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Milano, esonda ancora il Seveso   foto   in centro voragine di 12 metri   foto   -   video

Milano, esonda ancora il Seveso,26-07-2014  foto
in centro voragine di 12 metri
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Le previsioni: piogge fino ad agosto   meteo
Archivio foto L'esondazione dell'8 luglio

 

Maltempo, il Seveso torna ad allagare Milano. Guasto in centro, voragine di 12 metri

Dopo una notte di precipitazioni il fiume è esondati com'era già accaduto l'8 luglio: i mezzi del Comune in azione dall'alba. In corso di Porta Romana cede il manto stradale. Bloccata la circolazione

 

A Milano il Seveso è di nuovo esondato dopo una notte di precipitazioni. E una voragine di 12 metri di profondità, dell'ampiezza di sei metri per tre, si è aperta in pieno centro a Milano. In tilt i quartieri a nord, con strade e piazze chiuse, e in alcuni punti l'acqua ha raggiunto anche i 20 centimetri. L'esondazione del fiume si è conclusa poco dopo le 9. Verso le 7.30 le acque del fiume hanno invaso in particolare la zona di Niguarda. Alcune vie sono state chiuse e lo scarso  traffico del sabato mattina è stato deviato dai vigili, intervenuti sul posto insieme con i vigili del fuoco e la Protezione civile.disagi non sono comunque paragonabili con quelli dell'8 luglio scorso, quando in città finirono sott'acqua quasi due interi quartieri (Niguarda e Isola). Allora i danni provocati dal Seveso furono ingenti e proprio ieri il presidente della Regione Lombardia, Roberto maroni, ha chiesto lo stato d'emergenza quantificando in oltre 47milioni i danni per il capoluogo e negli altri comuni del Milanese coinvolti.

E una voragine profonda circa 12 metri si è intanto aperta in mezzo alla carreggiata al'altezza del civico 123 in corso di Porta Romana. A provocare il gigantesco buco è stata la rottura di una congiunzione fra la tubatura principale che trasporta l'acqua potabile e i tubi dei condomini. Il cedimento dell'asfalto, inghiottito dalla massa d'acqua che ha eroso il terreno sottostante, è avvenuto all'altezza dell'incrocio con via Eugenio Vaina.
 

 

Esonda il Seveso, quartieri allagati a Milano foto
Violenti temporali, danni in Veneto /
mete - 08-07-2014

 

 

Lombardia, è allarme maltempo   Foto   esonda il Seveso. A Orio voli dirottati

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 Ezio rimase sul campo ma mancava della potenza necessaria per ingaggiare battaglia, avendo a disposizione solo pochi uomini; era però consapevole che Attila aveva necessità di grandi quantità di foraggio e viveri per i suoi uomini e bastava un nulla perché scoppiassero epidemie; inoltre era in attesa dell'esercito che Marciano stava convogliando sul Danubio per chiudere in una sacca gli Unni. Attila si fermò finalmente sul Po, in una località tramandata col nome di "Ager Ambulejus", dove incontrò, nell'attuale Governolo,[19] frazione di Roncoferraro, un'ambasciata formata dal prefetto Trigezio, il console Avienno e papa Leone I (la leggenda vuole che proprio il papa abbia fermato Attila mostrandogli il crocifisso). Dopo l'incontro Attila tornò indietro con le sue truppe senza pretese né sulla mano di Onoria, né sulle terre in precedenza reclamate. Sono state date diverse interpretazioni della sua azione. La fame e le malattie che accompagnavano la sua invasione potrebbero aver ridotto la sua armata allo stremo, oppure le truppe che Marciano mandò oltre il Danubio potrebbero avergli dato ragione di retrocedere, o forse entrambe le cose sono concausali alla sua ritirata. Prisco riporta che la paura superstiziosa della fine di Alarico - che morì poco dopo aver saccheggiato Roma nel 410 - diede all'Unno una battuta di arresto. La "favola che è stata rappresentata dalla matita di Raffaello e dallo scalpello di Algardi" (come l'ha chiamata Edward Gibbon) di Prospero d'Aquitania dice che il papa, aiutato da Pietro apostolo e Paolo di Tarso, lo convinse a girare al largo dalla città. Vari storici hanno supposto che l'ambasciata portasse un'ingente quantità d'oro al sovrano unno e che lo abbia persuaso ad abbandonare la sua campagna,[20] e questo sarebbe stato perfettamente in accordo con la linea politica generalmente seguita da Attila, cioè di chiedere un riscatto per evitare le incursioni unne nei territori minacciati.