Coni 480 milioni dei 6 miliardi che solo il calcio professionistico ha dato al Paese. Raffrontandoci alle altre Nazioni siamo al secondo posto come contribuzione, solo l'Inghilterra ha dato all'erario più di noi''. Abete non ha nascosto i problemi del mondo del calcio: ''Abbiamo valori assoluti importanti, senza dubbio la condizione dei nostri stadi è uno degli elementi che porta ad una diminuzione delle presenze. Ma non dimentichiamoci che restiamo il quinto Paese al mondo come numero di spettatori medi. Da questi dati emerge una sofferenza strutturale della Lega di B e della Lega Pro.

Daspo e tessera tifoso, gli ultras incontrano i parlamentari: “Questo sistema fa acqua”

Per la prima volta si è aperto un confronto tra i gruppi organizzati italiani e la politica: sul tavolo possibile modifiche ai due provvedimenti anti-violenza. All'incontro che si è tenuto a Roma erano presenti anche i delegati di Figc e delle Leghe professionistiche, oltre a Pd, M5s e Fratelli d’Italia

Faccia a faccia dopo anni di muro contro muro per provare a capire se si può uscire dal vicolo cieco dell’articolo 9 della Legge Amato che regola i Daspo e superare la tessera del tifoso. I rappresentanti di circa trenta tifoserie italiane e parlamentari di Pd, M5s e Fratelli d’Italia si sono incontrati oggi pomeriggio nelle sale di Palazzo Santa Chiara a Roma. Un primo approccio per discutere dei due provvedimenti anti-violenza che hanno visto la partecipazione anche di delegati di Figc e delle Leghe professionistiche. Gli spiragli per superare due provvedimenti da più parti definiti fallimentari ci sono, almeno a giudicare dalla trasversalità dei partiti presenti.

MODIFICARE L’ARTICOLO 9 - “Il sistema fa acqua da tutte le parti. E’ arrivato il momento che si ascolti la voce dal basso. I tifosi sono i fruitori, i clienti, ma nessuno ha mai provato a capire le loro ragioni”, spiega l’avvocato Lorenzo Contucci, uno dei massimi esperti di Daspo in Italia. Tutto ruota attorno alle conseguenze provocate dall’applicazione di quella sigla che racchiude un provvedimento di divieto d’accesso alle manifestazioni sportive. I tifosi battono sulla rimozione dell’articolo 9 della legge 41 del 2007 “che se interpretato alla lettera prevede l’impossibilità per chiunque ha preso un Daspo – argomenta Contucci – di avere titoli d’accesso alle manifestazioni sportive anche dopo la fine del divieto”. Una criticità evidenziata anche dall’Osservatorio nazionale sulle manifestazione sportive che ha infatti circoscritto il divieto a chi lo sta ancora scontando. “Ma potenzialmente è interpretabile appieno da domani – spiega Contucci – Per questo abbiamo scritto una norma d’interpretazione autentica che mettiamo a disposizione dellegislatore”. La proposta di Contucci si aggancia al disegno di legge di modifica dell’articolo 9 presentato negli scorsi giorni dai grillini Vacca e Del Grosso e che a giudicare dalla presenza all’incontro dell’ex capogruppo M5s Vito Crimi, di rappresentanti di Pd e Fratelli d’Italia – oltre al segretario dei Radicali Mario Staderini – potrebbe trovare sponde inedite in Parlamento.

COME FUNZIONA LA TESSERA - L’altro capitolo spinoso riguarda lacci e lacciuoli della tessera del tifoso, criticata anche dal presidente dell’Uefa Michel Platini e dal numero uno del ConiGiovanni Malagò. La tessera esiste solo in Italia e l’introduzione dalla stagione 2010/11 del sistema di “questura on line” la rende di fatto superflua. Nel momento in cui si compra un biglietto per lo stadio, infatti, chi lo emette ha bisogno di un documento d’identità in originale i cui dati vengono immessi nel sistema e controllati all’istante dal Cen di Napoli, il centro di elaborazione dati della Polizia che ne autorizza o meno la vendita. “E’ lo stesso sistema che regola la tessera del tifoso. Ma se il controllo avviene nello stesso modo per il singolo biglietto e per la tessera, a cosa serve quest’ultima? – si domanda Contucci – Così si allontana la gente dallo stadio. Basti pensare che la tessera è necessaria anche per gli under 14: se è stata pensata per motivi di sicurezza, che senso ha l’obbligatorietà per chi è ancora in un’età tale da renderlo non imputabile?”.

TULLO (PD): “DIALOGHIAMO” - E’ la domanda posta dai tifosi di Brescia, Sampdoria e Atalanta dai quali è partito l’appello accolto da altri gruppi tra i quali Milan, Udinese, Padova, Bologna,Napoli, Parma, Avellino, Fiorentina, Genoa, Ascoli e Venezia. Una lotta trasversale tra tifoserie spesso contrapposte sugli spalti nel nome di tessera e Daspo, mai digeriti e che negli ultimi mesi fanno acqua anche nei tribunali. Dall’inizio del 2014 i Tar di Liguria e Toscana ne hanno annullati 129. Tra questi i 93 inflitti ai tifosi della Sampdoria che il 20 ottobre scorso erano stati allontanati da Livorno perché muniti di biglietto ma senza tessera. Il deputato democratico Mario Tullo pochi giorni dopo presentò un’interrogazione parlamentare e oggi a ilfattoquotidiano.it dice: “La tessera del tifoso non ha funzionato. Nessuno cerca comprensione alla violenza, sotto nessun punto di vista. Gli ultras lo sanno. Ma bisogna stabilire cosa devono pagare se sbagliano. E’ il momento di aprire il dialogo e questo è un compito che spetta alla politica. Per trent’anni si è affrontata solo la parte repressiva, in alcuni casi necessaria.

Calcio, proposta di legge sulla proprietà dei club: via libera al modello spagnolo

E' stato presentato nella sala stampa della Camera dei Deputati il testo che punta a riformare il mondo del pallone italiano. In particolare la normativa mira a favorire il coinvolgimento diretto dei tifosi, evitando che un singolo soggetto possa detenere in via esclusiva un club

ROMA – Da tempo si sente parlare della necessità di una riforma del sistema calcio, ma da oggi c’è anche una proposta di legge, presentata ufficialmente nella sala stampa della Camera dei Deputati. “Credo che questo sia il momento migliore per intervenire, abbiamo il clima adatto per una vera e propria ‘rivoluzione’. Il calcio è diventato qualcosa di separato dal mondo dei tifosi e della società civile”. Con queste parole Salvatore Grillo, presidente dell’Associazione “Salviamo il calcio” ispiratrice della proposta di legge, ha illustrato l’iniziativa che mira a modificare gli statuti delle società che gestiscono il mondo del pallone in Italia. Una generica criminalizzazione del tifoso e orari delle partite imposti da esigenze televisive hanno allontanato sempre di più gli appassionati da questo sport. “La proposta di legge – continua Grillo – vuole anche garantire maggiore trasparenza nei bilanci delle società attraverso il coinvolgimento delle tifoserie così come avviene nel calcio spagnolo e in quello tedesco”.

Il testo è stato sottoscritto da 42 parlamentari ed è stato illustrato dai due primi firmatari, l’On. Angelo Attaguile – ex presidente del Catania Calcio – e l’On. Giancarlo Giorgetti – ex portiere del Varese -. I parlamentari hanno sostenuto che la normativa, imponendo un limite alle quote o alle azioni in mano ad unica persona, mira ad evitare che un singolo soggetto possa detenere la “proprietà” di una squadra di calcio il cui valore è rappresentato dai tifosi e dalle tradizioni delle quali questi sono figli. Il testo punta anche all’istituzione
 obbligatoria negli statuti societari di un organo consultivo che assicuri un’adeguata informazione su vicende che interessano l’opinione pubblica, passaggio fondamentale affinchè le tifoserie possano essere coinvolte nel controllo degli atti più importanti dei club.

 

 

Al Milan spunta un nuovo e clamoroso giallo: quello degli spettatori fantasma. Dati ufficiali alla mano sulle persone che sono realmente entrate a San Siro attraverso i tornelli nelle prime 13 partite casalinghe di campionato, sono infatti quasi 9mila a partita i tifosi che mancano all'appello, rispetto ai bollettini trasmessi alla Lega di serie A.

Alla statistica mancano solo i numeri dell'ultima gara interna di domenica col Parma: proprio quella che ha avvalorato definitivamente il sospetto di uno stadio Meazza ormai semivuoto per irreversibile consuetudine, al di là dei soccorrevoli bollettini. Gli ingressi omaggio distribuiti a 4 mila bambini delle scuole calcio non sono bastati a mascherare l'evidenza. Anzi, in piena contestazione degli ultrà, i cori delle voci bianche della Nord hanno appunto indotto a notare il desolante colpo d'occhio. Che trova conferma nella verifica del numero di spettatori passati dai tornelli nelle precedenti 13 partite, con un arrotondamento di 250 persone, per difetto o per eccesso. La media è di 29.543 (contro i 38.841 dichiarati): togliendo il quasi pienone con la Juve, si abbasserebbe a 26.088. Ma appare notevole soprattutto la differenza tra la teorica somma di paganti e abbonati e la cifra dei presenti effettivi, che sono molti in meno: 8.883 di media a partita, con i picchi di Milan-Sampdoria (13.575), Milan-Torino (13.200), Milan-Bologna (11.567) e Milan-Atalanta (10.187).

Nel primo e nel secondo caso  -  dando per scontato che gli 8.203 e gli 11.710 paganti siano ovviamente entrati - ben oltre la metà degli abbonati registrati dal club (23.372 con la Samp, 23.490 col Torino) avrebbe dunque rinunciato a presentarsi allo stadio. Il fenomeno è curioso, in tempi di crisi, ma è innegabile: le assenze di chi ha pagato in anticipo il diritto a vedere il Milan dal vivo sono costanti e uniformi nelle varie date delle gare, spalmate dal sabato al lunedì, in orari sia serali sia pomeridiani. Non ne risente l'incasso: la quota abbonati resta di circa 550 mila euro a partita, per una spesa di 23 euro in media pro capite (sono perciò 206.885 gli euro spesi a vuoto). In compenso fa effetto la proiezione finale: se il trend resterà questo fino alla fine del campionato, il Milan avrà 168.777 spettatori fantasma, capaci di regalargli quasi 4 milioni di euro (3.930.815).

Mette invece malinconia il paragone col passato (i 70 mila abbonati superati negli anni Novanta) e con i club europei, con i quali il Milan dovrebbe in teoria rivaleggiare. La media del Dortmund è di oltre 80 mila spettatori. Sono lontani Bayern (71 mila), Real (74 mila), Barça (72 mila), United (75 mila) e Arsenal (60 mila), ma anche Ajax (51 mila), Psg (45 mila), Celtic (43mila), Rangers (42 mila), Shakhtar (41 mila) e perfino il Guanghzou di Lippi (45 mila) e i giapponesi dell'Urawa (43 mila). In Bundesliga il Milan sarebbe tredicesimo, con meno pubblico del Magonza. E in Premier League pure, rivaleggiando col Southampton. E' difficile pensare che sia colpa dei tornelli.
Partita             Spettatori per il Milan         Spettatori effettivi        Differenza
Milan-Cagliari       30.471                             22.500                         7.971
Milan-Napoli         51.384                             47.000                         4.384
Milan-Sampdoria   31.575                             18.000                        13.575
Milan-Udinese       33.188                             25.000                         8.188
Milan-Lazio           30.212                             21.000                         9.212
Milan-Fiorentina     44.261                            37.500                          6.761
Milan-Genoa          34.848                            26.000                          8.848
Milan-Roma           37.987                            31.000                          6.987
Milan-Atalanta        34.187                           24.000                          10.187
Milan-Verona         30.953                            21.000                           9.953
Milan-Torino           35.200                            22.000                          13.200
Milan-Bologna        29.631                            18.064                          11.567
Milan-Juventus       75.589                             71.000                         4.589
Dato medio di spettatori in più secondo il Milan: 8.878

N. B.: spettatori effettivi approsimati di 250 per eccesso o difetto

Curve ridotte, no dell'Uefa
Euro 2020: Roma candidata

L'Uefa non vuole barriere, per "loro-spiega Malagò-dovrebbe essere consentito spostarsi dalle curve quasi sino in tribuna d'onore": per questo il progetto delle curve ridotte, o segmentate, presentato dalla task force, dovrà essere rivisto. Non si potrà fare in stadi di squadre impegnate nelle Coppe europee: quindi l'Olimpico di Roma, a Firenze, a Napoli, a Torino (Juventus Stadium), forse a San Siro (se Inter o Milan si qualificano). Si potrà fare eventualmente in altri stadi. Lo ha spiegato oggi Malagò al termine della Giunta Coni. Verrà privilegiato quindi il riconoscimento audiometrico (la Roma farà dei test) per individuare chi fa cori razzisti o lancia pertardi o espone striscioni vergognosi.

Euro 2020 di calcio: Roma candidata, Milano non ha i requisiti (e rischia di perdere anche la finale di Champions 2016, come da noi anticipato). L'Uefa ha deciso che l'edizione 2020 degli Europei diventi itinerante: dovrebbe essere ospitata in 13 Paesi. La decisione verrà presa il 19 settembre di quest'anno. La Figc ha presentato il dossier. Abete ha fiducia: "L'Olimpico ha le carte in regola". Il Coni intanto il 7 maggio presenta il nuovo logo, che porterà più soldi da marketing e merchandising (previsti anche Coni Point), mentre entro luglio nasce anche il nuovo sito del Comitato olimpico, sicuramente più moderno. Continua l'indagine intanto sulla Federazione hockey su prato, a seguito dell'esposto di Sergio Mignardi. E continua il (lungo) commissariamento della Fise (Federequitazione). Il premier Matteo Renzi non ha ancora incontrato Malagò, che si è visto già con molti nuovi ministri: lo farà dopo aver nominato, nei prossimi giorni, il referente per lo sport. Nessuna decisione intanto della Giunta Coni in merito ai contributi alle federazioni (qualcuno vorrebbe togliere qualche decina di milioni alla Figc ma Abete è un osso duro...) e alla fusione fra alcune Federazioni e discipline sportive associate. Il 15 aprile ultima riunione della commissione-Buonfiglio: presenti anche Malagò e Roberto Fabbricini. Antidoping: integrata la lista Cca con la nomina del professor Sergio Amadori. Malagò è soddisfatto deli lavoro delle strutture antidoping del Coni, "e da parte mia nessunissima ingerenza". Infine, Roma 2024: la rivale più pericolosa, se Roma si candida, potrebbe essere una città Usa.

Champions League 2014, il Chelsea di Mourinho corre ancora. Anche sul Web

L'impresa dei Blues, oltre a mortificare gli sceicchi del Psg e i loro milioni, permette al tecnico portoghese di avvicinarsi alla storia e di diventare lo Special One anche dei social network

Alla fine arriva sempre lui, Josè Mourinho. Il trionfo del tecnico portoghese è totale: vince in campo dove il suo Chelsea completa la remuntada ai danni del Paris Saint Germain e lontano dall’erba di Stamford Bridge, prendendosi la scena in tv e su Twitter, dove per ore è stato stabilmente tra i trends topics dopo il triplice fischio che ha spedito i Blues in semifinale diChampions League. Lo Special One conquista così l’ottava qualificazione alle semifinali in undici anni. Non era mai successo a nessun allenatore. Per Mourinho è un titolo di cartone, quello che ha veramente in testa è un altro: vincere la terza Coppa Campioni con il Chelsea vorrebbe dire entrare nella storia del calcio come il primo allenatore capace d’alzare il trofeo con tre squadre diverse.

Eppure già nel 2-0 al Psg di Laurent Blanc, uscito tatticamente distrutto dal doppio confronto con gli inglesi, c’è tutto il meglio dell’ex tecnico dell’Inter. La carica ai suoi dopo il 3-1 dell’andata (“Siamo a solo a metà strada, possiamo farcela”), la parte tecnica (nel finale ha schierato quattro punte e i gol qualificazione portano la firma di Schürrle e Demba Ba, entrambi buttati nella mischia a partita in corso), la stilettata all’eterno rivale Benitez (“Con questo gruppo lo scorso anno era inEuropa League e a 20 punti dal primo posto in Premier”) e dopo il trionfo le battute furbe in perfetto italiano per far rimbombare l’eco dell’impresa (“I cambi? Ho avuto culo”). E infatti Mourinho rimbalza ovunque.

Su Twitter, soprattutto, dove da ieri sera non si arresta l’onda celebrativa in versione 140 caratteri. Fan dell’Inter che si chiedono se il loro cuore batta per i nerazzurri o per il portoghese, l’exMaterazzi che lo definisce “Simply the best”, utenti che sottolineano come la partita abbia dimostrato che tra “Mourinho e Blanc c’è ancora una categoria di differenza che gli assegni degli sceicchi non coprono”: sul popolare social network è scoppiata la Special One mania. Così la rimonta riuscita a Mourinho oscura e inghiotte la quasi-rimonta del Borussia Dortmund ai danni del Real Madrid. I tedeschi sono arrivati a un soffio da una vittoria che, calcisticamente parlando, sarebbe stata ancor più clamorosa del ribaltone del Chelsea. Dopo il 3-0 subito al Santiago Bernabeu, il Borussia ha fatto tremare i Blancos di Carlo Ancelotti fino al 90esimo.

La squadra spagnola, affondata due volte da Mario Reus nella prima mezz’ora di gioco, è stata salvata dalle parate di Casillas e dal palo che ha detto no all’affondo di Mkhitaryan. Per il Real si tratta della quarta semifinale consecutiva, una continuità tutt’altro che scontata nella massima competizione europea. Sarebbe il risultato del giorno, da celebrare in prima pagina, se a Londra non ci fosse stato un portoghese eternamente diviso tra genio e fortuna a cancellare il tutto. Stasera si completa il quadro con Bayern Monaco-Manchester United e il derby spagnoloAtletico-Madrid Barcellona. Ma a me di clamorose prestazioni c’è una squadra che emotivamente arriva in semifinale con un passo in più, racchiuso nella corsa del suo allenatore verso il mucchio di giocatori che esultavano dopo il gol-qualificazione arrivato all’86esimo. E Mourinho, che non ha mai fatto mistero di quanto conti la fortuna per vincere la Champions, avrà anche buttato un occhio a una tradizione degli ultimi anni che lega la vincente del trofeo alla nazione che ha ospitato la finale precedente. Nel 2009 si giocò a Roma e l’Inter vinse nel 2010. Il trionfo nerazzurro si celebrò inSpagna e nel 2011 ha vinto il Barcellona. Ancora: nel 2011 si giocò a Wembley e la stagione seguente toccò al Chelsea alzare la coppa dalle grandi orecchie. I Blues allora guidati da Di Matteoesultarono in Germania e lo scorso anno ha vinto il Bayern Monaco. Dove? In Inghilterra. Se stasera il Manchester United non compie l’impresa contro i campioni in carica, il Chelsea sarà l’indiziato numero uno. Per la cabala, certo. Ma anche per quell’uomo “special” che lo guida dalla panchina e vuole scrivere il suo nome nella storia del calcio mondiale. “Appena un gradino sotto Dio”, direbbe lui.

Stadi, ecco cosa cambia
Nasce la fidelity card

La Task Force del Viminale, voluta dal ministro Angelino Alfano e coordinata dal prefetto Vincenzo Panico, ha lavorato sodo sino al 17 marzo. Ora è pronto un pacchetto di misure. Oltre all'Osservatorio e alla forze di polizia, hanno fatto parte della Task Force anche il Coni, la Figc (con il dg Antonello Valentini) e le tre Leghe professionistiche. Erano stati gli stessi club di serie A a chiedere aiuto al ministro Alfano e al capo della polizia, Pansa. Sono stati accontentati. Il pacchetto sarà presentato domani pomeriggio al Viminale. Ora le società hanno gli strumenti per rendere gli stadi più civili e dovranno presentare progetti credibili. L'Osservatorio non obbligherà nessuno ma farà in modi di vigilare sui comportamenti dei club che dovranno dare sempre più importanza al supporter liaision officer (slo), il dirigente che si occupa della tifoseria. Molte cose cambieranno la prossima stagione, e speriamo in meglio perché questa è stata (è) veramente disastrosa. Anche la Figc farà la sua parte: Giancarlo Abete ha già promesso che saranno riviste a fine campionato le norme sul razzismo e sulla discriminazione territoriale, norme di difficile se non impossibile applicazione. 

Ma ecco cosa cambierà, dovrà cambiare, il prossimo anno: innanzi tutto la tessera del tifoso si trasformerà in una vera tessera per il tifoso, una fidelity card, non più uno strumento che ha reso la vita difficile a chi voleva andare allo stadio. Non verrà abolita (purtroppo) la tessera del tifoso, perché ci vorrebbe un provvedimento di legge, ma trasformata radicalmente. Bisognerà vigilare però sui club che se ne facciano davvero carico. Sarà più facile acquistare i biglietti, on line o attraverso gli smart phone. Inoltre i tagliandi saranno messi in vendita anche all'ultimo momento, e ci sarà più attenzione alle trasferte (ora disertate quasi in massa). Non ci saranno più gli episodi successi quest'anno con i padri che non potevano portare i figli (minorenni) allo stadio: la fidelity card non più sarà richiesta per gli under 14. Inoltre via libera a chi vuole portare allo stadio un amico. Molte lamentele (giustificate) dei tifosi per il caro-biglietti, ultimi nei confronti del Chievo. Da elogiare la Lega di A che ha stabilito prezzi bassi, i più bassi degli ultimi quattro anni, per la finale di Coppa Italia fra Napoli e Fiorentina: dai 20 euro delle curve ai 90 delle tribune. Si parlerà anche del Daspo: uno strumento cui il Viminale non vuole rinunciare. Ma, attenzione: non più a pioggia come successo sinora, quando tanti provvedimenti, per carenza di motivazione, venivano poi annullati dai Tar. Maggiore attenzione quindi da parte di alcune questure: il Daspo non serve per fare le statistiche. Verrà intensificato il lavoro degli stewards, soprattutto nelle curve: hanno gli strumenti di legge per intervenire. I club maggiori (vedi Juve, Milan, Inter, Roma, eccetera) potranno suddividere le curve in mini-settori in modo da individuare più facilmente chi fa cori razzisti o espone striscioni vergognosi. A proposito: la questura di Torino non è riuscita ad andare avanti nell'inchiesta sui tifosi (circa 200?) che avevano fatto cori antisemiti. Probabile quindi che il giudice sportivo non prenda alcuna decisione. Anche la polizia farà la sua parte, non solo i club: prevista maggiore attenzione nel filtraggio. Adesso entrano troppi petardi, proibiti oltre che pericolosi: i tifosi li nascondono nei panini, o nella biancheria intima. A volte vengono utilizzate donne o addirittura bambini (che vergogna) per cercare di eludere i controlli. In futuro, più attenzione ai tifosi per bene. Un primo passo avanti, che va poi verificato nella sua attuazione. Ma i tifosi chiedono altro, chiedono nuove norme e più attenzione: venerdì 11 una delegazione di ultrà di varie città parlerà con alcuni esponenti di partiti politici.

Serie B a 20 squadre dal 2015-'16? Abodi lo spera
Andrea Abodi è per il dialogo (costruttivo): il n.1 della Lega di serie B, attivissima su vari fronti, adesso ha intavolato un discorso con la Lega di A, dopo tanti anni di silenzi. Un passo avanti. Argomento, riforma dei campionati. Logica vuole che la A debba scendere da 20 a 18, la B da 22 a 20 (meglio ancora sarebbe 18). In A ci sono resistenze, e non sarà per niente facile. Il presidente Maurizio Beretta aveva parlato di una sola retrocessione diretta, con la seconda ai playoff. Alcuni presidenti sono perplessi, temono di perdere i soldi dei diritti tv. In B invece c'è la convinzione che si debba passare a 20. Quando? Il più presto possibile. Abodi spera quindi dal 2015-'16, ma va trovato l'accordo con la A in fretta. C'è ancora un braccio di ferro invece fra Lega di B e quella Pro: argomento, i soldi dei diritti tv. Deciderà il Tnas, questa estate. Non è stato possibile mettere d'accordo le due parti, troppo lontane. Nemmeno Abete c'è riuscito.

Socrates, colpi di tacco e impegno civile: il Dottore del popolo

Mimmo Calopresti ripercorre in un film la vicenda sportiva e umana del fuoriclasse. La vera democrazia nel Corinthians, in cui tutto veniva messo ai voti, l'impegno politico che, contemporaneamente, viene testimoniato anche nel libro "Calciatori di sinistra". E la profezia: il Mondiale in Brasile sarà una vergogna organizzativa

ROMA - "Vorrei morire di domenica, mentre il Corinthians diventa campione". Socrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira è stato l'uomo più fortunato del mondo: ha avuto la fine che sognava. Se ne è andato il 4 dicembre del 2011. Una domenica. Mentre il Corinthians diventava campione pareggiando 0-0 con il Palmeiras. Tutta la squadra, a centrocampo, spese il minuto di silenzio per la sua stella d'una volta con le lacrime agli occhi e con il pugno chiuso verso il cielo, il gesto che un tempo era stato del Dottore. 

Dottore era davvero, Socrates, lo aveva scritto sulla cassetta della posta anche durante il suo periodo da calciatore: pediatra. Colpi di tacco e impegno civile, 37 di piede e una delle menti più aperte del Brasile. Mentre il Paese faceva i conti con il governo autoritario del regime militare, Socrates sperimentava nella sua squadra il significato della parola Democrazia. Tutto veniva messo ai voti: ritiri, orari di allenamento, quali calciatori vendere o comprare. E sulle proprie maglie il Corinthians affermava con dei messaggi la necessità che quell'organizzazione micro sociale venisse estesa all'intero Paese. 

Il pugno destro sollevato verso il cielo. Chiuso. Rosso. La fascia tra i capelli con un scritta che predica giustizia. La maglia della nazionale brasiliana. Socrates è ritratto così sulla copertina di un bel libro uscito da qualche giorno in Italia, "Calciatori di sinistra" (Isbn edizioni, 251 pagine, 21 euro), scritto dallo spagnolo Quique Peinado e tradotto da Giovanni Dozzini. Un volume che racconta le incursioni dei calciatori nella politica, oggi sempre più rare, ma un tempo testimonianze forti, vere, a volte dalle conseguenze dolorose. Un libro che rinuncia alle suggestioni facili, dal tatuaggio di Che Guevara sul braccio di Maradona al ribellismo di Eric Cantona. Queste cose non ci sono. C'è invece, in molte pagine, il capovolgimento di vicende che parevano certezze, come il presunto marxismo del tedesco Breitner o la partecipazione del portiere svedese Hellstroem alle manifestazioni delle Madri di Plaza de Mayo durante i Mondiali d'Argentina. Forse le pagine più belle sono proprio quelle legate al 1978, alle testimonianze sul disimpegno e sull'indifferenza che circondarono la Coppa del Mondo organizzata da Videla. E poi gli italiani, certo: le vite di Sollier, Lucarelli, Zampagna. 
Socrates, colpi di tacco e impegno civile: il Dottore del popolo


Curiosa e sorprendente è la coincidenza dell'uscita di questo libro con il lavoro di Mimmo Calopresti, sceneggiatore, attore e regista, spintosi in Brasile sulle orme di Socrates, per raccogliere tracce della sua missione sociale e della sua eredità. Ne è nato un documentario, scritto da Marco Mathieu, dal titolo "Socrates, uno di noi". 

Calopresti racconta l'irripetibile parabola di un fuoriclasse, il fascino che ha esercitato sulle generazioni successive, l'amore che in Brasile circonda il suo nome. E' stato a girare nei suoi luoghi, tra la sua gente. E mette in evidenza il contrasto del Socrates brasiliano con quello che vedemmo in serie A nel campionato 1984/85, quando venne a giocare con la Fiorentina. Una personalità a cui l'Italia impedì di esprimersi fino in fondo. 

La versione televisiva del documentario è completata. Sarà venduta sul mercato internazionale ed è probabile che sia mandata in onda prima dei Mondiali. Intanto Calopresti lavora a una versione che possa avere una sua distribuzione nelle sale. A proposito dei prossimi Mondiali, resta da tenere a mente la seconda profezia fatta da Socrates, pure questa riferita nel libro "Calciatori di sinistra". Disse: "Il Mondiale 2014 sarà una vergogna in termini organizzativi, e in finale arriveranno Argentina-Brasile, vinceranno i primi 2 a 0, con due gol di Lionel Messi". 

Il piano della Task Force
Club, spalle al muro

 

La task force del Viminale ha quasi concluso i suoi lavori: mercoledì 19 marzo è prevista l'ultima riunione, poi i risultati di quattro mesi di lavori verranno consegnati al ministro dell'Intero, Angelino Alfano. A fine marzo o al massimo ai primi di aprile saranno resi pubblici e dalla prossima stagione verranno applicati negli stadi che, si spera, saranno un po' più civili. Per la prima volta i club di calcio saranno messi di fronte alle loro responsabilità: ci saranno delle regole e l'Osservatorio controllerà che vengano rispettate. Una svolta. Alfano ha voluto questa task force, l'ha promessa ai presidenti di serie A e ne ha affidato il coordinamento al prefetto Vincenzo Panico, capo della segreteria del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Della task force fanno parte, oltre naturalmente all'Osservatorio e agli altri Corpi (carabinieri e finanza), anche gli organismi sportivi. C'è stata piena collaborazione con il Coni, la Figc (rappresentata dal suo dg, Antonello Valentini) e le tre Leghe professionistiche. Ora siamo arrivati a tirare le fila. Un lavoro importante, quantomai necessario. Uno dei concetti base venuto fuori in queste riunioni è che i club di calcio dovranno assumersi una maggiore responsabilità. Il presidente Andrea Agnelli, uno dei pochi che ha il coraggio di dire quello che pensa, ha chiesto l'aiuto dello Stato, "perché le società da sole non ce la fanno". Vero, ci vorrà, almeno da parte di alcune questure sinora poco attente e attive sul fronte-stadio, una maggiore collaborazione: ma non dimentichiamo che il Viminale, anche il Viminale, deve fronteggiare una situazione non facile, la spending review ha toccato anche il sistema-sicurezza (anche se qualcuno la nega). I poliziotti di servizio la domenica negli stadi sono sottratti da altri servizi sul territorio, e molto spesso non vedono un euro di straordinario. I club sono chiamati quindi a mettere in campo professionalità e organizzazione, cose che in passato a volte sono mancate. A tagliare tutti i ponti (cosa non sempre successa) con la tifoseria più violenta, con chi insulta, con chi minaccia (vedi i Drughi). I club saranno chiamati dalla prossima stagione a stringere rapporti più saldi coi tifosi perbene, che sono la stragrande maggioranza, stufi di pagare l'abbonamento e di essere costretti magari a starsene a casa perché la curva è stata chiusa per colpa di chi (e purtroppo non sono pochi) fa cori razzisti, antisemiti e di discriminazione territoriale, o porta nello stadio striscioni vergognosi. La Figc ha promesso di rivedere le sue norme, a fine stagione: ma da rivedere soprattutto c'è il comportamento di certi idioti, che vanno isolati. A Torino, ad esempio, un tifoso viola ha mostrato un foglio, che teneva nascosto, sull'Heysel, così come in precedenza tre tifosi juventini avevano offeso la memoria di chi aveva perso la vita nella tragedia di Superga. Questi idioti sono stati tutti identificati dalla Digos torinese (e puniti col Daspo) : perché i club non si costituiscano parte civile? Perché non chiedono i danni? Se non hanno la forza, il coraggio, se temono ritorsioni, allora la faccia la Lega di serie A che organizza il campionato. La task force chiederà alle società un cambio di marcia, maggiore responsabilità. 

Ma sono molte le cose, anche importanti, che usciranno dal documento conclusivo: a) nuove procedure di semplificazione per la vendita dei biglietti (ora, in molti casi, oltremodo penalizzante); b) ottimizzazione nell'impiego degli stewards (che hanno il potere di intervenire); c) segmentazione dei settori e delle curve per isolare chi espone striscioni infami o fa cori razzisti, eccetera. Sono state studiate anche forme di contrasto al razzismo e alla contraffazione dei marchi (basterebbe un decreto legge di poche righe, senza spese per lo Stato). La tessera del tifoso, purtroppo, resta: ma si farà in modo, almeno si spera, di renderla sempre più una fidelity card, una tessera che venga incontro al tifoso e non, come successo sinora in troppe circostanze, renda la vita complicata a chi vuole andare allo stadio (non parliamo poi in trasferta, non ci va quasi più nessuno). I club dovrebbero anche farsi carico del costo dei biglietti: 50 euro, prezzo minimo per gli ospiti, per Fiorentina-Juve di giovedì prossimo è troppo caro.

Sinora, preso da altri problemi, il premier Matteo Renzi poco, o nulla, si è interessato di sport, pur essendo uno sportivo (ex calciatore ed ex arbitro). Così come ha trascurato il capitolo sicurezza: al Viminale sono stati fatti i tagli, pretendere che sia solo la polizia a risolvere il problema dei nostri stadi, sovente specchio di una società degradata, è pura utopia. Se ne facciano carico, in futuro, anche le società di calcio, alleandosi con i tifosi civili, ora scoraggiati e costretti, a volte loro malgrado, a seguire la squadra del cuore solo in tv. Altrimenti è tempo perso parlare di stadi (mezzi) vuoti.

Financial far play
E ora Platini che farà?

"Non voglio ammazzare nessuno", ha confidato Michel Platini, stimatissimo presidente Uefa in corsa anche per la poltrona della Fifa. Fra un mese, o poco più, si capirà davvero se le sanzioni per chi ha sgarrato col 'financial fair play' voluto dall'ex campione juventino saranno severe. Platini ha avuto l'appoggio dell'Eca, European Club Association, sempre più potente. Ma il suo presidente, Kalle Rummenigge, si aspetta adesso che il Paris Saint Germain venga punito. Come noto, l'Uefa ha preso in esame i bilanci dei club che partecipano alle Coppe nel biennio 2011-'13: il deficit massimo consentito è di 45 milioni (più un bonus di 5, quindi in pratica 50 milioni). Escluse le spese considerate utili dall'Uefa (stadio, settore giovanile, eccetera): le posizioni dello Zenit San Pietroburgo e del Manchester City si potrebbe alleggerire. Ma per altri club la situazione è molto delicata: il Paris Saint Germain, ad esempio, usufruisce di una ingentissima sponsorizzazione, non consentita, dell'Ente del turismo del Qatar. Avrà il coraggio Platini di escluderlo dalle prossime Coppe europee? Per quanto riguarda i club italiani sono sotto esame le situazioni di Inter e Roma, che negli ultimi anni hanno chiuso in passivo e che in questa stagione non hanno fatto parte delle competizioni europee. La gamma delle sanzioni è vasta: si va, come detto, dall'esclusione dalle Coppe 2014-'15, sino allo stop dei contributi Uefa e al blocco del mercato (internazionale). Agli sceicchi dei Psg non farebbe certo paura se Platini non versasse più i contributi previsti dalle Coppe (una cinquantina di milioni di euro se vinci la Champions), ma un'esclusione non l'accetterebbero tanto volentieri. E si moltiplicherebbero le cause a livello internazionale. Ad aprile comunque sapremo.Brutte notizie dall'Europa per l'Inter: i nerazzurri hanno infatti problemi con i parametri del Fair Play finanziario e rischiano sanzioni da parte della Uefa qualora dovessero qualificarsi per le coppe internazionali

A spiegare la critica situazione nerazzurra è stato Paolo Ciabattini, autore del libro "Vincere con il Fair Play Finanziario" e grande esperto di calcio business, in un intervista a Sportmediaset: nell'analisi dell'esperto, proprio il club nerazzurro sono emersi come quello nella fase più critica considerando i periodi di monitoraggio tra il2012 e il 2015

L'Inter avrebbe una perdita aggregata relativa al primo periodo di monitoraggio Uefa (fino a giugno 2013) di ben 157 milioni: grazie ad alcune clausole tale perdita può essere ridotta a circa 67, superiore ma in modo non eccessivo ai 45 consentiti. In questo caso ci sarebbero sanzioni lievi.

Il problema è nel secondo periodo di monitoraggio, quando verranno monitorate le perdite relative alla stagione 2013/2014, che potrebbero ammontare a 79 milioni, per una perdita aggregata di quasi 150 milioni, quasi il triplo dei 45 consentiti. In questi casi, se si qualificassse per una Coppa europea, l'Inter rischia una o un mix delle seguenti sanzioni: blocco o cancellazione dei premi provenienti da competizioni Uefa, blocco del mercato calciatori per le competizioni Uefa,limitazione del numero di giocatori che il club può registrare per la partecipazione a competizioni Uefa.

JUVENTUS: SITUAZIONE AL LIMITE - Situazione decisamente migliore in casa Juventus: nei periodi di monitoraggio della Uefa, il club bianconero ha sostanzialmente rispettato i parametri Uefa, ad esclusione dell'ultimo nel quale la perdita aggregata s'aggira sui 55 milioni rispetto ai 45 permessi. La società dovrebbe quindi limare qualcosa entro giugno 2015 per non subire sanzioni, comunque lievi

MILAN: BILANCIO IN ATTIVO - La lunga opera di tagli e cessioni (come quelle eccellenti di Zlatan Ibrahimovic e Thiago Silva) ha risanato il bilancio in casa Milan: se a queste si unisce la politica di mercato di puntare ai parametri zero, il risultato è un bilancio in utile senza problemi di Fair Play Finanziario.

NAPOLI: SESTO ANNO IN ATTIVO - All'ombra del Vesuvio tutto va bene: nel 2013 il Napoli ha infatti chiuso in utile il bilancio per il sesto anno consecutivo. Sopratutto le cessioni di Ezequiel Lavezzi e Edinson Cavani hanno permesso al Napoli di realizzare diversi acquisti sul mercato e aumentare quindi il monte ingaggi senza incorrere in sanzioni Uefa

ROMA: RISCHIO DI SANZIONE MINIMA - La Roma ha una perdita aggregata nel primo periodo di monitoraggio di 92 milioni ma sottraendo stipendi e costi (35 milioni), lo sforamento rispetto ai 45 milioni consenstiti torna gestibile. Quest'anno non partecipa alle Coppe e quindi non è nella lente d'ingrandimento Iefa mentre per il prossimo il bilancio dovebbe permetre una perdita aggregata complesiva di 60 milioni sui tre anni con trend in miglioramento, La sanzione che potrebbe arrivare da parte della Uefa sarebbe quindi in ogni caso leggera

LAZIO: TUTTO A POSTO - Non sarà simpatico ai tifosi ma Claudio Lotito ha gestito in modo eccellente il club sotto il profilo finanziario e addirittura il prossimo bilancio - grazie alla cessione di Hernanes - tornerà ad essere in utile. Ovviamente, gli stessi tifosi sperano che insieme all'aspetto economico torni a sorridergli anche quello sportivo: in sostanza, i parametri Uefa sono più che rispettati, ora c'è da qualificarsi per una competizione Uefa

BIG D'EUROPA: TUTTE IN REGOLA. O QUASI - Per quanto riguarda le Big d'Europa, dal Real Madrid al Barcellona, dal Manchester United all'Arsenal, nessun problema, con parametri Uefa rispettati e spesso bilancio addirittura in netto utile grazie agli enormi fatturati. "Particolare" la situazione di Manchester City e Paris Saint-Germain, che hanno "ammortizzato" le spese grazie ad enormi contratti di sponsorizzazione che gonfiano la voce "entrate" ma chei arrivano spesso da società legate alla proprietà dei due club, per una sorta di "ripianamento illecito". Dal canto suo, la Uefa indaga e non a caso rappresentanti del Psg sono stati convocati a fine novembre a Nyon per chiarire alcuni particolari del bilancio societario della società biancorossoblù. In ogni caso tali "entrate" saranno rivalutate verso il basso e dovrebbero così portare i club ad una situazione tale da subire sanzioni più - Paris Saint-Germain - e meno - Manchester City - pesanti (senza arrivare all'esclusione dalle Coppe) da parte della Uefa. Proprio il modo in cui punirà i francesi definirà in termini importanti la credibilità della Uefa per quanto riguarda il Fair Play Finanziario

"Berlusconi sta pensando 
di vendere il Milan"

Bloomberg: mandato a Lazard
Fininvest smentisce
Il club varrebbe 688 milioni

Berlusconi vende il Milan? Cinesi, russi e sceicchi: ecco chi vuole il Diavolo

Dalla Evergrande Real Estate del Guangzhou di Lippi al sovrano di Abu Dhabi, fino ad arrivare agli oligarchi: è lunga la lista dei possibili compratori della società rossonera. Anche se il Cavaliere smentisce

Milan sul mercato, alla fiera dell’Est. La notizia, nell’aria da tempo, è stata rilanciata ieri dall’autorevole agenzia finanziaria Bloomberg, che ha citato tre fonti sicure. La multinazionale americana, di proprietà dell’ex sindaco di New York, ha inoltre spiegato che il prospetto informativo per la vendita a potenziali clienti sarebbe già nelle mani della banca d’affari francese Lazard, la stessa che ha gestito il passaggio di consegne dell’Inter da Moratti all’indonesiano Erick Thohir, in affari con Mediobanca e con partecipazioni azionarie in Mediolanum. A sostegno della tesi di una imminente cessione del Milan (che Berlusconi oggi smentisce) ci sarebbe poi il recente ingresso in società di Barbara Berlusconi, autrice di cruenti tagli del personale e di un drastico ridimensionamento dei conti della società rossonera: le tipiche mosse da fare prima di vendere una qualsiasi società.

Secondo Bloomberg il valore del Milan si aggira intorno ai 600 milioni di euro, la cifra indicata dalla rivista Forbes che fa del Milan uno dei sei club calcistici di maggior valore. In realtà, come nel caso della trattativa per l’Inter, c’è poi da tenere in considerazione la situazione debitoria, che è abbastanza pesante. L’ultimo bilancio chiuso nel 2013 quasi in pareggio (meno sette milioni circa) ha mostrato come il Milan sia la società con il fatturato più alto in Italia. Il Diavolo infatti incassa 276 milioni di ricavi, così suddivisi: 140 dalle tv, 80 dal commerciale, 34 dallo stadio (con il progetto di rinnovare San Siro o di trasferirsi a Rho per aumentare le entrate in questo settore) e 22 da altri ricavi. Bisogna però considerare anche che il Milan ha il monte stipendi più alto, 180 milioni circa, e un’esposizione con le banche di oltre 250 milioni per debiti finanziari. Quest’ultima voce influirà molto sul prezzo di vendita. Se Fininvest ha prontamente smentito la notizia di Bloomberg come “ipotesi senza fondamento”, la multinazionale statunitense è parsa abbastanza sicura che l’era Berlusconi dopo quasi trent’anni sia oramai giunta al termine. E ha altresì indicato la provenienza dei nuovi padroni: l’Asia

CINA
Il nome caldo è quello è quello della Evergrande Real Estate, di proprietà del magnate Xu Jiayin, il quinto uomo più ricco della Cina con un patrimonio stimato intorno ai 6 miliardi. La Evergrande è proprietaria del Guangzhou, squadra di calcio salita agli onori della cronaca prima con i dispendiosi acquisti, come il brasiliano Conca, secondo per ingaggio solo a Messi, Ronaldo edEto’o, e poi con l’ingaggio del tecnico Marcello Lippi, con cui ha appena vinto il titolo e laChampions asiatica. Già lo scorso anno tramite gli uffici di Davide Lippi, figlio del ct campione del mondo con l’Italia nel 2006, procuratore ed ex uomo della Gea, erano iniziati i primi contatti tra rappresentanti di Berlusconi e Liu Yongzhuo, presidente del Guangzhou. L’ipotesi che voleva allora anche lo sbarco di Lippi senior come direttore generale del nuovo Milan cinese prende ancor più corpo ora che il tecnico ha annunciato il suo addio alla panchina del club. A chiudere il cerchio il fatto che la merchant bank Lazard, cui secondo Bloomberg la Fininvest avrebbe dato mandato per la vendita del Milan, aveva trovato come primi potenziali acquirenti dell’Inter proprio i cinesi dellaChina Railway Construction Corporation. Poi l’affare non andò in porto e arrivò Thohir

GOLFO PERSICO
Qui il nome più importante è quello dello sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan, sovrano di Abu Dhabi e presidente degli Emirati Arabi. Rumors in tal senso si registrano da almeno tre anni, e la notizia è stata rilanciata a ottobre dal Quotidiano Sportivo che ha raccontato di una intermediazione del deputato del Pdl Valentino Valentini nella trattativa. Il nome dello sceicco Khalifa è poi in questi mesi sulle pagine di tutti i quotidiani per l’affare Alitalia, dato che sembra imminente l’accordo con Etihad, compagnia aerea creata nel 2003 per regio decreto proprio dal sovrano di Abu Dhabi. A questo punto l’ingresso di Khalifa nel mercato italiano sarebbe duplice: aeri e pallone. Gli interessi di Abu Dhabi nel calcio poi sono già avviati dal momento dell’acquisto nel 2008 del Manchester City da parte dello sceicco Mansour, membro della famiglia reale e imparentato col sovrano Khalifa.

Le altre ipotesi nel Golfo guardano al Qatar e a Dubai. Per quanto riguarda il Qatar, il referente sarebbe lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, già entrato in maniera pesantissima nel calcio con l’organizzazione dei Mondiali del 2022 e con l’acquisto del Psg, cui il Milan ha venduto Ibra eThiago Silva all’inizio dell’operazione di ridimensionamento. Inoltre, Al Thani è anche padrone di Al Jazeera, potentissimo network televisivo che ha sua volta fatto l’ingresso nel calcio acquistando parte dei diritti tv della Champions e che secondo alcune fonti sarebbe anche in procinto di creare joint venture con Mediaset (magari proprio in ambito calcistico con Mediaset Premium) e con la galassia di telecomunicazioni spagnola in cui lo stesso Berlusconi ha interessi. L’ultimo nome è quello dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, sovrano di Dubai e padrone della compagnia aerea Emirates, che sponsorizza Arsenal, Real Madrid, Psg e diverse altre squadre, tra cui lo stesso Milan cui versa decine di milioni l’anno.

RUSSIA
Infine c’è sempre la possibilità del soccorso di Putin, dalla Russia con amore per salvare il suo antico sodale Berlusconi. Il nome più ricorrente è sempre stato quello della compagnia di estrazione del gas naturale Gazprom. Il colosso parastatale – capace di incidere sui destini geopolitici del globo – si diletta anche con il calcio, possedendo lo Zenit San Pietroburgo, sponsorizzando a cifre fuori mercato, quasi da proprietà mascherata, i tedeschi dello Schalke 04 e continuando ad essere uno dei main sponsor della Champions League. Altrimenti ci sarebbe l’oligarca Oleg Vladimirovich Deripaska, con patrimonio di circa 8 miliardi che è ceo di En+ Group (energia) e di Rusal (la più grande compagnia al mondo nella produzione di alluminio). Infine un nome abbastanza curioso, quello di Uralchem, multinazionale di fertilizzanti chimici con ragione sociale a Cipro e sede a Perm. Nel 1994, l’anno della grande discesa in campo berlusconiana, la Uralchem decide di fondare una squadra di calcio: l’Amkar Perm. Per questo chiede l’aiuto di Berlusconi, che tra le altre cose invia un kit di maglie rossonere preso dalla fornitura per il Milan. Da allora l’Akmar, che oggi gioca nella Russian Premier League, ha le maglie rossonere. Se fosse la Uralchem ad acquistare il Milan, almeno i tifosi avrebbero una certezza: non cambierebbero gli storici colori sociali del club.

Basket, Monte Paschi mette in crisi anche Mens Sana: a rischio iscrizione in A

La società che ha vinto gli ultimi 7 scudetti è stata posta in liquidazione e l'assemblea dei soci non ha approvato il bilancio per una perdita di oltre 5 milioni. Ora c'è un liquidatore ed è iniziata la corsa contro il tempo

La squadra vincitrice degli ultimi 7 scudetti del campionato italiano di basket rischia di non potersi iscrivere al prossimo campionato di Lega A. La Mens Sana Basket è stata infatti posta in liquidazione lo scorso 21 febbraio: l’assemblea dei soci non ha approvato il bilancio chiuso al 30 giugno 2013 poiché è stata rilevata una perdita pari a 5,4 milioni di euro. Il consiglio d’amministrazione della società (per l’87% in mano alla Polisportiva Mens Sana 1871 e per l’11% alla Fises) è decaduto ed è stato nominato un liquidatore: a traghettare la società per i prossimi mesi sarà Egidio Bianchi, ds della Virtus Siena (squadra di serie C regionale) e membro della deputazione amministratrice della Fondazione Mps. La corsa contro il tempo è iniziata: “La soluzione e le risorse – taglia corto l’assessore comunale allo sport Leonardo Tafani – devono essere messe in campo prima della fine della stagione: chi ha idee o progetti veri alzi la mano”. I conti della Mens Sana erano finiti nell’occhio del ciclone già nel 2013 a seguito dell’indagine delle Fiamme Giallesulla gestione del trattamento economico dei giocatori. Le difficoltà della Mens Sana sembrerebbero legate a aspetti economici e non finanziari: “Nessun debito nei confronti di banche o fornitori – precisano dalla società al fattoquotidiano.it – e nessun decreto ingiuntivo notificato”.

Nei giorni scorsi la Mens Sana ha anche ricevuto la visita della Comtec, la commissione che verifica l’equilibrio economico-finanziario delle squadre ha rilevato la regolarità di tutti gli adempimenti richiesti fino a oggi, “compresi contributi e stipendi”. La crisi della società sarebbe da imputare soprattutto al progressivo disimpegno del Monte dei Paschi, sponsor principale dal 2000 a oggi: un binomio che ha permesso di raggiungere importanti traguardi. Le difficoltà del gruppo Mps hanno avuto conseguenze importanti sulla palla a spicchi senese: “La banca ha avuto un atteggiamento tipico di chi ha paura: i suoi esponenti si sono chiusi e irrigiditi nel perimetro di piazza Salimbeni” ha dichiarato il presidente della Mens Sana Piero Ricci. “La crisi mondiale che ha coinvolto l’economia non era prevedibile – sottolinea la società in un comunicato – e di conseguenza non era prevedibile il verificarsi di un cambiamento così improvviso dei rapporti tra Banca e Mens Sana Basket”. Il contratto di sponsorizzazione scadrà il prossimo giugno e le strade molto probabilmente si divideranno.

Negli ultimi anni Siena è stata la capitale del basket italiano e assoluta protagonista in Europa: i tifosi senesi (4mila gli abbonati) adesso temono di piombare in un incubo. Cosa accadrà alla pallacanestro locale? “E’ ancora presto per fare valutazioni sul futuro della società – ha dichiarato il liquidatore – La questione è assai complicata”. L’obiettivo prioritario resta l’iscrizione al prossimo campionato. La strada appare però in salita: l’articolo 130 del regolamento della Federazione Italiana Pallacanestro prevede infatti che a seguito della messa in liquidazione si arrivi alla revoca dell’affiliazione. Nei giorni scorsi è stato lo stesso presidente della Fip Gianni Petrucci a ribadire che tale regola non può essere affatto derogata e che non saranno concesse scorciatoie. Tafani evidenzia la posizione “fin troppo rigida” della Fip ma chiede, nel rispetto delle regole, che non venga preclusa alcuna strada “per salvare la pallacanestro professionista a Siena”. La partita decisiva per il futuro della Mens Sana si giocherà fuori dal parquet.

Scommesse sul calcio by Rcs: fuorilegge i patron di Juve, Fiorentina e Toro?

Andrea Agnelli, Diego Della Valle, Urbano Cairo hanno partecipazioni nel gruppo editoriale che avvierà un portale per le puntate sul calcio. Partecipazioni che, in modo indiretto, arrivano anche a Berlusconi e Moratti. La legge sportiva: "I soci non possono agevolarle". Cesare Di Cintio (esperto di diritto dello sport): "C'è un vuoto normativo"

Può il presidente di una società di calcio fare affari con le scommesse sportive? La legge recita: “A dirigenti, soci e tesserati è fatto divieto di effettuare, accettare o agevolare scommesse con atti funzionali alla effettuazione delle stesse”. Gli esperti di diritto sportivo però sono “possibilisti” e parlano di vuoto normativo perché i regolamenti federali non lo vietano espressamente. In ogni caso, quando si tratta di business l’opportunità morale, specie in Italia, diventa semplice noia a cui dar peso relativo.

Prima del 27 gennaio scorso, tuttavia, il problema non si era mai posto. Poi è accaduto qualcosa:Rcs ha messo il tassello chiave che le mancava per rendere concreto e reale quello che fino a pochi giorni prima era solo uno dei tanti nuovi progetti allo studio dell’ad Pietro Scott Jovane, cioè l’avvio di un’attività di scommesse sportive a marchio Gazzabet da affiancare alla Gazzetta dello Sport. Alla fine del mese scorso, infatti, l’editrice del quotidiano sportivo e del Corriere della Serasi è comprata per 293mila euro la concessione statale per l’attività di commercio di giochi online.

E così oggi, il presidente della Juventus, Andrea Agnelli e il suo azionista di maggioranza, nonché cugino John Elkann, il patron della Fiorentina Diego Della Valle, e quello del Torino, Urbano Cairo, si trovano tutti assieme tra i soci di un’azienda, la Rcs, che sta per inserire tra le sue attività commerciali anche i giochi e le scommesse. E non sono i soli. A voler essere puntigliosi, al novero dei proprietari di squadre di calcio legati al gruppo editoriale, bisognerebbe anche aggiungere Silvio Berlusconi e Massimo Moratti anche se lo sono in modo molto blando. Il primo grazie alla partecipazione di famiglia in Mediobanca che di Rcs è ancora azionista di rilievo, il secondo tramite il filo sottile che passa per Pirelli fino ad arrivare alle holding che stanno in testa alla società degli pneumatici. Ma si tratta di quote davvero infinitesimali. Lo stesso non si può dire del peso di Elkann, Della Valle e Cairo sulla casa editrice (e ormai anche di scommesse). Nel mezzo Agnelli, che è socio del primo azionista di Rcs, Fiat, tramite la cassaforte della famiglia torinese di cui ha però una partecipazione decisamente inferiore rispetto a quella del cugino, pur condividendo con lui i consigli di amministrazione delle società che legano la Giovanni Agnelli & C alla casa editrice di Corriere e Gazzetta.

Senza contare che a vendere la licenza per le scommesse a Rcs, come riferiva nei giorni scorsi il quotidiano finanziario Mf, è stata Neomobile Gaming, una società di giochi che tra i suoi azionisti conta anche il figlio di Umberto Agnelli. Anche qui tramite una complessa catena di società che arrivano fino alla holding personale del presidente della Juventus. A districare l’eventuale conflitto d’interesse nella compravendita ci sta già pensando un’insolitamente solerte Consob, mentre la società editrice rispedisce le accuse al mittente mandando a dire che “i diversi accordi commerciali e di carattere partecipativo recentemente conclusi nei settori e-commerce viaggi e gaming sono relativi a iniziative in start-up del gruppo RCS e prevedono peraltro impegni economici non significativi”.

Resta il fatto che ora Rcs è titolare di una concessione per le scommesse datata 2011 e in scadenza nel 2020. Per partire, quindi, mancano solo gli accessori. Che piaccia o meno ai giornalisti della rosea già protagonisti di una levata di scudi alla sola idea di una perdita d’indipendenza e di credibilità del giornale che ha dato il là a scioperi delle firme e, soprattutto, alla mancata uscita in edicola il giorno dell’inaugurazione dei Giochi di Sochi, tra veleni e polemiche.

E il quadro che si prefigura per il futuro è piuttosto ambiguo, perché il presidente della Juventus insieme a Della Valle, Cairo e Moratti, sarà proprietario di quote azionarie di una società che fa soldi con le puntate degli scommettitori sugli eventi sportivi. Quali? Anche sulle partite della Serie A – sono gli stessi giornalisti della Gazza a lamentarsene -, quindi anche delle gare di Juventus, Fiorentina, Inter, Milan e Torino. Un circolo vizioso. Legale o no?

In tal senso, l’unico ostacolo all’operazione potrebbe derivare da un’interpretazione letterale dell’articolo 6 comma 1 delle Norme di comportamento della Figc. Vale la pena riportare integralmente il dettato di legge: “Ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore professionistico è fatto divieto di effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, anche presso i soggetti autorizzati a riceverle, o di agevolare scommesse di altri con atti univocamente funzionali alla effettuazione delle stesse, che abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC”.

La norma, quindi, non vieta espressamente a un presidente di un club di calcio di essere proprietario di quote di società di scommesse sportive. Al tempo stesso, però, il comma 1 dell’articolo 6 vieta a tutti i tesserati di “effettuare o accettare” puntate “direttamente o per interposta persona”. Agnelli e i suoi compagni di ventura in Rcs sono quindi fuori legge o, nel migliore dei casi, stanno approfittando di un vuoto normativo? Non la pensa così l’avvocato Cesare Di Cintio. “Al momento non esiste una legge che vieta il possesso di quote nelle società di betting e contemporaneamente di quote all’interno di società sportive – dice a il fattoquotidiano.it l’esperto di diritto dello sport – Non c’è un’incompatibilità di fondo, perché i bookmakers hanno interesse al corretto svolgimento delle gare, altrimenti ci perderebbe quattrini. Diverso, invece, il caso in cui due soggetti si accordano per alterare una partita e dopo vanno a scommeterci su”. Nulla di scandaloso, quindi. “Anzi – continua Di Cintio – potrebbe essere una cosa positiva, perché in tal modo le società avrebbero maggiore interesse affinché i match siano corretti e non combinati”. L’operazione per il legale non confligge con l’articolo 6 delle Norme di comportamento Figc. Il motivo? “Quella legge prevede il divieto per un tesserato, ma in questo caso si tratta di quote societarie e la società è una cosa differente dal singolo”.

Insomma, per l’avvocato si può fare. Ma è opportuno farlo? La vicenda sembra ripercorrere in qualche maniera la legge del 1957 sulla incandidabilità di chi è titolare di concessioni pubbliche. La Giunta per le elezioni del Parlamento, infatti, ha paradossalmente e più volte stabilito che non poteva essere parlamentare Fedele Confalonieri in quanto ai vertici operativi di Mediaset, permettendo al contrario la candidatura di Silvio Berlusconi poiché “solo” azionista di maggioranza della stessa azienda. A prescindere dai paragoni con la politica, nel caso di Gazzabet non si può non “ammirare” il carattere uno e trino di Andrea Agnelli, al tempo stesso presidente della Juve, socio di Rcs (quindi anche del maggior quotidiano sportivo nazionale) tramite la cassaforte di famiglia e azionista della società che ha appena venduto la licenza per scommettere al gruppo di via Solferino. Uno che quando gioca non perde mai.

Viva gli ultrà, abbasso le sentenze

Un inizio di campionato con una curva chiusa per razzismo. Una seconda squalifica, poi revocata. Una terza, sospesa grazie alla condizionale; una quarta, con pena raddoppiata dalla recidiva. Un primo appello, respinto. Un secondo appello, d'urgenza, a 24 ore dalla partita: respinto. Un improbabile e temerario tentativo di ricollocare parte dei tifosi delle curve chiuse in altri settori dello stadio: respinto, verosimilmente anche con una pacca sulle spalle e un invito a non esagerare con la fantasia.

In tutta questa tormentata vicenda, i dirigenti della Roma hanno parlato poco, esprimendo però concetti semplici, il più semplice dei quali è che il club si impegna da sempre contro il razzismo e che i cori anti napoletani alla base delle ultime sanzioni fanno parte più del folklore da curva che dell'intolleranza discriminatoria. È una teoria in cui evidentemente si crede molto, a giudicare dall'impegno, ai limiti dell'accanimento terapeutico, con il quale il club ha provato a evitare una punizione ampiamente annunciata dalle azioni degli ultrà per tutta la stagione. Invece di combattere i comportamenti, insomma, la Roma ha deciso di combattere le sentenze, come già - e con maggior fortuna, chissà perché - avevano fatto Inter e Milan. Una strategia legittima, per carità, opposta a quella della Juventus che aveva rinunciato ai ricorsi e varato la discussa operazione bambini. Ma non proprio in linea con quei richiami alla sportività, ai valori, alla correttezza, alla modernità con cui Pallotta intendeva targare il nuovo corso giallorosso. Provare a far rientrare dalla finestra - peraltro di lusso, ai piani alti del condominio stadio - la gente sbattuta fuori dalla porta non pare il massimo della coerenza: io ti faccio i cori razzisti fino a farti chiudere mezzo stadio, tu in cambio mi premi mandandomi in tribuna. Davvero una bella, geniale pensata per tenere buona la piazza. La stessa piazza che appena ripreso posto nella sua curva, dopo averla lasciata vuota in un paio di partite chiave per la stagione, farà di tutto per farla chiudere di nuovo. Magari sperando in un biglietto gratis nelle prossime coppe europee, quando sarà bellissimo poter insultare di nuovo a squarciagola qualcuno che non capisce la lingua. Auguri.

Mondiali 2022, stampa inglese: strage di operai in Qatar, già 400 immigrati nepalesi morti

L''Observer' anticipa i risultati di un'inchiesta di un'organizzazione per la difesa dei diritti umani. E secondo le previsioni, fino all'inaugurazione potrebbero perdere la vita in tutto 4 mila persone impegnate nella costruzioni degli stadi. Polemiche in Gran Bretagna per la prossima visita del principe Carlo a Doha

LONDRA - Sono già oltre 400 gli immigrati nepalesi morti in Qatar nei cantieri per i mondiali dicalcio 2022. Lo scrive il quotidiano britannico 'Observer', che anticipa i risultati di un'inchiesta della "Pravasi Nepali Co-ordination Committee", un'organizzazione per i diritti umani. L'elenco degli operai che hanno perso la vita è stato compilato utilizzando fonti ufficiali a Doha.

Quella che ormai è già una strage degli operai potrebbe in futuro assumere valori ancora più drammatici: come annunciato la settimana scorsa dall'''International Trade Union Confederation', fino all'inaugurazione dei Mondiali, tra otto anni, si temono 4 mila vittime. E i lavoratori più a rischio sembrano proprio quelli nepalesi, che rappresentano il 20% della manodopera usata per la costruzione degli stadi. Molti altri arrivano da India, Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka.
 

Le polemiche sono destinate ad acuirsi nei prossimi giorni, in occasione della visita del principe Carlo in Qatar. Il deputato laburista Jim Murphy ha scritto un intervento sul 'Guardian' in cui ha condannato la tragedia degli operai e ricordato che nessun lavoratore è morto nei cantieri per le Olimpiadi di Londra 2012.

Minala, 17enne della Lazio: “Ad agosto compirò 42 anni”. Ma è una bufala

Il calciatore, al centro delle polemiche per i dubbi sulla sua età, avrebbe confessato la verità a un sito del Senegal. Poi smentisce: "Falsità". La società di Lotito: "Vogliono gettare ombre sull'operato del club". E alla fine il portale che ha diramato l'intervista ammette l'errore

“In realtà non ho 17 anni, ho firmato subito il contratto per iniziare ad inviare soldi alla mia famiglia, rimasta in Camerun. Festeggerò i miei 42 anni nel mese di agosto, mi auguro che la Lazio continui a tenermi”. Questa sarebbe la confessione del centrocampista camerunese della Primavera della Lazio Joseph Minala riportata dal sito del quotidiano senegalese senego.com. Arrivato in Italia nell’agosto del 2012 alla Vigor Perconti, dopo un tesseramento lampo per un sol giorno alla Città di Fiumicino, Minala era finito presto nel mirino di Inter, Napoli e Udinese, ma nessuna delle società lo aveva tesserato proprio per i dubbi sulla sua reale età. Lo ha invece fatto in estate laLazio, aggregandolo alla squadra Primavera. Poi la sua convocazione in prima squadra per il derby di domenica – visto in tribuna – ha aperto il vaso di Pandora.

Sono bastate un paio di foto del ragazzo sui giornali perché si cominciasse a dubitare che fosse nato il 24 agosto 1996, come scritto sul suo passaporto camerunese e sulla sua carta d’identità italiana. Dopo le prime perplessità sollevate dal sito afrik-foot.com, si era scatenata anche la rete in scherzi e fotomontaggi che avevano infastidito il ragazzo, che su Twitter si era difeso, scrivendo:“Inviduosità è la debolezza dell’uomo e la gente d’anima povera quando essere in série A fa male agli altri vi voglio bn loool forza lazio”.

Interpellata sulla vicenda, la Lazio prima ha deciso di non rilasciare alcun commento, poi invece ha diramato un comunicato ufficiale: “La S.S. Lazio s.p.a., in riferimento alle notizie di stampa apparse in ordine sull’età anagrafica del calciatore Joseph Minala – si legge nella nota – conferma l’assoluta legittimità della documentazione depositata presso gli organi federali, denuncia l’ennesimo tentativo, da parte di ambienti ostili, di gettare luce sinistra sull’operato del club. Preannuncia sin d’ora ogni azione mirante a far cessare un tale comportamento nel rispetto dei tifosi e dei calciatori e – conclude il club di Lotito – si riserva di agire nei confronti dei responsabili per la tutela del buon nome della Società e del calciatore“. Anche quest’ultimo, poi, ha commentato la vicenda: “Ho preso conoscenza delle presunte dichiarazioni che sono state attribuite in un comunicato apparso sul portale senego.net nelle quali avrei confessato la mia reale età rispetto a quella risultante nei miei documenti – scrive Minala sul sito della Lazio - Si tratta di dichiarazioni false che mi sono state attribuite da soggetti che non conosco e nei cui confronti riservo ogni azione di danno”.

Prima della presa di posizione di calciatore e società, aveva parlato a Il Messaggero il direttore generale della Victor Perconti, la squadra che due anni fa ha tesserato il calciatore che allora risiedeva nella casa famiglia La Città dei Ragazzi. “Il ragazzo ha una struttura fisica imponente e può sembrare più grande, ma noi abbiamo appurato la sua situazione anagrafica – ha detto il dgVito Trobiani – La cosa più importante è il passaporto dal punto di vista del tesseramento, se non fosse stato così, la federazione ci avrebbe subito bloccato. Anche la Lazio ha a disposizione la nostra stessa documentazione, altrimenti non lo avrebbe potuto tesserare”. Sul caso è poi intervenuto il suo procuratore Diego Tavano, con un lapidario: “Sono solo illazioni, Joseph è sereno”.

Proprio nel febbraio scorso anno, quando alla Coppa d’Africa era scoppiato il caso di Mbemba, giocatore congolese con tre passaporti con tre date di nascita diverse, lo storico africano Peter Alegi aveva spiegato a ilfattoquotidiano.it: “La maggior parte delle volte, questa falsificazione dei documenti è intenzionale. Sia da parte delle federazioni, che puntano a vincere i tornei giovanili, sia da parte degli stessi giocatori, che puntano a fingersi più giovani per strappare contratti migliori con le squadre estere, soprattutto europee”. Poi ad aprile era esploso il curioso caso di Taribo West, con l’ex presidente del Partizan Belgrado Zarko Zecevic che lo aveva accusato di avere 12 anni più di quanto dichiarato sul passaporto, e di essere arrivato quindi all’Inter non a 23 anni bensì a 35 anni suonati.

Noto in Italia anche il caso di Luciano, giocatore brasiliano che quando arrivò al Chievo disse di chiamarsi Eriberto e di avere quattro anni in meno di quanti ne aveva realmente. Mentre tra ilazioni e sfottò, nel mondo del calcio è stata messa in dubbio l’età di diversi calciatori africani o sudamericani, il cui viso tradiva un’età che le prestazioni in campo mascheravano. O viceversa, il cui declino fisico lasciava stupefatti data la presunta giovane età. Persino Adriano Galliani un giorno si è lasciato sfuggire una mezza verità. “Ho conosciuto un grandissimo giocatore del Milan che aveva tre passaporti diversi. E non era certo l’unico – ha detto l’ad del Milan – Eppure, tutti quelli che usavano il passaporto più fresco, quello con l’età più giovane, hanno giocato fino a quarant’anni o quasi, come se fossero immortali”. Dove il riferimento è con tutta probabilità aGeorge Weah il liberiano vincitore del Pallone d’Oro all’età di 30 anni, dichiarati. Ora è il turno diJoseph Minala, con questi 25 anni che ballano tra i 17 riportati sul passaporto e i 42 che avrebbe confessato di avere a senego.com.

La svolta della vicenda, però, arriva dopo la pubblicazione del comunicato della Lazio, in cui la società minacciava azioni legali. Il sito del quotidiano Senego, infatti, riporta il link con la fonte da cui ha preso la presunta confessione di Joseph Minala. Si tratta di un pezzo apparso sul sito di satira calcistica Desinfos du Foot, un nome che è una garanzia. Già l’anno scorso infatti, Desinfos du Foot aveva lanciato la notizia della creazione di una super lega di campioni di calcio in Qatar, una bufala clamorosa nella quale era caduto il quotidiano britannico The Times rilanciandola come sua addirittura in prima pagina. Se erano già sufficienti le smentite del calciatore per ritenere l’intervista inventata, l’aggiunta della fonte originaria rende invece il caso una colossale boutade a cui hanno creduto tutti i principali media. Dati i precedenti citati nell’articolo, infatti, da Mbemba a Luciano, la falsificazione dei documenti dei calciatori non è una possibilità così remota.

Mediaset, il futuro passa dall’acquisto della Champions League in esclusiva

Il Biscione ha speso 700 milione di euro per strappare a Sky la massima competizione calcistica europea. Dietro la mossa, la possibilità di trovare un alleato

Mediaset Premium batte Sky Italia per un centinaio di milioni di euro: ne offre 700 per un triennio (2015-18) e s’aggiudica l’esclusiva per le partite di Champions League. A Sky resta l’Europa League. Poche righe, ecco, e la notizia è servita. Se non fosse più concitata, più intricata o, senza esagerare, quasi epocale. La famiglia Berlusconi trasmette un messaggio, per la concorrenza e per la finanza: il Biscione è pronto a sacrificare un pezzo (Mediaset Premium) per non rischiare di perdere il corpo intero. Questi 700 milioni di euro sono spropositati per l’attuale valore e le attuali capacità di Mediaset Premium: una televisione a pagamento che, con 2,2 milioni di abbonati e ricavi da mezzo miliardo di euro (410 mln a novembre 2013), viene sballottata dai capitali che i Murdochpossono investire su Sky Italia.

Questi 700 milioni di euro, un impegno pesante per un gruppo che ha tagliato 500 milioni di costi in due anni, servono a lanciare il vero modello spagnolo dei Berlusconi: l’alleanza con Telefónica, la multinazionale con sede a Madrid che già sta prendendo il controllo di Telecom Italia. Cosa c’entrano le telecomunicazioni con la televisione e le giocate di Lionel Messi? Telefónica e Mediaset sono azioniste di minoranza di Digital+ (o Canal+), il circuito spagnolo a pagamento: possiedono il 44 per cento di quote, 22 a testa, la maggioranza è di Prisa, la società editrice di El Paìs. Prisa vuole (e deve) vendere: il prezzo fissato è un miliardo di euro. Ma Mediaset e Telefónica possono trattare perché vantano il diritto di veto sui nuovi ingressi, il diritto di prelazione in caso di cessione e, soprattutto, Prisa ha bisogno di ristrutturare il debito e deve fare cassa. Cologno Monzese non attraversa un periodo entusiasmante, il mercato pubblicitario è stagnante e i canali generalisti vanno maluccio, e così Telefónica è il serbatoio che può introiettare liquidità per inglobare Digital+.

Un passo fondamentale per plasmare una società di comunicazione italo-spagnola, cioè Mediaset Premium e Digital+, che può spadroneggiare nell’Europa dei prodotti a pagamento: il Biscione prende fiato e Telefónica guadagna potere. Il debutto è in agenda prima di giugno e laquotazione in Borsa è ancora da valutare. Non è un segreto inviolabile che l’operazione Telefónica-Mediaset sia benedetta da Mediobanca, regista dei soci italiani che stanno consegnando Telecom agli spagnoli. Che c’entra Sky Italia? Un anno fa, stagione di larghe intesee patti di non belligeranza, Cologno Monzese invitava lo squalo Murdoch a studiare i conti di Mediaset Premium, a valutare uno scambio equo: Sky non ha ostacoli per la tv a pagamento, il Biscione conserva l’antico monopolio con Canale5 e sorelle. E faceva sorridere l’improvvisa amicizia fra Pier Silvio Berlusconi e Andrea Zappia, l’amministratore delegato di Sky Italia.

La sintonia ritrovata, e in particolare evocata dai Berlusconi e da Confalonieri, ha generato “l’inciucio” con il comodo baratto fra diritti per l’Europa League (Mediaset) e per la Champions League (Sky). Non è escluso che possa accadere per l’anno prossimo e, ancora, per il triennio che vede trionfante Mediaset. Il calcio non è soltanto un gioco, in questi scenari da miliardi sonanti, è un pretesto: un effetto, non una causa. A Sky Italia devono digerire la sconfitta e, ancora più delicato, scoprire la strategia dei rivali. A Mediaset vogliono accorciare i tempi per far esordire il sodalizio italo-spagnolo con Telefónica (e magari anche con i munifici arabi di Al Jazeera o i tedeschi di Rtl). C’è bisogno di un clima mite. Di una politica rilassata. E poi persino i Murdoch potrebbero affiancare l’impresa. Perché il calcio sarà fede, però il denaro non ha odore.

Calcio-spezzatino?
E non è ancora finita

Non c'è niente da fare, la battaglia contro il calcio-spezzatino è persa. Le pay tv, che tengono in piedi il Circo del pallone, vogliono partite tutti i giorni, a tutte le ore. E, fra anticipi e posticipi, adesso si gioca sempre. La giornata di campionato, a volte, inizia il venerdì per concludersi il lunedì. E aumentano le finestre: la Lega di Serie A ha previsto infatti che si giochi anche la domenica alle 18,30 (oltre alle 12,30, alle 15 e alle 20,45). Già programmate alcune partite: 23 febbraio 18,30 Juventus-Torino, poi 2 marzo Livorno-Napoli, 16 marzo Cagliari-Lazio. E nel nuovo contratto tv (dal 2015) ci sarà probabilmente anche una gara il sabato alle 15 (o 16) che fa comodo alle tv, anche per i diritti esteri, ma che penalizza chi al sabato pomeriggio lavora (vedi, ad esempio, i commercianti). Ma, come detto, è una battaglia persa. A presidenti fa comodo così, perché senza i soldi delle tv sarebbero in crisi. E i tifosi dovranno rassegnarsi. Un problema anche per la Rai, e per le sue trasmissioni della domenica, soprattutto quelle pomeridiane (Stadio Sprint e Novantesimo Minuto). Antonio Marano, leghista della prima ora, vicedirettore della Rai con molte deleghe (fra cui i diritti tv) ha rilasciato un'intervista a la Gazzetta che non è piaciuta solo a Malagò, che gli ha replicato in maniera piccata, ma nemmeno ai giornalisti di Rai Sport. Marano si è dimenticato, fra l'atro, di dire che Novantesimo e la Domenica Sportiva, superando quasi sempre il 10 per cento di ascolto, sono il fiore all'occhiello di una Rete, Rai 2, che è in piena crisi. Non solo: Novantesimo e la Ds hanno ringiovanito il target medio della Rai che è di 57-58 anni. Le due trasmissioni, affidate a Franco Lauro e Paola Ferrari, hanno un target intorno ai 50 anni, e sono molto ambite anche dal punto di vista pubblicitario. Ma questo, Marano non l'ha detto. La sua intervista ha suscitato le ire dell'Esecutivo Usigrai e del cdr di Rai Sport. Ecco il loro comunicato congiunto: "Come stanno realmente le cose? Come le racconta il vice direttore generale della Rai, Antonio Marano, o come le racconta il presidente del Coni, Giovanni Malagò? Crediamo sia urgente fare chiarezza, perché dal botta e risposta sulle pagine della Gazzetta dello Sport, emerge l'immagine di una Rai priva di una credibile politica di palinsesto ed editoriale sullo sport. E questo l'Usigrai lo denuncia da tempo. Ma del resto, il vice direttore generale Marano invece di fare autocritica per questa e altre gravi lacune e inciampi, preferisce scaricarne le responsabilità su presunti "privilegi" dei giornalisti. Ma di quali privilegi parla?
Ricordiamo a Marano che è un alto dirigente aziendale e quindi prima di criticare i suoi dipendenti sui giornali, delegittimandone la professionalità, farebbe bene a confrontarsi nei luoghi opportuni. Noi siamo pronti a farlo: così si chiarirà se il problema dello Sport in Rai sono i presunti privilegi dei giornalisti o le scelte editoriali e di palinsesto". L'intervista, credo, non ha giovato nemmeno al direttore di Rai Sport, Mauro Mazza, che ha iniziato un piano di rilancio per il canale tematico (Rai Sport 1 e 2), pur in un momento difficile. Ora vedremo se Marano sarà in grado di riportare in Rai i diritti della Champions... Per ora, intanto, si è scusato con Malagò il dg Gubitosi.

Moviola in campo? Attenti a Blatter...
Il 1 marzo l'Ifab, custode delle regole del calcio, parlerà di "moviola a bordocampo". E' la prima volta che succede, l'International Board non aveva mai voluto discutere di questo argomento. Nel 2006, Sepp Blatter disse:"Se ne può parlare fra 50 anni". Ma si sa che lui cambia idea in fretta, soprattutto quando deve difendere la sua poltrona. Il prossimo anno ci sono le elezioni Fifa: Blatter, classe '36, si ricandida per la quinta volta (è in carica dal 1998!) oppure mette un suo uomo di fiducia. Il pericolo per lui è Michel Platini: non è affatto escluso quindi che il dittatore svizzero studi qualche mossa a sorpresa. Ultimamente ha parlato di espulsione a tempo, in caso di simulazione. Ha introdotto la tecnologia per i gol-fantasma, chissà che non si convinca ad aprire anche alla moviola in campo (che Platini non vuole assolutamente) in cambio dei soldi delle tv. Attenti a Blatter...

LO SPROFONDO

2 PUNTI IN CASA CON LE ULTIME IN CLASSIFICA,SETTE PUNTI IN MENO RISPETTO AL DISASTROSO STRAMACCIONI,VOMITEVOLE SESTO POSTO CON LA 4A IN CLASSIFICA A 7 PUNTI E CON IL FIATO SUL COLLO DI BEN 4 SQUADRE. UNA PERSEPOLI SPORTIVA CHE CI RIMANDA AI RI-TARDELLI ED AGLI ORRICO DI MERDA.Nemmeno un illusorio 3-1 come quello ottenuto lo scorso anno con Stramaccioni, nella prima sconfitta casalinga dei bianconeri allo Juventus Stadium, avrebbe potuto oggi mutare i destini delle squadre. Mai nella storia dei campionati con 3 punti a vittoria le due squadre si erano incontrate con 23 punti di distacco, oggi diventati 26, e in campo questa differenza si è vista tutta: nel gioco, nella corsa, nei duelli individuali, nella voglia di giocare a calcio. E quando nella ripresa sotto di tre gol Mazzarri fa entrare l’argentino Botta e Conte risponde concedendo qualche minuto a Vucinic, oscuro oggetto del desideri del mercato interista che per arrivare a lui sembrava disposta a sacrificare Guarin, il suo miglior giocatore, ecco che si capisce che il derby d’Italia oggi non è unasfida ad armi pari. A dare una mano alla Juventus, che prosegue nella sua media punti record che la porterebbe oltre i cento punti, anche le altre contendenti che a febbraio decidono di mostrare i loro limiti, e aprire le loro piccole crisi.

Più che in crollo è un tracollo quello degli uomini di Benitez a Bergamo. Complimenti all’Atalanta, capace di sfruttare gli errori degli avversari, a partire dalla papera di Reina sul primo dei due gol dell’ex Denis, ma la figuraccia azzurra è imbarazzante. Va bene che Higuain, Hamsik e Jorginho sono lasciati a riposo in vista della semifinale di Coppa Italia di mercoledì, ma una squadra che punta in alto non può giocare così male. Se dopo due punti in tre partite è crisi – o fallimento di un progetto, come alcuni già lo definiscono – lo si scoprirà presto: sabato sera al San Paolo arriva ilMilan per un match che può rilanciare entrambe le squadre. Dello stop del Napoli non ne approfitta la Fiorentina, che nell’anticipo del sabato regala al Cagliari la prima vittoria da due mesi. Anche per il flop di Montella le responsabilità sono da dividersi tra il turnover e una certa supponenza nell’affrontare gli avversari.

Probabilmente la zona Champions è troppo lontana, ma il campionato di Verona e Torino (e del Parma, ovviamente) meriterebbe davvero il premio della vetrina europea. Gli scaligeri vincono con il suggello dell’anziano Toni (decimo gol), e annichiliscono le speranze del rivoluzionato Sassuolo, con il nuovo tecnico Malesani in panchina e sette nuovi giocatori in campo. I granata con il colpo del giovane Immobile rischiano invece di vincere a San Siro con il Milan, che trova il pari solo con la fortunosa sortita offensiva del difensore Rami e non certo grazie a un gioco che resta lento, macchinoso e prevedibile. L’infornata di mezzepunte sembra il canto del cigno di un allenatore stanco e incapace di adattarsi ai mutamenti del presente, piuttosto che la fresca idea di un giovane tecnico cui è data la possibilità di esprimere il proprio desiderio. A Seedorf è concesso osare, inutile fingere di.

Chi invece senza troppi fronzoli per la testa sta tenendo una media straordinaria è Reja: per il tecnico friulano, ancora imbattuto, sono undici punti in cinque partite. La “minestra riscaldata” rientrata alla Lazio per sostituire Petkovic, assiste in fase di mercato alla partenza del suo miglior giocatore e non si perde d’animo: dà fiducia al giovane talento Keita e ne viene ripagato con tre punti che valgono il contro-sorpasso sul Milan. Rossoneri che stasera potrebbero essere superati anche dal Genoa, che ospita la Sampdoria in un derby che tutta la città voleva giocare di sera, o anche nel tardo pomeriggio per non sovrapporsi alla fiera cittadina. Ma oramai in Italia – vedi la farsa di Roma-Parma – si dà per scontato che i calendari li debba fare Sky.

Juventus 59
Roma 50
Napoli 44
Fiorentina 41
Verona 35
Inter 33
Torino 33
Parma 32
Lazio 31
Milan 29

 CLASSIFICA 2012-2013 DOPO 22 GIORNATE

1. 600px Nero e Bianco (Strisce).png Juventus 49
Coppacampioni.png 2. 600px Azzurro con N cerchiata.png Napoli 46
Coppacampioni.png 3. Bianco e Celeste con aquila.svg Lazio 43
UEFA Cup (adjusted).png 4. 600px Nero e Azzurro (Strisce)2.png Inter 40
UEFA Cup (adjusted).png 5. 600px Bianco e Rosso (Croce) e Rosso e Nero (Strisce).png Milan 37
  6. 600px Viola con giglio Rosso su sfondo Bianco.png Fiorentina 36
  7. Azzurro e Rosso (Strisce).svg Catania 35
  8. Giallo oro e Rosso cremisi.svg Roma 34
  9. 600px Colori di Udine.png Udinese 33
  10. 600px Bianco e Nero (Croce) e Blu e Giallo (Strisce).png Parma 31

 

Derby-farsa per paura degli ultrà
la Nocerina esclusa dal campionato

Derby-farsa per paura degli ultrà la Nocerina esclusa dal campionato

Video Le immagini della partita della vergogna 
Foto Falsi infortuni - Esultanza sugli spaltiLE CONSEGUENZE SUL CAMPIONATO - L'articolo 53 delle Norme Organizzative Interne Federali (Noif), al comma 4 parla chiaro: "Qualora una società si ritiri dal Campionato o da altra manifestazione ufficiale o ne venga esclusa per qualsiasi ragione durante il girone di ritorno tutte le gare ancora da disputare saranno considerate perdute con il punteggio di 0-3 [...] in favore dell'altra società con la quale avrebbe dovuto disputare la gara fissata in calendario". Di conseguenza, i risultati ottenuti finora dalla Nocerina sono considerati validi: da domenica prossima (in calendario c'è Frosinone-Nocerina) invece scatterà quindi lo 0-3 a tavolino nei confronti dei campani. Ma c'è il rischio, se il ricorso fosse accettato, che le partite potrebbero essere in futuro recuperate in caso di ribaltone della condanna. Insomma, il derby "farsa" rischia di stravolgere ulteriormente la classifica.

 

LA PERSEPOLI

Sembra vicina la rottura tra l'Inter e RCS Sport, la concessionaria di pubblicità che fa capo al gruppo Rizzoli-Corriere della Sera. Lo rivela il sito calcioefinanza.it: tutto nascerebbe dai ricavi di Inter Brand s.r.l, la controllata di Internazionale Holding attiva nel settore merchandising e sponsorizzazioni, che nel 2013 ha registrato un utile di circa 4,2 milioni che è stato inferiore alle aspettative di budget perché penalizzato da due fattori, ovvero "lo slittamento rispetto all’esercizio precedente dei ricavi per la tournee post campionato di 2,7 milioni di euro nell’esercizio successivo a quello di riferimento (quindi 2013-14, ndr) in quanto le amichevoli sono state svolte a luglio e non nel mese di maggio come nel 2012".

L'attività di RCS Sport di vendita spazi promo-pubblicitari, poi, ha fatto registrare un decremento del fatturato del 13% circa rispetto alla stagione 2011-12. Si legge sul bilancio di Internazionale Holding: "Nel secondo semestre della stagione 2012-13 Inter Brand ha lavorato su una revisione della strategia commerciale con particolare riferimento ai ricavi da sponsorship e relativa analisi e benchmarking internazionale valutando la possibilità di intraprendere un percorso di internazionalizzazione di questa particolare zona di ricavo. I due nuovi sponsor acquisiti per la stagione 2012-13, Trenitalia/Frecciarossa e Lete, infatti sono frutto di contatti diretti del club e non di attività commerciale riconducibile all’agenzia RCS Sport. L’attuale rapporto contrattuale durerà fino al termine della stagione 2013-14 e un eventuale cambiamento strategico di questa area di business non potrà quindi avvenire prima della stagione 2014-15". Insomma, esistono tutti i presupposti per la fine dell'accordo. 

 

Cresce il volume degli affari dei maggiori club calcistici, con le solite note Real Madrid e Barcellona a recitare la parte del leone. Ma nella Football Money League del 2014, stilata come di consueto da Deloitte, ci sono novità di rilievo che testimoniano la cavalcata di club emergenti come il Paris Saint Germain. Quanto all'Italia, il Milan bastonato in Coppa Italia scopre di essere dietro la Juventus in una classifica che di recente l'aveva vista dominare tra i club italiani.

Gli analisti di Deloitte mettono in fila le squadre misurando la loro capacità di generare ricavi da "matchday", cioè legati allo stadio durante i giorni delle partite, dal settore commerciale (merchandising, sponsor e affini) e dalla vendita di diritti tv. Sono dunque escluse le plusvalenze da mercato. Al primo posto, nella stagione 2012/2013, si conferma il Real Madrid. Le merengues sono rimaste a bocca asciutta con José Mourinho, ma guardano tutti dall'alto di 518,9 milioni di euro di ricavi generati, in crescita dell'1,2%. Alle loro spalle il Barcellona si conferma a 482,6 milioni, ma il divario aumenta da 29,6 a 36,3 milioni.

Tolti i due club spagnoli, si registrano le vere novità, a cominciare dal Bayern Monaco. Il club bavarese ha sfruttato la campagna vittoriosa in Champions League, bissata con il successo domestico in Bundesliga e addolcita dalla coppa di Lega. Così ha spinto ancor più sui ricavi commerciali - settore nel quale è già forte - mettendo insieme una crescita

del fatturato di 35,5 milioni. A ciò si aggiungono 25,6 milioni aggiuntivi dai diritti televisivi, inclusi quelli Uefa legati alla Champions, e così la squadra ora affidata a Pep Guardiola butta giù dal podio il Manchester United: i bavaresi vincono contro i Red Devils per 431,2 a 423,8 milioni. Secondo gli esperti, però, lo United già quest'anno potrebbe rifarsi. Poco importa se il cammino in campionato, dopo il passo indietro di sir Alex Ferguson, è tutt'altro che esaltante: la nuova suddivisione dei diritti tv della Premier e l'allargamento dei partner commerciali potrebbe consentire già nel 2013/2014 di recuperare la posizione perduta, se non addirittura di insidiare il Barcellona.

Al quinto posto sale impetuoso il Paris Saint Germain. La corazzata di Ibra & co. è la prima squadra francese a entrare nella top five di Deloitte. Il Psg può contare su ricavi commerciali da 254,7 milioni, un record assoluto per la storia della Football Money League. Ma si tratta di una voce controversa, visto che il rapporto con il Qatar (proprietario del club attraverso la Sports Investments) è molto denso e ha già fatto storcere il naso ai puristi del fair play finanziario. In sostanza, molti accordi commerciali (con assegni generosi) sono riconducibili a società nell'orbita del Qatar, come la compagnia Emirates, con tanto di dubbi sulla loro natura di trasferimenti da parte della proprietà. Ciò detto, il Psg ha quadruplicato i ricavi dal giugno del 2011 - quando è passato in mani emiratine - e ora ne vanta ben 398,8 milioni.

Venendo all'Italia, la Juventus scala due posizioni e scalza il Milan a guidare la truppa tricolore. Per la Vecchia Signora la stagione 2012/2013 si chiude con ricavi a 272,4 milioni, che valgono il nono posto complessivo. La Juve ha potuto beneficiare dell'ultima campagna Champions: la Uefa ha girato oltre 65 milioni a Torino, la maggior fetta distribuita, perché le italiane a spartirsi il bottino sono state solo due, appunto Juventus e Milan. I rossoneri restano agganciati alla top ten della classifica, con 263,5 milioni al decimo posto. Ma fa pensare il calo dei ricavi da stadio, legato al crollo delle presenze a San Siro. Per di più, secondo Deloitte, nelle prossime due edizioni della Football Money League il Milan potrebbe uscire dalla top ten: finora è stato l'unico club italiano, insieme ad altre tre squadre europee, ad entrarvi sempre. Scendendo in graduatoria si trova l'Inter al 15esimo posto, con prospettive nere qualora non si centrasse l'ingresso in Europa, mentre si rivede la Roma al 19esimo posto.

Tre anni. Sono tre anni che la storia si ripete, senza soluzione di continuità. Buona prima parte di stagione, qualche piccola illusione e poi, puntuale come le tasse, arriva la frenata. Secca. Dopo Ranieri/Stramaccioni e Stramaccioni, con Mazzarri si proverà almeno a non andare alla deriva. Ma la china di questo inizio di 2014 ha fornito presagi nefasti: un solo gol fatto tra campionato e Tim Cup che ha fruttato appena due punticini al Meazza (pari con Chievo e Catania) e tre sconfitte esterne (Lazio, Udinese e Genoa).

Se errare è umano, perseverare è diabolico: questo deve evitare l'Inter negli ultimi giorni di mercato. Tutto nacque dalla cessione sconclusionata di Thiago Motta al Psg. Quell'Inter andava a mille: magari non avrebbe lottato per lo scudetto, ma certamente non avrebbe fatto la fine che ha poi fatto con il malcapitato Ranieri in panchina. L'anno dopo, idem: Strama balbetta all'alba della stagione, poi trova la quadratura e corre spedito fino a dicembre. Ma un mercato sgraziato, sottolineato impietosamente dalla lunga sequela di infortuni, manda i nerazzurri allo sbaraglio. Ora riecco il film già visto. Mazzarri fa quello che può con quello che ha. Senza Milito, senza Icardi e, in generale, senza un mercato estivo su misura (Campagnaro, Andreolli e compagnia erano tutti già sotto contratto prima del suo arrivo), il tecnico di San Vincenzo illude che il suo apporto possa portare al di là dei propri limiti una rosa che vale quello che la classifica dice oggi. Ci riesce fino a un certo punto, poi crolla sotto il peso di un lavoro immane.

E dalla dirigenza non arrivano aiuti, anzi. A un organico già non eccelso, in gennaio vengono sottratti anche rincalzi come Mudingayi, Wallace, Belfodil, Pereira e Olsen: tutta gente in lista partenze e che Mazzarri è costretto a non poter portare nemmeno in panchina. Al contempo, non arriva nessuno. Ma proprio zero. A ciò si aggiunge lo show del mancato scambio Guarin-Vucinic, che – al di là delle conseguenze ambientali – priva l'allenatore di due pedine in un colpo solo: il montenegrino non arriva e il colombiano diventa inutilizzabile per ovvi motivi. Risultato? Sconfitta a Genova (Guarin era già sicuro di partire, tant'è che al posto di Alvarez infortunato entra Kovacic nonostante il campo pesantissimo) e pareggio surreale contro un Catania che fino a domenica aveva fatto zero punti in trasferta.

Le colpe? Sono di tutti. Dei giocatori, spesso inadatti sia per congeniti difetti tecnici, sia per mancanza di personalità; del tecnico, a cui forse si chiedeva uno sforzo superiore per ovviare alle contingenze negative a livello economico e ambientale; deitifosi, che avrebbero potuto accompagnare con maggior sforzo una squadra in chiara difficoltà; della classe arbitrale, che sovente ha affossato con errori marchiani le velleità nerazzurre. Ma, soprattutto, le colpe sono della dirigenza. Eh già, perché se cambia tutto e non cambia niente, forse il problema è alla radice. Come detto, questo è il terzo anno in cui la storia si ripete e, al netto delle motivazioni peculiari, è evidente che più d'un errore è stato commesso.

Adesso niente alibi, solo lavoro. Va ricordato a Mazzarri, va ricordato a Thohir. Da lui, dal nuovo presidente, ci si aspetta sì calore da tifoso appassionato, ma soprattutto razionalità e chiarezza. Il bonus-Triplete è finito, ora serve ripartire. Da zero? Finanche da meno uno

Ci mancano solo 7 merdosissimi punti per mantenere il gettone di presenza sul tipo DC United merdamericano poi ci si augura che i cessi al vento indonesiani non pensino solo a ripianare debiti. Siamo riusciti nell’impresa di far fare al Catania il primo punto in trasferta dopo 20 giornate e di segnare due gol negli ultimi due mesi o quasi: la verità è che facciamo pietà, che il gioco proposto fa pietà, che i giocatori scelti per interpretarlo fanno pietà e che la situazione fa pietà. Non ricordo una compagine così mediocre neanche ai tempi di Tardelli o di Orrico, e ormai guardo solo alla possibilità che qualche società compiacente ci permetta di fare i 6 punti che ci mancano per stare grossomodo tranquilli. L’orrore mi si spalanca di fronte invece se penso che entriamo in pieno Branca time, la fase del mercato in cui abbiamo combinato le peggio minchiate: tremo al pensiero di quello che possono combinare giocatori demotivati e dirigenti dimissionari (o in procinto di essere dimissionati, si spera). Spero che il lato più animalesco del nostro tifo presidi la sede giorno e notte per terrorizzare i malfattori che si annidano ormai da anni nella nostra società. Basta.

 

Tutta la verità:senza Tohir l'Inter in bancarotta

Meglio una vergogna sul viso che una macchia sul cuore, non c’è dubbio.

Meglio quindi aver fatto marcia indietro nell’operazione di scambio Guarin-Vucinic dopo averla praticamente conclusa e condivisa a tutti i livelli, cedendo alle pressioni della piazza come una società seria e organizzata mai dovrebbe fare, che rompere completamente il rapporto di appartenenza, passione e fiducia con una tifoseria che nella mediocrità del momento resta l’unica certezza attorno alla quale ricostruire l’Inter.

La figuraccia resta e non potrà che portare nei prossimi mesi a quei cambiamenti nella dirigenza ormai indifferibili, anche se costosi e sanguinosi per un bilancio già dissestato, per una proprietà impegnata a trovare i soldi per far ripartire la macchina (concretamente a pagare i debiti con banche e fornitori) e che ha accettato malvolentieri e con una certa impreparazione di assumere a stagione inoltrata tutte le responsabilità, specie quelle mediatiche, per il fermo e irremovibile passo indietro di Massimo Moratti.

Non si deve aver paura di ammetterlo, anche nell’amore per questi colori, perchè serve per accelerare il processo di rinnovamento, per una volta da iniziare fuori dal campo e non solo con l’acquisto di nuovi calciatori e magari di un tecnico più adatto al progetto di Thohir.

Ogni nuova breccia nel granitico muro di incapacità, clientele, superficialità, egoismo che da tempo permea corso Vittorio Emanuele è benedetta ed auspicabile, anche se stavolta ha leso pesantemente la nostra immagine. Non ricordo alle nostre latitudini una contestazione e uno sdegno, posti in essere in primo luogo nelle moderne forme virtuali dei social network e poi sotto la sede da ultras e semplici appassionati, tali da mostrare in maniera così drammatica la fragilità e le inefficienze di un club e di una impresa tra le più conosciute nel mondo nel loro ambito.

E’ ovviamente conseguenza della precarietà derivante dal cambio di proprietà, ma se prima ognuno avesse sempre risposto delle conseguenze delle proprie azioni e assuntosi le relative responsabilità, invece di difendere il proprio orticello e sfruttare le lacune di una gestione famigliare, la confusione ed il vuoto di potere sarebbero stati molto meno evidenti.

LE FIGURACCE DEGLI ALTRI

E’ anche vero  che in queste occasioni la buona stampa dovrebbe anche ricordare per onestà intellettuale anche altri episodi di figuracce più o meno simili capitati ad altre grandi.

Non ho dimenticato lo stop alle trattative per l’interista e manciniano Stankovic alla Juventusrisalita in A nel post Calciopoli imposto dai tifosi bianconeri furenti per la precedente cessione di Ibrahimovic e Vieira al club ritenuto il fantomatico mandante della loro condanna.

Non ho dimenticato lo stop alle trattative da 40 milioni conseguente alle furiose polemiche veicolate dalle radio locali per la bandiera presente e futura De Rossi ad un club inglese nella Roma della triade americana capeggiata da Thomas Di Benedetto, interessato ad una ricchissima plusvalenza che gli permetteva di non sganciare un euro sul mercato.

Non ho dimenticato Galliani con la penna in mano per firmare il clamoroso trasferimento di Pato al Psg per qualche decina di milioni da girare in parte per Tevez, costretto a scusarsi con gli interlocutori perchè la fidanzata del brasiliano, figlia del proprietario, aveva perorato la sua causa tanto da far mandare all’aria un accordo tale da consentire ai rossoneri di fare il bis tricolore (e non solo forse). E neppure l’ormai celebre apparizione di Kakà alla finestra sventolando la maglia rossonera per far marcia indietro all’accordo con il Real (solo rinviato).

Non ho dimenticato la Fiorentina d’accordo con Berbatov ed il Manchester, imbarcato su un volo destinazione Toscana e stoppato insieme all’agente allo scalo di Monaco dall’inserimento della Juve, rinfocolando l’atavica rivalità tra le tifoserie ma denotando anche l’episodica ingenuità di Pradè e Macia.

Non è tanto la consolazione per il mal comune mezzo gaudio quanto la convinzione  di poter ristabilire la propria reputazione cambiando strada o semplicemente modus agendi. Ora va fatta passare la buriana, si deve restare fermi fino all’arrivo di Thohir, chiudere il mercato  e poi settimana dopo settimana porre in essere scelte idonee a non ripetere certi errori.

PERCHE’ L’INTER VENDE GUARIN

Sistemata la forma, passiamo al merito di questo scambio tra Inter e Juventus: come è nato, chi l’ha condotto, chi ne era a conoscenza, chi l’ha fermato.

Le premesse da fare sono due: perchè Fredy Guarin era/è in vendita e perchè la scelta della seconda punta è caduta su Mirko Vucinic.

La condizione del centrocampista colombiano, di fatto un titolare da quando è arrivato nel gennaio 2012 e uno dei pochi interpreti del reparto atleticamente e modernamente normodotato, non è stata influenzata dal suo rendimento inferiore alle attese nel girone di andata, anche se, nonostante i tanti errori di mira e le frequenti pause di concentrazione e lucidità, si è spesso rivelato un fattore incisivo e determinante nella nostra prolificità offensiva. Il suo zampino, direttamente o indirettamente, c’è in molti gol della stagione, sia quando si è disimpegnato come trequartista sia quando era in linea con Cambiasso e Taider all’inizio.

 

I motivi per cui dalla scorsa estate ci si vuole liberare di lui, e di questa intenzione è sempre stato informato Mazzarri, sono essenzialmente quattro:

  1. UNO DEI POCHI MONETIZZABILI. Guarin è nazionale, ha alle spalle una esperienza importante al Porto, ha disputato buone partite anche in serie A e in Europa League. Mantiene una valutazione accettabile tra i 15 e i 20 milioni, superiore a quello pagato per strapparlo al Porto e al valore dell’ammortamento del cartellino iscritto a bilancio, inferiore probabilmente alle sue potenzialità fisiche e tecniche. Per un club che ha assoluta necessità finanziarie, era ed è una delle migliori opzioni di cessione, per chi compra la possibilità di fare un buon affare e impiegarlo nelle coppe europee.

  2. CARATTERE ANARCHICO IN CAMPO E FUORI. Il solo Villas Boas, inserendolo in un complesso rigidamente organizzato e proiettato all’attacco, è riuscito a sfruttarne appieno i pregi e a nasconderne i limiti di attenzione, concentrazione e disciplina tattica. All’Inter ha finito per dover avanzare il suo raggio d’azione perchè protagonista di più di uno svarione e incertezza in fase di protezione della difesa, contribuendo ad indebolirla ulteriormente in zona centrale. Se a ciò aggiungiamo una certa mancanza di continuità nei doveri professionali quando c’è qualcosa che non lo soddisfa (siano essi i risultati della squadra o adeguamenti contrattuali), ne escono i contorni di un quadro in cui la monetizzazione di una cessione non è una bestemmia.

  3. RAPPORTI NON IDILLIACI CON I SENATORI E SCARSA CONVINZIONE SUL SUO RUOLO. Fredy la scorsa stagione in particolare si lamentò più di una volta per l’usura e lo scarso dinamismo dei compagni di reparto tali da influenzare i carichi di lavoro penalizzandone una duratura condizione. Inoltre non manca occasione per ribadire che è e si sente un centrocampista prestato all’attacco per colmare le lacune in sede di costruzione della rosa

  4. IMPOSSIBILITA’ DI CONCEDERGLI L’AUMENTO DI INGAGGIO. Le positive prestazioni della prima parte della scorsa stagione e la conferma estiva dopo aver respinto qualche (timido) affondo di club importanti della Premier League, gli valsero la promessa di adeguargli l’ingaggio ora di poco superiore ai 2 milioni di euro. Il cambio di proprietà ha bloccato e rinviato ogni discorso all’autunno, ma anche dopo lo sbarco di Thohir nè la dirigenza nè la nuova proprietà hanno mostrato alcun passo concreto per accontentarlo. Inoltre l’evidenza della necessità di sistemare i conti e la necessità di autofinanziarsi hanno fatto così che le sue richieste potessero essere esaudite solo attraverso un cambio di casacca.

 

Il mister nel frattempo, nella prospettiva di recuperare Milito o di rinforzarsi sul mercato degli attaccanti, conscio che al 3511 delle prime giornate gli avversari potessero trovare facilmente contromisure, ha virato il suo schema verso un tridente d’attacco in cui Guarin non è una prima scelta nè in mediana nè davanti. Troppo discontinuo in interdizione per affiancare Cambiasso, troppo pesante per dare nei 16-20 metri freschezza, velocità, profondità e gol meglio di una punta vera.

Walter ne ha avallato la cessione in estate e ora (non poteva fare altrimenti), in cambio di un acquisto più adatto alla sua concezione di calcio.

L’IDENTIKIT DI MAZZARRI

E l’identikit corrisponde a quello di una seconda punta, duttile, con capacità di corsa e resistenza, con almeno una decina di reti a stagione nel curriculum e già esperto e pronto per recitare da protagonista in serie A a certi livelli.

E’ novembre quando il procuratore di Lavezzi (e di Campagnaro), Alejandro Mazzoni, contatta Branca per studiare la possibilità di portare via il suo assistito da Parigi dove Blanc lo tiene spesso e volentieri in panchina, lo impiega come ala per coprire le spalle a Ibra-Cavani e non lo ha preparato al meglio in estate per esaltarne le caratteristiche.

La richiesta di prestito (l’Inter non può offrire cash se non si autofinanzia) si scontra con l’opposizione dei parigini e con la rinascita del Pocho a discapito di Lucas e Menez.

Poi viene il turno di Lamela e di Jovetic, ma a dicembre come testimoniato dal mio tweet del 5,l’area tecnica bussa alla porta di Marotta per chiedergli la disponibilità di Vucinic o Quagliarella. Pirlo si è appena infortunato e il nome di Kovacic come contropartita blocca ogni approfondimento, rinviando ogni discorso al futuro e a nuove condizioni.

Il montenegrino si è visto superare nelle gerarchie da Tevez e Llorente, gioca scampoli di partita ed è tormentato dai guai fisici. Inoltre il lavoro ed i movimenti che gli chiede da sempre Conte per favorire gli inserimenti dei centrocampisti ne hanno tarpato istinto e genialità offensive, tanto da convincerlo che il suo ciclo alla Juventus è finito.

Per non essere vittima dei ricatti del calciatore essendo in scadenza nel 2015 , meglio provare a monetizzare fin da subito. Sui quotidiani appaiono sondaggi delle big inglesi, ma l’offensiva non la porta nessuno anche perchè in questi casi più si aspetta più si risparmia.

IL TIMORE DI UN ACCORDO CON LA JUVE

Nel frattempo a Milano ci si concentra solo sulle uscite, ma la buona volontà di Branca e compagnia non è accompagnata da adeguate capacità negoziali e non basta neppure per piazzare Belfodil, Mariga e Mudingayi, figurarsi per ottenere 15 milioni per Guarin o almeno 10 per Ranocchia.

Thohir da Giacarta, mentre la squadra inanella una serie di risultati negativi nel 2014 che fanno dimenticare l’exploit nel derby di Natale, si stupisce per la richiesta della piazza di acquisti in condizioni di pre-fallimento e con la scure del Fair Play Finanziario sulla testa per chi si qualifica alle coppe.

Il colombiano entra nel mirino del Chelsea, come ammette con incomprensibile soddisfazione Ausilio, sebbene una offerta congrua in contanti non sarà mai presentata, ma solo elementi fuori dal progetto di Mourinho. L’Inter però si insospettisce quando Ferreyra, l’agente del centrocampista, chiede il posto da titolare, spara una richiesta agli inglesi folle, superiore ai 3,5 messi sul piatto dai Blues. comprensiva di bonus alla firma assolutamente senza senso perchè non c’è un’asta e non è in scadenza.

E’ prassi che i procuratori si affianchino al club di appartenenza per cercare la migliore destinazione al proprio assistito in partenza, nulla di eclatante. La nostra dirigenza teme che ci sia qualcuno dietro , viene informato Thohir che rilascia parole di fuoco verso Guarin in merito al suo rinnovo e al suo desiderio di cambiare aria fin da subito.

Lo United si propone, ma probabilmente fuori tempo massimo.

L’ULTIMA SETTIMANA

Siamo a 8 giorni fa e l’Inter, su pressione di un Mazzarri sempre più teso e insofferente,attraverso il pontiere Fassone, artefice negli ultimi due anni del riavvicinamento tra i due club, contatta la Juve per affondare l’assalto per Vucinic a tutti i costi.

Kovacic e Ranocchia escono subito dal novero delle candidature,così pure il prestito semplice, i bianconeri vogliono soldi subito, concedono una dilazione di pagamento attraverso la formula della comproprietà o del prestito oneroso con obbligo di riscatto.

Il nome di Guarin esce dopo, quando noi non possiamo dare nessuna garanzia (dall’Indonesia altro no…) e non trova l’opposizione ferma dei nostri, ormai interessati a dare una svolta al mercato senza chiedere un euro alla proprietà e anzi permettendogli, con la plusvalenza, di  ripianare meno nell’immediato.

A quanto mi risulta, nei giorni successivi, Inter e Juve trovano l’accordo sulla valutazione dei due calciatori, restando divisi minimamente (un paio di milioni, i nerazzurri ne chiedevano 4) solo sul conguaglio economico, tanto che danno agli agenti il via libera per trattare i rispettivi ingaggi. Fredy informa amici e conoscenti in Colombia, un giornalista di Caracol viene avvisato che entro poche ore si saprà la sua destinazione.

Dopo Genoa-Inter, i club si danno appuntamento per il giorno successivo per mettere nero su bianco ma quando la notizia diventa di pubblico dominio scoppierà una reazione della gente nerazzurra così violenta da rimettere tutto in discussione nel breve volgere di 24 ore.

Nonostante un accordo NON totale ma non in grado di farlo saltare, tanto che Agnelli e Thohir l’hanno avallato, tanto che Guarin e Vucinic hanno trovato l’accordo economico, tanto che hanno fatto anche le visite mediche (superate ed il tentativo di fornire all’Ansa una versione diversa è stato maldestro).

THOHIR, ERRORE E SOLUZIONE

Da una situazione difficile, dal primo vero passo falso della sua gestione, il presidente ne è uscito alla grande.

Ha ascoltato la spiegazione dei suoi, si è confrontato con Massimo Moratti (orgogliosamente in disparte fino a quando la tensione ha raggiunto livelli di guardia), ha sfruttato anche la mediazione di Filucchi per apparecchiare un confronto con i tifosi, si è affidato allo staff di comunicazione che ne ha curato lo sbarco in Italia e ieri ha pubblicato sul sito ufficiale un comunicato in cui si prende di fatto tutti i meriti della decisione di interrompere in prima persona le trattative con la controparte, senza distribuire colpe (son di tutti, anche sue) e senza derogare dalla necessità di fare mercato (in altro modo, ossia vendendo Guarin altrove).

I bersagli sono stati individuati in Marco Fassone, Marco Branca e, più defilato, Piero Ausilio, pagati anche per questo, oggetto di una serie di cori e striscioni sicuramente esagerati nei contenuti, ma non senza fondamento per come hanno gestito le rispettive responsabilità nella trattativa.

Il punto non è rinfacciare al primo il passato juventino ed al secondo di avere dei personali e illeciti vantaggi da certe poco comprensibili operazioni di mercato (tutti da dimostrare e passibili di querela), quanto di capire perchè dobbiamo avere sempre le spalle al muro, perchè tutti, agenti, calciatori, dirigenti, sanno che prima o poi saremo noi a cedere alle loro condizioni, perchè in questa vicenda non son state previste i possibili effetti collaterali derivanti da una trattativa con la Juve in posizione di oggettiva debolezza, se non sottomissione.

Di certo affermare che bisogna cedere prima di comprare non aiuta, ma forse basterebbe aggiungere che senza offerte congrue si resterà così e si ha completa fiducia nel gruppo perevitare guai maggiori.

E cedere Guarin per Vucinic lo è, indipendentemente dal fatto che a noi servisse una punta più del colombiano.

VUCINIC SOLO IN PRESTITO

Il montenegrino è il classico calciatore slavo di grandissimo talento con una carriera inferiore alle potenzialità tecniche per colpa di una innata indolenza e mancanza di cattiveria.

Non è un bomber, ma sa destreggiarsi sia come prima che seconda, sulla carta compatibile sia con Palacio, sia con Milito, sia con Icardi. Gli manca quella profondità, quel peso in area che un Borriello avrebbe, tuttavia Mazzarri da qui a giugno pensa di potersela cavare anche senza.

Quando è in giornata, è uno spettacolo, quando attraversa un periodo di scarsa forma è un peso per la squadra.

Avesse cinque anni in meno, non guadagnasse circa 3 milioni di euro, non pretendesse un triennale e non fosse reduce da tanti problemi fisici, in questa Inter (non in quella del Triplete e neppure in quella del Mancio) sarebbe la stella e ci garantirebbe un sicuro upgrade.

A gennaio 2014, senza obiettivi realistici in classifica, dovendo rifondare e guardare in prospettiva, si può e si deve trovare altro, a meno di condizioni meno pesanti (prestito di 6 mesi). Senza sacrificare Guarin in uno scambio quasi alla pari, un Guarin più giovane e a pochi mesi da un Mondiale.

Il ragazzo ha voglia di riscatto e rivincita, vuole l’Inter, ma il dubbio che possa voler strappare l’ultimo contrattone della carriera è lecito. Ed in uno stadio come San Siro tradizionalmente poco indulgente con i talenti discontinui e indolenti, significa voler sfidare gli dei del calcio.

Ascoltata poi la conferenza stampa di ieri di Marotta, ulteriori passi in avanti dovranno essere fatti solo lasciando trascorrere qualche giorno in cui nè lui nè il colombiano presumibilmente saranno a disposizione dei relativi allenatori per scendere in campo nel prossimo turno di campionato.

MAZZARRI PUNTO FERMO

Thohir infatti è in arrivo per Inter-Catania e per gli ultimi giorni di calciomercato.

L’attenzione non sarà tanto rivolta alle risposte e ai contatti con la Juve o alla conferma su quell’sms di via libera alla chiusura dello scambio, quanto presumibilmente alle prime vere decisioni sui cambiamenti in società.

Occupare ufficialmente due-tre caselle nell’organigramma con suoi uomini, individuare chiaramente IL plepotenziario o solamente il front man in sua vece ( può esserlo ancora Fassone? Non è ora che sia Mao a confrontarsi con il giovine Agnelli?) sarebbe il primo passo per quella ristrutturazione da compiere in estate o al più tardi entro 16 mesi (se si intende aspettare la scadenza di molti contratti pesanti).

Nel frattempo si deve solo restare all’angolo, incassare le bordate e i pugni che arrivano da ogni direzione e lentamente rialzarsi, se possibile con gambe più salde e testa più lucida. La stagione non ha veri obiettivi, ma lasciarla andare completamente a rotoli costringerebbe la società a fare un repulisti, anche nella guida tecnica, a cui probabilmente vuole sottrarsi, anche per motivi economici.

Mazzarri andrà accontentato in qualche modo visto che finora è stato solamente preso in giro o illuso (non c’è neppure D’Ambrosio e Pereira è già in Brasile…). Il tecnico resta uno dei pochi punti fermi, con l’esperienza di chi ne ha viste tante anche in provincia e con il pragmatismo per uscire passo dopo passo da una crisi di risultati abbastanza preoccupante.

Non sarà la certezza del futuro, ma quella del presente sicuramente sì. E ben più salda di chi attorno a lui aspetta solamente di sapere quando lascerà l’Inter e quanto incasserà per andarsene.

Il tempo per criticarne le scelte ci sarà non appena noi ritroveremo un barlume di serietà, credibilità e competitività. Potendo finalmente smettere di arrossire per la vergogna.




0-2 Milito 70'





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TUTTE LE CONDANNE DELLA RUBENTUS DAL 2006 AD OGGI

http://www.passioneinter.com/mondo-calcio/condanne-juventus-54726.html

01 – 14 luglio 2006, primo grado di Calciopoli
02 – 25 luglio 2006, secondo grado di Calciopoli
03 – 27 ottobre 2006, arbitrato CONI su Calciopoli


04 – 18 giugno 2008, patteggiamento su schede sim svizzere
08 – 19 marzo 2008, TAR del Lazio, respinto il ricorso di Moggi contro la squalifica in ambito sportivo.
09 – 22 maggio 2008, TAR del Lazio, respinto il ricorso di due associazioni di tifosi contro l’assegnazione dello scudetto 2006 all’Inter.


10 – 8 gennaio 2009, Caso GEA, Moggi condannato per violenza privata.
11 – 14 dicembre 2009. Calciopoli (rito abbreviato), condannato Giraudo per frode sportiva e associazione a delinquere.


12 – 8 febbraio 2011, TAR del Lazio respinge il ricorso presentato da Giùlemanidallajuve, condannata a pagare risarcimenti a Federcalcio, CONI e Inter.

05 – 16 giugno 2011, radiazione di Moggi e Giraudo
06 – 9 luglio 2011, Calciopoli (II° grado), conferma della radiazione di Moggi e Giraudo.
07 – 18 luglio 2011, respinto in Figc l’esposto contro lo scudetto 2006 assegnato all’Inter.

13 – 25 marzo 2011, caso GEA (II° grado), confermata la condanna a Moggi per violenza privata.
14 – 8 novembre 2011, sentenza penale di Napoli: Moggi condannato a 5 anni e 4 mesi per associazione a delinquere.
15 – 9 novembre 2011, rigetto dell’esposto da parte dell’UEFA.
16 – 11 novembre 2011, Moggi condannato per minacce nei confronti di Baldini.
17 – 17 novembre 2011, dichiarazione di non competenza del TNAS.


18 – 4 aprile 2012, conferma della radiazione di Moggi e Giraudo.
19 – 12 aprile 2012, il Tribunale della UE respinge il ricorso presentato da Giùlemanidallajuve
20 – 26 giugno 2012, Tribunale di Milano, rigetto della querela di Moggi a Carlo Petrini
21 – 30 giugno 2012, la Corte dei Conti respinge il ricorso Juventus decretando la FIGC non responsabile di danno erariale per essersi dichiarata non competente a decidere nel 2006.
22 - 3 agosto 2012, il Tar del Lazio respinge il ricorso di Moggi contro la Radiazione.
23 - 12 settembre 2012, il Consiglio di Stato respinge il ricorso di Moggi contro la Radiazione.
24 - 17 ottobre 2012, la Corte dei Conti condanna 14 ex tesserati AIA a risarcire la FIGC per danno d’immagine.
25 - 5 dicembre 2012, il Tribunale di Napoli condanna in appello a 1 anno e 8 mesi Antonio Giraudo per associazione a delinquere e frode sportiva. Cade solo il ruolo di promotore.


26 - 7 agosto 2013, la Cassazione giudica inammissibile il ricorso di Moggi contro la radiazione.
27 - 17 dicembre 2013, appello Calciopoli: 2 anni e 4 mesi a Luciano Moggi, 2 anni a Pairetto e  Mazzini, 1 anno a De Santis, 10 mesi a Dattilo e Bertini.


28 – 10 giugno 2014, la Cassazione conferma sequestro di 12 milioni a Giraudo per il danno da retrocessione al Brescia finito in Serie B.

 

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