A Milano il Seveso è di nuovo
esondato dopo una notte di precipitazioni. E una voragine di 12
metri di profondità, dell'ampiezza di sei metri per tre, si è
aperta in pieno centro a Milano. In tilt i quartieri a nord, con
strade e piazze chiuse, e in alcuni punti l'acqua ha raggiunto
anche i 20 centimetri. L'esondazione del fiume si è conclusa
poco dopo le 9. Verso le 7.30 le acque del fiume hanno invaso in
particolare la zona di Niguarda. Alcune vie sono state chiuse e
lo scarso traffico del sabato mattina è stato deviato dai
vigili, intervenuti sul posto insieme con i vigili del fuoco e
la Protezione civile.disagi non sono comunque paragonabili con
quelli dell'8 luglio scorso, quando in città finirono sott'acqua
quasi due interi quartieri (Niguarda e Isola). Allora i danni
provocati dal Seveso furono ingenti e proprio ieri il presidente
della Regione Lombardia, Roberto maroni, ha chiesto lo stato
d'emergenza quantificando in oltre 47milioni i danni per il
capoluogo e negli altri comuni del Milanese coinvolti.
E una voragine profonda circa 12 metri si è intanto aperta in
mezzo alla carreggiata al'altezza del civico 123 in corso di
Porta Romana. A provocare il gigantesco buco è stata la rottura
di una congiunzione fra la tubatura principale che trasporta
l'acqua potabile e i tubi dei condomini. Il cedimento
dell'asfalto, inghiottito dalla massa d'acqua che ha eroso il
terreno sottostante, è avvenuto all'altezza dell'incrocio con
via Eugenio Vaina.
,25-06-2014
Ezio rimase sul campo ma mancava della
potenza necessaria per ingaggiare battaglia, avendo a
disposizione solo pochi uomini; era però consapevole che Attila
aveva necessità di grandi quantità di foraggio e viveri per i
suoi uomini e bastava un nulla perché scoppiassero epidemie;
inoltre era in attesa dell'esercito che Marciano stava
convogliando sul Danubio per chiudere in una sacca gli Unni.
Attila si fermò finalmente sul
Po, in
una località tramandata col nome di "Ager
Ambulejus", dove incontrò, nell'attuale
Governolo,[19]
frazione di
Roncoferraro, un'ambasciata formata dal
prefetto
Trigezio, il
console Avienno e
papa Leone I (la leggenda vuole che proprio il papa abbia
fermato Attila mostrandogli il crocifisso). Dopo l'incontro
Attila tornò indietro con le sue truppe senza pretese né sulla
mano di Onoria, né sulle terre in precedenza reclamate. Sono
state date diverse interpretazioni della sua azione. La fame e
le malattie che accompagnavano la sua invasione potrebbero aver
ridotto la sua armata allo stremo, oppure le truppe che Marciano
mandò oltre il Danubio potrebbero avergli dato ragione di
retrocedere, o forse entrambe le cose sono concausali alla sua
ritirata. Prisco riporta che la paura superstiziosa della fine
di
Alarico - che morì poco dopo aver saccheggiato
Roma nel
410 -
diede all'Unno una battuta di arresto. La "favola che è stata
rappresentata dalla matita di
Raffaello e dallo scalpello di
Algardi" (come l'ha chiamata
Edward Gibbon) di
Prospero d'Aquitania dice che il papa, aiutato da
Pietro apostolo e
Paolo di Tarso, lo convinse a girare al largo dalla città.
Vari storici hanno supposto che l'ambasciata portasse un'ingente
quantità d'oro al sovrano unno e che lo abbia persuaso ad
abbandonare la sua campagna,[20]
e questo sarebbe stato perfettamente in accordo con la linea
politica generalmente seguita da Attila, cioè di chiedere un
riscatto per evitare le incursioni unne nei territori
minacciati.