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13-05-22, 79° GIORNO DI GUERRA
Il pezzo si spezza in due tronconi a causa dell'incedere
rapido degli eventi: oggi La Russia incassa
involontariamente lo STOP TURCO all'entrata simultanea di
Svezia e Finlandia nella NATO, un grosso intoppo per i paesi
scandinavi dovuto al probabile voto contrario della Turchia
avverso ai due paesi scandinavi. La Russia si troverebbe con
un grosso problema sul fianco Nord, un fallimento clamoroso
della politica internazionale se l'intento era quello di
tenere lontana la NATO dai confini russi. Sempre oggi, in
data 13 maggio 2022, per la prima volta i vertici militari
statunitensi chiamano i vertici militari russi, il tutto in
una cornice che parla sottotraccia di un golpe in Russia
contro Putin sospettato di essere gravemente ammalato. Sul
campo di battaglia l'esercito russo si sta ritirando da
Karkhiv, prima grande città a nord del DONBASS, ma sta
avanzando a sud.Seguendo gli splendidi articoli sul campo di
INSIDEOVER, conosciamo che l'Armata Russa sta attaccando con
forza il saliente ucraino di Severodonetsk, un cuneo tra le
cittadine di Bilohorivka a nord e Popasna a sud. In questo
cuneo Kiev ha schierato ben 10 brigate. Se i russi riescono
ad isolare questo Corpo d'Armata chiudendo la linea
Popasna_Bilohorivka proprio alle spalle di questo
raggruppamento, l'intero Donbass è andato perso per Kiev con
in più l'apertura di uno squarcio in direzione Kramatorsk,
questa città è uno snodo focale sia a nord verso Karkhiv che
può essere attaccata da sud, sia ad ovest, verso il cuore
dell'Ucraina, verso Poltava. Karkhiv ha visto i russi
ritirarsi verso il loro confine ma non è una rotta, cosa
significa? Significa che la difesa è molto aggressiva col
chiaro intento di tenere impegnate le forze ucraine lì,
piuttosto che dispiegarle nel saliente. Il saliente sarà una
carneficina con i russi che ad un certo punto riprenderanno
l'avanzata su Kharkiv molto probabilmente saltando la grossa
città per dirigersi più a sud isolandola dal resto del
paese.
12-05-22, 78° GIORNO DI GUERRA
L'ESERCITO RUSSO IN GRAVE RITIRATA A KARKIV, MESSO SOTTO
PRESSIONE DAGLI UCRAINI CHE NELL'OBLAST DI LUHANS FANNO
SALTARE IN ARIA I PONTI PER IMPANTANARE, COME A
KIEV,L'AVANZATA DEI CARRI RUSSI CHE HANNO BISOGNO DI STRADE
sopratutto FERRATE. I RUSSI PER RAPPRESAGLIA BOMBARDANO I
GRANAI DI ODESSA, MENTRE IL FIANCO NORD RUSSO ENTRA IN CRISI
CON LA SPINTA FRENETICA DELLA FINLANDIA AD ENTRARE NELLA
NATO. MOSCA CHIUDE IL FLUSSO DI GAS VERSO LA POLONIA E
MINACCIA DI FARE ALTRETTANTO NEI CONFRONTI DI HELSINKY.PUTIN
E' IN GRANDISSIMA DIFFICOLTA' SOPRATTUTTO A LIVELLO
MILITARE: COME SPIEGATO DALL'EX LEADER DI WAGNER, IL
PRESIDENTE RUSSO HA GIOCATO D'AZZARDO AD AGGREDIRE UN PAESE
CON UN ESERCITO DI 300.000 UOMINI CON 250.000 UOMINI
SPARPAGLIATI SU UN FRONTE MOSTRUOSO ED A NULLA STA VALENDO
AVER DIMEZZATO LA LINEA DI COMBATTIMENTO. MANCANO GLI UOMINI
E LA SOLA CONCENTRAZIONE DI FUOCO NON BASTA. Altresì
totalmente disastrosi i comportamenti delle truppe di Mosca
che sistematicamente si lasciano andare ad azioni brutali ed
ammazzamenti folli, senza alcuna giustificazione, come se
comunque facenti parte di un modus operandi a prescindere
per cui in ogni caso bisogna raggiungere una cifra di morti
ammazzati che siano soldati nemici oppure no. L'azione di
denazificazione si sta trasformando in massacro e sterminio
sul modello EINSATZ, un assurdo ideologico portato avanti da
un esercito erede DISGRAZIATO dell'Armata Rossa. All'assurdo
ideologico si sta unendo IL TOTALE DISPREZZO delle alte
sfere militari russe verso il soldato, il quale non solo
viene lasciato totalmente solo e senza ordini, ma
addirittura AFFAMATO col chiaro intento di scatenare i più
bassi istinti bestiali irrefrenabili e fuori controllo: dal
quale ad esempio è esploso IL POGRON DI BUCHA, una sorta di
RIEDIZIONE AGGIORNATA dell'HOLOMODOR STALINIANO degli anni
trenta del novecento. A livello politico internazionale, se
l'intento era quello di spingere la Nato a 3000 km dalla
frontiera russa facendo salvo il fianco Baltico, visto che
le repubbliche Baltiche fanno già parte della Nato MA CHE E'
SOLO con i confini dell'Estonia che la Nato tocca la Russia,
assieme alla Norvegia nell'estremo nord, bene, questo
intento sta fallendo IN MANIERA MACROSCOPICA in quanto
l'adesione a tappe forzate della FINLANDIA espone
praticamente l'intero NORD RUSSO sotto schiaffo NATO. Un
fallimento poderoso e colossale perchè INEVITABILMENTE
metterà il presidente Putin a dover spostare uomini e
risorse ANCHE A NORD, quando già ora NON CI SONO UOMINI
SUFFICIENTI per coprire il fronte di guerra del sud-est
ucraino. All'interno della federazione si assiste altresì al
crescere di una forte avversione verso il centro e
l'arruolamento anche negli sconfinati territori siberiani,
da secoli vastissimo bacino periferico USATO dal centro COME
CARNE DA CANNONE. I centri reclute dati alle fiamme ne sono
testimonianza, il segno evidente che le notizie dal fronte,
nonostante la censura, corrono veloci e fanno propendere le
giovani reclute a fuggire da quell'inferno che il solo
guazzabuglio ideologico DUGHINIANO non può imbiancare ed
abbellire. Altresì il presidente russo sa benissimo che al
centro e nella parte continentale è estremamente difficile
reclutare uomini soprattutto dopo vent'anni di fortissime
iniezioni di CONSUMISMO che si è sostituito totalmente al
COMUNISMO. La spaventosa crescita dei prezzi delle materie
prime stà paradossalmente favorendo l'economia russa, la
quale incassa miliardi di dollari che usa da una parte per
finanziarsi la guerra e dall'altra, grazie alle
triangolazioni commerciali che eludono L'EMBARGO TOTALE, per
comprare merce e cibo occidentali allo scopo di riempire lo
stomaco del russo "medio" che in questo modo si fa
pochissime domande e si abbevera volentieri alla PROPAGANDA.
11-05-22, 77° GIORNO DI GUERRA
“Io, comandante di Wagner” (edito da Libreria Pienogiorno)
esce oggi in tutto il mondo: è la testimonianza di Marat
Gabidullin, già comandante di quella che è considerata la
brigata delle tenebre del Cremlino, famosa per la sua
ferocia. “I miei connazionali sono pronti a sentirsi
orgogliosi per le esibizioni di forza, dimenticando le loro
esistenze miserabili”
Lo chiamano “la Brigata delle tenebre”, è la truppa di
mercenari di Putin, per molti una delle sue armi segrete,
forse la più pericolosa. È famoso per la ferocia delle
proprie operazioni, in Siria come in Africa e Ucraina, dove
ha combattuto e sta combattendo al fianco (ma sarebbe meglio
dire all’ombra) degli eserciti e degli schieramenti
ufficiali. Il Gruppo Wagner è questo, ma anche molto altro.
Per la prima volta viene raccontato dall’interno, grazie
alla testimonianza di un suo ex ufficiale, Marat Gabidullin.
“Io, comandante di Wagner” (288 pagine, 18,90 euro, codice
ISBN 979128002 29571, edito da Libreria Pienogiorno) esce
oggi in contemporanea internazionale. Ma ha anche rischiato
di non uscire mai. Nel 2020 un piccolo editore siberiano
aveva annunciato la pubblicazione della prima testimonianza
non anonima dall’interno del gruppo di mercenari, ma il
giorno dopo l’autore aveva ricevuto minacce tali da
costringerlo ad annullare il progetto. Ora questa
testimonianza viene alla luce. Per gentile concessione
dell’editore e in anteprima per l’Italia,
ilfattoquotidiano.it pubblica qui sotto un estratto del
documento.
Ucraina, nei villaggi liberati a Est dove Mosca abbandona i
cadaveri dei suoi soldati
Nella zona orientale di Kharkiv gli ucraini ricacciano le
truppe russe verso il confine. E raccolgono i corpi che il
Cremlino non vuole mostrare
Guerra in Ucraina, prima interruzione dei flussi di gas
“causa azioni delle forze russe”. Stop compensato con
forniture da altri punti
Il
tracciato passa infatti dalla stazione di compressione di Novopskov attraversando
il Donbass e
i russi, accusa la società, stanno sottraendo parte
del gas in transito (si suppone per destinarlo proprio alle
regioni separatiste). Questo mette in pericolo “la stabilità e
la sicurezza dell’intero
sistema di trasporto del gas”, afferma Kiev. Di qui la
decisione di invocare la clausola
di forza maggiore e
interrompere il trasporto, dopo aver “ripetutamente
informato Gazprom” dei problemi legati alla presenza delle
truppe di Mosca.Per la stazione di confine di Novopskov
passa quasi un terzo dei flussi verso l’Europa via Ucraina:
fino a 32
milioni di metri cubi al
giorno. Di conseguenza secondo Yuriy
Vitrenko, numero
uno della compagnia statale ucraina degli idrocarburi Naftogaz,
le forniture caleranno di altrettanto a meno che la Russia
non reindirizzi il
gas alla stazione di compressione di Sudzha,
più a nord e in corrispondenza dei territori controllati da
Kiev (vedi
cartina sopra).
“Il trasferimento del flusso non richiede alcun
costo aggiuntivo da parte russa e
non vi sono ostacoli tecnici per tale operazione”,
sottolinea il comunicato di Gtsou. “In questo modo la Russia
sarebbe in grado di mantenere il transito attraverso
l’Ucraina e di adempiere ai propri obblighi nei confronti
dei partner europei”.
Il gruppo russo Gazprom –
secondo cui il transito è sempre andato avanti “indisturbato”
e la quota di forniture compromesse ammonta a solo un quarto
del totale e non un terzo – a parole ha respinto al
mittente questa opzione, anche se i dati preliminari sul
flusso mostrano quantità più elevate attraverso una seconda
stazione nel territorio controllato dall’Ucraina.
Il sistema italiano per ora non registra rallentamenti negli
arrivi “grazie all’interconnessione delle reti e alla
diversificazione delle fonti di importazione”, fa sapere Snam.
Dai dati pubblicati in tempo reale sul suo sito risulta che
i flussi a
Tarvisio sono in diminuzione rispetto a martedì:
circa 1,6
milioni di metri cubi standard all’ora contro i 2,4 di
ieri mattina. Ma sono in parte compensati da un maggior
afflusso a Passo
Gries (da Norvegia e Paesi Bassi), dove stanno
arrivando 2,1 milioni di metri cubi all’ora a fronte degli
1,5 di martedì mattina, e a Mazara
del Vallo (dall’Algeria, 2,8 MSm3
contro 2,6). Dunque la domanda al momento è soddisfatta e
proseguono anche le iniezioni di gas in stoccaggio.
I prezzi nei
primi scambi ad Amsterdam, piazza di riferimento per
l’Europa, hanno superato i 100
euro al megawattora toccando i 103, in aumento del
4% rispetto alla chiusura di martedì. Poi hanno ripiegato
verso i 93 euro.
L'Isola dei
Serpenti e la Bielorussia, le nuove minacce sul fronte Ovest
Il Donbass, il Mar Nero, Sumi e la minaccia
da nord di Lukaschenko: tutti i fronti del conflitto a quasi
80 giorni dall'inizio dell'invasione.
Il confine dell'Ucraina con gli altri stati è lungo 4558 km,
suddivisi fra Russia (1 576 km), Moldavia (939 km),
Bielorussia (891 km), Romania (169 km
a sud, 362 a ovest), Polonia (428 km), Ungheria (103 km),
e Slovacchia (90 km),
oltre ai 2 872 km di costa marittima.
10-05-22, 76° GIORNO DI GUERRA
Tre missili ipersonici su Odessa
Tre missili Kinzhal –
i nuovi missili ipersonici della Russia – sono stati sparati
ieri sera da un aereo su un hotel nella
zona di Odessa,
colpito anche un centro commerciale con altri sette missili.
Lo ha reso noto Sergey
Bratchuk, portavoce dell’amministrazione militare
regionale di Odessa citato dalla Cnn che ha geolocalizzato e
verificato l’autenticità di due video che circolano sui
social e mostrano danni significativi alla struttura
turistica di Zatoka. Le unità russe hanno attaccato ieri la
città usando sottomarini, navi e aerei. La Cnn afferma che
non è chiaro perché sia stato colpito l’albergo e chi o cosa
potesse ospitare.
"Mentre la Russia sfila sulla Piazza Rossa,
migliaia di suoi soldati morti sono ammucchiati in sacchi
su treni frigorifero". Lo scrive su Twitter Anton
Gerashchenko, consigliere del ministro degli Interni
ucraino, citando il servizio di Al Jazeera English. "I russi
si rifiutano di prenderli, così l'Ucraina potrebbe anche
doverli seppellire a spese proprie", aggiunge.
Oim,
oltre 8 mln di sfollati interni e 13,7 mln totali
Il numero di sfollati interni a causa della guerra in
Ucraina ha superato la soglia degli 8 milioni. È quanto
emerge dall'ultimo rapporto dell'Organizzazione
internazionale per le migrazioni (Oim), secondo cui gli
sfollati interni sono 8.029.000, su 13.686.000 persone
totali costrette a lasciare le proprie case.
Kiev: ancora 100 civili nell’Azovstal
“Oltre ai militari,
nei rifugi rimangono almeno
100 civili. Tuttavia, ciò non riduce la densità
degli attacchi da parte degli occupanti. L’artiglieria
pesante e gli aerei hanno continuato a bombardare l’impianto
per tutto il giorno. I tentativi di prendere d’assalto il
terreno continuano a fallire”. Lo afferma il consigliere del
sindaco di Mariupol Petro Andryushchenko su
Telegram, citato da Ukrinform, a proposito della situazione
nell’acciaieria Azovstal di Mariupol.
Attacchi aerei ripetuti, più di uno all’ora
nell’ultimo giorno, insieme a “operazioni
di assalto” via terra. La Russia stringe
nuovamente in una morsa di fuoco l’acciaieria Azovstal di Mariupol,
dove centinaia di combattenti ucraini continuano a
resistere. E dove, secondo Kiev,
ci sono ancora 100
civili rifugiati nei sotterranei. L’assedio
all’impianto siderurgico, circondato da settimane dalle
truppe di Mosca, è ripartito – ha spiegato il consigliere
del sindaco di Mariupol – dopo che un convoglio Onu ha
lasciato la regione di Donetsk.
I russi hanno cercato di far saltare un ponte usato
per le evacuazioni,
ha aggiunto, così da bloccare gli ultimi soldati –
appartenenti al reggimento Azov e
a una brigata della Marina
ucraina – rimasti all’interno. Le unità di Mosca,
sostiene il battaglione con componenti neonazisti, stanno
usando “artiglieria navale, razzi
Mlrs, Ur-77, carri armati”. Attraverso il loro
canale Telegram, i soldati sostengono che nelle ultime 24
ore l’esercito russo ha effettuato 34
attacchi aerei sul territorio dello stabilimento,
inclusi 8 con bombardieri
strategici.
Una situazione
critica, aggravata dalla presenza, secondo il
consigliere del sindaco di Mariupol Petro
Andryushchenko, di “almeno 100 civili” ancora nei
rifugi: “Ciò non riduce la densità degli attacchi da parte
degli occupanti”, ha sostenuto. Ma finora i tentativi di
prendere l’impianto – dove sventola ancora la bandiera dell’Ucraina
– sono “falliti”. Il tempo però stringe e l’esercito di Kiev
sta lavorando ad un piano
militare per salvare i combattenti, ha detto l’ex
comandante del reggimento Azov Maxim
Zhorin in una intervista esclusiva a Canale
24 riportata da Unian.
La strategia viaggia in parallelo con i canali
diplomatici già aperti. Zhorin ha annunciato i
preparativi per l’operazione militare spiegando che vengono
sviluppati con la leadership delle
forze armate ucraine. Tuttavia, ha spiegato, sarà prima
necessario completare l’equipaggiamento
militare e il rifornimento
delle armi. “Non sono sicuro che attualmente i
combattenti che si trovano sul territorio dell’Azovstal
abbiano tanto tempo, quindi ci stiamo preparando e lavorando
in parallelo in due direzioni: diplomatica e militare per
tirarli fuori”, ha affermato. L’operazione “potrebbe essere
in più fasi raggruppando le unità” asserragliate
nell’impianto.
09-05-22, 75° GIORNO DI GUERRA
“Pessimismo” sui canali Telegram vicini al
Wagner Group: “Servono 600-800mila uomini o perderemo”
07-05-22, 73° GIORNO DI GUERRA
“Allargare l’Unione europea all’Ucraina ora? E’ un discorso
assurdo”. Così Marco
Travaglio ad ‘Accordi&Disaccordi’,
il talk politico in onda su Nove,
ha commentato un passaggio dell’intervento di Mario
Draghi a Strasburgo in
cui il presidente del consiglio italiano auspicava
“l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea” in nome di un
processo di allargamento accelerato. “Quel discorso di
Draghi, per fortuna, non l’ha sentito nessuno, perché se
capovolgevi le telecamere vedevi un emiciclo completamente
deserto.
– ha detto il direttore de Il
Fatto Quotidiano –
Quindi il nostro peso è dimostrato dal fatto che quando
parla Draghi, almeno in Europa, nessuno lo sta a sentire. Ma
è il
capolavoro dell’ipocrisia.
Quell’uomo lì, da presidente della Bce, è quello che ha
fatto la famosa cura
“lacrime e sangue” ai
greci. E se facciamo entrare l’Ucraina, che è un Paese che
era già fallito prima della guerra e mi posso immaginare in
che condizioni economiche si ritroverà alla fine della
guerra, poi che cosa gli fanno? La
cura da cavallo? Manda
la Troika dopo averli fatti entrare, chiedono lacrime e
sangue dopo tutto il sangue e le lacrime che hanno versato
in questa guerra? Ma
di cosa stanno parlando? Ma
come possono pensare di far entrare un Paese che ha
nell’esercito regolare il
battaglione Azov?
Lo scopriranno dopo? O se ne accorgono prima?”, ha concluso
il giornalista.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/07/travaglio-su-nove-lucraina-nellue-assurdo-la-situazione-economica-e-il-battaglione-azov-nellesercito-lo-impediscono/6581653/
06-05-22, 72° GIORNO DI GUERRA
Mariupol, i
parenti dei soldati del battaglione Azov chiusi
nell'acciaieria: "Il governo ci tappa la bocca"
“Basta chiacchiere, è ora di fare qualcosa per salvarli”. Le
mogli e le fidanzate, le madri e i fratelli dei soldati del
battaglione Azov chiusi nell’acciaieria dell’Azovstal a
Mariupol alzano la voce contro il governo Zelensky,
accusandolo di non fare abbastanza per risolvere l’assedio
che minaccia di ucciderli tutti. “Siamo disperate, forse il
nostro governo non vuole parlare di Azov e Mariupol… Stanno
cercando di tapparci la bocca e di chiudere l'argomento
Mariupol in modo che la gente non parli e si dimentichi
della guarnigione militare. Non ci supportano”, dice a
Repubblica la sorella di un soldato del battaglione Azov
chiuso nell’acciaieria.
Giovedì pomeriggio, per il secondo giorno consecutivo, un
gruppo di parenti e amici dei soldati del battaglione Azov
ha attraversato le vie del centro di Kiev diretto a piazza
Majdan, per protestare e chiedere di salvare i soldati
intrappolati nell’acciaieria. Ma se mercoledì la
manifestazione si era conclusa pacificamente a Majdan,
giovedì le cose sono andate molto peggio. I manifestanti si
sono trovati davanti la polizia che li ha dispersi,
“prendendo i documenti degli uomini” e fermando alcuni degli
organizzatori. La manifestazione non era stata autorizzata,
e gli organizzatori si sono difesi dicendo che alcuni non
erano stati avvertiti ed erano scesi in piazza comunque.
La motivazione ufficiale per la negata autorizzazione e la
successiva repressione è l’esistenza della legge marziale,
che rende automaticamente impossibile organizzare qualsiasi
protesta. Ma la mossa resta singolare, perché il battaglione
Azov in questo momento in Ucraina è al massimo della sua
popolarità: la strenua resistenza per la difesa di Mariupol
ha trasformato tutti i soldati del più discusso tra i
reggimenti della guardia nazionale ucraina in un manipolo di
eroi. E allora cosa sta succedendo?
Gli organizzatori della manifestazione vanno oltre: dicono
che le loro pagine social e i post in cui parlano di Azov e
in sostegno dei soldati del reggimento sono stati
cancellati, sono letteralmente “spariti” dalla rete. E la
disperazione per non vedere alcuna plausibile soluzione che
possa portarli in salvo - al contrario dei civili per i
quali almeno un’ipotesi tramite i corridoi verdi è tuttora
in piedi - monta in rabbia.
I rapporti difficili tra il governo e il reggimento - figlio
del battaglione che ci conquistò pessima fama di crudeltà
nella guerra del Donbass, venendo formalmente accusato di
crimini contro l’umanità da diverse istituzioni
internazionali - sono ben noti. Nei precedenti governi Azov
aveva potuto contare su una forte spalla nel governo, e in
particolare nel ministero degli Interni. Ma i tempi sono
cambiati. Lo stesso presidente Zelensky, che nel 2019 aveva
conferito un onore militare al comandante del reggimento
Denys Prokopenko, si era visto negare il saluto militare in
un segno di spregio che non ha certo dimenticato; neppure
quando di fronte alla pressione popolare gli ha conferito,
il 19 marzo, il titolo ufficiale di “Eroe ucraino” con
l’Ordine della Croce d’Oro.
Un mese fa - mentre andavano avanti complesse trattative sui
massimi sistemi con i negoziatori russi fino
all’appuntamento decisivo di Istanbul, e intanto Mariupol si
sgretolava tra migliaia di civili morti - il vicecomandante
del reggimento Sviatoslav Palamar aveva rotto il silenzio
con un messaggio video fortemente polemico: “I politici
dicono costantemente che ‘li sosteniamo, siamo in costante
contatto con loro’, ma per più di due settimane nessuno
risponde al telefono e nessuno comunica con noi”.
C’era volta molta diplomazia per rientrare nei ranghi. La
protesta sollevava dubbi sulle reali intenzioni del governo
di Kiev sulla difesa a oltranza di Mariupol, praticamente
impossibile e molto costosa per il numero di vittime che
avrebbe comportato. Davvero, ci si domandava, il governo
pensava di fare qualcosa per smorzare il dramma che si stava
profilando nell’acciaieria? Un contrattacco, come chiedevano
i soldati asserragliati? Una trattativa efficace?
La difesa di Mariupol serviva a Kiev per
tenere occupati contingenti importanti di soldati russi che
si sarebbero riversati altrove, ma era anche un grosso
problema negoziale perché non poteva essere militarmente
difesa. E una tragedia di proporzioni epocali avrebbe reso
impossibile qualsiasi ipotesi di trattativa. Come avrebbe
potuto, il governo, accettare qualsiasi minimo compromesso
di fronte all’eccidio di una comunità e al sacrificio dei
“patrioti” del reggimento Azov e degli altri reduci
superstiti, come il 36esimo di marina?Il
giorno successivo la risposta non era venuta dal governo né
direttamente dal presidente Zelensky. Era arrivata dal
generale Valeriy Zaluzhnyi, il capo delle forze armate che
gode di grande fiducia tra i militari e di una notevole
autonomia rispetto alla politica: in una dichiarazione su
Facebook aveva sostenuto che "le comunicazioni con le unità
delle forze di difesa che eroicamente resistono nella città
sono mantenute stabili, facciamo il possibile e
l'impossibile per la vittoria e la protezione delle vite dei
militari e dei civili. Abbiate fede nelle forze armate
dell'Ucraina". Ora, però, la fede dei familiari è
decisamente svanita.
Mappa
della Confederazione POLACCA nel 1701, con i confini
identici a quelli del 1733.Come si vede dalla cartina, la
Polonia deteneva l'intera Ucraina a ovest del fiume Dnepr
ad eccezione dell'oblast di Kiev.
Zelensky: “Pace se Mosca torna su posizioni 23/2”
L’Ucraina sarebbe disposta ad accettare un
accordo di pace di compromesso con
la Russia se
le forze di Mosca si ritirassero “sulle posizioni del 23
febbraio”. Lo ha detto il presidente Volodymyr Zelensky,
intervenendo in video alla Chatham House, think tank
britannico con sede a Londra, e lasciando intendere che
almeno per ora Kiev non
pretenderebbe la restituzione della Crimea, annessa
dai russi nel 2014. “Da parte nostra non tutti i ponti
diplomatici sono stati bruciati”, ha poi precisato, evitando
di avanzare richieste pure su quella parte del Donbass fra Donetsk e Lugansk sottratta
a sua volta al controllo di Kiev dal 2014
05-05-22,71° GIORNO DI GUERRA
AZOVSTAL SOTTO PESANTE BOMBARDAMENTO
https://video.repubblica.it/dossier/crisi_in_ucraina_la_russia_il_donbass_i_video/ucraina-nuovi-bombardamenti-russi-sull-acciaieria-azovstal-di-mariupol/414854/415788
Kiev: “Un elettricista traditore ha fatto entrare i russi ad
Azovstal”
In un video pubblicato in rete, il consigliere del ministero
degli Interni ucraino Anton
Gerashchenko ha affermato che i russi sono riusciti
a entrare nell’acciaieria Azovstal di Mariupol con l’aiuto
di un elettricista che
conosceva la pianta dello stabilimento. “Ha mostrato loro i tunnel
sotterranei che portano alla fabbrica
– ha detto Gerashchenko – e i russi hanno iniziato a
prenderli d’assalto usando le informazioni che hanno
ricevuto dal traditore”.
Kiev, iniziata una controffensiva a Kharkiv e
Izium
L'Ucraina ha avviato
operazioni di controffensiva nelle aree di Kharkiv e Izium.Lo
ha comunicato il comandante delle forze armate di Kiev
Valery Zaluzhny in un aggiornamento sul terreno con il
generale Mark Milley, capo di stato maggiore americano,
secondo quanto riporta Ukrainska Pravda.Zaluzhny
ha anche spiegato che i russi stanno concentrando la loro
offensiva in direzione di Lugansk, e si segnalano aspri
combattimenti a Popasna, Kreminna e Torsky. Ed ha rilevato
che i russi hanno ripreso a usare missili da crociera per
colpire le rotte delle forniture militari agli ucraini.
Quindi, ha ribadito la necessità di nuove armi.
Procuratrice ucraina: “Centinaia di civili e oltre 500
soldati feriti dentro Azovstal”
“Durante gli ultimi giorni siamo stati in grado di evacuare
circa trecento
civili dall’acciaieria Azovstal.
Tuttavia ci sono ancora centinaia di civili e oltre cinquecento
soldati feriti intrappolati all’interno. A seguito
di un altro bombardamento dell’impianto, due donne civili
sono state uccise”. Lo ha detto la procuratrice generale
dell’Ucraina Iryna Venediktova, intervenendo da remoto alla
Conferenza dei procuratori generali del Consiglio d’Europa,
in corso oggi e domani a Palermo. “I russi aumentano i loro
sforzi per demolire l’impianto, che funge da rifugio per i
civili”, ha spiegato. “Ieri hanno fatto irruzione nei tunnel
sotterranei dove sono in corso pesanti combattimenti. Si può
solo immaginare l’entità delle atrocità nell’antica
Mariupol”.
Anche la fidanzata di Putin nella black list delle sanzioni
Ue
C’è anche Alina
Kabaeva,
39enne ex campionessa di ginnastica ritmica e fidanzata di
Vladimir Putin, tra i personaggi vicini al presidente russo
candidati ad entrare nella black list Ue che è parte
integrante del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia.
A quanto si è appreso da fonti europee, il nome di Kabaeva è
stato aggiunto, insieme a quelli di altri tre personaggi,
all’elenco proposto dal Servizio per l’azione esterna (Seae)
della Commissione Ue, arrivato così a comprendere 68
persone. Se il documento otterrà l’ok unanime dei 27 Stati
membri, per Kabaeva scatteranno il divieto di ingresso nei
Paesi membri dell’Unione e il congelamento dei beni da lei
detenuti negli stessi Paesi.
04-05-22, 70° GIORNO DI GUERRA
-
“Violenti combattimenti
nelle acciaierie Azovstal”
“Violenti combattimenti” sono
in corso nell’acciaieria Azovstal di
Mariupol. Lo ha confermato alla tv ucraina il sindato di
Mariupol, Vadym
Boichenko, citato dal Guardian.
“I russi stanno
accerchiando Severodonetsk”
“A Popasna e Rubizhne la
gente ha cibo e acqua per una settimana. Accedere alle
città è molto complicato. Impossibile portare aiuti
umanitari e evacuare le persone. I russi stanno
attaccando Voevodivka il
villaggio nei pressi di Severodentsk.
Cercano di accerchiare e prendere Severodonetsk”. Lo
riferisce su Telegram Serhii Haidai governatore regione
di Luhansk.
Mariupol: persi contatti
con soldati nelle Azovstal
Il sindaco di Mariupol, Vadym
Boichenko, ha riferito alla tv ucraina che sono
stati persi i contatti con i combattenti di
Kiev nell’acciaieria
Azvostal di Mariupol. Lo riporta il Guardian.
03-05-22,69° GIORNO DI GUERRA
Ucraina, il Papa: ‘Non andrò a Kiev, ma ho
chiesto incontro a Putin. La sua ira facilitata
dall’abbaiare della Nato alle porte della Russia’.
Papa Francesco non
si recherà a Kiev,
come ipotizzato nel corso delle settimane scorse, ma ha già
chiesto a Vladimir
Putin di
poterlo incontrare a Mosca.
È il Pontefice stesso a rivelarlo in un’intervista
rilasciata al direttore del Corriere
della Sera, Luciano
Fontana,
aggiungendo che l’azione diplomatica della Santa
Sede è
iniziata immediatamente dopo lo scoppio del conflitto: “Il
primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino
Zelensky al telefono – dice – Putin invece non l’ho
chiamato. L’avevo sentito a dicembre per il mio compleanno
ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto
chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato
dall’ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli
ho detto ‘per
favore fermatevi’“.L’azione
militare di Mosca, però, è andata avanti senza sosta e così
il Papa ha deciso di provare a contattare direttamente il Cremlino.
“Ho chiesto al cardinale Parolin,
dopo venti giorni di guerra, di fare arrivare a Putin il
messaggio che io ero
disposto ad andare a Mosca –
aggiunge il Pontefice – Certo, era necessario che il leader
del Cremlino concedesse qualche finestrina. Non
abbiamo ancora avuto risposta e
stiamo ancora insistendo, anche se temo che Putin non possa
e voglia fare questo incontro in questo momento”. Un
atteggiamento che, sostiene Bergoglio, dimostra la mancanza
di volontà del presidente russo di frenare l’avanzata dei
suoi uomini, almeno per ora. Un’avanzata che, aggiunge però,
può essere legata “all’abbaiare
della Nato alle
porte della Russia” che ha indotto il capo del Cremlino a
reagire male e a scatenare il conflitto: “Un’ira che non so
dire se sia stata provocata – aggiunge -, ma facilitata
forse sì”.
La verità, sostiene, è che quella ucraina è solo l’ultima
goccia di una scia di sangue che dall’inizio degli Anni
Duemila ha attraversato molte guerre, tutte alimentate da
interessi di Stato: “La Siria,
lo Yemen,
l’Iraq,
in Africa una
guerra dietro l’altra. Ci sono in ogni pezzettino interessi
internazionali – continua – Non si può pensare che
uno Stato libero possa fare la guerra a un altro Stato
libero. In Ucraina sono stati gli altri a creare il
conflitto. L’unica cosa che si imputa agli ucraini è che
avevano reagito nel Donbass,
ma parliamo di dieci anni fa. Quell’argomento è vecchio”.
A Francesco viene anche chiesto un parere sull’invio
di armi all’Ucraina da parte dei Paesi occidentali,
ma su questo dice di non avere una posizione definita,
nonostante durante il suo pontificato si sia sempre
schierato contro la produzione massiva e il commercio
diffuso di mezzi d’armamento: “Non so rispondere, sono
troppo lontano, all’interrogativo se sia giusto rifornire
gli ucraini. La cosa chiara è che in quella terra si stanno
provando le armi. I russi adesso sanno che i carri armati
servono a poco e stanno pensando ad altre cose. Le guerre si
fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto. Il
commercio degli armamenti è uno scandalo, pochi lo
contrastano”. E ha colto l’occasione per ricordare le proteste
dei portuali di Genova contro le navi cariche di
armi passate per la città ligure: “Due o tre anni fa a
Genova è arrivata una nave carica di armi che dovevano
essere trasferite su un grande cargo per trasportarle nello
Yemen. I lavoratori del porto non hanno voluto farlo. Hanno
detto ‘pensiamo ai bambini dello Yemen’. È una cosa piccola,
ma un bel gesto. Ce ne dovrebbero essere tanti così”.E
poi chiude: “A Kiev per ora non vado. Ho inviato il
cardinale Michael
Czerny,
(prefetto del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo
umano integrale) e il cardinale Konrad
Krajewski,
(elemosiniere del Papa) che si è recato lì per la quarta
volta. Ma io sento che non devo andare. Io prima devo andare
a Mosca, prima devo incontrare Putin. Ma anche io sono un
prete, che cosa posso fare? Faccio quello che posso. Se
Putin aprisse la porta…”. Ha avuto poi anche l’occasione di
parlare con il Patriarca della Chiesa Ortodossa russa Kirill che
in queste settimane si è contraddistinto per il suo appoggio
alla decisione di Vladimir
Putin di
invadere l’Ucraina: “Ho parlato con lui 40 minuti. I primi
venti con una carta in mano mi ha letto tutte le
giustificazioni alla guerra. Ho ascoltato e gli ho detto ‘di
questo non capisco nulla. Fratello,
noi non siamo chierici di Stato,
non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma
quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di
Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il
fuoco delle armi’. Il
Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin.
Ma adesso anche lui è d’accordo: fermiamoci, potrebbe essere
un segnale ambiguo”. L’Italia sta facendo un buon lavoro. Il
rapporto con Mario
Draghi è
buono, è molto buono. È una persona diretta e semplice. Ho
ammirato Giorgio
Napolitano,
che è un grande, e ora ammiro moltissimo Sergio
Mattarella.
Rispetto tanto Emma
Bonino:
non condivido le sue idee ma conosce l’Africa meglio di
tutti. Di fronte a questa donna dico, chapeau”.
Guerra Russia- Ucraina, Kiev: “Individuato
l’artefice della strage di Bucha. È il comandante russo
Sergey Kolotsey”
L’Ucraina ha
identificato il militare russo che sarebbe l’artefice del massacro
di civili a Bucha. Secondo quanto riferisce la
procuratrice generale ucraina, Iryna
Venediktova, dietro quei corpi massacrati,
torturati, giustiziati con le mani legate dietro la schiena
si nasconde la regia di Sergey
Kolotsey, comandante di un’unità della Guardia
nazionale russa. Oltre ad aver comandato la carneficina, una
delle più gravi finora registrate nel corso dell’intero
conflitto ucraino, Kolotsey, bielorusso di origine, è
accusato di avere personalmente ucciso
quattro uomini disarmati il 18 marzo e di aver torturato
un civile il 29.
Le vittime collegate al militare russo sono state trovate
con le mani legate dietro la schiena e un cappuccio in
testa, “sul corpo anche dei segni di tortura – ha spiegato
la procuratrice – Una delle sue vittime è stata anche
costretta a confessare attività
sovversive contro i russi dopo essere stata
picchiata selvaggiamente con un manico di fucile. Ha poi finto
di eseguire un’esecuzione puntandogli l’arma sulla
tempia per poi sparare un colpo vicino al suo orecchio”.
L’uomo, inoltre, si è reso protagonista anche delle razzie
di prodotti dalle case e dai magazzini cittadini,
poi inviati in Russia. Sui social sono circolate le sue foto
intento ad accaparrarsi diversi oggetti da uno stabilimento.
02-05-22, 68° GIORNO DI GUERRA
Procuratrice generale dell'Ucraina: identificato primo russo
sospettato massacro Bucha
Sergey Kolotsey, comandante di un'unità della Guardia
nazionale russa, è stato accusato di aver "ucciso quattro
uomini disarmati" a Bucha il 18 marzo che "sono stati
trovati mani legati dietro la schiena e segni di torture" e
di "aver torturato un altro civile il 29 marzo". Lo
riferisce il procuratore generale ucraino Iryna Venediktova.
"È stato anche stabilito che il militare russo -secondo
quanto riferisce l'ufficio del Procuratore generale su
Telegram - ha costretto un'altra vittima a confessare
attività sovversive contro l'esercito russo. Per fare
questo, ha picchiato l'uomo in particolare con il manico del
fucile. Fingendo un'esecuzione ha sparato vicino
all'orecchio di un civile disarmato. Sono in corso verifiche
per stabilire se è responsabile di altri crimini".
Karaganov, consigliere di Putin: “È una
guerra esistenziale con l’Occidente. Colpire obiettivi in
Europa? È possibile, se va avanti così”.
Ammette che il suo Paese
ha colpito per primo,
ma lo ha fatto “prima che la minaccia (ucraina, ndr)
diventasse ancora più letale”. Una “guerra
esistenziale”
che per l’autore della ‘dottrina
Putin‘
ha provocato – e tuttora provoca – non solo morti, ma la
perdita della “superiorità
morale”
dei russi: “Ora siamo sullo stesso terreno dell’Occidente.
L’Occidente ha scatenato diverse aggressioni. Ora siamo
sullo stesso terreno morale. Ora siamo uguali, stiamo
facendo più o meno come voi“.
Inutile far riferimento ai tentativi diplomatici che
avrebbero potuto far desistere la Russia dall’invadere il
paese confinante: “Dagli occidentali abbiamo avuto promesse
di tutti i tipi in questi trent’anni. Ma ci hanno mentito o
le hanno dimenticate”.L’unico
grande errore commesso
dalla Russia, nella visione di Karaganov, fu accettare nel
1997 il ‘Founding
Treaty‘
sulle relazioni Russia-Nato, che prevedeva l’allargamento
dell’Alleanza Atlantica. “Firmammo perché eravamo disperatamente poveri,
al collasso – afferma – ma questo allargamento è quello di
un’alleanza aggressiva. È un cancro e noi volevamo fermare
questa metastasi. Dobbiamo farlo, con un’operazione
chirurgica”.A
suo avviso, “le uccisioni di massa in Kosovo (contro i
serbi, ndr)
sono avvenuti dopo lo stupro della Serbia. Fu un’aggressione
indicibile. E il processo
a Milosevic è
stato un triste e
umiliante spettacolo di meschinità
europea“.
Oltretutto, il dittatore serbo fu giudicato dal Tribunale
penale internazionale,
il cui diritto non è riconosciuto dalla Russia, come l’ordine
europeo emerso
dopo la caduta del muro di Berlino: “Non
dobbiamo riconoscere un
ordine costruito contro la Russia. Abbiamo cercato di
integrarci, ma era una Versailles 2.0. Dovevamo distruggere
quest’ordine. Non con la forza, ma attraverso una
distruzione costruttiva rifiutando di parteciparvi. Ma
quando la nostra ultima richiesta di fermare la Nato è stata
respinta, si è deciso di usare la forza”.Sull’obiettivo
della guerra in Ucraina, il capo del Consiglio di politica
estera e della difesa ha le idee chiare: “La maggior parte
delle istituzioni sono,
secondo noi, unilaterali
e illegittime.
Minacciano la Russia e l’Europa orientale. Noi volevamo una
pace giusta, ma l’avidità e la stupidità degli americani e
la miopia degli europei ci hanno rivelato che questi attori
non la vogliono. Dobbiamo correggere
i loro errori“.
Ascoltando le sue parole, la possibilità che il conflitto
possa allargarsi e coinvolgere anche altri Paesi non è da
escludere del tutto, perché “se va avanti così, gli obiettivi
in Europa potrebbero essere colpiti o
lo saranno per interrompere le linee di comunicazione”.Un’ipotesi,
quest’ultima, che non considera i recenti fallimenti
dell’esercito russo,
come il ritiro delle truppe dalla capitale ucraina. “E se
l’operazione su Kiev avesse lo scopo di distrarre le forze
ucraine dal teatro principale a sud e sud-est? – domanda
retoricamente – Tra l’altro le truppe russe sono state molto
attente a non
colpire obiettivi civili,
abbiamo usato solo il 30-35% delle armi”. I massacri
avvenuti negli scorsi giorni e documentati dai media
internazionali non fanno testo, nella visione di Mosca: “La
storia di Bucha è
una messinscena,
una provocazione”.Karagarov
ignora le prove. Ma ignora anche le risorse e le persone
perse in 44 giorni di guerra: i
russi sono “pronti
a sacrificare tutto ciò
per costruire un sistema
internazionale più vitale.
Vogliamo costruire un sistema internazionale più giusto e
sostenibile. Diverso da quello emerso dopo il crollo
dell’Unione Sovietica e che, a sua volta, ora sta crollando.
Ora ci stiamo tutti fondendo nel caos. Vorremmo costruire la
Fortezza Russia per difenderci da questo caos, anche se per
questo diventeremo più poveri”. Per evitare tutto ciò, per
ottenere un cessate il fuoco, “l’Ucraina deve diventare neutrale e
completamente demilitarizzata:
niente armi pesanti, qualsiasi parte dell’Ucraina rimanga.
Ciò dovrebbe essere garantito da potenze esterne, compresa
la Russia, e nessuna esercitazione militare dovrebbe aver
luogo nel paese se uno dei garanti è contrario. L’Ucraina
dovrebbe essere un cuscinetto
pacifico”.Per Sergej
Karaganov,
ex consigliere di Putin,
quella in Ucraina è una guerra
contro l’Occidente.
Intervistato dal Corriere
della Sera,
il capo del Centre for Foreign and Defense Policy di Mosca
ha spiegato che il conflitto era
a suo avviso inevitabile perché
l’Ucraina “è
stata riempita di armi e
le sue truppe sono state addestrate dalla Nato, il loro
esercito è diventato sempre più forte”. Inoltre, stando alle
sue parole, c’è stato “un rapido aumento del sentimento
neonazista in
quel Paese. L’Ucraina stava diventando come la Germania intorno
al 1936-‘37“.
La versione di uno degli uomini più ascoltati da Putin è
quella che Mosca continua a propagandare dall’inizio del
conflitto, da un lato negando massacri e dall’altro
addossando alla Nato le
mosse che hanno portato all’invasione dell’Ucraina.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/07/travaglio-su-nove-lucraina-nellue-assurdo-la-situazione-economica-e-il-battaglione-azov-nellesercito-lo-impediscono/6581653/
06-05-22, 72° GIORNO DI GUERRA
Mariupol, i
parenti dei soldati del battaglione Azov chiusi
nell'acciaieria: "Il governo ci tappa la bocca"
“Basta chiacchiere, è ora di fare qualcosa per salvarli”. Le
mogli e le fidanzate, le madri e i fratelli dei soldati del
battaglione Azov chiusi nell’acciaieria dell’Azovstal a
Mariupol alzano la voce contro il governo Zelensky,
accusandolo di non fare abbastanza per risolvere l’assedio
che minaccia di ucciderli tutti. “Siamo disperate, forse il
nostro governo non vuole parlare di Azov e Mariupol… Stanno
cercando di tapparci la bocca e di chiudere l'argomento
Mariupol in modo che la gente non parli e si dimentichi
della guarnigione militare. Non ci supportano”, dice a
Repubblica la sorella di un soldato del battaglione Azov
chiuso nell’acciaieria.
Giovedì pomeriggio, per il secondo giorno consecutivo, un
gruppo di parenti e amici dei soldati del battaglione Azov
ha attraversato le vie del centro di Kiev diretto a piazza
Majdan, per protestare e chiedere di salvare i soldati
intrappolati nell’acciaieria. Ma se mercoledì la
manifestazione si era conclusa pacificamente a Majdan,
giovedì le cose sono andate molto peggio. I manifestanti si
sono trovati davanti la polizia che li ha dispersi,
“prendendo i documenti degli uomini” e fermando alcuni degli
organizzatori. La manifestazione non era stata autorizzata,
e gli organizzatori si sono difesi dicendo che alcuni non
erano stati avvertiti ed erano scesi in piazza comunque.
La motivazione ufficiale per la negata autorizzazione e la
successiva repressione è l’esistenza della legge marziale,
che rende automaticamente impossibile organizzare qualsiasi
protesta. Ma la mossa resta singolare, perché il battaglione
Azov in questo momento in Ucraina è al massimo della sua
popolarità: la strenua resistenza per la difesa di Mariupol
ha trasformato tutti i soldati del più discusso tra i
reggimenti della guardia nazionale ucraina in un manipolo di
eroi. E allora cosa sta succedendo?
Gli organizzatori della manifestazione vanno oltre: dicono
che le loro pagine social e i post in cui parlano di Azov e
in sostegno dei soldati del reggimento sono stati
cancellati, sono letteralmente “spariti” dalla rete. E la
disperazione per non vedere alcuna plausibile soluzione che
possa portarli in salvo - al contrario dei civili per i
quali almeno un’ipotesi tramite i corridoi verdi è tuttora
in piedi - monta in rabbia.
I rapporti difficili tra il governo e il reggimento - figlio
del battaglione che ci conquistò pessima fama di crudeltà
nella guerra del Donbass, venendo formalmente accusato di
crimini contro l’umanità da diverse istituzioni
internazionali - sono ben noti. Nei precedenti governi Azov
aveva potuto contare su una forte spalla nel governo, e in
particolare nel ministero degli Interni. Ma i tempi sono
cambiati. Lo stesso presidente Zelensky, che nel 2019 aveva
conferito un onore militare al comandante del reggimento
Denys Prokopenko, si era visto negare il saluto militare in
un segno di spregio che non ha certo dimenticato; neppure
quando di fronte alla pressione popolare gli ha conferito,
il 19 marzo, il titolo ufficiale di “Eroe ucraino” con
l’Ordine della Croce d’Oro.
Un mese fa - mentre andavano avanti complesse trattative sui
massimi sistemi con i negoziatori russi fino
all’appuntamento decisivo di Istanbul, e intanto Mariupol si
sgretolava tra migliaia di civili morti - il vicecomandante
del reggimento Sviatoslav Palamar aveva rotto il silenzio
con un messaggio video fortemente polemico: “I politici
dicono costantemente che ‘li sosteniamo, siamo in costante
contatto con loro’, ma per più di due settimane nessuno
risponde al telefono e nessuno comunica con noi”.
C’era volta molta diplomazia per rientrare nei ranghi. La
protesta sollevava dubbi sulle reali intenzioni del governo
di Kiev sulla difesa a oltranza di Mariupol, praticamente
impossibile e molto costosa per il numero di vittime che
avrebbe comportato. Davvero, ci si domandava, il governo
pensava di fare qualcosa per smorzare il dramma che si stava
profilando nell’acciaieria? Un contrattacco, come chiedevano
i soldati asserragliati? Una trattativa efficace?
La difesa di Mariupol serviva a Kiev per
tenere occupati contingenti importanti di soldati russi che
si sarebbero riversati altrove, ma era anche un grosso
problema negoziale perché non poteva essere militarmente
difesa. E una tragedia di proporzioni epocali avrebbe reso
impossibile qualsiasi ipotesi di trattativa. Come avrebbe
potuto, il governo, accettare qualsiasi minimo compromesso
di fronte all’eccidio di una comunità e al sacrificio dei
“patrioti” del reggimento Azov e degli altri reduci
superstiti, come il 36esimo di marina?Il
giorno successivo la risposta non era venuta dal governo né
direttamente dal presidente Zelensky. Era arrivata dal
generale Valeriy Zaluzhnyi, il capo delle forze armate che
gode di grande fiducia tra i militari e di una notevole
autonomia rispetto alla politica: in una dichiarazione su
Facebook aveva sostenuto che "le comunicazioni con le unità
delle forze di difesa che eroicamente resistono nella città
sono mantenute stabili, facciamo il possibile e
l'impossibile per la vittoria e la protezione delle vite dei
militari e dei civili. Abbiate fede nelle forze armate
dell'Ucraina". Ora, però, la fede dei familiari è
decisamente svanita.
Mappa
della Confederazione POLACCA nel 1701, con i confini
identici a quelli del 1733.Come si vede dalla cartina, la
Polonia deteneva l'intera Ucraina a ovest del fiume Dnepr
ad eccezione dell'oblast di Kiev.
Zelensky: “Pace se Mosca torna su posizioni 23/2”
L’Ucraina sarebbe disposta ad accettare un
accordo di pace di compromesso con
la Russia se
le forze di Mosca si ritirassero “sulle posizioni del 23
febbraio”. Lo ha detto il presidente Volodymyr Zelensky,
intervenendo in video alla Chatham House, think tank
britannico con sede a Londra, e lasciando intendere che
almeno per ora Kiev non
pretenderebbe la restituzione della Crimea, annessa
dai russi nel 2014. “Da parte nostra non tutti i ponti
diplomatici sono stati bruciati”, ha poi precisato, evitando
di avanzare richieste pure su quella parte del Donbass fra Donetsk e Lugansk sottratta
a sua volta al controllo di Kiev dal 2014
29-04-22 , 65°GIORNO DI GUERRA
29-04-22 , 65°GIORNO DI GUERRA
...
Guerra Russia-Ucraina, il buco delle
sanzioni: triangolazioni con il Kazakistan per aggirare il
divieto di export al lusso made in Italy
https://video.repubblica.it/metropolis/metropolis81-ucraina-l-inviato-nel-donbass-ecco-perche-la-resistenza-di-kiev-e-in-difficolta/414365/415297?ref=vd-auto&cnt=1
: FRONTE DI KRAMATORSK
Triangolazioni attraverso il Kazakistan per far arrivare
prodotti di lusso in Russia,
nonostante le sanzioni occidentali. La voce gira da
settimane negli ambienti della moda e da lì, attraverso
segnalazioni anonime è arrivata fino all’attenzione del Copasir cui
spetterà l’indagine e la verifica. Che la cosa avvenga lo
conferma a ilfattoquotidiano.it una
fonte che chiede di rimanere anonima. In sostanza, anziché
spedire direttamente a un importatore di Mosca,
la via per aggirare le norme approvate dall’Unione europea
dopo l’invasione dell’Ucraina prevede
il coinvolgimento di un soggetto con partita Iva del Paese
ex sovietico che proprio con la Russia confina. Da lì la
merce potrà arrivare in una boutique di
Mosca o San Pietroburgo per soddisfare i desideri delle
classi dirigenti e alta borghesia russe, proprio quelle che
le sanzioni sul lusso vorrebbero colpire. Del resto chi oggi
fa partire una spedizione per il Kazakistan non
ha più incombenze del solito, oltre alla compilazione di un
modulo da consegnare al trasportatore in cui in sostanza
dichiara che “la merce è autorizzata per esportazione,
transito e importazione in accordo con le regole Ue”, dunque
non è sotto sanzioni, e che “destinazione e utilizzo finale
sono in Kazakistan”.
“Annessione e
Stati amici”, il piano del Cremlino per smembrare l’Ucraina
A maggio i referendum per unire Donetsk e Lugansk a Mosca.
Verrebbe inglobata anche Mariupol. Consultazione per
l’indipendenza nella città occupata di Kherson. Nel mirino
pure la Transnistria
“I russi hanno chiuso un’area di Mariupol per assaltare
Azovstal”
Le forze russe hanno chiuso un’area
di Mariupol in vista di un altro possibile tentativo di
prendere d’assalto l’acciaieria Azovstal,
il complesso in cui è asserragliata la resistenza ucraina.
Lo ha riferito Petro Andrushchenko, consigliere del sindaco
della città. “Per ora, gli occupanti hanno chiuso nuovamente
la piazza del distretto della Rive Gauche dal Parco Veselka,
a nord dell’acciaieria. Ciò potrebbe essere dovuto a un
altro tentativo di prendere d’assalto Azovstal oppure a
scontri di strada”.
28-04-22, 64° GIORNO DI GUERRA
Dalla Libia
all'Ucraina, Putin invia altri 200 mercenari della Wagner
contro Kiev.
Dopo avere lasciato la nazione africana sono
stati riassegnati al fronte ucraino per rinforzare le forze
russe in difficoltà. E altri 1.000 militari siriani,
schierati dal Cremlino in appoggio ai mercenari in terra
libica, sarebbero pronti a unirsi a loro.
27-04-22, 63° GIORNO DI GUERRA
In un videomessaggio il comandante della 36esima
brigata delle forze navali ucraine spiega
che la situazione nello stabilimento
Azovstal è
“molto
difficile“.
“Nel nostro gruppo ci sono più di 600
soldati feriti con diversi livelli di gravità –
– afferma Volynsky – Hanno un estremo bisogno di assistenza
medica”. “Abbiamo anche dei civili qui con noi, ce ne sono
centinaia, decine
di bambini, molte persone con disabilità, anziani.
I civili muoiono qui insieme a noi nel bunker”.
Eni in procinto di aprire un conto presso
Gazprombank per i pagamenti in rubli del gas russo
I macellai di Bucha sacrificati al fronte.
“Putin vuole far sparire i testimoni”
La 64esima brigata responsabile dei massacri
e premiata da Mosca assedia gli ucraini a Kharkiv
26-04-22, 62° GIORNO DI GUERRA:
22 aprile, 58° giorno di
guerra
Ucraina, l’ordine è: difendere la democrazia con le armi,
censurando le opinioni (anche il Papa).
Se nel 1968 la
rivoluzione giovanile sognava “la fantasia al potere”, nel
2022, a guerra d’Ucraina in corso, tra civili ammazzati a
gogò, regna il
cinismo dei governi e
della stampa asservita che fingono di difendere l’Ucraina,
mentre usano la ‘scusa’ della guerra per uccidere i principi
e i valori ‘liberali’ tanto strombazzati, ma che per
‘lorsignori’ sono inutili orpelli. È
la democrazia ologramma. Costoro
mischiano i loro interessi con quelli di Putin, mentre fanno
finta di difendere l’Ucraina, inviando armi obsolete delle
“pulizie di Pasqua” dei loro magazzini che devono essere
aggiornati. Lo dimostra l’aumento del 2% del Pil in
armamenti di “ogni singolo Paese”, alla faccia della
maschera dell’Europa unita.
Le armi sono come il maiale: non si butta via nulla. Se
non servono, si spediscono alle Ucraine di turno, facendosi
anche “difensori di civiltà”, come il bue (Biden) che dà del
cornuto all’asino (Putin). Granitici custodi dei “valori
occidentali”, ma guai a compromettersi con la nobile scusa
di “scatenare la guerra nucleare” (traduzione: purché
lontana da noi).
È bastato che il papa,
in tempo reale, dicesse di vergognarsi di quei Paesi che
hanno deciso l’aumento del 2% del Pil, definendoli “pazzi”,
ed ecco scattare la regola dei riflessi condizionati alla
Pavlov: censura
immediata del papa da parte di tutti gli atei devoti che
vorrebbero un papa sacrestano, e silente, pronti ad
accusarlo dopo perché non ha aperto bocca. Il Tg1 (!) e
tutto il cucuzzaro televisivo e stampato, arruolato al grido
di Deus
‘el volt, lo accusano accusarlo pubblicamente di disfattismo con
la mannaia della ‘libera’ (sic!) stampa: il
papa non è dei nostri. È sufficiente che un
analista di professione, il Prof. Alessandro
Orsini, che, oltre ad insegnare da cattedra, va
bene quando scrive sulle riviste specializzate (riservate
agli addetti competenti!), ma è terribile se parla al grande
pubblico e dice che inviare armi alla Ucraina è prolungare
la guerra e il martirio: così egli offre sponda
all’aggressore, con cui, finisca come finisca, bisogna pour
trattare. La democrazia è servita, anche con le mèches.Gli
armaioli sono democratici finché
la democrazia non ostacola il florido mercato delle armi,
diversamente la democrazia è sbagliata e bisogna
‘riconvertirla’ ai sacri interessi dell’occidente che, pur
avendo fatto cose peggiori di Putin, è buono, a prescindere.
La Nato è
un santuario di devoti che organizza pellegrinaggi ai
confini di Stati da soggiogare, fa esercitazioni per
intimorire la Russia e colleziona Paesi, allargandosi quasi
del doppio, anche dopo avere esaurito il proprio compito,
essendo scomparso il comunismo sovietico. Motivo? Il
suo vero obiettivo è sempre stato quello di ‘smembrare’ la
Russia e riportarla al sec. XVI, quando esistevano tante
Russie e tante tribù. È
la pax americana,
di cui l’inesistente Europa è il chierichetto turiferario e
porta candelieri. Portatori sani di immensa menzogna. Nella
liturgia cattolica, quella candela che il chierichetto porta
dietro al celebrante, residuo di un tempo senza elettricità,
ironia della sorte, si chiama bugia.
La liturgia dell’occidente è figlia di una bugia che, a sua
volta, è madre prolifica di bugie ammantate di ideali
inesistenti.
Gandhi liberò l’India dal dominio dell’Impero britannico,
mezzo nudo, offrendo sé e il suo popolo al massacro, sì,
sfidando i carri armati e i soldati armati fino ai denti di
S.M. Britannica a petto nudo. Vinse
lui non le armi. Tutta la Commissione e tutto il
Parlamento Europeo e tutti i Parlamentari d’Europa che,
stando in piedi, inneggiavano Zelensky, avrebbero dovuto
andare in Ucraina con i loro corpi e con tutto il Popolo
ucraino e i pellegrini di tutto il mondo scendere per le
strade ucraine e sfidare Putin a sparare sulle folle e sui
simboli dell’Europa, mai nata, e restare lì a fare
resistenza attiva e disarmata fino al mare
di Azov, coperto da un mare umano, respingendo
armati e carri armati oltre i confini dell’Ucraina: Putin e
la sua ferraglia sarebbero stati sconfitti.
L’aumento del 2% di Pil era stato previsto nel 2014, ma
ora l’occasione ucraina è una manna del cielo per
realizzarla senza batter ciglio. Ah, la memoria! Infatti, su
proposta della Lega (fonte: Mil.Ex, Osservatorio),
sottoscritta da PD, FI, IV, M5S, il Parlamento ha presentato
un odg che impegna il governo all’aumento (16-03-2022).
Presenti 421: sì 391; no 19. Ora
prepariamoci ai tagli sulla spesa sociale, sulla
scuola, sulla sanità, sugli aiuti ai non abbienti, sugli
aiuti all’estero, perché sono sempre i poveri che pagano la
guerra e la pace a beneficio degli armaioli che scelgono la
guerra e i loro profitti. Al tepore del gas russo-americano,
godiamoci il salotto buono nelle comode pantofole.
Ipocriti, almeno taceste!
LA BUNDESBANK – Stop
a gas russo costerebbe 180 miliardi a Berlino.
21 aprile, 57° giorno di
guerra:
Il presidente russo ha fermato improvvisamente l'offensiva
finale sull'impianto nella città costiera ormai quasi
totalmente conquistata. Al suo interno rimangono 2.500 tra
membri del battaglione Azov, della 36esima brigata e
volontari stranieri, ma anche centinaia di civili che non
hanno abbandonato la struttura nel corso delle ultime
evacuazioni programmate: resta da capire se volontariamente
o no.
“Bloccate l’acciaieria Azovstal in
modo che non
possa passare una mosca“.
Con una sola frase rivolta al suo ministro della Difesa,
Sergej Shoigu, Vladimir
Putin ha
probabilmente sintetizzato quella che al momento è la
strategia che ha in mente per espugnare
l’ultimo avamposto delle
forze ucraine nella Mariupol già
“liberata” dai militari russi, al termine di un assedio che
va avanti ormai da settimane. Nessuno spreco di forze o di
vite nelle proprie truppe, ma soprattutto nessun massacro
di civili:
gli 11 chilometri quadrati dell’impianto verranno sigillati,
nel tentativo di stanare
gli avversari provati
da giorni di combattimenti, dalla fame e dalla sete. Ma
anche per convincere le centinaia di civili che si calcola
siano presenti all’interno a lasciare la struttura, o
quantomeno a ribellarsi alle forze ucraine nel caso in cui
vengano usati come scudi
umani,
così da poter sferrare l’attacco finale ai circa 2.500
tra membri del battaglione
Azov, membri della 36esima
brigata e volontari
stranieri senza
rischiare un massacro tra la popolazione locale.
Guerra Russia-Ucraina, Kiev: “Il leader
ceceno Kadyrov aveva ricevuto un piano per uccidere
Zelensky”.
Il leader ceceno Ramzan
Kadyrov ha
ricevuto un piano per assassinare il
presidente ucraino Zelensky il
3 febbraio durante un incontro con il presidente russo
Vladimir Putin. Lo ha detto il segretario del Consiglio
nazionale di Sicurezza e difesa ucraino Oleksiy
Danilov,
parlando ad una radio ucraina, secondo quanto riporta
l’agenzia Ukrinform.
Secondo Danilov, il piano per eliminare il presidente
ucraino era stato concordato in quella riunione e Kadyrov si
era impegnato perché la propria unità cecena completasse la
missione. L’intelligence di Kiev sta verificando. “Abbiamo
monitorato tutti e tre i gruppi. Uno di loro è stato
eliminato dai nostri militari. Due in seguito hanno lasciato
il nostro paese. Uno ora si trova nella regione di Donetsk,
l’altro nella città di Mariupol, ma non sono in prima
linea”, ha precisato Danilov.
La Russia all’assalto dell’oro del Sudan e
così con le ricchezze dell’Africa finanzia la guerra in
Ucraina
L’attenzione della Russia alla conquista dell’Africa non
poteva mica scordarsi di passare attraverso il Sudan, un
Paese ricco e ancora largamente inesplorato. Le materie
prime presenti nell’ex possedimento anglo egiziano sono
notevoli ma qualcosa di facilmente sfruttabile e
immediatamente fruibile deve aver attratto le attenzioni del
Cremlino: l’oro.
Il nuovo legame tra Russia e Sudan si è manifestato
chiaramente con l’astensione di Khartoum nel voto di
condanna dell’invasione russa dell’Ucraina. La mozione
approvata da 141 Paesi ha avuto 5 voi contrari (tra cui
quello dell’ineffabile Eritrea) e 35 astensioni, appunto.
Un’astensione prevedibile dopo la recente
visita a Mosca di una delegazione sudanese, capeggiata
dal vicepresidente del Sudan, il tagliagole Mohamed Hamdan
Dagalo, meglio conosciuto come Hemetti, in passato uno dei
capi dei janjaweed, i tristemente noti diavoli a cavallo
(come li chiamava la popolazione) che bruciavano i villaggi,
stupravano le donne, uccidevano gli uomini e rapivano i
bambini per renderli schiavi
Dagalo, che è anche a capo delle Rapid
Support Forces (RSF), il
nuovo nome con cui di sono riciclati i janjaweed, ha
incontrato anche il viceministro della Difesa russo,
Alexander Fomin il 26 febbraio scorso, due giorni dopo
l’inizio della guerra in Ucraina. Durante i colloqui le due
parti hanno concordato di incrementare la cooperazione
militare. Finora non è trapelato nulla sull’accordo della
costruzione della base navale russa a Port Sudan. Il governo
di transizione ha comunque preso l’impegno di riesaminare la
questione quanto prima.
Il vicepresidente sudanese ha
avuto anche colloqui con il vice-primo ministro Alexander
Novak. Le parti sono interessate a sviluppare la
cooperazione in diversi settori, tra questi quello minerario
e petrolifero, nonché nella costruzione di infrastrutture
elettriche e l’uso pacifico dell’energia nucleare.
Ovviamente non poteva mancare un faccia a
faccia con il potente
ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Viktorovič Lavrov,
che, secondo un comunicato rilasciato dal governo di
transizione di Khartoum, ha detto che la Russia segue da
vicino gli sviluppi in Sudan, e ha aggiunto di essere
convinto che i sudanesi sapranno risolvere i loro attuali
problemi, sottolineando “nessuna interferenza da parte di
Mosca”.
Cameron Hudson, un ex alto funzionario del
Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ed esperto del Sudan
presso l’Atlantic
Council’s Africa Center, ritiene che la giunta di
transizione spera chiaramente di ottenere, grazie alla la
visita di Hemetti, il sostegno finanziario della Russia per
sollevare l’economia deficitaria del Paese; potrebbe servire
come una minaccia per l’Occidente, a meno che non riprenda i
prestiti e trattenga le sanzioni, i militari al potere non
esiteranno certamente di calarsi totalmente nell’orbita
russa.
Come se non lo fosse già. Da
anni sono presenti i mercenari russi del gruppo Wagner nel
Paese, molto attivi già ai tempi dell’ex dittatore Omar al
Bashir. Gerrit Kurtz, ricercatore del German
Institute for International and Security Affairs, ha
rivelato a al-Monitor,
giornale on line, fondato dall’imprenditore arabo-americano
Jamal Daniel, con base a Washinton DC, USA, che, in
particolare Hemetti e le RSF hanno già beneficiato in
passato dell’appoggio di Mosca, compresi contratti
sull’estrazione mineraria, supporto nell’ambito delle
comunicazioni e della sicurezza.
Non va dimenticato che il Sudan è ricco in
giacimenti auriferi, eppure è una delle nazioni più povere
al mondo. Per la maggior parte l’oro viene estratto in
miniere a conduzione artigianale che mette in grave pericolo
i minatori. Basti pensare che a dicembre sono morte oltre 30
persone nel West-Kordofan, in Darfur, in un giacimento che
ufficialmente risultava chiuso.
Ma le autorità di Khartoum, in
particolare il ministero delle Miniere, non si preoccupano
più di tanto a far rispettare le leggi, come per esempio
quella che vieta ai minatori artigianali di scavare oltre
una certa profondità. Sta di fatto oltre l’80 per cento
dell’oro estratto nel Paese proviene da questi siti
informali, strettamente controllati dai militari e dove
lavorano oltre 2 milioni di persone per un misero tozzo di
pane.
Il numero due delle autorità di transizione ha
interessi sostanziali nel settore. La sua azienda di
famiglia, Al Gunade, è nell’estrazione e nel commercio
dell’oro. Secondo documenti visti dalla ONG Global Witness,
il Sudan esporta ogni anno 16 miliardi di dollari d’oro
negli Emirati Arabi.
Anche i russi hanno ottenuto molte licenze,
sembra che in un solo giorno l’ex dittatore Al Bashir ne
abbia rilasciate 50, senza effettuare i dovuti controlli
sulle compagnie russe, alcune delle quali senza esperienza
nel settore.
E, secondo un’inchiesta di The
Telegraph, la Russia
avrebbe contrabbandato centinaia di tonnellate di oro dal
Sudan negli ultimi anni.
Dal 2010 il Cremlino ha più che quadruplicato la
quantità di oro detenuto nella Banca centrale, creando così
un “forziere di guerra” attraverso un mix di importazioni
dall’estero e vaste riserve d’oro interne come terzo
produttore mondiale del prezioso metallo.
Sempre in base a The
Telehraph, anche se le
statistiche ufficiali non evidenziano esportazioni
importanti di oro verso la Russia, un dirigente, che ha
voluto mantenere l’anonimato, di una delle più grandi
compagnie aurifere sudanesi ha detto al quotidiano inglese
che il Cremlino è il più grande attore straniero nell’enorme
settore minerario del Paese.
20
Aprile 2022, inizia la SECONDA OFFENSIVA RUSSA in Ucraina,
il 2 Aprile si era conclusa la PRIMA OFFENSIVA RUSSA
incentrata su Kiev e risoltasi in un disastro.
MIFED: il mercato internazionale del cinema
e del multimediale,
Francia, Macron rieletto col 58% di voti. Le
Pen al 41: estrema destra mai così forte dal 1958. Mélenchon:
“Un oceano di astensionismo”.Una
vittoria annuncia, ma mai
così faticosa e
in una Francia mai
così spaccata. Emmanuel
Macron è
stato rieletto presidente in Francia con
il 58,54% dei
consensi: è il terzo dopo Mitterrand e Chirac a ottenere un
secondo mandato e a restare all’Eliseo. Ha vinto in un
momento storico di grande instabilità, nonostante le grandi
divisioni che non è riuscito a sanare nel Paese e sotto gli
occhi di una dirigenza europea terrorizzata dall’ipotesi di
una sconfitta. A non farcela invece, è stata Marine
Le Pen.
Ha perso, proprio come cinque anni fa, ma questa volta si è
presentata sorridente davanti ai suoi: l’estrema destra ha
ottenuto il 41,46%
dei consensi, 13
milioni di voti e
un risultato che nella Quinta
repubblica,
ovvero dal 1958, mai era stato così alto. “Per noi è
un’eclatante vittoria”, ha proclamato. E nessuno può davvero
smentirla. Macron,
poco dopo, davanti ai sostenitori riuniti sotto la
Torre Eiffel ha annunciato l’inizio di
una nuova
era, ma prima di tutto ha dovuto riconoscere quella
parte di Paese che non l’ha voluto: “Dovrò rispondere alla
rabbia”, ha detto.Al
di là delle promesse, ora per i partiti francesi il pensiero
è già alle elezioni legislative dei prossimi 12-19 giugno:
perché con un Paese così spezzettato, è possibile pensare
alla coabitazione, ovvero a una maggioranza in Parlamento
che non sia di diretta emanazione del presidente della
Repubblica. L’obiettivo fa gola a tanti. Intanto al Rassemblement
National di Le Pen,
che sogna la rivincita. Ma non è la sola forza ad ambire al
colpo. E lo ha detto chiaramente, non appena chiuse le urne,
proprio Jean-Luc
Mélenchon:
il leader della sinistra radicale può dare il via alla sua
di campagna elettorale dopo il risultato sorprendente al
primo turno. “Macron è stato mal rieletto in un
oceano di astensione“,
ha dichiarato. “Ora eleggetemi primo ministro, il
terzo turno comincia stasera“.
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